Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 31 gennaio 2025

Papa Francesco al Tribunale della Rota Romana: nelle cause di nullità ci interpellino dolore e speranza di chi cerca verità (commento/sintesi, testo integrale, foto)

Papa Francesco al Tribunale della Rota Romananelle cause di nullità ci interpellino dolore e speranza di chi cerca verità

Francesco riceve in udienza il Tribunale della Rota Romana in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario ed evidenzia gli aspetti più rilevanti della riforma dei processi da lui disposta dieci anni fa: procedure più brevi e snelle e strutture diocesane più organizzate e competenti. “La verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta un’importante possibilità”, dice, “le persone vanno aiutate a percorrere il più agevolmente possibile questa strada”

L'inaugurazione dell'Anno Giudiziario del Tribunale della Rota Romana (VATICAN MEDIA Divisione Foto)

È un servizio alla “salvezza delle anime” il “lavoro di discernimento” del Tribunale della Rota Romana “sull’esistenza o meno di un valido matrimonio”, che ha l’obiettivo di “aiutare a purificare e ripristinare le relazioni interpersonali”. Francesco coglie l’occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, nella Sala Clementina, oggi 31 gennaio, per evidenziare la “grande responsabilità” dell’organismo della Curia Romana e la necessità di processi celeri e più semplici, perché, a causa di una “ritardata definizione del giudizio”, “il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio”. E torna a chiedere che le procedure siano gratuite il Pontefice, rammaricandosi del fatto che a dieci anni dalla riforma del processo per la nullità matrimoniale ci sono fedeli che ancora ignorano l’istituzione del processo breve, sulla base di determinati presupposti, davanti al vescovo diocesano.

I membri del Tribunale della Rota Romana in udienza da Papa Francesco

Processi agevoli senza pregiudicare verità e giustizia

Il Papa rimarca che lo scopo del processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio, come ha affermato Benedetto XVI nel discorso alla Rota del 2006, “non è quello ‘di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità”. Concetto esplicitato anche da Paolo VI, che, portata “a termine la riforma operata col Motu Proprio Causas matrimoniales, nel 1975, sempre alla Rota, precisava che attraverso le semplificazioni introdotte, l’obiettivo era rendere la trattazione delle cause matrimoniali “più agevole, e perciò più pastorale, senza che ciò abbia da recare pregiudizio ai criteri di verità e di giustizia, ai quali un processo deve onestamente attenersi”. Principi che Francesco ribadisce.

Ci interpellano il dolore e la speranza di tanti fedeli che cercano chiarezza riguardo alla verità della loro condizione personale e, di conseguenza, riguardo alla possibilità di una piena partecipazione alla vita sacramentale. Per tanti che hanno “vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta un’importante possibilità; e queste persone vanno aiutate a percorrere il più agevolmente possibile questa strada”

Il compito del vescovo diocesano

Nel decimo anniversario della riforma del processo per la nullità matrimoniale, disposta con i due Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, il Papa si sofferma sullo “spirito” che l’ha permeata e ricorda che la modifica delle “norme relative al processo di nullità” è stata chiesta dal Sinodo del 2014 per rendere i procedimenti “più accessibili e agili”. Le innovazioni hanno riguardato pure le strutture, specifica Francesco, in modo tale che l’amministrazione della giustizia “rispondesse nel modo migliore a quanti si rivolgono alla Chiesa per fare luce sulla propria situazione coniugale”. Il Pontefice sottolinea di aver voluto “al centro della riforma” il vescovo diocesano, che deve “amministrare la giustizia nella Diocesi, sia come garante della vicinanza dei tribunali e della vigilanza su di essi, sia come giudice” che ha potere decisionale quando “la nullità risulta manifesta” e dunque c’è la possibilità del “processus brevior”.

Ho sollecitato l’inserimento dell’attività dei tribunali nella pastorale diocesana, incaricando i vescovi di assicurare che i fedeli siano a conoscenza dell’esistenza del processo come possibile rimedio alla situazione di bisogno in cui si trovano. Rattrista a volte venire a sapere che i fedeli ignorano l’esistenza di questa via. Inoltre, è importante “che venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa […] manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati”.

