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martedì 17 dicembre 2024

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO AD AJACCIO - Conclusa la visita in Corsica - Incontro con Macron: “Grazie per il gesto di venire qui” - Incontro con i giornalisti in aereo: in Corsica sono stato felice di vedere un popolo che fa bambini - Festicciola a sorpresa (Cronaca, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
AD AJACCIO
IN OCCASIONE DEL CONGRESSO
LA RELIGIOSITÉ POPULAIRE EN MÉDITERRANÉE

Domenica, 15 dicembre 2024


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AJACCIO - ROMA

17:30 Incontro con il Presidente della Repubblica presso l’Aeroporto Internazionale di Ajaccio
18:00 Cerimonia di congedo
18:15 Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Ajaccio per Roma (19:13)
19:05 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino (19:56)

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Papa Francesco incontra Macron:
“Grazie per il gesto di venire qui”

Ultimo atto della visita in Corsica, il colloquio a porte chiuse in una sala privata dell’aeroporto di Ajaccio tra il Pontefice e il presidente francese. Scambi di doni e di battute, Francesco ha invitato il capo di Stato a leggere il passaggio della esortazione "Gaudete et Exsultate" che ricorda l’insegnamento di San Tommaso Moro a non perdere mai il buon umore

L'incontro del Papa con il presidente francese Macron

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“La ringrazio di questo gesto di venire qui. Questo gesto fa vedere la sua personalità, cercando l’incontro. Grazie tante per il tempo che mi ha dedicato”. Papa Francesco ha accolto con parole di gratitudine il presidente francese Emmanuel Macron, venuto ad Ajaccio per dargli il suo saluto poco prima del congedo dalla Corsica, meta del suo 47.mo viaggio apostolico.

Scambio di doni tra il Papa e Macron

In dono un libro su Notre-Dame

In una saletta dell’aeroporto intitolato a Napoleone, allestita con una poltrona con lo stemma papale e le bandiere della Città del Vaticano, della Francia e dell’Europa, Papa e presidente sono entrati insieme dallo stesso ingresso poco prima delle 18, accompagnati dalle rispettive delegazioni. Macron, come già in passato nelle udienze in Vaticano, o negli incontri a Marsiglia nel 2023 o al G7, ha riservato gesti d’affetto nei confronti del Papa: "È un grande onore per la città di Ajaccio, per la Corsica e per la Francia accoglierla", ha detto. Subito gli ha presentato il dono: un grande libro dedicato alla ricostruzione della cattedrale di Notre-Dame, restaurata dopo il drammatico incendio del 2019 e riaperta al pubblico una settimana fa, il 7 dicembre. Il capo di Stato ha sfogliato il volume mostrando alcune pagine.

Non perdere il buon umore

Il Papa ha ricambiato con le medaglie del pontificato e i documenti del magistero. In particolare Francesco ha preso in mano la copia della esortazione apostolica Gaudete et Exsultate per trovare la pagina in cui viene citata la raccomandazione di San Tommaso Moro – quella che ha sempre ripetuto nei suoi discorsi – a non perdere il buon umore. Il Pontefice ha indicato il punto a Macron per chiedergli di leggerlo e ha messo pure il segnalibro sulla pagina; il presidente ha risposto con un sorriso e stringendo la mano del Papa.

L'incontro tra Francesco e il presidente francese

Il grazie per la visita

Seduti alle poltrone i due si sono stretti le mani e il leader d’Oltralpe ha ringraziato il Papa per la sua visita, sottolineando di aver visto la gioia del popolo della Corsica, “molto fiero” di aver potuto accogliere per la prima volta un Pontefice. Macron ha ringraziato Jorge Mario Bergoglio “a nome della Corsica e della Francia”; unito a questo, la sofferenza per il ciclone nell’arcipelago francese di Mayotte che ha causato centinaia di vittime, ricordate oggi dal Papa all’Angelus.

Da lì, il colloquio a porte chiuse, ultimo atto prima della cerimonia di congedo in aeroporto. Macron ha accompagnato Francesco fino al velivolo di Air Corsica. Poi dal suo account su X ha postato: "Grande onore per tutti i cattolici di Francia come per tutti i francesi. Grazie a Papa Francesco per la sua storica visita in Corsica".

La nota dell'Eliseo

In un comunicato diramato successivamente dall’Eliseo si sottolinea il clima cordiale dell’incontro tra il Papa e il presidente francese che si sono confrontati su temi di attualità internazionale e in particolare sulle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Il presidente Macron - prosegue la nota - ha ringraziato il Papa per la visita in Corsica e ha fatto i migliori auguri per l’inizio del Giubileo.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 15/12/2024)

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Conclusa la visita in Corsica di Papa Francesco


Una giornata serena, di festa, tra il calore della gente di Ajaccio, gli appelli alla pace mondiale e alla concordia nel quotidiano della vita sociale e di fede, la stretta di mano con il presidente Macron dopo un colloquio che si è protratto ben oltre l’orario di partenza del volo papale, slittato di un’ora, dalle 18.15 alle 19.13.

L’intensa giornata di Franceso in Corsica, isola che nessun Pontefice aveva mai visitato prima, ha avuto il suo momento centrale nell’intervento della mattina al congresso sulla religiosità popolare del Mediterraneo. L’atterraggio a Roma del vettore della Air Corsica, che ospita a bordo anche 67 giornalisti, è avvenuto all’aeroporto di Fiumicino dopo 50 minuti di volo.


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In un minuto il viaggio del Papa in Corsica

Una lunga giornata ad Ajaccio per Francesco partito stamani da Roma. Dopo un breve saluto sul volo ai 70 cronisti che lo hanno accompagnato, ha tenuto un discorso al congresso sulla “Religiosità popolare nel Mediterraneo”. Nella cattedrale di Santa Maria Assunta ha incontrato vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate ed i seminaristi della Corsica, prima della recita dell'Angelus l'appello per la pace in Ucraina e in Medio Oriente. La Messa è stato l'ultimo impegno pubblico, a seguire il colloquio all'aeroporto con il presidente francese Macron.


