Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



Visualizzazione post con etichetta armi nucleari. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta armi nucleari. Mostra tutti i post

giovedì 7 agosto 2025

80 anni dopo ” La pace non si costruisce con le armi nucleari”

80 anni dopo ” La pace non si costruisce con le armi nucleari”


(COMUNICATO dei presidenti di Pax Christi, Azione Cattolica, Acli, Agesci, Movimento dei Focolari, Associazione Comunità papa Giovanni XXIII)

L’Italia ratifichi il Trattato ONU sulla proibizione delle armi nucleari, a 80 anni da Hiroshima

Nel giorno in cui il mondo ricorda con dolore e vergogna il bombardamento atomico di Hiroshima, rilanciamo con forza l’appello al Parlamento e al Governo italiano: si ratifichi il Trattato ONU sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) e si prenda una posizione chiara contro la folle corsa al riarmo in atto nel nostro tempo. In un mondo lacerato da guerre, minacce e tensioni internazionali sempre più pericolose, il Trattato entrato in vigore il 22 gennaio 2021, rappresenta una svolta storica nella costruzione di un ordine mondiale fondato non sulla deterrenza della distruzione, ma sulla responsabilità condivisa, sul diritto internazionale e sul primato della vita umana. Papa Francesco aveva affermato con chiarezza che è immorale non solo l’uso, ma anche il possesso e la produzione delle armi nucleari. Anche Papa Leone XIV ha recentemente rimarcato che “la prospettiva di una rinnovata corsa agli armamenti e lo sviluppo di nuove armi, incluse quelle nucleari, la scarsa considerazione degli effetti nefasti della crisi climatica in corso e le profonde disuguaglianze economiche rendono sempre più impegnative le sfide del presente e del futuro”.

La logica della deterrenza non garantisce la pace, ma perpetua il pericolo. È una logica antica, che oggi mostra tutta la sua inadeguatezza di fronte alle sfide globali, alle interdipendenze planetarie, alla necessità di salvare l’umanità dalla distruzione ecologica e nucleare.

L’Italia, Paese che ha fatto della pace un principio costituzionale e un tratto distintivo della sua presenza internazionale, faccia una scelta coraggiosa e lungimirante: aderire al TPNW, schierarsi per il disarmo nucleare, investire nella diplomazia, nella cooperazione e nella sicurezza condivisa.

L’alternativa si chiama complicità e, di certo, porta ad un mondo meno sicuro, ad un futuro meno rispettoso della dignità umana. In un tempo in cui la guerra sta interessando direttamente l’Europa e il vicino Oriente, con la sua scia di orrori e di distruzioni, ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari, come da anni chiediamo in sintonia con la Campagna “Italia, ripensaci!”, rappresenterebbe un forte messaggio di pace e un preciso invito, rivolto anche agli altri paesi Nato, ad abbandonare la logica della deterrenza nucleare.

Questo è il tempo della responsabilità. Questo è il tempo di dire: mai più Hiroshima. Mai più armi nucleari.

Roma, 4 agosto 2025

Giuseppe Notarstefano, Presidente nazionale Azione Cattolica Italiana
Emiliano Manfredonia, Presidente nazionale ACLI
Matteo Fadda, Presidente Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Francesco Scoppola e Roberta Vincini, Presidenti nazionali AGESCI
Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, Responsabili nazionali Movimento dei Focolari Italia
Mons Giovanni Ricchiuti, Presidente Pax Christi Italia

(fonte: Pax Christi Italia)


venerdì 20 giugno 2025

Tiziana Ferrario: Non in mio nome il lavoro sporco di Netanyahu

Tiziana Ferrario

Non in mio nome
il lavoro sporco di Netanyahu


Bombardare un’Università di Teheran è parte di quel lavoro sporco che Israele sta facendo per noi occidentali come ha affermato ieri il cancelliere tedesco Metz?

Se colpire un luogo di studio è un pezzo di quel lavoro sporco, allora non lo faccia per mio conto, perchè cosa ben diversa è colpire un impianto nucleare altra cosa è bombardare un’università come quella che a Teheran è piena zeppa di giovani, ragazzi e ragazze che studiano insieme, con le studentesse che si laureano in tutte le materie anche quelle scientifiche in numero sempre maggiore.

L’ho visto con i miei occhi negli anni che da inviata ho lavorato in Iran. Un paese con un regime soffocante e dispotico, ma con un popolo meraviglioso che ha sulle spalle una storia millenaria.

Una popolazione erede di una grande civiltà. In ogni angolo di Teheran, in ogni locale, in ogni mercato, si respira cultura, intelligenza, ironia.

Altra cosa sono gli Ayattolah, i loro sostenitori, le guardie della Rivoluzione. Qual è la strategia di Netanyahu? Non ha alcuna strategia il premier israeliano se non quella di salvare se stesso. Bombardare a tappeto i civili non porterà a un sollevamento degli iraniani, a un agognato cambio di regime. La storia degli ultimi anni ci insegna che non è così che si vince in Medio Oriente. Afghanistan Iraq Libia sono lì a dimostrarcelo. Chi andrebbe al potere in Iran se Khamenei fosse assassinato? Pensano veramente Netanyahu e l’ ondivago Trump che all’improvviso l’Iran diventerebbe un paese laico e democratico? Davvero credono che riportare in patria il figlio dello scià, che aveva costruito una società che piaceva agli occidentali ma piena di disuguaglianze, metterebbe tutti d’accordo?

Il regime dello scià appartiene al passato e i bei ricordi ce li hanno solo quelli che godevano dei privilegi della corte dello scià. La rivoluzione islamica e la caduta dell’impero dello scià all’inizio aveva spalancato le porte ad una società più paritaria, ma guidata da un regime diventato sempre più dispotico. Lo scenario più probabile oggi, se cadesse la guida religiosa, sarebbe l’arrivo al potere della componente militare dei Pasdaran ancora più spietata con i dissidenti politici. La reazione sarebbe ancora più dura, la repressione immediata.

Non ho una sfera di cristallo, ma intravedo il rischio di un Medio Oriente in fiamme e destabilizzato. Non sappiamo come potrà reagire l’Iran se messa nell’angolo, se non avesse più nulla da perdere. C’è solo da auspicare che il negoziato Usa con l’Iran riprenda, che Trump la smetta di assecondare Netanyahu che ha l’unico obiettivo di spargere il caos per la sopravvivenza di se stesso e del suo governo. Non ci serve il lavoro sporco di Netanyahu, ci serve riportare l’Iran nella comunità internazionale come avevano fatto nel 2015 Obama l’Unione Europea e l’Onu quando avevano siglato l’accordo sul nucleare iraniano, cancellato subito da Trump nel suo primo mandato.