L’importanza della formazione

Nelle diocesi il vescovo deve garantire la costituzione di un tribunale con chierici e laici ben formati, “assicurandosi che svolgano il loro lavoro con giustizia e diligenza”. Quanto alla formazione, “scientifica, umana e spirituale”, per il Papa è fondamentale, investirvi porta sempre un beneficio ai fedeli, “che hanno diritto a un’attenta considerazione delle loro istanze, anche quando dovessero ricevere un riscontro negativo”.

Un momento dell'udienza

Prudenza, giustizia e carità

Della sua riforma, Francesco menziona, poi, in particolare, l’abolizione della “necessità della doppia sentenza conforme” e l’incoraggiamento “a decidere più velocemente le cause in cui la nullità risulti manifesta, mirando al bene dei fedeli e considerando di portare pace alle loro coscienze”. Ma raccomanda prudenza e giustizia nell’applicare le norme, senza dimenticare la carità.
La famiglia riflesso della comunione d’amore della Trinità

Infine il Papa fa notare che “la famiglia è riflesso vivente della comunione d’amore che è Dio Trinità” e per questo “ogni protagonista del processo si avvicina alla realtà coniugale e familiare con venerazione”.

I coniugi uniti nel matrimonio hanno ricevuto il dono dell’indissolubilità, che non è una meta da raggiungere con il loro sforzo, né tantomeno un limite alla loro libertà, ma una promessa di Dio, la cui fedeltà rende possibile quella degli esseri umani.
(fonte: Vatican News, articolo di Tiziana Campisi 31/01/2025)

***************

INAUGURAZIONE DEL 96° ANNO GIUDIZIARIO DEL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Sala Clementina
Venerdì, 31 gennaio 2025



Cari Prelati Uditori!

L’inaugurazione dell’Anno Giudiziario del Tribunale della Rota Romana mi offre l’opportunità di rinnovare l’espressione del mio apprezzamento e della mia gratitudine per il vostro lavoro. Saluto cordialmente Mons. Decano e tutti voi che prestate il vostro servizio in questo Tribunale.

Ricorre quest’anno il decimo anniversario dei due Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, con i quali ho riformato il processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio. Mi sembra opportuno cogliere questa tradizionale occasione di incontro con voi per richiamare lo spirito che ha permeato tale riforma, da voi applicata con competenza e solerzia a favore di tutti i fedeli.

La necessità di modificare le norme relative al processo di nullità era stata manifestata dai Padri sinodali riuniti nell’Assemblea straordinaria del 2014, formulando la richiesta di rendere i processi più accessibili e agili (cfr Relatio Synodi 2014, 48). I Padri sinodali esprimevano in tal modo l’impellenza di portare a termine la conversione pastorale delle strutture, già auspicata nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (cfr n. 27).

Era quanto mai opportuno che quella conversione toccasse pure l’amministrazione della giustizia, perché essa rispondesse nel modo migliore a quanti si rivolgono alla Chiesa per fare luce sulla propria situazione coniugale (cfr Discorso al Tribunale della Rota Romana, 23 gennaio 2015).

Ho voluto che al centro della riforma ci fosse il vescovo diocesano. A lui infatti spetta la responsabilità di amministrare la giustizia nella Diocesi, sia come garante della vicinanza dei tribunali e della vigilanza su di essi, sia come giudice che deve decidere personaliter nei casi in cui la nullità risulta manifesta, ossia mediante il processus brevior quale espressione della sollecitudine per la salus animarum.

Pertanto ho sollecitato l’inserimento dell’attività dei tribunali nella pastorale diocesana, incaricando i vescovi di assicurare che i fedeli siano a conoscenza dell’esistenza del processo come possibile rimedio alla situazione di bisogno in cui si trovano. Rattrista a volte venire a sapere che i fedeli ignorano l’esistenza di questa via. Inoltre, è importante «che venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa […] manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati» (Proemio, VI).

