Scrittore e diplomatico, aveva 95 anni. Il suo libro "Indignatevi!" è stato un caso editoriale, con oltre quattro milioni di copie vendute in circa 100 nazioni. Un pamphlet corrosivo, rivolto alle giovani generazioni, che contribuì alla nascita e all'affermazione del movimento giovanile diffusosi in tutto il mondo
Con grande gioia vi accolgo e porgo a ciascuno di voi il mio più cordiale saluto. Ringrazio il Cardinale Angelo Sodano che, come sempre, ha saputo farsi interprete dei sentimenti dell’intero Collegio: Cor ad cor loquitur. Grazie Eminenza di cuore. E vorrei dire – riprendendo il riferimento all’esperienza dei discepoli di Emmaus – che anche per me è stata una gioia camminare con voi in questi anni, nella luce della presenza del Signore risorto.
Come ho detto ieri davanti alle migliaia di fedeli che riempivano Piazza San Pietro, la vostra vicinanza e il vostro consiglio mi sono stati di grande aiuto nel mio ministero. In questi otto anni, abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa, assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo. Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale, che è l’anima del nostro ministero. Abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo, che solo può illuminare il cammino. Insieme possiamo ringraziare il Signore che ci ha fatti crescere nella comunione, e insieme pregarlo di aiutarvi a crescere ancora in questa unità profonda, così che il Collegio dei Cardinali sia come un’orchestra, dove le diversità – espressione della Chiesa universale – concorrano sempre alla superiore e concorde armonia.
Vorrei lasciarvi un pensiero semplice, che mi sta molto a cuore: un pensiero sulla Chiesa, sul suo mistero, che costituisce per tutti noi - possiamo dire - la ragione e la passione della vita...
Leggi il testo integrale del saluto di Benedetto XVI al Collegio cardinalizio
Anche i Titani non sono più quelli di una volta. Tramontato il sogno di progresso del quale si era fatto carico l’ambizioso Prometeo, tocca al fratello dello sconfitto, il prudente Epimeteo, governare le sorti degli umani. Il suo incarico sembrerebbe modesto, ma richiede in effetti una grande abilità tecnica: si tratta di impedire l’apertura dei vasi in cui sono contenuti i mali del mondo. Attenzione al verbo. Contenere, trattenere. Frenare, insomma. Il potere che frena (in uscita da Adelphi, pagine 214, euro 13) è il titolo del saggio in cui il filosofo Massimo Cacciari torna su uno dei temi centrali della cosiddetta "teologia politica", ovvero quella corrente di pensiero, teorizzata fin dagli anni Venti da Carl Schmitt, che suggerisce di interpretare il divenire della Storia in prospettiva teologica. «Più andiamo avanti – ribadisce Cacciari – e più mi convinco che non c’è altro modo per cercare di comprendere il nostro tempo».
Un saggio di Massimo Cacciari affronta una classica controversia da San Paolo fino a Nietzsche e Carl Schmitt
C’è un passo enigmatico, nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi (2, 6-7) attribuita a S. Paolo, su cui si è esercitata una schiera di esegeti, antichi e moderni, senza mai venirne definitivamente a capo. In esso si fa riferimento a un katechon che trattiene il trionfo finale del male, ritardando così anche il suo annientamento da parte del Signore. Il “mistero”, come l’autore stesso lo definisce, contenuto in questo testo riguarda insieme il soggetto e il significato del katechon.
Chi, o cosa, è questa forza che frena al contempo lo scatenamento del male e la vittoria del
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!
Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.
Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.
Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.
Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10)...
Leggi il testo integrale dell'ultima Udienza di Benedetto XVI
Il 28 di febbraio, alle ore 20, Benedetto XVI non sarà più Papa, la Santa Sede sarà cioè vacante, anche se Joseph Ratzinger sarà ancora vivo.
Questo evento è sostanzialmente un unicum nella storia bimillenaria della Chiesa, in quanto gli antichissimi e rarissimi precedenti non sono comparabili a questo evento mediatico mondiale del 2013.