Il presidente americano in questo secondo mandato pareva alla ricerca di un nuovo accordo con l’Iran, ma Netanyahu gli ha fatto cambiare idea, attaccando l’Iran, proprio quando le trattative erano ad uno stadio avanzato. Il leader israeliano non l’ha mai voluto quell’accordo, perchè sarebbe la sua morte politica.

Nel frattempo aspetto di avere le prove che l’Iran fosse davvero a un passo dalla bomba atomica.
(fonte: Articolo 21 - 18 Giugno 2025)


martedì 18 marzo 2025

Riarmo e ombrello nucleare La parola a Francesco

«Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti?» 

Riarmo e ombrello nucleare
La parola a Francesco


di Andrea Tornielli

I venti di guerra, il riarmo con l’impiego di enormi investimenti, le proposte di rilancio delle armi atomiche... Fa davvero impressione il modo con cui, in Europa e nel mondo, viene presentata la corsa agli armamenti, quasi fosse una prospettiva inesorabilmente necessaria, l’unica percorribile.

Dopo anni in cui la diplomazia è rimasta silente e la capacità di negoziato assente, sembra che l’unica via percorribile sia quella del riarmo. Si scomodano padri fondatori come Alcide De Gasperi, che aveva sostenuto la creazione di un esercito comune europeo, per giustificare iniziative assai diverse, che non vedono protagonista l’Unione Europea ma i singoli Stati.

Si torna a parlare di “ombrello nucleare” e di “deterrenza”, che fa rivivere i peggiori scenari della Guerra Fredda ma in un clima di maggiore instabilità e incertezza rispetto al secolo scorso, con il baratro di una Terza Guerra Mondiale sempre più all’orizzonte.

In questi anni, con profetica lucidità, Papa Francesco ha visto avvicinarsi il pericolo. Le sue parole sono illuminanti per comprendere il momento che stiamo vivendo. Diamo voce a lui, che ricoverato al Policlinico Gemelli offre le sue sofferenze e le sue preghiere per la pace nel mondo.

«È un dato di fatto — aveva detto Francesco nel novembre 2017 — che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani... Gli armamenti che hanno come effetto la distruzione del genere umano sono persino illogici sul piano militare».

Nel novembre 2019, da Nagasaki città martire dell’atomica, il Vescovo di Roma affermava: «Uno dei desideri più profondi del cuore umano è il desiderio di pace e stabilità. Il possesso di armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa non è la migliore risposta a questo desiderio; anzi, sembrano metterlo continuamente alla prova. Il nostro mondo vive la dicotomia perversa di voler difendere e garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia, che finisce per avvelenare le relazioni tra i popoli e impedire ogni possibile dialogo».

E aggiungeva: «La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani».

Sempre nel novembre 2019, da Hiroshima, Francesco ricordava, facendo sue le parole di Papa Montini, che la vera pace può essere solo disarmata: «Di fatto, se realmente vogliamo costruire una società più giusta e sicura, dobbiamo lasciare che le armi cadano dalle nostre mani: “non si può amare con armi offensive in pugno” (S. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965, 5). Quando ci consegniamo alla logica delle armi e ci allontaniamo dall’esercizio del dialogo, ci dimentichiamo tragicamente che le armi, ancor prima di causare vittime e distruzione, hanno la capacità di generare cattivi sogni, “esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli” (ibid., 5). Come possiamo proporre la pace se usiamo continuamente l’intimidazione bellica nucleare come ricorso legittimo per la risoluzione dei conflitti? Che questo abisso di dolore richiami i limiti che non si dovrebbero mai oltrepassare. La vera pace può essere solo una pace disarmata».

Quella del Successore di Pietro, continuava, è «la voce di coloro la cui voce non viene ascoltata e che guardano con inquietudine e con angoscia le crescenti tensioni che attraversano il nostro tempo, le inaccettabili disuguaglianze e ingiustizie che minacciano la convivenza umana, la grave incapacità di aver cura della nostra casa comune, il ricorso continuo e spasmodico alle armi, come se queste potessero garantire un futuro di pace».

Poi la condanna non soltanto dell’uso ma anche del possesso delle armi nucleari che ancora oggi riempiono gli arsenali del mondo con una potenza tale da essere in grado di distruggere decine di volte l’umanità intera: «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo».

Secondo la Federation of American Scientists, citata dal quotidiano «Domani», in Europa ci sono 290 testate atomiche sotto il controllo francese e 225 testate in Gran Bretagna. La quasi totalità delle testate atomiche — l’88% è negli arsenali di Stati Uniti e Russia, più di 5.000 testate ciascuno. In tutto sono 9 i Paesi ad avere bombe nucleari, oltre a quelli già citati ci sono Cina, India, Corea del Nord, Pakistan e Israele. Esistono oggi missili balistici in grado di scatenare una potenza distruttiva mille volte superiore a quella delle bombe sganciate a Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Viene da domandarsi: abbiamo davvero bisogno di ancora più armi? È davvero questa l’unica via per difenderci?

«La Chiesa Cattolica — aveva detto a Nagasaki sei anni fa Papa Francesco — è irrevocabilmente impegnata nella decisione di promuovere la pace tra i popoli e le nazioni: è un dovere per il quale si sente obbligata davanti a Dio e davanti a tutti gli uomini e le donne di questa terra… Nella convinzione che un mondo senza armi nucleari è possibile e necessario, chiedo ai leader politici di non dimenticare che queste non ci difendono dalle minacce alla sicurezza nazionale e internazionale del nostro tempo».

(fonte: L'Osservatore Romano 15/03/2025)


mercoledì 2 ottobre 2024

Renato Sacco: «Ma ci interessa ancora davvero chi muore nelle guerre? Chi chiede la pace non è filo Putin o per Hamas»

Renato Sacco
 
«Ma ci interessa ancora davvero chi muore nelle guerre?
Chi chiede la pace non è filo Putin o per Hamas»


 
La riflessione di don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi: « C’è un piano diabolico che cerca di convincerci che la guerra è l'unica strada, e che i morti sì effettivamente ci sono, ma non sono così importanti, sono “effetti collaterali”. Ma questa situazione di oggi interpella davvero il mondo politico? La pastorale? La vita delle nostre comunità? O prevale ancora indifferenza, abitudine o rassegnazione?»



«È troppo sognare che le armi tacciano e smettano di portare distruzione e morte? Il Giubileo ricordi che quanti si fanno “operatori di pace saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti». Così si legge nella bolla di indizione del prossimo Giubileo, Spes non confundit.