In particolare, la sollecitudine del vescovo si attua nel garantire per legge la costituzione nella propria diocesi del tribunale, dotato di persone – chierici e laici – ben formate, adatte a questa funzione; e assicurandosi che svolgano il loro lavoro con giustizia e diligenza. L’investimento nella formazione di tali operatori – formazione scientifica, umana e spirituale – va sempre a beneficio dei fedeli, che hanno diritto a un’attenta considerazione delle loro istanze, anche quando dovessero ricevere un riscontro negativo.

Ha guidato la riforma – e deve guidare la sua applicazione – la preoccupazione della salvezza delle anime (cfr Mitis Iudex, Proemio). Ci interpellano il dolore e la speranza di tanti fedeli che cercano chiarezza riguardo alla verità della loro condizione personale e, di conseguenza, riguardo alla possibilità di una piena partecipazione alla vita sacramentale. Per tanti che hanno «vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta un’importante possibilità; e queste persone vanno aiutate a percorrere il più agevolmente possibile questa strada» (Discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Rota Romana, 12 marzo 2016).

Le norme che stabiliscono le procedure devono garantire alcuni diritti e principi fondamentali, precipuamente il diritto di difesa e la presunzione di validità del matrimonio. Lo scopo del processo non è quello «di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità» (Benedetto XVI, Discorso alla Rota Romana, 28 gennaio 2006).

Mi viene in mente quanto disse San Paolo VI, dopo aver portato a termine la riforma operata col Motu Proprio Causas matrimoniales. Egli osservava «come nelle semplificazioni […] introdotte nella trattazione delle cause matrimoniali si voglia rendere tale esercizio più agevole, e perciò più pastorale, senza che ciò abbia da recare pregiudizio ai criteri di verità e di giustizia, ai quali un processo deve onestamente attenersi, nella fiducia che la responsabilità e la sapienza dei Pastori vi siano religiosamente e più direttamente impegnate» (Discorso alla Rota Romana, 30 gennaio 1975).

Anche la recente riforma ha voluto favorire «non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità, affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio» (Mitis Iudex, Proemio). Infatti, per evitare che, a causa di procedure troppo complesse, si verifichi il detto “summum ius summa iniuria” (Cicerone, De Officiis I,10,33), ho soppresso la necessità della doppia sentenza conforme e ho incoraggiato a decidere più velocemente le cause in cui la nullità risulti manifesta, mirando al bene dei fedeli e desiderando portare pace alle loro coscienze. È evidente – ma ci tengo a ribadirlo in questa sede – che la riforma interpella in modo forte la vostra prudenza nell’applicare le norme. E questo «richiede due grandi virtù: la prudenza e la giustizia, che devono essere informate dalla carità. C’è un’intima connessione tra prudenza e giustizia, poiché l’esercizio della prudentia iuris mira alla conoscenza di ciò che è giusto nel caso concreto» (Discorso alla Rota Romana, 25 gennaio 2024).

Ogni protagonista del processo si avvicina alla realtà coniugale e familiare con venerazione, perché la famiglia è riflesso vivente della comunione d’amore che è Dio Trinità (cfr Amoris laetitia, 11). Inoltre, i coniugi uniti nel matrimonio hanno ricevuto il dono dell’indissolubilità, che non è una meta da raggiungere con il loro sforzo, né tantomeno un limite alla loro libertà, ma una promessa di Dio, la cui fedeltà rende possibile quella degli esseri umani. Il vostro lavoro di discernimento sull’esistenza o meno di un valido matrimonio è un servizio alla salus animarum, in quanto permette ai fedeli di conoscere e accettare la verità della propria realtà personale. Infatti, «ogni sentenza giusta di validità o nullità del matrimonio è un apporto alla cultura dell’indissolubilità sia nella Chiesa che nel mondo» (S. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 29 gennaio 2002).

