#IoRestoaCasa
e chi la casa non ce l'ha?
Appello che vi prego di diffondere con la massima urgenza facendolo arrivare ad autorità politiche e religiose locali, regionali, nazionali. E' importantissimo, perché nessuno pensa agli invisibili, indifesi sulle strade. Camminano per le strade con i piedi pieni di bolle, con lo stomaco vuoto e la pancia che brontola, la temperatura rigida, sono invisibili nella nostra città: i richiedenti asilo e rifugiati e non solo. Quasi tutti qui stanno a casa, loro sono invece per le strade, e sono tanti. Alcuni dormono sotto i ponti, alcuni ancora nei centri di Emergency freddo, ma alle 11 devono lasciare il Centro, non possono stare lì. Prima c’era la mensa a mezzogiorno, adesso non hanno niente. Iniziano a vagare senza una meta, con la pioggia che li bagna, alcuni con le lacrime che gli scendono in una città deserta; prima c’era la biblioteca dove si potevano andare a riscaldare, o nei corridoi dell'ospedale, ora niente, tutti sono chiusi per la paura del virus. Nemmeno possono andare in ospedale, che prima per qualche ora li accoglieva, li riscaldava, li teneva al riparo dalla furia dell’acqua. Prima potevano parlare con i volontari, ora questi hanno paura di avvicinarsi a loro, di essere contagiati e di contagiarli. Alcuni che dormano sotto i ponti magari hanno la febbre, non sanno se è il virus o derivi dal fatto che dormano fuori per il freddo; altro non sono che brandello di umanità. Sono diverse le storie di chi non ha una fissa dimora e si ritrova spesso una sofferenza davanti alla quale chiudiamo troppo gli occhi, in questa piccola e silenziosa tragedia. Camminano sempre, vagabondando in giro, fino alle 18 per andare alla mensa della Caritas. Così vivono in questi giorni nelle nostre città persone che hanno un nome, una storia alle spalle troppo dolorosa, che speravano di trovare qui salvezza. Il clima di paura di fronte al possibile contagio del coronavirus produce anche questa rinnovata sofferenza che sembra nessuno voglia vedere, su cui nessuno ha il coraggio di chinarsi. Si fa l’impossibile per curare chi è colpito dal virus, ma si potrebbe fare almeno qualche minimo passo possibile per aiutare, dare un rifugio, un sostegno, riconoscere una dignità a chi già da troppo tempo soffre. Mi rivolgo ai responsabili politici e religiosi del Territorio perché urgentemente si diano da fare.
Alidad Shiri
(fonte: bacheca fb di Alidad Shiri 16/03/2020)
«Restate a casa» dicono. Ma se la casa non ce l’ho?
Ogni giorno, da molti giorni ormai, a tutte le ore in televisione, nelle radio, sui social si susseguono raccomandazioni, appelli, regole da mantenere e hastag che invitano a restare a casa per limitare e bloccare il COVID19.
Bene, ma per chi una casa non ce l’ha? In Italia ci sono oltre 55 mila persone che vivono per strada. Una cifra enorme che è aumentata negli ultimi tempi per effetto dei decreti sicurezza, voluti dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini e dal Governo giallo verde, che ha messo fuori dalla porta migliaia di stranieri espulsi dai centri d’accoglienza e dagli Sprar.
I senzatetto sono una importante fetta di popolazione che oltre i quotidiani disagi di una vita difficile, oggi si trovano a fronteggiare a “petto nudo” il virus di inizio millennio, che ha già mietuto centinaia di vittime nel Paese, con il rischio di essere loro stessi degli strumenti di contaminazione.
In alcuni comuni le autorità non si stanno interessando dei protocolli per la gestione delle persone in strada: presi dal rispetto dei decreti emanati dal Presidente Conte hanno fatto chiudere centri di accoglienza con la conseguenza dell’interruzione di alcuni servizi igienici quali docce e distribuzione di indumenti e di ambulatori. Un vero paradosso se pensiamo che una delle raccomandazioni principali per difendersi dal contagio è quella di lavarsi spesso le mani. Come fanno a lavarsi spesso le mani con sapone o gel a base alcolica se non hanno un posto dove farlo?
Molte delle realtà associative che si dedicano al miglioramento delle condizioni di vita dei senza fissa dimora, con l’attuazione dei vari Decreti, ha dovuto modificare i servizi facendo accedere alla mensa poche persone per volta, fornendo pasti da asporto, spesso pasti non caldi, da mangiare fuori dalle strutture.
