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venerdì 20 settembre 2024

Infanticidio di Parma: «Dal primo giorno di vita insegniamo ai nostri figli che di fronte ai problemi non bisogna scappare»

Infanticidio di Parma: «Dal primo giorno di vita insegniamo ai nostri figli che di fronte ai problemi non bisogna scappare»

La psicopedagogista Barbara Tamborini si rivolge ai genitori commentando il doppio infanticidio di Traversetolo. «Usiamo tutte le parole che abbiamo per parlare a chi sta crescendo della vita e della morte, del bene e del male» 


Le cronache ci raccontano sempre più spesso di persone che compiono azioni inimmaginabili che ci lasciano senza parole: la famiglia sterminata a Paderno Dugnano, l’omicidio di Sharon Verzeni e ora il doppio infanticidio a Parma. A essere senza parole non siamo solo noi che ascoltiamo dai media queste notizie, lo sono anche le persone prossime ai diretti protagonisti. Lo sono i vicini di casa, i fidanzati, i genitori, gli amici delle vittime e dei loro aggressori.

Una ragazza di 22 anni partorisce senza che nessuno per nove mesi si accorga della sua gravidanza. Non se ne accorgono i genitori e neppure il fidanzato. Non ne sanno niente le amiche, riesce a tenere il suo corpo in una condizione tale da non rivelare la presenza di un feto che cresce fino al termine della gravidanza, momento in cui, la madre lo fa nascere presumibilmente da sola. Dall’autopsia emerge che il neonato abbia respirato e poi sia morto poco dopo per cause ancora da definire. Lei lo seppellisce in un campo senza dire niente a nessuno, neppure al fidanzato che poi è risultato essere il padre biologico del neonato. Notizia di ieri è che nello stesso campo è stato rinvenuto un altro neonato, sepolto lì da circa un anno. I sospetti ricadono ancora sulla studentessa e le indagini ne stanno accertando le implicazioni. Ecco un nuovo rompicapo: come può una ragazza di ventidue anni fare tutto questo e nello stesso tempo condurre una vita apparentemente normale? Come può essere così labile il confine tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare? Come è possibile che una brava studentessa seppellisca un neonato e poi vada in vacanza? Come è possibile che la voce della coscienza si possa così zittire?

L’iper connessione nella quale siamo immersi ci fa vedere su maxi schermo ogni dettaglio di questi eventi drammatici e non ci è possibile voltare lo sguardo. Spesso però i media si limitano a parlare alla “pancia” degli spettatori. Le dirette e gli approfondimenti amplificano le paure e le narrazione minuto per minuto tengono col fiato sospeso. Restiamo sconvolti di fronte allo scorrere delle immagini di queste tragedie in attesa di nuovi dettagli fino a che i fari si spengono e ciascuno fa di quel dolore quel che vuole.

Come adulto m’interrogo su cosa possiamo fare di fronte a questo assottigliamento tra bene e male. Come orientare al bene chi sta crescendo? Dobbiamo essere disponibili a parlare della vita così come della morte. Noi adulti abbiamo il dovere di insegnare ai bambini con le parole e con l’esempio che ogni problema può essere affrontato. La bellezza si mischia di continuo con l’ingiustizia, il dolore e la fatica. Chi sta crescendo deve poter avere vicino adulti coraggiosi. Non adulti perfetti, ma adulti che in quanto tali provano ad educare, a cercare le parole di fronte all’indicibile. Dal primo giorno di vita dobbiamo insegnare ai nostri figli che di fronte ai problemi non bisogna scappare. A volte siamo senza parole, siamo sconvolti eppure restiamo lì e ci proviamo, un passo, una parola, un gesto per costruire significati che danno senso alle cose, che permettono di andare oltre. Quante volte di fronte a un lutto o alla notizia di una malattia come adulti siamo tentati di mettere in protezione i nostri figli e di tenerli lontani da quel “male” che non vorremmo? Eppure dentro a quel territorio si costruisce la forza di essere gli adulti di domani. Chi cresce ha bisogno di tante parole per capire, di guardare il bello e il brutto, di fare domande, di stare sulle cose. E questo avviene guardandosi negli occhi, tenendosi vicini.