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Papa Francesco:
 in Corsica sono stato felice di vedere un popolo che fa bambini

A motivo dei tempi stretti del volo, Francesco non ha rilasciato la consueta conferenza stampa con i rappresentanti dei media al suo seguito. Ha però voluto condividere la sua gioia nel vedere ad Ajaccio una grande quantità di genitori con i figli: “È una terra che fa bambini. In altri Paesi non si vedevano. A Timor Est e qui invece sì”. Per il Papa una torta a sorpresa da parte dei giornalisti per il suo ottantottesimo compleanno di martedì 17 dicembre

Papa Francesco con la torta di compleanno regalatagli dalla vaticanista Valentina Alazraki a nome di tutti i giornalisti

Nessuna conferenza stampa, come consuetudine di ogni viaggio apostolico, sul volo di ritorno Ajaccio-Roma. Il motivo, i tempi strettissimi del viaggio (meno di 40 minuti). Non era mai accaduto in altre trasferte internazionali del Pontefice, ma non era neanche mai accaduto che un tragitto fosse così breve. Tuttavia il Papa, appena salito sull’aereo, non ha voluto far mancare il suo saluto ai 67 giornalisti che lo hanno accompagnato in queste dieci ore nell’isola del Mediterraneo per condividere pure con loro un pensiero. O meglio, un’osservazione sulla cosa che più l’ha colpito dal viaggio di questa visita Ajaccio: la quantità di bambini, visti durante i diversi incontri, in particolare alla Messa a Place d’Austerlitz, ma anche per strada in braccio o vicino ai genitori.

Una terra con tanti bambini

“Vi ringrazio tanto per il vostro lavoro”, ha esordito il Pontefice. “Vorrei sottolineare una cosa: avete visto la quantità di bambini? Questa è una terra che fa bambini, pensate ad altri viaggi in cui non si vedevano”. “Sia a Timor Est, sia qui – ha aggiunto il Papa, ricordando una delle tappe del suo lungo pellegrinaggio di settembre nel Sud-Est asiatico e in Oceania - sono stato felice di vedere un popolo che fa bambini. Questo è il futuro”.

“Grazie tante a voi per il lavoro”, ha ripetuto il Papa a cronisti, cameraman e fotografi. “Grazie tante per questo. Al prossimo viaggio!”. “Dove?”, hanno domandato dei giornalisti dai loro posti a sedere. “Non lo so!”, ha risposto il Papa sorridendo.

Il Papa durante il saluto ai giornalisti

Festicciola a sorpresa

Il breve tragitto ha permesso comunque di far vivere a Jorge Mario Bergoglio un piccolo momento di festa con il dono di una torta da parte dei membri dell’Aigav, l’associazione di vaticanisti accreditati dai media di ogni continente, che hanno voluto celebrare l’ottantottesimo compleanno del Papa del prossimo 17 dicembre.

In dono al Papa anche un modellino di Air Corsica

Una torta da parte di tutti i giornalisti

La torta, finta (una “fake cake”, ha scherzato qualcuno), è stata realizzata da un laboratorio romano che l’ha offerta gratis per la grande ammirazione verso il Papa argentino: a tre piani, con i colori bianco e giallo della bandiera vaticana, reca la scritta “Auguri Papa Francesco”, sopra una statuina con le sembianze del Pontefice seduto e con il pollice alzato, sotto il biglietto “Tanti auguri!”.

A consegnarla al Papa, in mezzo al coro di “Tanti auguri” intonato dai colleghi francesi, è stata la giornalista messicana Valentina Alazraki, decana dei vaticanisti, storica corrispondente di Televisa Univision e neo eletta presidente di Aigav, con all’attivo 161 viaggi al seguito di un Pontefice. “Tutti i giornalisti le fanno gli auguri”, ha detto Alazraki porgendo il regalo. “È finta così non c’è niente di scaramantico”, ha aggiunto con una battuta, tra le risate dei presenti. Incluso il Papa che ha detto più volte “grazie”, benedicendo con la mano quelli che in questi anni ha sempre definito i suoi “compagni di viaggio”.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 15/12/2024)

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Vedi anche i post precedenti:



VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO AD AJACCIO - S. MESSA - Il Papa: la guerra toglie il sorriso ai bambini, Gesù è segno di pace (Cronaca, foto, testo e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
AD AJACCIO
IN OCCASIONE DEL CONGRESSO
LA RELIGIOSITÉ POPULAIRE EN MÉDITERRANÉE

Domenica, 15 dicembre 2024


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AJACCIO - ROMA

15:30 Santa Messa nella “Place d’Austerlitz” (“U Casone”)

17:30 Incontro con il Presidente della Repubblica presso l’Aeroporto Internazionale di Ajaccio
18:00 Cerimonia di congedo
18:15 Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Ajaccio per Roma
19:05 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino

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SANTA MESSA

“Place d’Austerlitz” (“U Casone”) - Ajaccio
Domenica, 15 dicembre 2024

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Il Papa: la guerra toglie il sorriso ai bambini,
Gesù è segno di pace

La Messa nella Place d’Austerlitz segna la conclusione del 47.mo viaggio apostolico in Corsica. Francesco nell’omelia ricorda che una società che non dona non è gioiosa ma vittima del consumismo. L’annuncio della nascita di Gesù è un segno di pace per un mondo ferito dai conflitti


Lo sventolio di bandierine bianche, tanti bimbi portati al Papa per essere benedetti, anche un fagottino avvolto in una coperta verde acqua, rosari che vengono donati ai più piccoli per ricordare questa giornata di Francesco in Corsica. Sono alcuni dei momenti del passaggio della papamobile, con canti in lingua corsa intervallati dalle acclamazioni a “Papa Francescu”, verso la Place d’Austerlitz, conosciuta anche come “Place du Casone” o “Grotta di Napoleone” che, secondo quanto si narra, qui da bambino sognava in grande. Il palco è dominato dal bianco e dall’azzurro, con una grande croce ad ancora che guarda i circa 15mila fedeli, ed è sovrastato dalla scritta “Apace”, parola quanto mai urgente e attuale.

La speranza di pace è Gesù, dice il Papa nell’omelia in italiano, una speranza che non delude perché il Signore abita sempre in mezzo a noi e da questa certezza che si trova quella forza inesauribile per cercare la giustizia e la pace. Nel cuore di Francesco c’è il dolore per chi vive la guerra e che non si cancella nemmeno sul volto dei bambini.

Fratelli e sorelle, purtroppo sappiamo bene che non mancano tra le nazioni grandi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenze. Vi dico una cosa: delle volte vengono nelle udienze bambini ucraini che per la guerra sono stati portati qui. Sapete una cosa? Questi bambini non sorridono! Hanno dimenticato il sorriso. Per favore, pensiamo a questi bambini nelle terre di guerre, il dolore … Tanti bambini.

La grazia dei bambini

Poco prima di ricordare le sofferenze dei piccoli ucraini, Francesco aveva espresso la sua sorpresa e la gioia di vedere così tanti bambini in Corsica, da qui l’esortazione a fare figli perché “saranno la vostra gioia, la vostra consolazione nel futuro”.