Punto finale e nuovo inizio
Gli effetti di queste dimissioni saranno immensi e duraturi nei prossimi decenni, anche se da più parti si tenta invano di normalizzare una situazione evidentemente eccezionale, e di sminuirne la portata storica.
Paradossalmente proprio questo Papa, che tanto ha insistito sulla necessità di ribadire la “continuità” nella storia della Chiesa, ha compiuto uno dei gesti di più radicale discontinuità che potessimo immaginare, un gesto che sarà ricordato come una rottura senza precedenti, una cesura epocale, un punto finale e un nuovo inizio.
Questo gesto si pone d’altronde nel novero dei grandi momenti di assoluta novità che segnano la storia della Chiesa dalla seconda metà del XX secolo in poi...
"Il rapporto tra Dio e Cesare nell'epoca della secolarizzazione e della religione civile"
FINANZA E POTERE NELLA CHIESA
Video integrale
Tavola Rotonda
"Chiesa povera: promessa disattesa o utopia impossibile? A partire dal patto delle catacombe sottoscritto dai 40 padri conciliari prima di lasciare Roma"
INTERVENTI
Valerio Gigante, redattore di Adista
14:51 (5' 46")
Giovanni Franzoni, scrittore e teologo
Già abate della Basilica di San Paolo, fondatore delle Comunità Cristiane di Base
14:57 (24' 27")
Gian Mario Gillio, direttore della rivista "Confronti"
15:21 (9' 29")
Enzo Marzo, presidente della Fondazione Critica Liberale
15:30 (17' 29")
Flavia Zucco, fondatrice di "Donne e Scienza"
15:48 (10' 13")
Valerio Gigante, redattore di Adista
15:58 (5' 26")
Marcello Vigli, filosofo e saggista
16:04 (5' 27")
Alberto Bencivenga
16:09 (5' 11")
Raffaele Bocciero, amministratore del sito "Filosofia e Logos"
16:14 (2' 21")
Bruno Bellerate
16:17 (3' 35)
Vittorio Sammarco, giornalista
16:20 (3' 0")
Valerio Gigante,redattore di Adista
16:332' 10"
Gian Mario Gillio, direttore della rivista "Confronti"
16:35 (3' 10")
Giovanni Franzoni, scrittore e teologo
Già abate della Basilica di San Paolo, fondatore delle Comunità Cristiane di Base
IL LASCITO DEL CARDINALE PER UN CAMBIAMENTO RADICALE DELLA CHIESA
... Le critiche espresse dal cardinale nel suo ultimo colloquio erano come un testamento, scritto per amore. Con fermezza poneva alcune persone al centro: i poveri, coloro che ricercano la fede, le donne e gli stranieri. A loro si era dedicato con tutte le forze per l'intera vita. Non a caso le sue richieste hanno preso il nome di «Agenda Martini» per il conclave...
Cosa dice l'«Agenda Martini» a proposito del profilo del nuovo Papa?
Deve essere un ottimista come Giovanni XXIII: non difendere ciò che è antiquato, ma aprire le porte della Chiesa al nuovo. Deve avere molta comprensione umana e fiducia nel futuro.
Deve avere amore come Paolo VI. Forse aveva un eccessivo timore delle possibilità offerte dalla tecnologia, dalla medicina e dalla libertà sociale, ma era una preoccupazione per l'uomo, come amava sottolineare il cardinal Martini quando criticava l'Enciclica Humanae Vitae. Lo poteva testimoniare egli stesso, poiché Paolo VI lo invitava spesso come un amico, a discutere di questioni bibliche.
Deve essere deciso come Giovanni Paolo II. Il cardinal Martini raccontava che il Papa polacco aveva nominato lui, originario di Torino, arcivescovo di Milano, senza ascoltare le obiezioni. Aveva deciso e basta. Con la sua forza riusciva a muovere molte cose in Vaticano e nella politica ecclesiastica. Una forza che ha fatto addirittura crollare la cortina di ferro.