Se faremo tutto questo, ogni giorno, forse non cambierà nulla rispetto alle notizie di cronaca che ci sconvolgono. Eppure vale la pena farlo. Vale la pena educare all’umano, come magari hanno provato a fare i genitori di Riccardo o di Chiara. L’inspiegabile accadrà sempre e di fronte ad esso resteremo senza parole, come è giusto che sia. Ma non fermiamoci lì. Usiamo tutte le parole che possiamo per parlare a chi sta crescendo della vita e della morte, del bene e del male.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Barbara Tamborini 18/09/2024)


Enzo Bianchi La ricchezza delle differenze

Enzo Bianchi
La ricchezza delle differenze


La Repubblica - 16 settembre 2024

Papa Francesco sa che è compito della chiesa, dunque innanzitutto suo, portare ovunque l’eu-anghélion, la buona notizia, anche “alle isole più lontane che sono in attesa di una buona speranza”.

Dopo più di dieci anni di pontificato comprendiamo qual è il compito principale che questo papa si è dato: evangelizzare Dio, cioè rendere Dio una buona notizia per i popoli che credono in lui ma sono tentati di venerarlo come un “Dio con noi” e “contro gli altri”, come un Dio che conduce alla guerra e addirittura ispira il terrorismo. Tentazione da cui non sono esenti neppure i cristiani: basta leggere quello che accade in Ucraina tra gli ortodossi, vissuti finora in pace, e tra ortodossi e greco-cattolici sempre pronti ad avanzare pretese. L’opera di Francesco ha questa ampiezza di orizzonti che non sempre i cattolici delle nostre province ecclesiastiche, che vogliono essere il centro del cattolicesimo, riescono a comprendere.

Quest’uomo – che a 87 anni mostra un coraggio, un vigore, una tenacia e una convinzione che non possiamo non chiamare fede – ha terminato un lungo e faticoso viaggio alle periferie del mondo: isole lontane, l’Indonesia dove vive il più numeroso popolo musulmano. Si è spinto fino a quelle terre per fare un’alleanza di pace che ha firmato con il Grande imam Nasaruddin Umar, della moschea di Istiqlal a Giacarta: ci sia armonia religiosa, pace tra le religioni per il bene di tutta l’umanità. Sì, nella visione di Papa Francesco l’orizzonte è l’umanità intera, non soltanto la chiesa!

Il Papa in questo viaggio non ha parlato di Cristo alle genti in modo esplicito, ma ogni volta che ha annunciato giustizia, pace, riconciliazione e perdono, egli non ha fatto che ripetere, senza mai nominarlo, il messaggio di Cristo suo Signore. D’altronde nella lettera Fratelli tutti già indicava e chiedeva una fraternità che non si limitasse ai cristiani (tale era la visione tradizionale della chiesa), ma a tutti, a tutti! E proprio per questo la prima qualità della chiesa è di essere casa, luogo di accoglienza, non per aumentare i convertiti, ma per offrire un’umanità rappacificata a quel Signore Dio nel quale alcuni credono. E il Papa ha insistito ancora una volta sulla sapienza multicolorata di Dio che vuole non l’uniformità ma la differenza delle culture, ha ripetuto che le differenze sono una ricchezza, anzi il vero tesoro per l’Indonesia, ma non devono diventare motivo di conflitto! Per questo ha inserito nel suo discorso una riflessione sul tunnel che collega a Jakarta la moschea Istiqlal, la più grande del sud-est asiatico, e la cattedrale cattolica, l’una di fronte all’altra: “È il ‘Tunnel dell’amicizia’, luogo di dialogo e di incontro! Per questo non c’è buio ma luce, perché illuminato dall’amicizia e dalla concordia di quei cittadini che incrociano altri cittadini di diversa confessione e credenza e si inchinano con amicizia”.

