Nella notte della storia
la preghiera apre alla speranza.
A confronto con
i testimoni della fede.
Alberto Neglia
(VIDEO)
30 ottobre 2024 - Secondo dei
Mercoledì della Spiritualità 2024
promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona P.G. (ME)
“La preghiera apre la porta alla speranza”
Il terzo millennio si è aperto sotto il segno della minaccia, e la paura è diventata compagna oscura della contemporaneità: paura delle guerre e del nucleare, del degrado ecologico, della manipolazione genetica, del trovarsi disoccupati, della precarietà dell'esistere, e si ha l’impressione che la speranza sia venuta meno nell’orizzonte della nostra cultura.
Oggi la situazione è peggiorata. Sta sotto gli occhi di tutti noi la situazione che viviamo: cambiamenti climatici delle stagioni; drammatiche situazioni di possibile guerra nucleare. Da qui l’incremento generalizzato della produzione e della vendita delle armi, e di quelle nucleari in particolare, che riempiono gli arsenali dei singoli Stati mette in gioco il destino del mondo e dell’intera umanità. A questo si deve aggiungere l’indifferenza da parte di molti, che si esprime anche nei pochi che vanno a votare, e la violenza sempre più presente nelle famiglie e tra i ragazzi.
Anche la Chiesa vive le sue difficoltà: sia a causa degli scandali e degli abusi di vario genere che si perpetuano al suo interno, sia perché avverte che è finito il tempo della cristianità: siamo ormai diventati piccole comunità e in esse spesso sono assenti i giovani.
1. È possibile sperare?
Per cui, oggi, ci si chiede non solo cosa sperare, ma, in modo più radicale: è possibile sperare?
Questo navigare al buio e senza speranza, determinato da varie circostanze, che a volte sfocia in forme di violenza, di indifferenza verso l’altro o di rassegnazione, di per sé non si addice all’uomo, perché egli, credente o non credente, non solo avverte il bisogno di speranza, “ma è speranza”. Egli sente il bisogno di oltrepassare lo scacco dell’esistenza, seppure confusamente, avverte come un risucchio “in avanti”, una gravitazione sul futuro, verso una pienezza di senso.
Giovanni Crisostomo evidenziava: «Ciò che ci porta alla sventura non sono tanto i nostri peccati quanto la disperazione». Pensiamo, allora, che è urgente riflettere e coltivarsi come uomini di speranza perché essa ci educa a non trascorrere i nostri giorni da rassegnati e a non concedere mai, rabbiosamente, spazio alla distruzione.
Il nostro, comunque, è un tempo in cui si pone con palpabile drammaticità la domanda: “che cosa posso sperare?”. E da questo interrogativo non è esente il cristiano.
La speranza cristiana, infatti, è bene chiarirlo, in un'epoca in cui molti disperano, non vuole semplicemente consolare o favorire facili ottimismi, ma vuole ricordare che la promessa biblica non ha certo risparmiato ai suoi testimoni la lunga attesa nella notte. Il cammino di fede è segnato da un processo che nella Bibbia è chiamato deserto, e che dai mistici sarà chiamato notte.
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La speranza cristiana, allora non è intimistica, ma ha un aspetto di responsabilità della storia. Essa è condizione che consente al credente di inserirsi nella dinamicità degli eventi storici, di guardare in profondità gli avvenimenti e di accettare il rischio delle scelte presenti con la costante tensione al futuro.
La speranza è accettazione di questo rischio con la consapevolezza che l'operare nel mondo non si perderà nella caducità della morte, ma passerà, con l'uomo, alla nuova vita. Con la sua azione il cristiano si dispone e dispone il mondo a ricevere la grazia della salvezza futura; prepara ed anticipa la definitiva manifestazione della gloria di Dio in Cristo.
In questa prospettiva, la speranza diviene un atteggiamento attivo, nutrito di coraggio e di fortezza d'animo, che alimenta la resistenza nella sofferenza e la tensione nella lotta. Così il cristiano è chiamato a vivere il suo impegno nel mondo non perché rimanga quello che è, ma perché si trasformi e diventi ciò che gli è promesso che diventerà.
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