I giorni che viviamo ci fanno risuonare quella parola: interpella. Me lo sono sempre chiesto e me lo chiedo in questi giorni: ma quando si stava preparando la Seconda guerra mondiale, i campi di concentramento, la gente comune si sentiva interpellata? Non si può dire che non sapesse.

Le parrocchie, i preti come me, ad esempio in Germania, come vivevano quegli anni? Continuava la pastorale normale, le celebrazioni liturgiche ben curate con un numero appropriato di candelabri sull'altare? Certo abbiamo innumerevoli testimonianze di opposizione alla guerra anche col martirio. Lo sappiamo bene.

Ma la stragrande maggioranza? Oggi siamo davanti a un crescendo di guerre, massacri, stragi e bombardamenti. Armi, armi, armi. Queste le parole che sentiamo dai potenti, che si fanno vedere mentre autografano missili, bombe, oppure vanno all'Onu e la denigrano violentemente. Se sfogliamo i giornali vediamo le foto dei potenti delle varie parti. Non esistono le persone, la gente, i popoli.

C'è un piano diabolico che cerca di convincerci che la guerra è l'unica strada, e che i morti sì effettivamente ci sono, ma non sono così importanti, sono “effetti collaterali”.

Se sei contro le armi all'Ucraina allora sei filo Putin. Se critichi Israele sei antisemita e filo Hamas. Figuriamoci se esponi la bandiera palestinese. In questo clima il Parlamento Europeo ha votato per l'invio di armi all'Ucraina per colpire anche la Russia al suo interno. Tutti i potenti europei ci dicono di preparaci alla guerra, anche se, forse, non imminente.

Le armi nucleari non vengono considerate come la possibile fine dell'umanità, ma come un “qualcosa" che comunque va curata, alimentata e sostenuta con tante spese.

Il ministro della Difesa Crosetto ha chiesto altri 7 miliardi di euro per acquistare nuovi F-35, per passare dai 90 previsti a 115. Tutto questo e molto altro può essere considerato normale? Una situazione che sembra non avere una fine né un fine. «Chi non grida con gli ebrei non può cantare il gregoriano», scriveva il teologo Bonoheffer nel 1938.

Oggi quante persone sono nelle condizioni degli ebrei di allora? Assistiamo a genocidi, massacri, bombardamenti e violenze di ogni genere anche sui migranti. È vero che con il ddl 1660, il disegno di legge sulla sicurezza, sarà sempre difficile esprimere dissenso con la stretta liberticida che porta. Ma non possiamo guardare dall'altra parte!

Possiamo continuare a “cantare il gregoriano” come se tutto questo non stia accadendo, ora? O la guerra, le armi, i migranti resteranno un pallino solo di papa Francesco? Proprio lui che ci chiede di saper piangere davanti ai tanti morti, e già al Sacrario di Redipuglia il 13 settembre 2014 disse: «Anche oggi le vittime sono tante. Come è possibile questo? È possibile perché dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c'è l'industria delle armi, che sembra essere tanto importante».

C'è il rischio reale di guardare il mondo da tifosi. E ciò che è giusto o sbagliato dipende dal colore della maglia. Ma qui la maglia che dovrebbe contare è l'umanità. E la pace, o la guerra, non può essere solo un argomento trattato in modo asettico dai personaggi in giacca e cravatta che nei vari Telegiornali, col sorriso sulle labbra, cercano di convincerci che in fondo la guerra è una grande opportunità, muove risorse, genera guadagni. Certo! Verissimo. Infatti, quante armi stiamo vendendo a Israele rendendoci complici! E anche i missili a lungo raggio approvati dall'Europarlamento, come scrive Tonio Dell'Olio nell'editoriale di Mosaico di pace di ottobre, «sono una produzione Airbus 37,5%, Bae System 37,5% e Leonardo 25%... Quei missili non potrebbero funzionare senza il consenso che l'Italia è chiamata a fornire dal momento che Alenia fornisce la tecnologia per individuare, seguire e colpire il bersaglio programmato».

Quanti morti sono necessari per arrivare a dire: basta! Per arrivare a un cessate il fuoco? Ma questa situazione di oggi interpella davvero il mondo politico? La pastorale? La vita delle nostre comunità? O prevale ancora molta indifferenza, abitudine o rassegnazione? Qualcuno mi diceva in questi giorni che forse ci accorgeremo della guerra quando cominceranno a scarseggiare i prodotti nei supermercati, quando non ci sarà la possibilità di scegliere tra decine di marche diverse.

Allora ci accorgeremo? Ma sarà, forse, troppo tardi. C'è chi chiede alla Chiesa di parlare di più. E chi invece chiede ai vescovi di non interessarsi di queste cose. Come ebbe a dire don Tonino Bello, contestato come vescovo perché invitava all'obiezione di coscienza, ospite alla trasmissione TV Samarcanda nel 1991: «Cosa devono fare i vescovi? Occuparsi del colore dei paramenti o del numero dei ceri da mettere sull’altare?».
(fonte: Famiglia Cristiana 28/09/2024)


venerdì 19 aprile 2024

'Basta favori ai mercanti di armi' Difendiamo la trasparenza sulla produzione e l’export di armi

Basta favori ai mercanti di armi!
Difendiamo la trasparenza sulla produzione e l’export di armi

80 organizzazioni lanciano la mobilitazione in difesa della legge 185/1990 che il governo vuole smantellare

foto ANSA

17 aprile 2024 Incontro presso la sede di Libera a Roma 
con Rete Italiana Pace Disarmo, Banca Etica, Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli

Gli esponenti di oltre 80 organizzazioni della società civile italiana si sono ritrovati presso la sede di Libera a Roma per rilanciare la mobilitazione in difesa della legge 185 del 1990 che disciplina il commercio e l’export di armi italiane.

Questa legge – che aveva posto l’Italia all’avanguardia nel panorama europeo – è oggi oggetto di una radicale proposta di revisione avanzata dal Governo che mira a eliminare i principali presidi di trasparenza e di controllo parlamentare sulla produzione e sull’export di armi italiane verso il resto del mondo. Le modifiche sono già state approvate dal Senato e sono ora all’esame della Camera.