Cari fratelli, la Chiesa vi affida un compito di grande responsabilità, ma prima ancora di grande bellezza: aiutare a purificare e ripristinare le relazioni interpersonali. Il contesto giubilare in cui ci troviamo riempie di speranza il vostro lavoro, della speranza che non delude (cfr Rm 5,5). Invoco su tutti voi, peregrinantes in spem, la grazia di una gioiosa conversione e la luce per accompagnare i fedeli verso Cristo, che è il Giudice mite e misericordioso. Vi benedico di cuore, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!






***************


Il cardinale segretario di Stato ha celebrato a San Pietro la Messa con i membri del Tribunale della Rota Romana, in occasione della inaugurazione dell’Anno Giudiziario: serve una “pazienza/ compassione”, che “nasce dalla consapevolezza che quello giudiziario, nella Chiesa, è un ministero di verità, un servizio prestato alle anime in vista di un bene superiore"

***************


Un «lembo del mantello» della Chiesa, dal cui tocco, mediante l’amministrazione della giustizia, le persone ferite possano trovare pace. Così l’arcivescovo decano del Tribunale della Rota Romana, Alejandro Arellano Cedillo, ha definito il ruolo del tribunale apostolico nel saluto rivolto a Papa Francesco durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario.


#Io e gli altri di Gianfranco Ravasi

#Io e gli altri 
di Gianfranco Ravasi



La maggior parte delle persone non è in grado di parlare di nulla se non parla di sé o comunque della cerchia di cui è il centro.

Si intitola la Parrocchia di Framley ed è ambientata in una contea immaginaria dell’Inghilterra, il Barsetshire, in epoca vittoriana. Siamo nel 1861 quando viene pubblicato questo romanzo: l’autore è lo scrittore londinese Anthony Trollope e quella che propone nei suoi libri è una “commedia umana” senza grandi eroi ed eventi clamorosi, alla maniera del suo collega e contemporaneo più famoso, il francese Honoré de Balzac. Dalla vicenda che si svolge in quella parrocchia abbiamo tratto una sorta di lezione morale valida sempre, forse ancor più oggi, dominati come siamo dalla società dell’apparire, dello spettacolo, dell’autoreferenzialità. La televisione e i social sono l’ideale palcoscenico per parlare di sé in un vaniloquio che non teme di denudare (non solo fisicamente) le parti più intime e vergognose della propria persona.

Aveva un bel dire Carlo Emilio Gadda quando esclamava nella Cognizione del dolore (1963): «L’io, io!… Il più lurido di tutti i pronomi». La verità la rappresentava già nel 1965 anche il regista Alessandro Blasetti, a partire dal titolo emblematico del suo film, Io, Io, Io…e gli altri. Dobbiamo confessare che la deriva è spontanea e un po’ tutti ci lasciamo trascinare da quel parlare di sé e di coloro che appartengono alla nostra cerchia, prona a darci sempre ragione. L’Io coccolato, massaggiato, incensato lascia alla fine ben poco spazio agli altri e alle loro idee. Inoltre, in molti casi di scena non è tanto lo scontato orgoglio, l’egoismo o l’egocentrismo, ma anche una povertà di pensieri, di interessi, di conoscenza. Eppure sarebbe così suggestivo ascoltare e guardare la varietà dell’umanità che ci circonda; sarebbe anche una sana demitizzazione del nostro essere saccenti e superbi, incapaci di accorgerci che siamo forse solo monocordi e noiosi.

(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” -  26 gennaio 2025)

giovedì 30 gennaio 2025

SPERARE NEL SIGNORE PER ABITARE CON FEDE E PASSIONE QUESTA TERRA (SAL 37,9). - MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2025 DAL 5 FEBBRAIO AL 2 APRILE (ANCHE ONLINE)

Fraternità Carmelitana
 di Barcellona P.G. (ME)

Mercoledì della Bibbia - 2025

Di presenza nella sala del convento e online

dal 5 Febbraio al 2 Aprile

dalle h. 20.00 alle h. 21.00


Sperare nel Signore
per abitare con fede
 e passione questa terra

(Sal 37,9)




Mercoledì 5 Febbraio
«Quanti sperano nel Signore mettono ali come aquile» (Is 40,31). (Egidio Palumbo)


