Si farebbe volentieri a meno di ritornare sulle tematiche legate all’accoglienza e agli stranieri se le cronache quotidiane non ci fornissero un continuo stillicidio di tensioni e paure, reazioni abnormi, generalizzazioni di giudizi, proposte di regolamenti escludenti. E a un esame serio e sereno dei problemi e delle opportunità legate all’ospitalità non giova neanche la perdita di memoria storica che un popolo di emigranti come il nostro pare conoscere giorno dopo giorno. In questo senso il contributo dei credenti potrebbe essere più incisivo e stimolante se tornasse a quelle radici ebraico-cristiane che tanto hanno dato e ancora oggi offrono alla cultura e alla società occidentale ed europea in particolare.
Così le nostre case assomigliano sempre più a fortezze protette da serrature, porte, cancelli, sistemi di allarme, telecamere, recinti e muri siamo diventati progressivamente succubi di una mentalità che si restringe e si chiude a ciò che appare come "altro", sconosciuto, nuovo, diverso. Finiamo allora per pensare l'ospitalità soltanto come indirizzata a quanti noi invitiamo: ma l'invitato non è un ospite, né le attenzioni usate verso di lui sono ospitalità... L'altro, il vero altro, infatti, non è colui che scegliamo di invitare in casa nostra -forse anche con il retropensiero di essere poi a nostra volta invitati (cf. Lc 14,12-14) - bensì colui che emerge, non scelto, davanti a noi: è colui che giunge a noi portato semplicemente dall'accadere degli eventi e dalla trama intessuta dal nostro vivere, perché «l'ospitalità è crocevia di cammini»...
... Il povero, il senza tetto, il girovago, lo straniero, il barbone, colui la cui umanità è umiliata dal peso delle privazioni, dei rifiuti e dell'abbandono del disinteresse e dell'estraneità, incomincia a essere accolto quando io incomincio a sentire come mia la sua umiliazione e la sua vergogna, quando comprendo che la mortificazione della sua umanità è la mia stessa mortificazione. Allora senza inutili sensi di colpa e senza ipocriti buoni sentimenti, può iniziare la relazione di ospitalità che mi porta a fare tutte ciò che è nelle mie possibilità per l'altro...
Così la Bibbia mi accoglie ed è da me ospitata perché anche in me, come in ogni suo lettore, trova un sito in cui essere accolta, custodita, risuscitata, mangiata, ruminata e di nuovo detta come Parola che risuona e sa raggiungere i suoi destinatari. Sì, la Bibbia, libro esemplare di ospitalità, abbisogna di siti in cui essere ospitata: la liturgia, la lettura pregata, la predicazione, ovvero l’assemblea dei credenti, e il cuore di ogni credente.
Intervista a Enzo Bianchi
Anche questo ultimo libro, L’altro siamo noi (Einaudi), è il frutto di una meditazione prolungata nel tempo e sperimentata nelle circostanze. È l’analisi critica di due categorie di appartenenza: «noi», «gli altri», declinate spesso in contrapposizione, per capire problemi, giustificare atteggiamenti e incomprensioni. L’occasione per tornare a parlare dello «straniero», dell’«altro», e farlo attraverso una visione che passa per il dialogo, partendo da ciò che è alla base dell’esperienza umana, al di là di contingenze politiche e storiche. Leggi tutto: «Non mi sento più sicuro se alzo un muro, ma soltanto se combatto le ingiustizie»