“Non esiste pace senza disarmo. Alla cattiva politica, quella che vuole togliere una serie di pilastri fondamentali di trasparenza, si può rispondere assumendoci più responsabilità – ha detto Don Luigi Ciotti Nel mondo oggi ci sono 59 guerre; c’è una follia distruttiva. Bisogna ribadire con forza che il diritto alla sicurezza che tutti reclamano deve essere soprattutto sicurezza dei diritti, intesa come libertà, dignità e la vita delle persone. Non dimentichiamo che il mercato delle armi è il più soggetto a fenomeni di corruzione e che dove ci sono le guerre, le mafie fanno affari mentre il traffico delle droghe e delle armi vanno sempre a braccetto”. Don Ciotti ha concluso citando Papa Francesco: “Tutti i conflitti nuovi pongono in rilievo le conseguenze letali di una continua rincorsa alla produzione di sempre più sofisticati armamenti, talvolta giustificate adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Occorre scardinare tale logica e proseguire sulla strada del disarmo integrale”.

Padre Alex Zanotelli ha ribadito che: “Siamo prigionieri del complesso industriale militare” citando i dati relativi alle spese militari in continua crescita rispetto negli ultimi anni e che, di conseguenza, hanno fatto notevolmente aumentare anche il commercio internazionale di armi (+86% per l’Italia negli ultimi cinque anni).

Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica, a nome del Gruppo Banca Etica ha ricordato come le modifiche alla legge 185 mirino anche a cancellare la possibilità di sapere quali banche finanziano la produzione e l’export di armi, mentre Francesco Vignarca di Rete Italiana Pace e Disarmo ha ricordato che la legge 185 sia nata 34 anni fa da una forte mobilitazione delle reti della società civile che oggi si stanno riattivando per difenderla e come le modifiche proposte alla legge non porteranno maggiore sicurezza.

Francesca Rispoli di Libera ha infine ricordato che un primo passo per difendere la legge è firmare la petizione disponibile sul sito https://retepacedisarmo.org/petizione-basta-favori-ai-mercanti-di-armi-fermiamo-lo-svuotamento-della-legge-185-90/

A sostegno della mobilitazione “Basta favori ai mercanti di armi!” sono intervenuti all’evento di questa mattina a Roma anche Raul Caruso, professore di Economia Internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano; Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia; Alfio Nicotra, co-presidente Un ponte per e Consiglio nazionale AOI; Greta Barbolini, presidenza nazionale ARCI; Vincenzo Larosa, delegato dalla presidenza Azione Cattolica; Stefano Regio, presidente Federazione Lazio CNCA; Laura Milani, presidente CNESC e Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII; Gabriele Verginelli, per Legacoop; Emilia Romano, presidente Oxfam Italia, don Tonio dell’Olio, presidente Pro Civitate Christiana; Pierangelo Milesi, delegato Pace della Presidenza ACLI; Giuseppe Daconto, Centro Studi di Confcooperative; Maximilian Ciantelli, presidente Mani Tese Firenze; Alfredo Scognamiglio, del Movimento dei Focolari Italia; Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo.

Sono intervenuti anche l’on. Laura Boldrini (PD) e l’on. Riccardo Ricciardi (M5S) che hanno illustrato gli emendamenti presentati dall’opposizione alle proposte di modifica di legge.

La registrazione dell’incontro è disponibile a questo link.

per informazioni

Rete italiana Pace e Disarmo | Francesco Vignarca – francesco.vignarca@retepacedisarmo.org

Libera | Francesca Rispoli – francesca.rispoli@libera.it

Fondazione Finanza Etica – Gruppo Banca Etica | Barbara Setti – setti.fondazione@bancaetica.org
(fonte: CNCA 17/04/2024)

lunedì 15 aprile 2024

Mettiamo al bando la guerra

Mettiamo al bando la guerra


A Ghedi ci sono le bombe atomiche. Tenute per bene sottochiave, ma pronte all’uso per ogni necessità, la loro presenza nei bunker dell’aeroporto militare della bassa bresciana è uno di quei segreti di Pulcinella che tutti conoscono e nessuno nega.

Non solo Tornado

Non solo Tornado, come quelli partiti contro l’Iraq nel 1991 e contro la Serbia nel 1999: la base NATO di Ghedi – e anche questo è un mistero tutt’altro che misterioso – è attrezzata per gli F-35, cacciabombardieri di quinta generazione con capacità di trasporto di ordigni nucleari. Il tutto nell’ambito del programma Nuclear Sharing. «Condivisione nucleare»: si tratta, in parole povere, di ospitare bombe atomiche statunitensi nel proprio territorio, rendendosi disponibili al loro utilizzo in caso di guerra.

Immersa nella campagna, a una ventina di chilometri da Brescia, la tranquilla cittadina di Ghedi da decenni si trova a convivere con la guerra. I militari della NATO affittano case nella zona e, tutto sommato, rappresentano un buon indotto per l’economia locale.

Ma i sussulti di guerra alle periferie dell’impero talvolta spargono inquietudine, facendo ricordare che può essere pericoloso convivere, o vivere a distanza ravvicinata, con le bombe atomiche. Ci fosse un attacco ai bunker atomici bresciani, le stime, approssimative, danno dai 2 ai 10 milioni di vittime.

Insomma, un bel posto per una gita scolastica.

Deve aver pensato così il Ministero dell’Istruzione e del Merito che, per il tramite dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Brescia, lo scorso mese di marzo ha fatto pervenire a tutte le scuole bresciane di ogni ordine e grado, dall’infanzia alle superiori, l’invito a partecipare alla tradizionale «Giornata per le Scuole», che prevede una mostra di velivoli a terra e l’esibizione in addestramento della Pattuglia Acrobatica nazionale delle Frecce Tricolori, presso il 6° Stormo «Diavoli rossi» delle Forze da combattimento dell’aerobase di Ghedi.

Ali di guerra

L’appuntamento è tradizionale, ma, rispetto alle circolari degli anni precedenti, la nota ministeriale di quest’anno si distingue per una particolare coloritura, che vira ben oltre i toni della piana e asettica comunicazione d’ufficio.

Innanzitutto, la scelta di dare un nome all’evento. E che nome: «Mettiamo le ali ai nostri sogni».

E poi, l’enfasi retorica:

La finalità è quella di far conoscere e promuovere sul territorio, insieme alla cittadinanza, alle Scuole, alle Istituzioni, i valori che ispirano il servizio al Paese, le tradizioni e la cultura dell’eccellenza italiana nel Mondo ed il patrimonio di storia, cultura aeronautica con le professionalità espresse dall’Aeronautica Militare.

Infine, last but not least, il rilievo dato alla questione «orientamento», uno dei temi caldi della scuola, oggi:

Oltre all’emozione per l’esibizione aerea, l’occasione potrà fornire agli studenti anche uno spunto per l’orientamento nella scelta del proprio profilo professionale ed occupazionale.