Mercoledì 12 Febbraio
La speranza del mondo salvata e custodita dall’arca di Noè (Gen 6,7; Sap 14,6). (Carmelo Russo)


Mercoledì 19 Febbraio
Abramo sperò contro ogni speranza (Rm 4,18). (Alberto Neglia)


Mercoledì 26 Febbraio
Il “piccolo resto” di Israele, seme di speranza (Is 4,2-3; Sof 3,12-13). (Carmelo Raspa)


Mercoledì 12 Marzo
Gesù Cristo nostra speranza di pace (1Tm 1,1; Ef 2,14). (Gregorio Battaglia)


Mercoledì 19 Marzo
«La carità tutto spera» (1Cor 13,7). (Roberto Toni)


Mercoledì 26 Marzo
Rendere ragione oggi della speranza che è in noi (1Pt 3,15). (Felice Scalia)


Mercoledì 2 Aprile
Il cammino umano e di fede di Ester, donna di speranza (Est 4,17z; 10,3c). (Maria Teresa Murgano)



Per la diretta online cliccare su:

Tramite ZOOM
https://us02web.zoom.us/j/82795163653?pwd=37XK54dKjPPGnvrXIs3CT6i4CtFape.1

oppure:

Tramite YOUTUBE
https://m.youtube.com/user/QdV100/live 


Per informazioni: Chiesa del Carmine – Tel. 0909762800

Papa Francesco «Sorelle, fratelli chiediamo anche noi al Signore la grazia di ascoltare più di quanto parliamo, la grazia di sognare i sogni di Dio» Udienza 29/01/2025 (foto, testo e video)

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 29 gennaio 2025




Papa Francesco nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI sul tema scelto per tutto l’anno giubilare, “Gesù nostra speranza”, si è soffermato sulla figura dello sposo di Maria, così come è descritta nel Vangelo di Matteo.




_______________________________________


Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.

Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. 3. «Lo chiamerai Gesù» (Mt 1,21). L’annuncio a Giuseppe


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Continuiamo oggi a contemplare Gesù nel mistero delle sue origini raccontato dai Vangeli dell’infanzia.

Se Luca ci permette di farlo nella prospettiva della madre, la Vergine Maria, invece Matteo si pone nella prospettiva di Giuseppe, l’uomo che assume la paternità legale di Gesù, innestandolo sul tronco di Iesse e collegandolo alla promessa fatta a Davide.

Gesù, infatti, è la speranza di Israele che si compie: è il discendente promesso a Davide (cfr 2Sam 7,12; 1Cr 17,11), che rende la sua casa «benedetta per sempre» (2Sam 7,29); è il germoglio che spunta dal tronco di Iesse (cfr Is 11,1), il «germoglio giusto» destinato a regnare da vero re, che sa esercitare il diritto e la giustizia (cfr Ger 23,5; 33,15).

Giuseppe entra in scena nel Vangelo di Matteo come il fidanzato di Maria. Per gli ebrei il fidanzamento era un vero e proprio legame giuridico, che preparava a ciò che sarebbe accaduto circa un anno dopo, cioè la celebrazione del matrimonio. Era allora che la donna passava dalla custodia del padre a quella del marito, trasferendosi in casa con lui e rendendosi disponibile al dono della maternità.

È proprio in questo lasso di tempo che Giuseppe scopre la gravidanza di Maria e il suo amore viene messo duramente alla prova. Di fronte a una situazione simile, che avrebbe comportato la rottura del fidanzamento, la Legge suggeriva due soluzioni possibili: o un atto giuridico di carattere pubblico, come la convocazione della donna in tribunale, oppure un’azione privata come quella della consegna alla donna di una lettera di ripudio.

Matteo definisce Giuseppe come un uomo «giusto» (zaddiq), un uomo che vive della Legge del Signore, che da essa trae ispirazione in ogni occasione della sua vita. Seguendo pertanto la Parola di Dio, Giuseppe agisce ponderatamente: non si lascia sopraffare da sentimenti istintivi e dal timore di accogliere con sé Maria, ma preferisce farsi guidare dalla sapienza divina. Sceglie di separarsi da Maria senza clamori, privatamente (cfr Mt 1,19). E questa è la saggezza di Giuseppe che gli permette di non sbagliarsi e di rendersi aperto e docile alla voce del Signore.