Anche complimenti! Mai ho visto tanti bambini come qui! Ma è una grazia di Dio. E soltanto ho visto due cagnolini. Mai ho visto tanti bambini. Soltanto a Timor-Leste erano tanti così, ma le altre città non tanti così. Questa è la vostra gioia e la vostra gloria.

I bambini che hanno atteso il Papa per la Messa

I nonni, la saggezza di un popolo

Bambini e nonni sono da sempre nei pensieri del Papa. Anche ad Ajaccio, alla folla di pellegrini che lo ascoltano invita in questo tempo di Avvento a chiedersi come si relazionano agli anziani, ai nonni.

“Come io mi comporto davanti agli anziani? Vado a cercarli? Perdo il tempo con loro? Li ascolto? O no, sono noiosi, con le storie loro … Li abbandono?” Prendete cura dei vecchi che sono la saggezza di un popolo.

Il palco allestito per la celebrazione della Messa

Preparare il cuore

“Che cosa dobbiamo fare?”. Il Papa richiama la domanda che la gente rivolgeva a Giovanni il Battista e che “forse oggi, prima di andare a letto, ognuno di noi può dire come preghiera: ‘Signore, cosa devo fare per preparare il cuore al Natale?”. Il Papa esorta dunque a chiedere con coraggio, con sincerità e senza paura, cosa fare “per preparare un cuore umile e fiducioso al Signore che viene”.

Il meglio che noi possiamo fare per essere salvati e cercati da Gesù, è dirci la verità su noi stessi: “Signore, sono peccatore”. Tutti noi lo siamo, qui. Tutti. “Signore, sono peccatore”. E così ci avviciniamo a Gesù con la verità, non con il maquillage di una giustizia non vera.

Le mani chiuse

Attesa sospettosa e attesa gioiosa: Francesco si sofferma su entrambi gli atteggiamenti spirituali per attendere il Messia. Il primo è segnato dalla “sfiducia” e dall’ “ansietà” che chiamano tristezza, pensieri egocentrici, dubbi sul futuro, angoscia che rovina sempre. “I cristiani – aggiunge – non devono vivere con l’angoscia”.

Quanto sono diffusi questi mali spirituali, oggi, specialmente là dove dilaga il consumismo! Una società così che vive di consumismo, invecchia insoddisfatta, perché non sa donare: chi vive per se stesso non sarà mai felice. Chi vive così…e non ha le mani per dare, per condividere, mai sarà felice. E questo è un male che tutti noi possiamo avere, tutti i cristiani, anche noi, i preti, i vescovi, i cardinali … Tutti. Anche il Papa.

Papa Francesco durante la celebrazione della Messa

La medicina è la fede

“La fede in Dio dà speranza!”: dice il Papa e lo si è visto, spiega, proprio nel Congresso sulla pietà popolare che si è tenuto ad Ajaccio. Il Rosario, ad esempio, “insegna a tenere il cuore centrato su Gesù Cristo, con lo sguardo contemplativo di Maria”. Altro esempio, aggiunge Francesco, è il servizio delle confraternite, “associazioni di fedeli, così ricche di storia, partecipano attivamente alla liturgia e alla preghiera della Chiesa, che abbelliscono con i canti e le devozioni del popolo”.

Ai membri delle confraternite raccomando di farsi sempre vicini con disponibilità, soprattutto ai più fragili, rendendo operosa la fede nella carità. E quella confraternita che ha una devozione speciale si faccia vicino a tutti, vicini ai prossimi per aiutarli.

L’attesa gioiosa

Francesco si sofferma poi sull’attesa gioiosa ricordando che per i cristiani non è una “gioia da carnevale” ma nasce dalla certezza che Dio è in mezzo a noi, “frutto dello Spirito Santo per la fede in Cristo Salvatore, che bussa al nostro cuore, liberandolo dalla mestizia e dalla noia”. Così l’Avvento è “una festa piena di futuro per tutti i popoli: in compagnia di Gesù scopriamo la vera gioia di vivere e di donare i segni di speranza che il mondo attende”.

Fiducia nel Signore che è in mezzo a noi, è in mezzo a noi. Tante volte non ricordiamo questo: è in mezzo a noi, quando facciamo un’opera buona, quando educhiamo i figli, quando ci prendiamo cura degli anziani. Invece non è in mezzo a noi quando facciamo il chiacchiericcio, e sempre sparlando degli altri. Lì non c’è il Signore; siamo noi.

Infine l’invito a rendere testimonianza di questa gioia, della “sicurezza che Cristo è con noi, cammina con noi”.

Il saluto a Papa Francesco

“La Messa di questa Domenica Gaudete ha portato gioia a tutti noi, fedeli di Ajaccio, e a quelli che sono venuti da tutta la Corsica e dal continente per vivere questo momento di comunione e di speranza”. Così il cardinale François-Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio, al termine della celebrazione in Place d’Austerlitz. Sottolineando come “la fede cristiana senza arroganza e senza complessi” può fornire un po' di sale evangelico per riscoprire la gioia di vivere, il porporato ha sottolineato come il Vangelo “ci sfida a condurre una vita migliore, più giusta, più pacifica”. In dono al Papa una partitura di un antifonario proveniente da un convento di Sartène del XI° secolo, scritto su pergamena.

Il dono di una partitura dell'antifonario al Papa

Aperti al mondo

Francesco ha ringraziato perché “per tutta questa giornata in cui mi sono sentito a casa!”, ha invitato ad andare avanti “in armonia, nella distinzione che non è separazione, collaborando sempre per il bene comune”. Poi un saluto al cardinale corso Mamberti e ha raccomandato vicinanza con il cuore, i gesti e l’aiuto soprattutto agli anziani soli, i malati, i carcerati. “Il Vangelo di Gesù Cristo vi aiuti ad avere il cuore aperto al mondo: le vostre tradizioni sono una ricchezza da custodire e coltivare, ma non per isolarvi, mai. Avanti con le vostre tradizioni avanti, sempre per l’incontro e la condivisione”. A chiudere la celebrazione un intenso canto a Maria con 15mila persone che avevano in mano una candela ad illuminare la notte.
(fonte: Vatican News, articolo di Benedetta Capelli 15/12/2024)

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OMELIA DEL SANTO PADRE 


La gente chiede a Giovanni il Battista: «Che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,10). Che cosa dobbiamo fare? È una domanda da ascoltare con attenzione, perché esprime il desiderio di rinnovare la vita, di cambiarla in meglio. Giovanni sta annunciando l’arrivo del Messia tanto atteso: chi ascolta la predicazione del Battista vuole prepararsi a questo incontro, all’incontro con il Messia, all’incontro con Gesù.