La scuola va alla guerra. Se ne sono accorti, e ci stanno avvisando da tempo, spiriti aperti e occhi sensibili. Le logiche belliciste e gli interessi economici, politici e militari normalizzano il disvalore della guerra spacciandolo per cultura, tra l’acquiescenza e la disinformazione generale.

Risale al marzo 2023 l’istituzione, da parte del ministero della Difesa, di un «Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa» [1]: quattordici nomi, che vedono la partecipazione del mondo militare, dell’industria bellica, delle università e della comunicazione.

Lo scopo: elaborare documenti, direttive e proposte «per supportare una visione innovativa nell’ambito della comunicazione e delle relazioni istituzionali». La finalità: divulgare «che gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore risultano fecondi non solo per la Difesa sotto il duplice profilo dell’operatività dello strumento militare e dello sviluppo industriale, ma anche per il sistema Paese in termini di incremento dei livelli occupazionali, di sviluppo complessivo del sistema industriale, di leadership tecnologica, di incremento della crescita e dunque delle entrate».

La forza militare come volano di crescita economica per il paese. La scuola come luogo di reclutamento. Una collaborazione sempre più stretta tra Forze Armate e Ministero dell’Istruzione, dal centro alla periferia, senza soluzione di continuità. O quasi.

L’Italia ripudia la guerra

A volte proprio non si può tacere. A volte l’indignazione non può non prendere parola. Ha pensato così Patrizia Lòndero, insegnante di lettere desenzanese. Decenni di collaborazione con il Movimento Cooperazione Educativa, di cui ha seguito i Progetti di Educazione alla Pace, Patrizia, dopo aver letto la nota ministeriale dello scorso mese di marzo, ha reagito con prontezza, scrivendo una lettera aperta dal titolo «Il fascino indiscreto della guerra»:

Non resta che solidarizzare unendosi a tutti coloro che condannano questa pericolosa proliferazione di proposte formative a sfondo militare, per dichiarare con forza l’urgenza della costruzione di scuole di Pace, coltivando con i ragazzi occasioni di solidarietà con chi vive in zone di guerra, di conoscenza del dramma della guerra e delle sue vittime, di progettazione di aiuti concreti per coloro a cui la guerra ha distrutto tutto.

Curare le ferite, aiutare a ricostruire.
Ci sarebbe bisogno di leggere circolari che parlino di questo.

Il gruppo delle Donne in cammino per la pace di Desenzano ha da subito fatto propria, sottoscritto e condiviso l’accorata riflessione e la denuncia di Patrizia. Poi firme si sono aggiunte a firme. Centinaia e centinaia. Ad oggi un migliaio. [2] Dal mondo della scuola e non solo, a dare voce ad una tensione interiore che non accetta di assistere supinamente allo smantellamento delle idealità che hanno sostenuto la solenne dichiarazione dei nostri padri e delle nostre madri costituenti:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Ripudiare la guerra. È questo l’impegno a cui ci richiama l’articolo 11 della Costituzione. Ripudiare è un verbo forte, fortissimo, che non accetta compromessi di comodo o mezze misure. Ripudiare, buttare via, mettere al bando la guerra, questa è la responsabilità a cui siamo chiamati.

Per secoli le nostre civiltà hanno accettato la schiavitù. Per secoli la tortura, il sopruso, la discriminazione, hanno fatto parte di un tollerato orizzonte di normalità. Poi è arrivata la stagione dei diritti. La Dichiarazione universale dei Diritti Umani del dicembre 1948 ha proclamato e sancito i diritti di prima generazione, fondati sulla libertà, e i diritti di seconda generazione, imperniati sull’uguaglianza.

Ma una terza generazione di diritti umani aspetta ancora di essere condivisa e sottoscritta – diritti che, come il diritto ad un ambiente sano, allo sviluppo e alla pace, hanno al cuore la fraternità.

Promuovere la pace, avere in orrore la guerra – così come abbiamo in orrore la tortura, le catene, la schiavitù, la sopraffazione, le discriminazioni: è questa la consapevolezza a cui, come umanità, ci dobbiamo risvegliare, prima che sia troppo tardi.

Appuntamento a Ghedi

L’appuntamento è a Ghedi, martedì 16 aprile 2024, davanti all’entrata dell’aerobase militare. Ci saranno le Donne in cammino per la pace, ci sarà don Fabio Corazzina, una delle più significative voci bresciane dell’impegno attivo nella nonviolenza.

Anche don Fabio ha sottoscritto la lettera di Patrizia Lòndero e, sul settimanale diocesano bresciano La voce del popolo, ha recentemente pubblicato un intervento dal titolo I sogni di guerra di un’Italia sbagliata. In modo accorato don Fabio si chiede:

Ma non ci vergogniamo, noi adulti. Invitiamo i ragazzi/e a fare festa in luoghi di morte, a confondere il tricolore costituzionale con uno stendardo di guerra, a valorizzare i Tornado ed F35, cacciabombardieri di capacità nucleare, come servizio al Paese e alla pace, a confondere l’eccellenza italiana con la sua capacità militare e bellica, a cogliere l’occasione per proporre la succulenta professione militare come realizzazione personale. [3]

Mettere al bando la guerra, ripudiarla, senza se e senza ma. Senza cedere alla tentazione di orizzonti di gloria lubrificati dal sangue degli innocenti. Essere pacifisti, farsi pacificatori. Diventare operatori e operatrici di pace, testimoni di futuro.

Perché CESSATE IL FUOCO possa essere il grido, silenzioso ma forte, di una coscienza umana finalmente risvegliata, che non vuole più credere alla guerra e alle sue false e irragionevoli ragioni.


Promemoria

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

Gianni Rodari

[2] La lettera di Patrizia Lòndero si può leggere in https://www.paxchristi.it/?p=25190
e sottoscrivere inviando una mail a: donneinreteperlapace.desenzano@gmail.com
[3] La lettera di don Fabio Corazzina si può leggere in

(fonte: Settimana News, articolo di Anita Prati 13/04/2024)


venerdì 17 marzo 2023

Spesa bellica: la preoccupante escalation e le reazioni del mondo pacifista


Spesa bellica: la preoccupante escalation
e le reazioni del mondo pacifista

La spesa bellica sta aumentando praticamente ovunque nel mondo e l’Italia non fa eccezione, con una percentuale pari all’1,54% del PIL, superiore alla media europea e in costante aumento. Un caso particolare è quello dell’acquisto di cacciabombardieri F35, che ha avuto però l’effetto positivo di stimolare la nascita di una campagna pacifista e antimilitarista che da anni porta avanti istanze fondamentali.