Intervista con il sudafricano Fox Napier uno dei favoriti
Non credo che sarà un conclave rapido come quello del 2005. Chiunque verrà eletto, ha la strada indicata e cioè dovrà completare la purificazione della Chiesa avviata da Benedetto XVI. Nella Cappella Sistina, il senso dell’universalità prevale sulle logiche regionalistiche e sui blocchi geografici di appartenenza».
Il 71enne sudafricano Wilfried Fox Napier, porporato francescano, è in cima a tutte le lista dei papabili e i bookmaker inglesi scommettono che il «Papa nero» sarà lui (o il curiale ghanese Peter Turkson). Arcivescovo di Durban dal ’92, cardinale dal 2001, è stato nominato da Joseph Ratzinger presidente del Sinodo sull’Africa e membro di quattro dicasteri vaticani.
«Da questa profonda crisi possiamo uscirne con una forte rinascita spirituale, come avvenne ai tempi in cui San Francesco attuò la sua riforma morale». Appena sente l’ipotesi di una sua elezione ride e stempera la tensione con una battuta: «Comincerei come Benedetto ha terminato. Con la rinuncia». Poi il tono torna serio: «È già gravosa la responsabilità di partecipare al conclave, sull’esito non ha senso esprimersi. Sarà ciò che Dio vuole».
... È questo il testimone che il Papa uscente consegna a voi, al suo successore e a tutti noi cristiani, chiamati a proseguire con i nostri diversi carismi sulla strada - certo, non facile - di una reale collegialità e trasparenza, di una maggiore sinodalità per un camminare insieme che ci veda coinvolti nelle scelte, nel quadro di un cristianesimo globale in cui i cristiani del sud del mondo sono ormai più (e più vivi) di quelli dei paesi tradizionalmente cristianizzati e in cui le donne chiedono giustamente a gran voce di essere finalmente protagoniste a pieno titolo. E chiamati ad annunciare con coraggio che il messaggio evangelico sarà realmente vivibile anche in futuro: perché il Dio di Gesù non è solo alleato dell’uomo in genere, ma anche dell’uomo postmoderno, che ha scoperto come valori irrinunciabili la ragione critica e la libertà di coscienza. Quella stessa cui si è richiamato Benedetto XVI per spiegare il valore autentico della sua scelta.
Il paragone fra le scelte compiute da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI davanti al venir meno delle loro forze fisiche, è stato avanzato da più parti, talvolta soltanto per immaginare una contrapposizione e ipotizzare retroterra inquietanti. In realtà, l’accostamento fra i due Papi, figure dall’evidente diversità e dalla non meno profonda sintonia, può risultare particolarmente fecondo nell’aiutare a comprendere ciò che sta avvenendo al vertice della Chiesa cattolica e il suo possibile significato per il prossimo futuro.
La chiave di lettura più adeguata per interpretare il modo di porsi davanti alla malattia, alla sofferenza e alla morte del Papa polacco, è la mistica slava della Croce. . Avendo avuto il singolare privilegio di predicare a Giovanni Paolo II gli ultimi esercizi spirituali cui egli abbia potuto partecipare, ho avuto anche modo di ascoltare dalle sue labbra parole che restano scolpite nella mia memoria e nel cuore: “Il Papa deve soffrire per la Chiesa”. Ciò che mi colpì fu l’intensità con cui le diceva, in particolare la forza posta su quel “deve”...
Benedetto XVI si muove in un diverso orizzonte culturale e simbolico, quello della mistica occidentale del servizio. Egli è l’uomo che sa di dover dare gratuitamente quanto ha gratuitamente ricevuto. E sa che questo dare senza ritorno è il servizio cui è stato chiamato, tanto come pensatore della fede, quanto come pastore e apostolo, posto dal Signore a lavorare nella Sua vigna, umile operaio impegnato a spendere tutti i doni d’intelligenza e di fede, ricevuti da Dio, a favore della causa di Dio in questo mondo.
Anche questo servizio non è che una “imitatio Christi”...
È trascorsa più di una settimana dall'annuncio che ha sconvolto, anche in termini positivi, la vita della Chiesa cattolica e determinato una nuova fase nella sua storia. Commenti, analisi, ringraziamenti e tristezza, apprensione e speranze. Non è stato un caso che fosse proprio nella settimana che apriva la Quaresima, il tempo delle rinunce e della preghiera, che Benedetto XVI ha dato l'annuncio.