Il Vangelo secondo Luca testimonia che sono proprio i più lontani ad esprimere questa volontà di conversione: non quelli che socialmente sembravano essere più vicini, non i farisei e i dottori della legge, ma i lontani, i pubblicani, che erano considerati peccatori, e i soldati domandano: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?» (Lc 3,12). Questa è una bella domanda, che forse oggi, prima di andare a letto, ognuno di noi può dire come preghiera: “Signore, cosa devo fare per preparare il cuore al Natale?”. Chi si ritiene giusto non si rinnova. Coloro invece che venivano considerati pubblici peccatori vogliono passare da una condotta disonesta e violenta a una vita nuova. E i lontani diventano vicini quando il Cristo si fa vicino a noi. Giovanni, infatti, risponde così ai pubblicani e ai soldati: praticate la giustizia; siate retti e onesti (cfr Lc 3,13-14). Coinvolgendo specialmente gli ultimi e gli esclusi, l’annuncio del Signore ridesta le coscienze, perché Egli viene a salvare, non a condannare chi è perduto (cfr Lc 15,4-32). E il meglio che noi possiamo fare per essere salvati e cercati da Gesù, è dire la verità su noi stessi: “Signore, sono peccatore”. Tutti noi lo siamo, qui, tutti. “Signore, sono peccatore”. E così ci avviciniamo a Gesù con la verità, non con il maquillage di una giustizia non vera. Perché viene a salvare proprio i peccatori.

E per questo anche oggi facciamo nostra la domanda che le folle rivolgevano a Giovanni il Battista. Durante questo tempo di Avvento troviamo il coraggio di chiedere, senza paura: “che cosa devo fare?”, “che cosa dobbiamo fare?”. Domandiamolo con sincerità, per preparare un cuore umile, un cuore fiducioso al Signore che viene.

Le Scritture che abbiamo ascoltato ci consegnano due modi di aspettare il Messia: l’attesa sospettosa e l’attesa gioiosa. Si può aspettare la salvezza con questi due atteggiamenti: l’attesa sospettosa e l’attesa gioiosa. Riflettiamo su questi atteggiamenti spirituali.

Il primo modo di aspettare, quello sospettoso, è pieno di sfiducia e di ansietà. Chi ha la mente occupata in pensieri egocentrici smarrisce la letizia dell’animo: anziché vegliare con speranza, dubita del futuro. Tutto preso da progetti mondani, non attende l’opera della Provvidenza. Non sa aspettare con la speranza che ci dà lo Spirito Santo. E allora giunge salutare la parola di San Paolo, che riscuote da questo torpore: «Non angustiatevi per nulla» (Fil 4,6). Quando l’angoscia ci prende, ci rovina sempre. Una cosa è il dolore, il dolore fisico, il dolore morale per qualche calamità in famiglia…; un’altra cosa è l’angoscia. I cristiani non devono vivere con l’angoscia. Non siate angosciati, delusi, tristi. Quanto sono diffusi questi mali spirituali, oggi, specialmente dove dilaga il consumismo! Io vedevo in questi giorni a Roma, per le strade, tanta gente che va a fare le spese, le spese, con l’ansia del consumismo, che poi svanisce e lascia niente. Una società così che vive di consumismo, invecchia insoddisfatta, perché non sa donare: chi vive per se stesso non sarà mai felice. Chi vive così [mano chiusa] e non fa così [mano aperta] non è felice. Chi ha le mani così [mano chiusa], per me, e non ha le mani per dare, per aiutare, per condividere, mai sarà felice. E questo è un male che tutti noi possiamo avere, tutti i cristiani, anche noi, i preti, i vescovi, i cardinali, tutti, anche il Papa.

L’Apostolo però ci offre una medicina efficace quando scrive: «In ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti» (Fil 4,6). La fede in Dio dà speranza! Proprio in questi giorni, nel Congresso che ha avuto luogo qui ad Ajaccio, è stato messo in luce quanto sia importante coltivare la fede, apprezzando il ruolo della pietà popolare. Pensiamo alla preghiera del Rosario: se riscoperta e praticata bene, essa insegna a tenere il cuore centrato su Gesù Cristo, con lo sguardo contemplativo di Maria. E pensiamo alle confraternite, che possono educare al servizio gratuito per il prossimo, sia spirituale sia corporale. Queste associazioni di fedeli, così ricche di storia, partecipano attivamente alla liturgia e alla preghiera della Chiesa, che abbelliscono con i canti e le devozioni del popolo. E ai membri delle confraternite raccomando di farsi sempre vicino con disponibilità, soprattutto ai più fragili, rendendo operosa la fede nella carità. E quella confraternita che ha una devozione speciale si faccia vicina a tutti, vicina ai prossimi per aiutarli.

E da qui veniamo al secondo atteggiamento: l’attesa gioiosa. Il primo atteggiamento era l’attesa sospettosa, quell’attesa che è “per me” con le mani che chiudono. Il secondo atteggiamento è l’attesa gioiosa. E non è facile avere gioia. La gioia cristiana non è affatto spensierata, superficiale, una gioia da carnevale. No. Non è così. È invece una gioia del cuore, basata su un fondamento saldissimo, che il profeta Sofonia, rivolgendosi al popolo, esprime così: gioisci, perché «il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente» (Sof 3,17). Fiducia nel Signore che è in mezzo a noi, è in mezzo a noi. Tante volte non ricordiamo questo: è in mezzo a noi, quando facciamo un’opera buona, quando educhiamo i figli, quando ci prendiamo cura degli anziani. Invece non è in mezzo a noi quando facciamo il chiacchiericcio, sparlando sempre degli altri. Lì non c’è il Signore, ci siamo solo noi. La venuta del Signore ci porta la salvezza: perciò è motivo di gioia. Dio è “potente”, dice la Scrittura: Egli può redimere la nostra vita perché è capace di realizzare quello che dice! La nostra gioia non è dunque una consolazione illusoria, per farci dimenticare le tristezze della vita. No, non è una consolazione illusoria. La nostra gioia è frutto dello Spirito Santo per la fede in Cristo Salvatore, che bussa al nostro cuore, liberandolo dalla mestizia e dalla noia. Pertanto l’avvento del Signore diventa una festa piena di futuro per tutti i popoli: in compagnia di Gesù scopriamo la vera gioia di vivere e di donare i segni di speranza che il mondo attende.