(Foto di Air Force Master Sgt. Donald R. Allen. Italia che cambia)

Le spese per gli armamenti e per la difesa in generale ammontano a molti miliardi ogni anno e cioè circa 26 miliardi di euro nel 2022 solo in Italia. Cifre colossali fornite da Sipri – l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma – e da Milex – l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane – relative al 2022, che sono però in esponenziale incremento. Secondo i dati dell’autorevole istituto e dell’importante osservatorio, la spesa militare globale nel mondo continua ad aumentare nonostante la crisi.

ALCUNI DATI SULLA SPESA BELLICA GLOBALE

Il grafico delle spese militari nel mondo è in costante ascesa: secondo Sipri, sono stati raggiunti i 2.113 miliardi di dollari nel 2021, con un +0,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. I primi dieci Paesi per spesa militare coprono il 75% del totale degli investimenti bellici, con i soli Stati Uniti che contribuiscono per il 43% e più indietro, al secondo posto la Cina, mentre al terzo l’India.

Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono insieme più di 25.000 armi nucleari e di queste più di 5.000 sono pronte all’uso e al lancio: abbastanza per distruggere più volte il nostro pianeta. Fra le potenze che stanno aumentando più rapidamente il budget destinato al comparto bellico c’è la Russia, che nel 2021 lo ha incrementato del 2,9%, portandolo al 4,1% del prodotto interno lordo complessivo.

L’ITALIA E GLI F35

Per quanto riguarda il nostro Paese, un caso interessante da analizzare è quello dell’acquisto degli F35. L’F35 è un cacciabombardiere d’attacco al suolo e come tale contrasta con un modello di difesa basato sulla difesa stessa e non sull’offesa, quale dovrebbe essere quello italiano, come sancisce anche la Costituzione repubblicana all’articolo 11. Questo tipo di cacciabombardiere è atto al trasporto delle famigerate e mortifere bombe termonucleari NATO B61-12.

Inoltre è esorbitante la cifra che l’Italia spende per l’acquisto di questi mostri da guerra: 15 miliardi di euro per 90 di questi apparecchi e il numero è stato ridotto nel 2012 grazie alle proteste e alla mobilitazione nate nel paese rispetto ai 131 cacciabombardieri F35 iniziali. Ma pur sempre una follia. Una spesa enorme ed esorbitante, soprattutto in tempi di crisi e quando si taglia la spesa pubblica per sanità, servizi sociali, scuole, per i più deboli, per i malati.

È stato calcolato che con la spesa per gli F35 si potrebbero costruire 4.500 nuovi asili nido, acquistare 10 milioni di pannelli solari per dare energia pulita a tutto il Paese, costruire 50 ospedali, mettere in sicurezza anche antisismica 12mila scuole, e quindi creare 100mila posti di lavoro a fronte di circa ottocento che si dovrebbero creare con il progetto F35.

LE PROTESTE DEL MONDO PACIFISTA

È dal 2005 che i pacifisti denunciano l’assurda follia di queste spese. Nel 2007 a Novara è nato un coordinamento di associazioni e organismi impegnati a contrastare l’assemblaggio dei cacciabombardieri nell’aeroporto militare di Cameri, vicino alla città. Si tratta di un coordinamento fondato sull’antimilitarismo e sull’autonomia dei soggetti istituzionali e varie sono state le iniziative di opposizione attivate, come un corteo a Novara con oltre mille partecipanti e una due giorni di dibattito contro il militarismo e contro l’industria degli armamenti.

Nel tempo sono stati organizzati altre grosse iniziative che hanno coinvolto il mondo nonviolento e la società civile, come una marcia da Novara all’aeroporto di Cameri, un presidio a Torino, l’invio di una lettera aperta al prefetto di Novara. Contro il progetto F35 si è schierata anche la diocesi di Novara. Recentemente alcuni organismi come la Tavola della Pace, Unimondo, Sbilanciamoci e altri ancora hanno promosso una campagna nazionale parallelamente a una giornata che si celebra ogni 25 febbraio con iniziative in molte città italiane e la raccolta di firme contro il progetto F35.

Contro il progetto F35 si è schierato addirittura l’oncologo Umberto Veronesi, che sulla Repubblica dell’agosto 2010 ha scritto: “Come iniziatore del movimento Scienza per la pace e soprattutto come uomo che ha vissuto la guerra, mi sono sentito in dovere di presentare in Senato una mozione – avanzata dalla Rete italiana per il disarmo – per fermare il progetto, a cui partecipa il nostro Paese, per la realizzazione di 2700 cacciabombardiere Joint Strike Fighter F35 a un costo complessivo stimato di 250 miliardi di dollari”. La mozione è stata sottoscritta da 27 senatori e da 16 deputati. Il sostegno politico è fondamentale ma non basta, perché risulta necessaria la partecipazione cosciente dei cittadini che hanno il diritto e il dovere di sapere.

Il bilancio della difesa per la “guerra impossibile” è di 28,7 miliardi di euro. Inoltre, l’Italia destina alla spesa bellica l’1,54% – contro una media europea dell’1,3% – del prodotto interno lordo e prevede di raggiungere entro il 2028 una quota del 2%, mentre investe una percentuale inferiore, ad esempio, nella ricerca scientifica – 1,4% del PIL, contro una media europea del 2,1%. In un simile quadro risultano dunque fondamentali non solo l’azione dei movimenti pacifisti, ma soprattutto la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica, della quale facciamo parte tutti noi.
(fonte: Italia che Cambia, articolo di Laura Tussi 14/03/23)


giovedì 20 ottobre 2022

Libro di Papa Francesco "Vi chiedo in nome di Dio" Dieci preghiere per un futuro di speranza.

Vi chiedo in nome di Dio
di Papa Francesco

Attraversiamo tempi quanto mai incerti. La pandemia, la guerra, la crisi climatica, politica e sociale hanno reso il presente un terreno fragile su cui camminare, e il futuro un'incognita che fa paura. In un simile contesto, mantenere accesa la luce della speranza diventa un compito sempre più arduo. Eppure, quella luce, per quanto flebile, continua a splendere. E splende con forza tra le pagine di questo volume, in cui papa Francesco, alla soglia del decimo anno del suo pontificato, riprende il senso degli interventi di riforma del Vaticano e della Chiesa da lui attuati da quel 13 marzo del 2013 e, nelle riflessioni offerte a Hernán Reyes Alcaide, giornalista suo conterraneo, disegna il mondo che vorrebbe vedere realizzato attraverso dieci richieste in nome di Dio.