In tal modo Giuseppe di Nazaret richiama alla memoria un altro Giuseppe, figlio di Giacobbe, soprannominato «signore dei sogni» (cfr Gen 37,19), tanto amato dal padre e tanto odiato dai fratelli, che Dio innalzò facendolo sedere alla corte del Faraone.

Ora, che cosa sogna Giuseppe di Nazaret? Sogna il miracolo che Dio compie nella vita di Maria, e anche il miracolo che compie nella sua stessa vita: assumere una paternità capace di custodire, di proteggere e di trasmettere un’eredità materiale e spirituale. Il grembo della sua sposa è gravido della promessa di Dio, promessa che porta un nome nel quale è data a tutti la certezza della salvezza (cfr At 4,12).

Nel sonno Giuseppe sente queste parole: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21). Di fronte a questa rivelazione, Giuseppe non chiede prove ulteriori, si fida. Giuseppe si fida di Dio, accetta il sogno di Dio sulla sua vita e su quella della sua promessa sposa. Così entra nella grazia di chi sa vivere la promessa divina con fede, speranza e amore.

Giuseppe, in tutto questo, non proferisce parola, ma crede, spera e ama. Non si esprime con “parole al vento”, ma con fatti concreti. Egli appartiene alla stirpe di quelli che l’apostolo Giacomo chiama quelli che «mettono in pratica la Parola» (cfr Gc 1,22), traducendola in fatti, in carne, in vita. Giuseppe si fida di Dio e obbedisce: «Il suo essere interiormente vigilante per Dio … diventa spontaneamente obbedienza» (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Milano-Città del Vaticano 2012, 57).

Sorelle, fratelli chiediamo anche noi al Signore la grazia di ascoltare più di quanto parliamo, la grazia di sognare i sogni di Dio e di accogliere con responsabilità il Cristo che, dal momento del nostro battesimo, vive e cresce nella nostra vita. Grazie!

Guarda il video della catechesi

____________________________

Saluti

...

_____________________________________

APPELLO

Esprimo la mia preoccupazione per l’aggravarsi della situazione securitaria nella Repubblica Democratica del Congo. Esorto tutte le parti in conflitto ad impegnarsi per la cessazione delle ostilità e per la salvaguardia della popolazione civile di Goma e delle altre zone interessate dalle operazioni militari. Seguo con apprensione anche quanto accade nella Capitale, Kinshasa, auspicando che cessi quanto prima ogni forma di violenza contro le persone e i loro beni. Mentre prego per il pronto ristabilimento della pace e della sicurezza, invito le Autorità locali e la Comunità internazionale al massimo impegno per risolvere con mezzi pacifici la situazione di conflitto.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare ...

E non dimentichiamo di pregare per la pace: Palestina, Israele, Myanmar e tanti Paesi che sono in guerra. La guerra sempre è una sconfitta! Preghiamo per la pace.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. Ricorre dopodomani la memoria liturgica di san Giovanni Bosco, sacerdote ed educatore. Guardate a lui come a un maestro di vita e apprendete dalla sua esperienza spirituale a confidare in ogni circostanza in Dio, Padre misericordioso.

A tutti la mia benedizione!


Guarda il video integrale


















mercoledì 29 gennaio 2025

DAL MESSICO SUL MURO - via rete, un messaggio per Donald Trump e Co.