E il primo di questi segni di speranza è la pace. Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore (cfr Lc 2,14). E mentre ci prepariamo ad accoglierlo, in questo tempo di Avvento, le nostre comunità crescano nella capacità di accompagnare tutti, specialmente i giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti; e in un modo speciale anche i vecchietti, gli anziani. Gli anziani sono la saggezza di un popolo. Non lo dimentichiamo! E ognuno di noi può pensare: come io mi comporto davanti agli anziani? Vado a cercarli? Perdo il tempo con loro? Li ascolto? “Oh no, sono noiosi, con le loro storie!”. Li abbandono? Quanti figli abbandonano i genitori nelle case di riposo. Io ricordo una volta, nell’altra diocesi, sono andato in una casa di riposo a visitare la gente. E c’era una signora che aveva tre, quattro figli. Io domandai: “E i suoi figli come stanno?” – “Stanno benissimo! Ho tanti nipoti” – “E vengono a trovarla?” – “Sì, vengono sempre”. Quando sono uscito l’infermiera mi dice: “Vengono una volta l’anno”. Ma la mamma copriva i difetti dei figli. Tanti lasciano i vecchietti da soli. Fanno gli auguri per Natale o Pasqua al telefono! Prendete cura dei vecchi, che sono la saggezza di un popolo!

E pensiamo ai giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti. In Corsica, grazie a Dio, ce ne sono tanti! E complimenti! Mai ho visto tanti bambini come qui! È una grazia di Dio! E ho visto solo due cagnolini. Cari fratelli, fate figli, fate figli, che saranno la vostra gioia, la vostra consolazione nel futuro. Questa è la verità: mai ho visto tanti bambini. Soltanto a Timor-Leste erano tanti così, ma nelle altre città non tanti così. Questa è la vostra gioia e la vostra gloria. Fratelli e sorelle, purtroppo sappiamo bene che non mancano tra le nazioni grandi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenze. Vi dico una cosa: a volte vengono nelle udienze bambini ucraini, che per la guerra sono stati portati qui. Sapete una cosa? Questi bambini non sorridono! Hanno dimenticato il sorriso. Per favore, pensiamo a questi bambini nelle terre di guerre, al dolore di tanti bambini.

La Parola di Dio, però, ci incoraggia sempre. E davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. E allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile.

Sorelle e fratelli, in ogni tempo e in qualsiasi tribolazione, Cristo è presente, Cristo è la fonte della nostra gioia. È con noi nella tribolazione per portarci avanti e darci la gioia. Teniamo sempre nel cuore questa gioia, questa sicurezza che Cristo è con noi, cammina con noi. Non dimentichiamolo! E così con questa gioia, con questa sicurezza che Gesù è con noi, saremo felici e faremo felici gli altri. Questa dev’essere la nostra testimonianza.

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Ringraziamento finale al termine della Messa

Ringrazio il Cardinale Bustillo per le sue parole e per tutta questa giornata in cui mi sono sentito a casa! Grazie a tutti coloro che in diversi modi hanno preparato questa visita, alla comunità ecclesiale e alla comunità civile. Andate avanti in armonia, nella distinzione che non è separazione, collaborando sempre per il bene comune. Vorrei salutare anche un cardinale corso, che oggi è con noi, il card. Mamberti.

Saluto e benedico i malati, gli anziani soli, i carcerati. La Madunnuccia doni conforto e speranza a chi soffre. Siate vicini agli anziani, agli ammalati, alle persone sole. Vicini con il cuore, vicini con i gesti, vicini con l’aiuto.

Fratelli e sorelle, il Vangelo di Gesù Cristo vi aiuti ad avere il cuore aperto al mondo: le vostre tradizioni sono una ricchezza da custodire e coltivare, ma non per isolarvi, mai. Avanti con le vostre tradizioni avanti, sempre per l’incontro e la condivisione.

Grazie a tutti! Buon cammino verso il Santo Natale! Grazie.

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Vedi anche i post precedenti:


lunedì 16 dicembre 2024

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO AD AJACCIO Incontro con i ministri della Chiesa e i consacrati e Angelus - Il Papa: abbiate cura degli altri, non temete di rinnovare i linguaggi della fede (Cronaca, foto, testo e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
AD AJACCIO
IN OCCASIONE DEL CONGRESSO
LA RELIGIOSITÉ POPULAIRE EN MÉDITERRANÉE

Domenica, 15 dicembre 2024



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AJACCIO

11:20 Preghiera dell’Angelus con i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate e i Seminaristi nella Cattedrale di Santa Maria Assunta
Angelus

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PREGHIERA DELL’ANGELUS CON I VESCOVI, I SACERDOTI, I DIACONI,
I CONSACRATI E LE CONSACRATE E I SEMINARISTI

Cattedrale di Santa Maria Assunta - Ajaccio
Domenica, 15 dicembre 2024

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Il Papa: abbiate cura degli altri,
non temete di rinnovare i linguaggi della fede

Nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Ajaccio, Francesco incontra i ministri della Chiesa e i consacrati: non trascurate l’anima per non essere “macinati” nei ritmi e nelle attività esterne e sappiate ritemprarvi “in modo sano dalle stanchezze del ministero”


Abbiate cura di voi e prendetevi cura degli altri: è il duplice invito che Francesco lascia a vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate e ai seminaristi della Corsica incontrati nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Ajaccio. A loro va il suo ringraziamento per l’impegno quotidiano e perché “segno dell’amore misericordioso di Dio e testimoni del Vangelo” - come il sacerdote salutato poco prima, 95 anni d'età e 70 di sacerdozio - e poi l'incoraggiamento ad annunciare Cristo, a raggiungere ogni persona, chi necessità di conforto, chi è lontano da Dio, chi ha bisogno di essere accompagnato nel proprio cammino di vita. Perché bisogna avere a cuore il bene dell’altro e per tutto questo occorre essere pronti a rinnovare schemi vetusti o a sperimentare nuove vie pastorali. Tutti siano perdonati; "non torturare la gente nei confessionali", "perdonare sempre, perdonare tutto", ripete più volte il Papa.

La cattedrale di Santa Maria Assunta

L'accoglienza nella cattedrale di Ajaccio

Il Pontefice arriva nella chiesa cinquecentesca che sorge nella città vecchia dopo un momento di raccoglimento a Place Foch, davanti alla statua della Vergine della Misericordia. "A Madunnuccia”, come la chiamano qui, è la protettrice di Ajaccio da quando nel 1656 liberò la Corsica dalla peste, e davanti alla nicchia a lei dedicata Francesco accende un cero.