Le notizie che ci sono arrivate attraverso i media sono state scarse, non hanno dato molto rilievo e quello che il Papa ha fatto lo ha fatto veramente lontano, alle estreme periferie del mondo. Ma diciamo la verità: questa azione pastorale di Francesco disturba, è poco sentita ed è anche contestata da chi gli ricorda che suo compito è la predicazione del Vangelo fatta sì in modo aperto, ma senza l’ossessione del dialogo. E questo, come abbiamo sempre scritto, significherà un rifiuto perché il Vangelo scandalizza e per ora guai a chi evangelizza Dio! Gesù è già stato condannato per aver fatto tale operazione. E sarà così ancora e sempre...
(fonte: blog dell'autore)

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giovedì 19 settembre 2024

Il cuore del Pastore e la fede del popolo

Editoriale di Andrea Tornielli

Il cuore del Pastore e la fede del popolo

Il nulla osta per Medjugorje è stato possibile grazie al riconoscimento dei frutti positivi dell’esperienza spirituale vissuta in quel luogo e all’approccio pastorale del Papa

Folla di pellegrini al Santuario di Medjugorje 

Il via libera ufficiale alla devozione e all’esperienza spirituale che ha avuto inizio a Medjugorje nel giugno 1981, quando sei ragazzi hanno raccontato di aver visto la Madonna, è stato possibile grazie agli abbondanti frutti positivi constatati in questa parrocchia visitata ogni anno da più di un milione di persone e in tutto il mondo: pellegrinaggi, conversioni, ritorno ai sacramenti, matrimoni in crisi che si ricostruiscono. È a questi elementi che ha sempre guardato Papa Francesco, fin quando era vescovo in Argentina: la pietà popolare che muove tante persone verso i santuari va accompagnata, corretta quando è necessario, ma non soffocata. Nel giudicare i presunti fenomeni soprannaturali bisogna sempre prestare attenzione proprio ai frutti spirituali. Corrisponde a questo sguardo del Successore di Pietro l’aver sganciato, grazie alle nuove norme pubblicate lo scorso maggio, il giudizio della Chiesa dalla più impegnativa dichiarazione di soprannaturalità. Quest’ultima potrà ancora esserci, ma non bisogna più attenderla per autorizzare culto, devozioni e pellegrinaggi, se non vi sono inganni o interessi nascosti, se i messaggi sono ortodossi e soprattutto si riscontrano tante esperienze positive.

Grazie al cuore di pastore di Francesco avviene dunque il pronunciamento su una delle apparizioni mariane più conosciute e più contrastate dell’ultimo secolo. Una decisione che non giunge a sorpresa. Già lo scorso maggio il cardinale Fernández, rispondendo a una domanda su Medjugorje, aveva detto: «Con queste norme pensiamo che sarà più facile andare avanti e arrivare a una conclusione». E non si tratta di un approccio inedito, come attestano le parole usate dall’allora cardinale Ratzinger nel libro intervista “Rapporto sulla fede”: «Uno dei nostri criteri è separare l’aspetto della vera o presunta “soprannaturalità” dell’apparizione da quello dei suoi frutti spirituali. I pellegrinaggi della cristianità antica si dirigevano verso luoghi a proposito dei quali il nostro spirito critico di moderni sarebbe talvolta perplesso quanto alla “verità scientifica” della tradizione che vi è legata. Ciò non toglie che quei pellegrinaggi fossero fruttuosi, benefici, importanti per la vita del popolo cristiano. Il problema non è tanto quello della ipercritica moderna (che finisce poi, tra l’altro, in una forma di nuova credulità) ma è quello della valutazione della vitalità e dell’ortodossia della vita religiosa che si sviluppa attorno a questi luoghi». Proprio Benedetto XVI, nel 2010, aveva affidato a una commissione guidata dal cardinale Ruini lo studio del fenomeno, e l’esito era stato favorevole.

La Nota intitolata “Regina della Pace” riconosce dunque la bontà dei frutti, presenta un giudizio complessivamente positivo dei tantissimi messaggi legati a Medjugorje che nel corso di questi anni sono stati divulgati, correggendo alcuni testi problematici e alcune interpretazioni che possono aver risentito dell’influenza soggettiva dei veggenti. A proposito degli ex ragazzi protagonisti del fenomeno, negli anni oggetto di controversie e anche di accuse, il documento chiarisce fin dalle prime righe che il nulla osta non implica un giudizio sulla loro vita morale e che in ogni caso i doni spirituali «non esigono necessariamente la perfezione morale delle persone coinvolte per poter agire». Al tempo stesso, proprio il fatto che sia stato concesso il nulla osta, sta a significare che non sono stati rilevati aspetti particolarmente critici o rischiosi, né tantomeno menzogne, falsificazioni o mitomanie.