DAL MESSICO SUL MURO
via rete, un messaggio per Donald Trump e Co.
(traduzione dallo spagnolo)


"Quindi hanno votato per costruire un muro... bene, miei cari nordamericani, anche se non capite molto di geografia, dato che per voi l'America è il vostro paese e non un continente, è importante che prima di mettere i primi mattoni, sappiate cosa state lasciando fuori da quel muro.
Fuori ci sono 7 miliardi di persone; ma poiché per voi non suona molto bene parlare di persone, le chiameremo consumatori.
Ci sono 7 miliardi di consumatori pronti a sostituire l'iPhone con il Samsung o l'Huawei in meno di 42 ore.
Inoltre, possono sostituire i Levi's con Zara o Massimo Dutti.
Tranquillamente, in meno di sei mesi, possiamo smettere di comprare veicoli Ford o Chevrolet e sostituirli con un Toyota, KIA, Mazda, Honda, Hyundai, Volvo, Subaru, Renault o BMW, che tecnicamente superano di gran lunga le auto che voi producete.
Questi 7 miliardi possono anche smettere di abbonarsi a Direct TV e, anche se non ci piacerebbe, possiamo smettere di guardare film di Hollywood e iniziare a vedere più produzioni latinoamericane o europee che hanno una qualità, un messaggio, tecniche cinematografiche e contenuti superiori.
Anche se vi sembra incredibile, possiamo smettere di andare a Disney e visitare il parco Xcaret a Cancún, in Messico, in Canada o in Europa: ci sono altre eccellenti destinazioni in Sud America, Oriente ed Europa.
E anche se non ci credete, ci sono hamburger in Messico migliori di quelli di McDonald's e con un contenuto nutrizionale migliore.
Qualcuno ha visto qualche piramide negli Stati Uniti? In Egitto, Messico, Perù, Guatemala, Sudan e altri paesi ci sono piramidi con culture incredibili.
Cercate dove si trovano le meraviglie del mondo antico e moderno...
Nessuna si trova negli Stati Uniti... che peccato per Trump, avrebbe potuto comprarle e rivenderle!
Sappiamo che esiste Adidas e non solo Nike e possiamo iniziare a consumare scarpe da ginnastica messicane come le Panam.
Sappiamo molto più di quanto pensiate.
Sappiamo, ad esempio, che se questi 7 miliardi di consumatori non comprano i vostri prodotti, ci sarà disoccupazione e la vostra economia (dentro il muro razzista) collasserà al punto che ci pregherete di abbattere il fatidico muro.
Non lo volevamo, ma... volevate un muro, e ora avrete un muro.
Cordialmente, 
Il resto del mondo.

P.S.: Per favore, condividi questo post. Se non lo fai, non succederà nulla; solo molte persone non si renderanno conto di questa realtà e del potere che hanno per cambiarla".


Remigrazione di Tonio Dell'olio

Remigrazione 
di Tonio Dell'olio




Le parole talvolta segnano la temperatura del mondo, sono il termometro che indica lo stato di salute della democrazia, delle relazioni, della fraternità. Indicano la direzione che stiamo prendendo.

Talvolta suonano come un allarme sociale o antropologico. Bisogna stare attenti alle parole, prendersene cura. Scrive Valeria Della Valle, condirettrice del Dizionario dell'Italiano Treccani: "Che cosa determina la diffusione di nuove parole? A volte la necessità, a volte la moda. I neologismi possono nascere perché non esiste il termine per indicare un fenomeno sociale, ("femminicidio") o geologico ("Antropocene"), uno scandalo ("tangentopoli") o un particolare genere di film ("cinepanettone"). L'affermazione e la diffusione delle nuove parole dipendono da molti fattori non prevedibili, e solo col tempo si può sapere se un termine è davvero entrato nell'uso dei parlanti o se si è trattato di un'apparizione effimera nell'universo linguistico di una lingua. Ad affacciarsi alla ribalta lessicale è ora la parola "remigrazione"". Le parole, quindi, non sono mai neutrali. Quando si dice remigrazione si dice lacrime di sogni ridotti a coriandoli, del vetro della speranza mandato in frantumi, della vita calpestata dalla miopia dell'egoismo di pochi. E allora che venga bandita dai vocabolari dell'anima questa deportazione forzata di esseri umani. Perché, al netto di edulcorazioni lessicali, di questo si tratta.

(Fonte: Mosaico dei giorni del 28 gennaio 2025)