Il Papa davanti "a Madunnuccia"

A fare da sfondo al percorso papale, tra le vie della capitale corsa, il mare calmo e azzurro, il cielo dello stesso colore e un caldo sole. E mentre i cantanti Patrick Fiori, Alizée, Francine Massiani, Christophe Mondoloni, e Jean Charles Papi nel piazzale antistante la cattedrale intonano un brano, il Papa riceve in dono dei fiori da due bambini e viene accolto all’ingresso principale dal vescovo di Ajaccio, il cardinale François-Xavier Bustillo, dal presidente della Conferenza episcopale francese, monsignor Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e dal parroco che gli porge la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione. Poi il Pontefice attraversa la navata centrale, soffermandosi, di tanto in tanto, con alcune religiose, quindi raggiunge l’altare. Le note di un alleluja cantato da un gruppo di piccole voci riempiono le navate della chiesa e coinvolgono tutti all'unisono. Al termine del canto Francesco saluta i cantori uno per uno, chiedendo a ciascuno il nome e intrattenendosi con alcuni di loro. Poi prende la parola monsignor de Moulins-Beaufort che nel suo saluto al Papa evidenzia la necessità di sacerdoti in tutta la Francia, dove le diocesi si stanno trasformando per vivere con meno presbiteri ma c’è “bisogno della vicinanza di Gesù, della sua compassione, della sua tenerezza”.

Il presidente della Conferenza episcopale francese, monsignor Éric de Moulins-Beaufort, 
mentre rivolge il suo saluto al Papa

Dio agisce con il poco che gli offriamo

Nel suo discorso il Pontefice riconosce che nell’attuale contesto europeo “non mancano problemi e sfide che riguardano la trasmissione della fede” che portano il clero a scoprirsi piccolo e fragile.

Non siete molto numerosi, non avete mezzi potenti, non sempre gli ambienti in cui operate si mostrano favorevoli ad accogliere l’annuncio del Vangelo.

Ma questa povertà sacerdotale per il Papa "è una benedizione" perché "spoglia della pretesa di farcela da soli", "insegna a considerare la missione cristiana come qualcosa che non dipende dalle forze umane, ma soprattutto dall’opera del Signore, che sempre lavora e agisce con il poco che possiamo offrirgli".

Alcune religiose all'incontro del Papa con il clero

Il pericolo della mondanità e vanità

Al centro c’è il Signore: questo è ciò che non bisogna dimenticare, aggiunge Francesco, che esorta ciascuno a ripetere, tutte le mattine, a sé stesso “nella preghiera: anche oggi, nel mio servizio, non io al centro, ma Dio”.

E dico questo perché c’è un pericolo nella mondanità, un pericolo che è la vanità. Fare il pavone. Guardare troppo sé stesso. È la vanità. E la vanità è un brutto vizio, cattivo odore. Fare il pavone.

C'è da riconoscere "il primato della grazia divina" ma pure le proprie responsabilità, pensandosi “come ‘collaboratori della grazia di Dio’” e domandandosi quotidianamente in che modo si sta vivendo il proprio sacerdozio, la propria consacrazione, il proprio discepolato.

Alcuni vescovi presenti nella cattedrale di Santa Maria Assunta

Avere cura di sé

È necessario “guardarsi dentro”, rimarca il Papa, perché non accada “di essere ‘macinati’ nei ritmi e nelle attività esterne e succede di perdere la consistenza interiore”. Da qui il primo consiglio del Pontefice.

Avere cura di voi. Perché la vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo, anche nei momenti delle cadute.

In pratica “più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi”, spiega Francesco, che mette in guardia: “un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati”. Per tale motivo occorre “l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore”, e questo “secondo la spiritualità propria e il proprio stile.” E poi bisogna “conservare qualche momento di solitudine”, condividere con qualcuno “liberamente” quello che c’è nel proprio cuore, coltivare qualcosa che appassiona per riposarsi “in modo sano dalle stanchezze del ministero”. L’iperattività, essere “sempre al centro” e per troppo zelo non concedersi mai riposo, non prendersi “mai una pausa per sé stessi, non va bene”, avverte il Papa, che ribadisce: ogni sacerdote e ogni persona consacrata si prenda cura di sé.

E non per fare un lifting per apparire più belli, no: per parlare con l’amico, con il Signore e soprattutto con la Mamma. Non lasciate la Madonna, per favore. Per parlare della propria vita, come stanno andando le cose. E sempre avete per questo, sia il confessore, sia qualche amico che vi conosca bene e possiate parlare e fare un bel discernimento. I “funghi presbiteriali” non vanno bene, non vanno bene.

Francesco mentre pronuncia il suo discorso

E serve pure la fraternità, la condivisione delle fatiche e delle sfide, della gioia e dell’amicizia. Spesso, invece, ci si lamenta, si criticano gli altri, c'è invidia.

Il posto che deve prendere la gioia lo prende l’aceto. È una cosa brutta trovare un prete con il cuore amareggiato. È brutto. “Ma perché sei così?” – “Eh, perché il vescovo non mi vuole bene.” - “Perché hanno nominato vescovo a quell’altro e non a me” – “E perché? Perché?”… Le lamentele. Per favore, fermatevi davanti alle lamentele, alle invidie. L’invidia è un vizio giallo, è giallo. Chiediamo al Signore di mutare il nostro lamento in danza. Il senso dell’umorismo, la semplicità evangelica.
Avere cura degli altri

Quanto all’avere cura degli altri vuol dire “portare Gesù agli altri, donare ai cuori la consolazione del Vangelo”. Francesco chiede di avere dedizione “di chi attende la Parola di Gesù, di chi si è allontanato da Lui, di coloro che hanno bisogno di orientamento o di consolazione”. Il Papa rammenta un giovane prete morto recentemente di cancro che abitava in una baraccopoli, al fianco di gente povera che bussava continuamente alla sua porta:

Il prete con il cuore aperto a tutti, senza fare distinzioni. L’ascolto, la vicinanza della gente, è anche questo, un invito a trovare, nel contesto di oggi, le vie pastorali più efficaci per l’evangelizzazione.

Il Papa con alcuni bambini

Non avere paura di cambiare

E ancora il Pontefice incoraggia a “prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, in ogni circostanza”, e per questo suggerisce di cimentarsi in nuovi modi per raggiungere l’altro.

Non abbiate paura di cambiare, di rivedere i vecchi schemi, di rinnovare i linguaggi della fede.

Francesco saluto un anziano sacerdote di 95 anni

Perdonare sempre, perdonare tutto

Un'ulteriore richiesta di Francesco a vescovi e sacerdoti è di "prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano" e "in ogni circostanza".

E poi, una cosa che ho tanto a cuore: per favore, perdonate sempre. E perdonate tutto. Perdonate tutto e sempre. Ai sacerdoti dico, nel sacramento della riconciliazione, di non fare troppe domande. Ascoltare e perdonare.

"Perdonare sempre. Perdonare tutto", incalza il Papa, che confida di non avere mai negato una assoluzione nei suoi 55 anni di sacerdozio.

Mi piace confessare, tanto. Ho sempre cercato il modo di perdonare.