In alcune città i dormitori sono aperti tutto il giorno, per invogliare gli ospiti a non andare per strada. A Termoli, in Molise, è stata allestita come dormitorio la palestra di una scuola media: 15/20 posti letto per questo periodo di ‘quarantena’. Una iniziativa, concordata tra il sindaco Francesco Roberti e le associazioni di volontariato della città, che ha l’obiettivo di liberare i posti letto della locale sezione della Misericordia, luogo in cui solitamente si recano a dormire i senzatetto termolesi, per eventuali bisogni medico sanitari legati al Coronavirus.
Ma non solo: la mattina gli ospiti si recano per la colazione nei locali dell’associazione ‘La Città Invisibile’, dove hanno anche la possibilità di fare una doccia e di lavare i propri abiti. A pranzo si recano alla mensa della locale sezione della Caritas. Alle 16, dopo essere stata pulita e igienizzata, riapre la palestra dormitorio dove non solo tornano per dormire ma anche per cenare. Un vero percorso solidale con l’intento di tutelare il più possibile i senzatetto. Una solidarietà partecipativa e partecipata: tante le attività commerciali che si trovano sul territorio hanno donato e consegnato ogni genere di materiale, dagli alimenti ai prodotti igienizzanizzanti e di pulizia del corpo, alle associazioni di volontariato affinché lo utilizzino per i più poveri della città.
Ma nella stragrande maggioranza delle città non è così. A Bolzano, ad esempio, i centri chiudono alle 11:00 dopodiché il cloachard, con tutte le strutture chiuse, è costretto a “pascolare” per strada. Cosa fare? In tempi strettissimi tutte le associazioni hanno riorganizzato completamente il loro servizio, cercando di contenere al massimo le frustrazioni e le paure degli operatori e degli ospiti: sono state redatte indicazioni scritte per volontari, ospiti e operatori; sono stati acquistati contenitori monouso a norma per la somministrazione di alimenti caldi, messo a punto la logistica di distribuzione dei sacchetti e formato i volontari. Ma non basta perché con la maggioranza dei centri diurni chiusi, molti cloachard sono per strada. Ed è qui che scatta la seconda beffa per i senzatetto.
Accusati di non rispettare l’ordinanza del “restate a casa” vengono multati, secondo il DPCM del Presidente Conte, dalle forze dell’ordine. È già accaduto a Milano, Modena, Verona, Siena, Roma e in tante altre città. Una vera vergogna per la onlus ‘Avvocato di Strada’: «Siamo a lavoro per chiedere le archiviazioni delle denunce ma intanto continuiamo a porre la nostra domanda. Come fanno a restare a casa le persone che una casa non ce l’hanno?».
L’associazione ha scritto e inviato un appello, a firma del presidente Antonio Mumolo e di altri 60 avvocati, al premier Conte, ai presidenti di regione e ai sindaci: «Si tratta di persone che sono diventate talmente povere da finire in strada ed oggi non possono rispettare le ordinanze e decreti previsti dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, tanto da essere addirittura incriminate perché vengono trovate in giro senza giustificazione. Queste persone sono costrette a vivere in strada perché fino ad oggi pochi si interessavano di loro e perché le risorse destinate ai servizi di primaria assistenza e all’emergenza abitativa erano poche o inesistenti.
Adesso però non si può più far finta di nulla – si legge nell’appello – Bisogna occuparsi, e in fretta, di chi non ha un tetto sulla testa ed è costretto a vagare per le città. Diciamo da più di 20 anni che chi vive in strada ha bisogno di una casa e di una residenza per potersi curare ma oggi, ai tempi del coronavirus, queste necessità assumono una drammatica urgenza. Ad aggiungere un carico su una situazione già paradossale stanno iniziando a fioccare i verbali redatti ai senza tetto”. Abolizione e archiviazione dei verbali redatti e “prolungare l’apertura delle strutture utilizzate per ricoverare d’inverno le persone senza dimora; velocizzare le procedure per iscrivere queste persone nelle liste anagrafiche in modo da poterle anche monitorare dal punto di vista sanitario”.