Tutti hanno commentato la decisione di Benedetto XVI, dagli illustri studiosi di teologia e diritto canonico ai vaticanisti, dai commentatori laici ai cristiani semplici ma dal cuore addolorato per una improvvisa, sia pure preparata, ammissione di caducità umana. Un'esperienza che ha esaltato il ruolo Trinitario di un Dio che guida la chiesa oltre le povere opere di un uomo, anche quando lo chiamano, consideriamo e affettuosamente amiamo come Santo Padre.
Dopo giorni di omelie, scritti, tweet, post, documentari e speciali su ogni supporto mediatico ora il silenzio. Ovvero il rispetto per chi ha annunciato di volerlo e di aver "scelto di essere nascosto al mondo". Una lezione che dovrebbe fare pensare ciascuno di noi, sempre a caccia di una luce che possa gratificare il nostro ego...
Si sente dire in giro, anche da qualcuno nelle parrocchie, tra i fedeli: "Ma il Papa non doveva, non poteva. Non si scende dalla croce".
È forse il commento più avvilente, specie se fatto da credenti. Il Papa non sta scendendo dalla croce: ci sta salendo. Sta facendo l'esperienza dell'abbassamento, della spogliazione di sé. L'esperienza più radicale di abbandono nelle braccia del Signore.
Chissà quale tumulto di emozioni e di pensieri nella sua anima. Poi la scelta. Una scelta nata dalla preghiera, dall'ascolto di Dio, dal confronto con lui.
Si dice: il Papa stava scrivendo un'enciclica sulla fede, ma non l'avremo. Non è vero. L'enciclica sulla fede l'ha scritta: sta in questa sua sofferta decisione di farsi da parte agli occhi del mondo per mettersi sotto uno sguardo che conta infinitamente di più. È un'enciclica silenziosa, ma non meno efficace. E, non a caso, come sempre sono i più semplici a comprenderla.
Mentre i dotti fanno scorrere fiumi di parole per indagare le ragioni occulte delle dimissioni, gli umili hanno già capito: il Papa sta facendo l'esperienza di Gesù nell'orto dei Getsemani: "Ora l'anima mia è turbata". E dal turbamento nasce l'abbandono nelle braccia del Padre. Si potrebbe dire, e tutti lo diciamo prima o dopo, "salvami da quest'ora". Ma la fede sta nell'abbandono, nello spogliarsi di sé.
L'enciclica silenziosa di Benedetto ci parla della vita debole, della vita turbata. Ci parla di quella vita che normalmente non vogliamo vedere...
della Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME)
II DOMENICA di QUARESIMA - anno C - 24-2-2013
Contempliamo Gesù trasfigurato
1. Nella seconda tappa del cammino quaresimale siamo invitati a sostare sul Monte della Trasfigurazione per contemplare nell’umanità di Gesù la presenza della Luce irradiante di Dio (Lc 9,28-36). Colui che abbiamo contemplato nella lotta contro il divisore, vincendolo con le armi della Parola di Dio e della fede incondizionata in Dio suo Padre, ora lo contempliamo trasfigurato nella sua umanità dalla Luce del Padre. La trasfigurazione è la meta del cammino della Quaresima: la Pasqua del Signore, la sua Risurrezione. Ma è anche la meta del cammino della nostra vita: la trasfigurazione della nostra fragile persona che il Signore, alla sua venuta, renderà conforme alla sua persona risorta e vivente (seconda lettura: Fil 3,17- 4,1). Ecco perché noi, come ospiti e pellegrini sulla terra – e non come padroni di essa: «la nostra cittadinanza infatti è nei cieli», scrive l’apostolo Paolo –, attendiamo la sua Venuta nella Gloria.