E a religiose e religiosi, poi, un altro invito: "perdonare, dimenticare", "le lotte ambiziose di comunità… Perdonare".

L'abbraccio ad uno dei partecipanti all'incontro

Andare avanti con coraggio

Infine, l’ultimo incoraggiamento di Francesco per i pastori, i sacerdoti, i consacrati e i diaconi è quello di confidare sempre in Dio, soprattutto nelle difficoltà.

Nei momenti di stanchezza e di scoraggiamento, non lasciatevi andare. Riportate il cuore al Signore. Non dimenticatevi di piangere davanti al Signore. Egli si manifesta e si fa trovare se avrete cura di voi stessi e degli altri. In questo modo Lui offre la consolazione a coloro che ha chiamato e inviato. Andate avanti con coraggio, vi ricolmerà di gioia.
(fonte: Vatican News, articolo di Tiziana Campisi 15/12/2024)

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DISCORSO DEL SANTO PADRE


Cari fratelli Vescovi,
care consacrate, cari sacerdoti, diaconi, consacrati e seminaristi!

Mi trovo in questa bella terra solo per un giorno, ma ho desiderato che ci fosse almeno un breve momento per incontrarvi e salutarvi. Questo mi dà l’opportunità prima di tutto di dirvi grazie: grazie perché ci siete, con la vostra vita donata; grazie per il vostro lavoro, per l’impegno quotidiano; grazie perché siete segno dell’amore misericordioso di Dio e testimoni del Vangelo. Sono rimasto contento quando ho potuto salutare uno di voi: ha 95 anni e 70 di sacerdozio! E questo è portare avanti quella vocazione bella. Grazie fratello per la tua testimonianza! Grazie tante!

E dal “grazie” passo subito alla grazia di Dio, che è il fondamento della fede cristiana e di ogni forma di consacrazione nella Chiesa. Nel contesto europeo in cui ci troviamo, non mancano problemi e sfide che riguardano la trasmissione della fede, e ogni giorno voi fate i conti con questo, scoprendovi piccoli e fragili: non siete molto numerosi, non avete mezzi potenti, non sempre gli ambienti in cui operate si mostrano favorevoli ad accogliere l’annuncio del Vangelo. E a volte mi viene in mente un film, perché alcuni sono disposti ad accogliere il Vangelo, ma non il “portavoce”. Quel film aveva questa frase: “La musica sì, ma il musicista no”. Pensate un po’, la fedeltà alla trasmissione del Vangelo. Questo ci aiuterà. Eppure questa povertà sacerdotale, vorrei a dire, è una benedizione! Perché? Ci spoglia della pretesa di farcela da soli, ci insegna a considerare la missione cristiana come qualcosa che non dipende dalle forze umane, ma soprattutto dall’opera del Signore, che sempre lavora e agisce con il poco che possiamo offrirgli.

Non dimentichiamo questo: al centro c’è il Signore. Non io al centro, ma Dio. Da noi, per qualche prete presuntuoso che si mette al centro, noi diciamo: questo è un prete yo, me, mí, conmigo, para mí. Io, me, con me, per me. No, il Signore è al centro. E questa è una cosa che forse ogni mattina, al sorgere del sole, ogni pastore, ogni consacrato dovrebbe ripetere nella preghiera: anche oggi, nel mio servizio, non io al centro, ma Dio, il Signore. E dico questo perché c’è un pericolo nella mondanità, un pericolo che è la vanità. Fare il “pavone”. Guardare troppo sé stessi. La vanità. E la vanità è un brutto vizio, con cattivo odore. Fare il pavone.

Il primato della grazia divina non significa, però, che possiamo dormire sonni tranquilli senza assumerci le nostre responsabilità. Al contrario, dobbiamo pensarci come “collaboratori della grazia di Dio” (cfr 1Cor 3,9). E così, camminando con il Signore, ogni giorno siamo riportati a una domanda essenziale: come sto vivendo il mio sacerdozio, la mia consacrazione, il mio discepolato? Sono vicino a Gesù?

Quando, nell’altra diocesi, facevo le visite pastorali, incontravo alcuni bravi preti che lavoravano tanto, tanto. “Dimmi, e tu come fai la sera?” – “Sono stanco, prendo un boccone e poi vado a letto a riposarmi un po’, a guardare la televisione” – “Ma tu non passi in cappella per salutare il tuo Capo?” – “Eh no…” – “E tu, prima di addormentarti fai così, preghi un’Ave Maria? Almeno sii educato: passa in cappella a dire: Ciao, grazie tante, a domani”. Non dimenticatevi del Signore! Il Signore all’inizio, in mezzo e alla fine della giornata. È il nostro Capo. Ed è un Capo che lavora più di noi! Non dimenticate questo.

E vi faccio questa domanda: come vivo io il discepolato? Fissatela nel vostro cuore, non sottovalutatela, e non sottovalutate la necessità di questo discernimento, di questo guardarsi dentro, perché non ci succeda di essere “macinati” nei ritmi e nelle attività esterne e di perdere la consistenza interiore. Da parte mia, vorrei lasciarvi un duplice invito: avere cura di voi e prendervi cura degli altri.

Il primo: avere cura di voi. Perché la vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo, anche nei momenti delle cadute. Alzati, uno sguardo al Signore: “Scusami, aiutami ad andare avanti”. Questa vicinanza fraterna e filiale.

Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati. Per questo ci vuole una piccola “regola di vita” – i religiosi già ce l’hanno –, che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore, ciascuno secondo la spiritualità propria e il proprio stile. E vorrei anche aggiungere: conservare qualche momento di solitudine; avere un fratello o una sorella con cui condividere liberamente ciò che portiamo nel cuore – un tempo si chiamava il direttore spirituale, la direttrice spirituale –; coltivare qualcosa di cui siamo appassionati, e non per passare il tempo libero, ma per riposarci in modo sano dalle stanchezze del ministero. Il ministero stanca! C’è da aver paura di quelle persone che sono sempre attive, sempre al centro, che magari per troppo zelo non si riposano mai, non prendono mai una pausa per sé stessi. Fratelli, non va bene questo, c’è bisogno di spazi e momenti in cui ogni sacerdote e ogni persona consacrata si prende cura di sé. E non per fare un lifting per apparire più belli, no, per parlare con l’Amico, con il Signore, e soprattutto con la Mamma – non lasciate la Madonna, per favore – , per parlare della propria vita, come stanno andando le cose. E sempre abbiate per questo sia il confessore, sia qualche amico che vi conosca bene e con cui potete parlare e fare un bel discernimento. I “funghi presbiterali” non vanno bene!