La Nota del Dicastero valorizza i due nuclei centrali del messaggio di Medjugorje: quello della conversione e del ritorno a Dio e quello della pace. Quando il fenomeno ha avuto inizio e Maria si è presentata come “Regina della Pace”, nessuno poteva immaginare che proprio quelle terre sarebbero state teatro di cruenti scontri. Chi scrive è rimasto profondamente colpito, partecipando a un pellegrinaggio, dalle testimonianze degli amici e concittadini dei veggenti: persone che non erano in alcun modo implicate nelle apparizioni o nei messaggi, le quali, di fronte alle crudeltà della guerra che in quelle terre era stata combattuta anche tra vicini di casa, avevano saputo perdonare. E grazie alla loro esperienza di fede legata alle apparizioni di Medjugorje si erano riconciliati anche con chi si era macchiato di gravi violenze ai danni dei loro parenti. Un aspetto ben più “miracoloso” di tanti altri fenomeni di cui si parla attorno ai luoghi delle apparizioni.

L’autentico messaggio di Medjugorje, in fondo, sta in quei messaggi nei quali la Madonna relativizza se stessa e invita a non andar dietro ai falsi profeti, a non cercare con curiosità notizie su “segreti” e previsioni apocalittiche, come si evince da un messaggio del novembre 1982: «Non andate in cerca di cose straordinarie, ma piuttosto prendete il Vangelo, leggetelo e tutto vi sarà chiaro».
(fonte: Vatican News 19/09/2024)

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Leggi anche:


Papa Francesco «Ringrazio il Signore, che mi ha concesso di fare da vecchio Papa quello che avrei voluto fare da giovane gesuita, perché io volevo andare in missione lì!» Udienza Generale 18/09/2024 (foto, testo e video)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 18 settembre 2024


Papa Francesco ha cominciato l’udienza di oggi con quello che ormai è diventato una sorta di rito: far salire sulla jeep bianca scoperta dei bambini, in questo caso cinque – quattro femminucce e un maschietto – come ospiti privilegiati del consueto giro tra i vari settori di piazza San Pietro, prima della catechesi. Molto nutrita la folla di fedeli che si è accalcata lungo le transenne per guadagnarsi le postazioni migliori per le immancabili foto e selfi. Lungo il tragitto tra i vari settori delimitato dal colonnato del Bernini, aiutato dai solerti uomini della Gendarmeria vaticana, il Papa – apparso sorridente e rilassato, dopo il suo lungo viaggio in Asia e Oceania – ha baciato e accarezzato molti bambini, la maggior parte dei quali piccolissimi. Una sosta speciale della papamobile è stata dedicata ad una coppia che festeggiava 50 anni di matrimonio, resa riconoscibile al Santo Padre da un apposito cartello scritto a mano, in nero su fondo bianco. Non è mancato neanche lo scambio dello zucchetto con alcuni fedeli.
“Oggi vorrei vorrei presentarvi due suicidi: questi due si sposeranno sabato prossimo!”. Il Papa ha cominciato la catechesi dell’udienza di oggi scherzando, a braccio, sul matrimonio, e chiamando accanto a lui sul palco due giovani che avevano letto, lui in spagnolo lei in polacco, le letture che introducono la catechesi del mercoledì. “È bello vedere quando l’amore ci porta avanti per fare una nuova famiglia”, ha proseguito Francesco sempre fuori testo, chiedendo “un applauso” per loro: “Per questo ho voluto presentare questi due, per ringraziare il Signore”. Poi l’annuncio del tema della catechesi, il recente viaggio in Asia e Oceania. 


 









 

 

 








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Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.

Catechesi. Il viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Est e Singapore


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi parlerò del viaggio apostolico che ho compiuto in Asia e Oceania. Si chiama viaggio apostolico perché non è un viaggio di turismo, è un viaggio per portare la Parola del Signore, per far conoscere il Signore, anche per conoscere l’anima dei popoli. E questo è molto bello.