Con la sua voce limpida e diretta, mantenendosi fortemente ancorato all'attualità e riprendendo non solo le parole dei Vangeli, ma anche di pensatori, scrittori e artisti − da Camilleri a Dostoevskij, da Dante Alighieri a Banksy −, Francesco si rivolge a tutti, credenti e non, per pregare per una casa comune pacificata, liberata dalla povertà, custodita per le generazioni a venire, con le porte aperte al prossimo; per un'umanità che ripudia ogni tipo di abuso, riconosce la dignità di ciascuna persona, le pari opportunità di donne e uomini e non usa il nome di Dio per fomentare le guerre. Perché, se è vero che il mondo ci appare oggi un luogo cupo e inospitale, la strada per uscire dalle tenebre esiste, tracciata da tutti coloro che, grazie all'amore e con l'aiuto di Dio, si fanno ogni giorno «pellegrini di speranza», il motto scelto dal Santo Padre per il Giubileo del 2025: come questo libro, un invito di Francesco a camminare insieme verso la luce.
(fonte: ED. PIEMME)

**********

Papa, l'appello nel libro "Vi chiedo in nome di Dio":
"Fermate la follia della guerra"

In un brano, anticipato da La Stampa, il Pontefice scrive che la persistenza dei conflitti armati è "il vero fallimento della politica". La guerra in Ucraina "ha messo le coscienze di milioni di persone del centro dell'Occidente davanti alla cruda realtà di una tragedia umanitaria che già esisteva da tempo"


"Chiedo in nome di Dio che si metta fine alla follia crudele della guerra". Questo è l'appello di Papa Francesco contenuto nel libro "Vi chiedo in nome di Dio. Dieci preghiere per un futuro di speranza". Il quotidiano La Stampa ha anticipato un brano nel quale il Pontefice scrive che la persistenza dei conflitti è "il vero fallimento della politica". La guerra in Ucraina "ha messo le coscienze di milioni di persone del centro dell'Occidente davanti alla cruda realtà di una tragedia umanitaria che già esisteva da tempo" e "ci ha mostrato la malvagità dell'orrore bellico". "Non esiste - invita a riflettere il Papa - occasione in cui una guerra si possa considerare giusta. Non c'è mai posto per la barbarie bellica" 

Frenare la guerra

Il Papa parte dal conflitto in Ucraina e si rivolge alle "autorità locali, nazionali e mondiali": "È da loro che dipendono le iniziative adeguate per frenare la guerra. E a loro, facendo questa mia richiesta in nome di Dio, domando anche che si dica basta alla produzione e al commercio internazionale di armi" e che sia estirpata dal pianeta l'arma atomica: "L'esistenza delle armi nucleari e atomiche mette a rischio la sopravvivenza della vita umana sulla terra". Dalla situazione nell'Europa orientale che "ci ha mostrato la malvagità dell'orrore bellico", Bergoglio estende la sua invocazione a tutte le guerre in corso, chiede "alle autorità politiche di porre freno", "di non manipolare le informazioni e di non ingannare i loro popoli per raggiungere obiettivi bellici".

"Bloccare commercio delle armi"

"La spesa mondiale in armamenti è uno degli scandali morali più gravi dell'epoca presente. Manifesta inoltre quanta contraddizione vi sia tra parlare di pace e, allo stesso tempo, promuovere o consentire il commercio di armi", si legge nel volume scritto da Bergoglio. "È tanto più immorale che paesi tra i cosiddetti sviluppati a volte sbarrino le porte alle persone che fuggono dalle guerre da loro stessi promosse con la vendita di armamenti. Accade anche qui in Europa ed è un tradimento dello spirito dei padri fondatori", sottolinea il Pontefice. "La corsa agli armamenti fa da riprova della smemoratezza che ci può invadere. O, peggio ancora, dell'insensibilità. Nel 2021, in piena pandemia, la spesa militare mondiale ha superato per la prima volta i 2.000 milioni di dollari. A fornire questi dati è un importante centro di ricerca di Stoccolma, ed essi ci mostrano come per ogni 100 dollari spesi nel mondo, 2,2 siano stati destinati alle armi".

"Il commercio delle armi è un grave problema"

Il pontefice si sofferma a lungo sul mercato degli armamenti. "Quanti casi abbiamo visto di bambini morti per avere maneggiato armi nelle loro case, quanti massacri sono stati perpetrati per il facile accesso che a esse c'è in alcune nazioni?", si chiede Bergoglio. "Legale o illegale, su vasta scala o nei supermercati, il commercio di armi è un grave problema diffuso nel mondo. Sarebbe bene che questi dibattiti avessero più visibilità e che si cercassero consensi internazionali affinché, a livello globale, fossero poste restrizioni sulla produzione, la commercializzazione e la detenzione di questi strumenti di morte". "Quando parliamo di pace e di sicurezza a livello mondiale, la prima organizzazione a cui pensiamo è quella delle Nazioni Unite (l'Onu) e, in particolare, il suo Consiglio di sicurezza. La guerra in Ucraina ha posto ancora una volta in evidenza quanto sia necessario che l'attuale assetto multilaterale trovi strade più agili ed efficaci per la soluzione dei conflitti", prosegue nel ragionamento, "In tempi di guerra è essenziale sostenere che ci serve più multilateralismo e un multilateralismo migliore".

"Promuovere la fratellanza e il bene comune"

"Con la guerra ci sono milioni di persone che perdono tutto, ma anche pochi che guadagnano milioni. È sconfortante anche solo sospettare che molte delle guerre moderne si facciano per promuovere armi. Così non si può andare avanti. Ai responsabili delle nazioni, in nome di Dio, chiedo di impegnarsi risolutamente a porre fine al commercio di armi che causa tante vittime innocenti. Abbiano il coraggio e la creatività di rimpiazzare la fabbricazione di armamenti con industrie che promuovano la fratellanza, il bene comune universale e lo sviluppo umano integrale dei loro popoli. Al pensiero dell'industria bellica e di tutto il suo sistema, mi piace ricordare i piccoli gesti del popolo che, anche tramite atti individuali, non smette di far vedere quanto la vera volontà dell'umanità sia di liberarsi dalle guerre", aggiunge il Papa.