2. Ma dell’evento della Trasfigurazione del Signore ci è dato di poter partecipare già qui nel cammino della nostra vita terrena. Anche se la liturgia non lo riporta, la pagina del vangelo si apre con l’annotazione temporale «otto giorni dopo» (Lc 9,28). È bene soffermarsi un po’ su questa annotazione. Essa non è semplice indicazione cronologica, bensì teologica: l’ottavo giorno è eccedenza del settimo giorno, ovvero è il “giorno senza tramonto”, è il “giorno che non ha fine”, è “giorno” che vivremo quando saremo davanti al Volto del Signore in piena comunione con Lui. Ma di questo “giorno” ne facciamo esperienza già qui in terra, quando nella Domenica, Giorno del Signore, siamo – come i discepoli al Monte della Trasfigurazione – convocati, accolti e accompagnati dal Signore per ascoltare il suo Vangelo alla luce di Mosè e di Elia, cioè della Torah e di Profeti (tutta la S. Scrittura), e diventare conformi al suo stile di vita, assimilare la sua “forma di vita”.
3. È interessante, allora, seguire il percorso dei discepoli...
Dopo la moltiplicazione dei pani e la professione di fede di Pietro, Gesù annuncia per la prima volta la sua passione e detta le condizioni per essere suoi discepoli:
"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua."
In questa atmosfera di sconcerto e timore, Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni - che rappresentano la Chiesa di ogni tempo e luogo - e li conduce con sé perché abbiano una anticipazione della sua Gloria e possano vedere, ascoltare, sperimentare, che Egli è veramente il Messia di Dio.
Quella che essi fanno è un'autentica esperienza Pasquale, ciò che accade sul monte è la conferma della Divinità di Gesù.
Il suo Volto-Altro, la presenza di Mosè ed Elia -figura della Torah e della Profezia- e la Voce del Padre ne attestano la Verità.
L'avere contemplato la Gloria del Signore porta Pietro a fare quella dichiarazione:
"Facciamo tre tende", evidente richiamo alla Festa delle Capanne, la festa per eccellenza, quando si celebrava la liberazione del popolo dall'Egitto e, come dice la tradizione rabbinica, doveva manifestarsi il Messia atteso. Quale migliore occasione ha Gesù per manifestarsi ad Israele come l'Unto di Dio, nella Gloria?
Ma, continua l'Evangelista Luca, Pietro "non sapeva quello che diceva".
Gesù certamente si manifesterà come Messia, ma non prima di aver scalato un altro monte, Egli dovrà prima "soffrire molto, essere rifiutato, venire ucciso e il terzo giorno risorgere".
Solo allora conosceremo fino a che punto il Signore ci ama e fin dove siamo chiamati a seguirlo.
Lasciamoci allora anche noi assumere da Gesù sul monte, facciamoci avvolgere e fecondare, come Maria, dalla Nube della presenza di Dio, perché possiamo anche noi seguire Gesù fino alle estreme conseguenze.
Domenica sera, 17 febbraio 2013, sono iniziati, nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, gli Esercizi spirituali quaresimali per il Papa e la Curia Romana. Gli Esercizi, che termineranno sabato 23, sono predicati dal cardinale Gianfranco Ravasi, sul tema:"Ars orandi, ars credendi. Il volto di Dio e il volto dell'uomo nella preghiera salmica.
Nella liturgia sguardo
verso Dio e verso i fratelli
La grande epifania di Dio nella liturgia. E’ il tema su cui si è soffermato il cardinale Gianfranco Ravasi che, nelle meditazioni della mattina, aveva parlato della rivelazione di Dio nella Parola e come Creatore. Richiamandosi ad un aforisma giudaico, il porporato nota come la riflessione sia quasi un procedere per cerchi concentrici: dall’universo alla Terra fino al colle di Sion, al Tempio, luogo dello svelarsi di Dio durante la liturgia. Qui si incontrano l’uomo e Dio. Due le coordinate fondamentali della celebrazione liturgica, nota il cardinale Ravasi: la dimensione orizzontale e quella verticale. “Se guardiamo bene la nostra liturgia, è ininterrottamente uno sguardo rivolto verso l’Alto, la trascendenza, verso Dio e Cristo, verso la sua Parola, ma dall’altra parte è anche uno sguardo rivolto ai fratelli. Pensate quante volte ci si saluta anche, all’interno della liturgia”.