E in questa cura rientra un’altra cosa: la fraternità tra di voi. Impariamo a condividere non soltanto le fatiche e le sfide, ma anche la gioia e l’amicizia tra di noi: il vostro Vescovo dice una cosa che mi piace molto, e cioè che è importante passare dal “Libro delle lamentazioni” al “Libro del Cantico dei Cantici”. Lo facciamo poco questo. Ci piacciono le lamentazioni! E se il povero Vescovo quella mattina si è dimenticato lo zucchetto: “Ma guarda il Vescovo…”. Si prende qualcosa per sparlare del Vescovo. È vero, il Vescovo è un peccatore come ognuno di noi. Siamo fratelli! Cambiare dal “Libro delle lamentazioni” al “Libro del Cantico dei Cantici”. Questo è importante, lo dice anche un Salmo: «Hai mutato il mio lamento in danza» (Sal 30,12). Condividiamo la gioia di essere apostoli e discepoli del Signore! Una gioia va condivisa. Altrimenti, il posto che deve prendere la gioia lo prende l’aceto. È una cosa brutta trovare un prete con il cuore amareggiato. È brutto. “Ma perché sei così?” – “Eh, perché il Vescovo non mi vuole bene… Perché hanno nominato Vescovo quell’altro e non me… Perché… Perché…”. Le lamentele. Per favore, fermatevi davanti alle lamentele, alle invidie. L’invidia è un vizio “giallo”. Chiediamo al Signore di mutare il nostro lamento in danza, di darci il senso dell’umorismo, la semplicità evangelica.

La seconda cosa: avere cura degli altri. La missione che ciascuno di voi ha ricevuto ha sempre un solo scopo: portare Gesù agli altri, donare ai cuori la consolazione del Vangelo. Mi piace ricordare il momento in cui l’apostolo Paolo sta per ritornare a Corinto e scrivendo alla comunità dice: «Per conto mio ben volentieri mi prodigherò, anzi consumerò me stesso per le vostre anime» (2Cor 12,15). Consumarsi per le anime, consumarsi nell’offerta di sé per coloro che ci sono stati affidati. E mi viene in mente un santo prete giovane che poi è morto di cancro poco tempo fa. Lui abitava in una baraccopoli con la gente più povera. Diceva: “A volte ho voglia di chiudere la finestra con i mattoni, perché la gente viene a qualsiasi ora e se io non rispondo alla porta, bussano alla finestra”. Il prete con il cuore aperto a tutti, senza fare distinzioni.

L’ascolto, la vicinanza della gente, è anche questo un invito a trovare, nel contesto di oggi, le vie pastorali più efficaci per l’evangelizzazione. Non abbiate paura di cambiare, di rivedere i vecchi schemi, di rinnovare i linguaggi della fede, imparando che la missione non è questione di strategie umane: è anzitutto questione di fede. Avere cura degli altri: di chi attende la Parola di Gesù, di chi si è allontanato da Lui, di coloro che hanno bisogno di orientamento o di consolazione per le loro sofferenze. Prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, questo è importante.

E poi, una cosa che ho tanto a cuore: per favore, perdonate sempre. E perdonate tutto. Perdonate tutto e sempre. Ai sacerdoti dico, nel sacramento della Riconciliazione, di non fare troppe domande. Ascoltare e perdonare. Diceva un Cardinale – che è un po’ conservatore, un po’ quadrato, ma è un grande prete – parlando in una conferenza ai sacerdoti: “Se qualcuno [nella Confessione] incomincia a balbettare perché ha vergogna, io gli dico: va bene, ho capito, passa a un’altra cosa. In realtà non ho capito nulla, ma Lui [il Signore] ha capito”. Per favore, non torturare la gente nel confessionale: dove, come, quando, con chi… Sempre perdonare, sempre perdonare! C’è un bravo frate cappuccino a Buenos Aires, che io ho fatto cardinale a 96 anni. Lui ha sempre una lunga fila di gente, perché è un bravo confessore, anch’io andavo da lui. Questo confessore una volta mi ha detto: “Senti, a volte mi viene lo scrupolo di perdonare troppo” – “E cosa fai?” – “Vado a pregare e dico: Signore, scusami, ho perdonato troppo. Ma subito mi viene da dirgli: Ma se stato Tu a darmi il cattivo esempio!”. Perdonare sempre. Perdonare tutto. E questo lo dico anche alle religiose e ai religiosi: perdonare, dimenticare, quando ci fanno qualche cosa brutta, le lotte ambiziose di comunità… Perdonare. Il Signore ci ha dato l’esempio: perdonare tutto e sempre! Tutti, tutti, tutti. E vi faccio una confidenza: io porto già 55 anni di sacerdozio, sì, l’altro ieri ne ho fatti 55, e mai ho negato un’assoluzione. E mi piace confessare, tanto. Ho sempre cercato il modo di perdonare. Non so se è bello, se il Signore mi darà... Ma questa è la mia testimonianza.

Care sorelle e cari fratelli e sorelle, vi ringrazio di cuore e vi auguro un ministero ricco di speranza e di gioia. Anche nei momenti di stanchezza e di scoraggiamento, non lasciatevi andare. Riportate il cuore al Signore. Non dimenticavi di piangere davanti al Signore! Egli si manifesta e si fa trovare se avrete cura di voi stessi e degli altri. In questo modo Lui offre la consolazione a coloro che ha chiamato e inviato. Andate avanti con coraggio: vi ricolmerà di gioia!

Ora ci rivolgiamo in preghiera alla Vergine Maria. In questa Cattedrale, intitolata a lei Assunta in Cielo, il popolo fedele la venera come Patrona quale Madre di Misericordia, la “Madunnuccia”. Da quest’Isola del Mediterraneo, eleviamo a lei la supplica per la pace: pace per tutte le terre che si affacciano su questo Mare, specialmente per la Terra Santa dove Maria ha dato alla luce Gesù. Pace per la Palestina, per Israele, per il Libano, per la Siria, per tutto il Medio Oriente! Pace nel Myanmar martoriato. E la Santa Madre di Dio ottenga la sospirata pace per il popolo ucraino e il popolo russo. Sono fratelli – “No, padre, sono cugini!” – Sono cugini, fratelli, non so, ma che si intendano! La pace! Fratelli, sorelle, la guerra sempre è una sconfitta. E la guerra nelle comunità religiose, la guerra nelle parrocchie sempre è una sconfitta, sempre! Che il Signore ci dia la pace a tutti.

E preghiamo per le vittime del ciclone che, nelle ore scorse, ha colpito l’Arcipelago di Mayotte. Sono spiritualmente vicino a quanti sono stati colpiti da questa tragedia.

E adesso tutti insieme, preghiamo l’Angelus

Angelus Domini…

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