"La guerra non risolve i problemi"

La guerra è "una risposta inefficace: non risolve mai i problemi che intende superare", è il pensiero del Papa che quindi si domanda: "Forse lo Yemen, la Libia o la Siria, per citare alcuni esempi contemporanei, stanno meglio rispetto a prima dei conflitti?". Il Pontefice infine indica la via della soluzione: "Servono dialogo, negoziati, ascolto, abilità e creatività diplomatica, e una politica lungimirante capace di costruire un sistema di convivenza che non sia basato sul potere delle armi o sulla dissuasione".
(fonte: Sky Tg24 16/10/2022)

**********


Libro di Papa Francesco "Chiedo in nome di Dio":
“Fermate la follia della guerra, non esiste un conflitto giusto”

 

Nel libro "Chiedo in nome di Dio, di recente pubblicazione, conversazione tra Papa Bergoglio e il suo conterraneo corrispondente in Italia e in Vaticano Hernán Rayes Alcaide, Papa Francesco fa una rassegna su alcuni punti dei suoi primi dieci anni di pontificato, offre il suo sguardo in prima persona su dieci temi che chiede "in nome di Dio" e aggiunge anche un epilogo per il Giubileo del 2025. La lotta contro abusi, opposizione alla guerra, economia e politica mondiale sono alcuni dei temi del libro.

L'elenco delle "preghiere":

- In nome di Dio chiedo che la cultura degli abusi venga estirpata dalla Chiesa
- In nome di Dio chiedo che proteggiamo la Casa comune
- In nome di Dio chiedo una comunicazione che combatta le fake news ed eviti i discorsi di odio
- In nome di Dio chiedo una politica che operi per il bene comune
- In nome di Dio chiedo che si arresti la follia della guerra
- In nome di Dio chiedo che vengano aperte le porte ai migranti e ai rifugiati
- In nome di Dio chiedo che nella società venga favorita e incoraggiata la partecipazione delle donne
- In nome di Dio chiedo che venga consentita e sostenuta la crescita dei paesi poveri
- In nome di Dio chiedo che a tutti venga garantito il diritto alla salute
- In nome di Dio chiedo che il suo nome non venga usato per fomentare guerre

“Chiedo in nome di Dio che si metta fine alla follia crudele della guerra”. E’ l’appello di Papa Francesco nel suo libro ‘Vi chiedo in nome di Dio. Dieci preghiere per un futuro di speranza’, di cui La Stampa anticipa un brano. “La sua persistenza tra noi”, scrive è “il vero fallimento della politica”. E si rivolge alle “autorità locali, nazionali e mondiali”: “è da loro che dipendono le iniziative adeguate per frenare la guerra. E a loro, facendo questa mia richiesta in nome di Dio, domando anche che si dica basta alla produzione e al commercio internazionale di armi” e che sia estirpata dal piante l’arma atomica: “L’esistenza delle armi nucleari e atomiche mette a rischio la sopravvivenza della vita umana sulla terra”.

Il Papa parte dal conflitto in Ucraina, che ha messo l’Occidente davanti all’evidenza e “ci ha mostrato la malvagità dell’orrore bellico”. Quindi estende la sua invocazione a tutte le guerre in corso, chiede “alle autorità politiche di porre freno”, “di non manipolare le informazioni e di non ingannare i loro popoli per raggiungere obiettivi bellici”.

“Non esiste – invita a riflettere – occasione in cui una guerra si possa considerare giusta. Non c’è mai posto per la barbarie bellica”. “La guerra è anche una risposta inefficace: non risolve mai i problemi che intende superare – rimarca il Papa -. Forse lo Yemen, la Libia o la Siria, per citare alcuni esempi contemporanei, stanno meglio rispetto a prima dei conflitti?”.
Il Pontefice indica la via della soluzione: “servono dialogo, negoziati, ascolto, abilità e creatività diplomatica, e una politica lungimirante capace di costruire un sistema di convivenza che non sia basato sul potere delle armi o sulla dissuasione”.
(a cura Redazione "Il sismografo")

giovedì 23 giugno 2022

TONIO DELL'OLIO Italia assente ingiustificata - NUCLEARE: L’ITALIA NON PRENDE PARTE ALLA RIUNIONE PER IL TPAN

TONIO DELL'OLIO
Italia assente ingiustificata

PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI IL 22 GIUGNO 2022


Ma che brutta figura! Il governo italiano è l'unico dell'Unione Europea a far parte del nuclear sharing, il gruppo di Paesi che pur non producendo proprie armi nucleari ospitano testate di altri Stati alleati, ad aver deciso di non prendere parte alla Conferenza degli Stati parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari che ha preso avvio ieri a Vienna.

Germania, Belgio e Olanda, che sono nella nostra stessa condizione ospitando armi nucleari statunitensi, ci sono, l'Italia no. L'altro membro nuclear sharing che non ha accettato l'invito è la Turchia. Davvero una brutta figura per un'assenza ingiustificata che ci rende ancora più succubi delle politiche Usa. I Paesi partecipanti sono cento. Sono tutti consapevoli che il possesso di armi nucleari non serva affatto a garantire la pace ed è piuttosto una seria minaccia verso l'umanità intera. Una scelta, quella italiana, ancora più incomprensibile e grave in questo momento storico segnato dalla guerra in Ucraina in cui la minaccia nucleare si fa seria. Peraltro la presenza delle testate Usa ad Aviano (Pordenone) e a Ghedi (Brescia) lungi dal garantirci, proteggerci e rassicurarci, ci rende solo più vulnerabili. Come dice la campagna avviata da Senzatomica e dalla Rete italiana pace e disarmo: Italia ripensaci!

*********************

NUCLEARE: L’ITALIA NON PRENDE PARTE ALLA RIUNIONE PER IL TPAN


Dopo un lungo e travagliato iter, dovuto anche all’ostruzionismo di alcuni paesi, il 22 gennaio 2021 è entrato in vigore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPAN) delle Nazioni Unite. Un passo avanti notevole: non si parla più della “non proliferazione”, del divieto di produrre nuove armi nucleari (peraltro già violato da molti paesi), ma della decisione di eliminare completamente tutte quelle esistenti. Un numero spaventoso: secondo i dati del SIPRI sarebbero 12.705 le armi nucleari nel mondo, e del quale molti tra i paesi più importanti del pianeta preferiscono non parlare.

...

Essere presenti a Vienna anche solo come osservatori, come hanno fatto altri paesi che non hanno mai ratificato il TPAN, avrebbe avuto un grande significato politico e geopolitico. Avrebbe potuto segnare una svolta e forse aprire la strada al dialogo, oltre che rispettare quanto previsto dalla Costituzione e dalle leggi sulla non proliferazione delle armi nucleari. Decidere di non esserci, al contrario, dice che l’Italia non vuole eliminare queste armi. Anzi.
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”, dice l’articolo 11 della Costituzione. Ma gli italiani sembrano averlo dimenticato. E dopo aver regalato all’Ucraina armi e armamenti per la “difesa”, ma anche per l’“offesa”, il governo ha deciso di non partecipare al primo incontro mondiale per l’eliminazione delle armi nucleari, nemmeno come osservatore. Quale sarà il prossimo passo.