Il cardinale sottolinea come sia necessario un equilibrio fra queste due dimensioni, altrimenti c’è il rischio o di un sacralismo fine a se stesso o di fare una riunione assembleare. Il porporato ricorda, poi, come per accedere al culto i leviti esigano condizioni non solo rituali ma anche dove l’elemento centrale è l’analisi del cuore: condizioni che riguardano il vivere un’esistenza giusta e si esplicano in una serie di impegni concreti. E questo proprio per non trasformare il culto in un rito esteriore come dice Isaia quando afferma che Dio detesta offerte e sacrifici. L’amore ai fratelli e la confessione delle proprie colpe sono, dunque, momenti fondamentali per varcare la soglia che conduce alla comunione con il Signore:
“Per andare alla Comunione con Dio – un solo Pane, un solo Calice – bisogna essere un solo Corpo, bisogna avere la comunione fra di noi”.
Riguardo alla dimensione verticale, il cardinale Ravasi sottolinea come Dio in un certo senso si comprima per incontrare noi, e come la carne di Cristo sia il nuovo Tempio. In una società come la nostra spesso definita "liquida", cioè dove la morale sembra non conoscere norme oggettive, ma solo scelte spontanee e istintive, è invece importante ricordare che l’esperienza di incontro con Dio crea solidità.Nella meditazione il cardinale Ravasi richiama, poi, il profeta Sofonia che parla di Sion come città-madre, che prefigura la maternità di Maria “tempio di Dio” come diceva Sant’Ambrogio. Un volto materno di Sion, dunque, che acquista un profilo universale nel Salmo 87 - nota il porporato - e che rimanda alla Chiesa. Rievocati anche i Salmi delle ascensioni a Gerusalemme, quando il pellegrino leva gli occhi verso i cornicioni del Tempio dove si intravedono i nidi degli uccelli e prorompe nell’esclamazione: “Anche il passero trova una casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio! Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi!”. Negli Esercizi spirituali della mattina, il porporato si era soffermato sulla rivelazione di Dio come Creatore e nella parola facendo notare che l’incipit dell’Antico e del Nuovo Testamento è scandito proprio dalla Parola. La Parola, infatti, indica la vera scala dei valori:
“La Parola come prima grande epifania che è cantata nel Salterio e che io, pregando, scopro. Sento non soltanto le mie parole che risuonano, c’è anche la Parola di Dio che risuona in me”.
A pochi giorni dalle elezioni, sembra che la schiera degli indecisi sia molto nutrita, al punto da rendere incerto l'esito finale. A fronte di una campagna elettorale che, anziché chiarire le idee, sembra averle ulteriormente confuse, il cittadino può avvalersi di altri strumenti per sviluppare una riflessione che lo porti a maturare una scelta consapevole. Non provereste sollievo se, a darvi qualche orientamento, fosse ad esempio quel genio di Niccolò Machiavelli? Sì, l'autore di Il Principe, uno dei più famosi, profondi e - aggiungiamo - attuali trattati sull'arte del Governo che siano mai stati concepiti e di cui ricorre quest'anno il cinquecentenario. Maurizio Viroli ha avuto l'intuizione di rileggere il capolavoro, traendone principi utili per decidere a chi dare il proprio voto domenica e lunedì. Viroli è uno che se ne intende: è professore di Teoria politica all'Università di Princeton e professore di Comunicazione politica all'Università della Svizzera italiana (Lugano). Vale quindi la pena dare un'occhiata al suo Scegliere il principe. I consigli di Machiavelli al cittadino elettore, pubblicato da Laterza.
Guarda la scheda del libro "Scegliere il principe - I consigli di Machiavelli al cittadino elettore" di Maurizio Viroli
Cosa può insegnarci ancora oggi Niccolò Machiavelli? Con il politologo Maurizio Viroli, ospite di Corrado Augias a “Le Storie – Diario italiano”, alla scoperta dell’attualità del pensiero dell’autore del “Il Principe”
Guarda la puntata di Rai "Le Storie" del 25-01-2013 con Maurizio Viroli