Queste le richieste della onlus “Avvocato di Strada” a cui si aggiunge quella della fio.PSD, Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora, una associazione che persegue finalità di solidarietà sociale nell’ambito della grave emarginazione adulta e delle persone senza dimora, alle istituzioni competenti: ”prevedere dei protocolli di intervento e misure preventive soprattutto per i servizi bassa soglia. Un dispiegamento di forze professionali (unità mobili socio-sanitarie) in strada e presso i servizi per applicare misure preventive di screening, per evitare contagi e diffusioni del virus che in condizioni di estrema vulnerabilità potrebbero essere ancora più rapidi e aggravanti”.
Coronavirus, denunce ai senzatetto
La prima denuncia pochi giorni fa a Milano: un senzatetto ucraino con regolare permesso di soggiorno era stato multato da una volante della Polizia di Lambrate perché trovato in strada, in opposizione al decreto che impone a tutti di non uscire di casa. Ne parliamo con Stefano Zurlo inviato del quotidiano 'Il Giornale', in collegamento da Milano
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Coronavirus, la denuncia di Cinzia:
“Multata di 280 euro perché sono una senzatetto”
Una testimonianza paradossale a Sestri Ponente: "Io una casa dove stare non ce l'ho, ma mi hanno detto che devo vergognarmi"
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(fonte: Genova24, articolo di Fabio Canessa - 25 Marzo 2020)
"Preghiamo oggi per coloro che sono senza fissa dimora,
in questo momento in cui ci si chiede di essere dentro casa.
Perché la società di uomini e donne
si accorgano di questa realtà e aiutino,
si accorgano di questa realtà e aiutino,
e la Chiesa li accolga."
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Chi non dimentica gli "invisibili"
Mense aperte, con la distribuzione di pasti completi in piena sicurezza, al di fuori delle strutture di via della Lungaretta e di via Adige. L’attività del Circolo San Pietro non si ferma nella fase dell’emergenza, in cui a soffrire maggiormente sono le persone più fragili. Anzi, il sodalizio romano, nato oltre 150 anni fa, rilancia con la campagna #IONONHOCASA cui è possibile aderire per aiutare i tanti assistiti.
Il presidente del Circolo S. Pietro Niccolò Sacchetti parla di una «situazione certamente complessa, quasi surreale, ma è in momenti come questi che si fa più evidente il grande “cuore” di questa meravigliosa città e, direi, di tutto il nostro Paese. Istituzioni, associazioni, volontari e cittadini si sono subito resi disponibili per aiutare in ogni modo possibile e sotto qualsiasi forma, con spirito di grande collaborazione e generosità scevra da personalismi o secondi fini. Mi piace ripetere che il “bene” è meravigliosamente contagioso, mai come ora credo che questa frase sia calzante». ...
Chi non dimentica gli "invisibili"
In strada, le luci sono quelle bianche dei lampioni, quelle blu dei lampeggianti sulle macchine di Polizia e Carabinieri. Niente turisti, niente romani, niente e nessuno. Prima di cominciare il giro, Lucia Lucchini, anche lei della Comunità di Sant’Egidio, spiega ai volontari (stasera una quindicina) che «oltre a dare il cibo, dobbiamo dire alle persone due cose. Attenersi alla regola di stare distanti almeno un metro uno dall’altro. E che continuiamo a venire, che faremo di tutto per non lasciarli soli». Non ha finito Lucia, c’è dell’altro. Una raccomandazione: «Troviamo il modo di sorridere anche con le mascherine, si vede dagli occhi se sorridiamo…». Non sono eroi, né si sentono tali. Prendono ogni precauzione, indossano mascherine e guanti. Lo stesso giro, che fanno da anni, di questi tempi non si svolge come al solito: «Le nostre distribuzioni erano molto più lunghe, portavamo molte più cose da mangiare – spiega di nuovo Carlo –. Adesso andiamo dalla singola persona, lasciamo la monoporzione di cibo, salutiamo e andiamo». Tutto qui? Sembra. «In realtà ci serve per capire come sta». I militari sono nelle loro postazioni fisse e sono, qui, l’altro segno di vita. ...
Coronavirus, l'emergenza dei senza fissa dimora
La notte ai tempi del coronavirus è più dura per chi non ha una casa. Come vive chi sopravvive per strada? Lo abbiamo chiesto alla comunità di Sant’Egidio
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Coronavirus, l'aiuto dei francescani
Un’emergenza in questi giorni difficili è senz’altro rappresentata dalla situazione dei senza fissa dimora che già in tempi normali vivono in condizioni critiche. Servizio di Vito D’Ettorre
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