È stato Paolo VI, nel 1970, il primo Papa a volare incontro al sole nascente, visitando a lungo Filippine e Australia ma sostando anche in diversi Paesi asiatici e nelle Isole Samoa. E quello è stato un viaggio memorabile. Perché il primo a uscire dal Vaticano è stato San Giovanni XXIII che è andato in treno ad Assisi; poi San Paolo VI ha fatto questo: un viaggio memorabile! Anche in questo ho cercato di seguire il suo esempio, ma, con addosso qualche anno più di lui, mi sono limitato a quattro Paesi: Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Orientale e Singapore. Ringrazio il Signore, che mi ha concesso di fare da vecchio Papa quello che avrei voluto fare da giovane gesuita, perché io volevo andare in missione lì!

Una prima riflessione che viene spontanea dopo questo viaggio è che nel pensare alla Chiesa siamo ancora troppo eurocentrici, o, come si dice, “occidentali”. Ma in realtà, la Chiesa è molto più grande, molto più grande di Roma e dell’Europa, molto più grande, e – mi permetto di dire – molto più viva, in quei Paesi. L’ho sperimentato in maniera emozionante incontrando quelle Comunità, ascoltando le testimonianze di preti, suore, laici, specialmente catechisti – i catechisti sono coloro che portano avanti l’evangelizzazione –. Chiese che non fanno proselitismo, ma che crescono per “attrazione”, come diceva saggiamente Benedetto XVI.

In Indonesia, i cristiani sono circa il 10%, e i cattolici il 3%, una minoranza. Ma quella che ho incontrato è una Chiesa vivace, dinamica, capace di vivere e trasmettere il Vangelo in quel Paese che ha una cultura molto nobile, portata ad armonizzare le diversità, e nello stesso tempo conta la più numerosa presenza di musulmani al mondo. In quel contesto, ho avuto conferma di come la compassione sia la strada su cui i cristiani possono e devono camminare per testimoniare Cristo Salvatore e nello stesso tempo incontrare le grandi tradizioni religiose e culturali. Riguardo alla compassione, non dimentichiamo le tre caratteristiche del Signore: vicinanza, misericordia e compassione. Dio è vicino, Dio è misericordioso e Dio è compassionevole. Se un cristiano non ha compassione, non serve a niente. “Fede, fraternità, compassione” è stato il motto della visita in Indonesia: su queste parole il Vangelo entra ogni giorno, nel concreto, nella vita di quel popolo, accogliendola e donandole la grazia di Gesù morto e risorto. Queste parole sono come un ponte, come il sottopassaggio che collega la Cattedrale di Giacarta alla più grande Moschea dell’Asia. Lì ho visto che la fraternità è il futuro, è la risposta all’anti-civiltà, alle trame diaboliche dell’odio e della guerra, anche del settarismo. C’è la fratellanza, la fraternità.

La bellezza di una Chiesa missionaria, in uscita, l’ho ritrovata in Papua Nuova Guinea, arcipelago proteso verso l’immensità dell’Oceano Pacifico. Là i diversi gruppi etnici parlano più di ottocento lingue: un ambiente ideale per lo Spirito Santo, che ama far risuonare il messaggio dell’Amore nella sin-fonia dei linguaggi. Non è uniformità, quello che fa lo Spirito Santo, è sinfonia, è armonia, Lui è il “patrono”, è il capo dell’armonia. Là, in modo particolare, i protagonisti sono stati e sono tuttora i missionari e i catechisti. Mi ha rallegrato il cuore poter stare un po’ con i missionari e i catechisti di oggi; e mi ha commosso ascoltare i canti e le musiche dei giovani: in loro ho visto un nuovo futuro, senza violenze tribali, senza dipendenze, senza colonialismi ideologici ed economici; un futuro di fraternità e di cura del meraviglioso ambiente naturale. Papua Nuova Guinea può essere un “laboratorio” di questo modello di sviluppo integrale, animato dal “lievito” del Vangelo. Perché non c’è nuova umanità senza uomini nuovi e donne nuove, e questi li fa solo il Signore. E vorrei anche menzionare la mia visita a Vanimo, dove i missionari sono tra la foresta e il mare. Entrano nella foresta per andare a cercare le tribù più nascoste… Un bel ricordo, questo.

La forza di promozione umana e sociale del messaggio cristiano risalta in modo particolare nella storia di Timor Orientale. Lì la Chiesa ha condiviso con tutto il popolo il processo di indipendenza, orientandolo sempre alla pace e alla riconciliazione. Non si tratta di una ideologizzazione della fede, no, è la fede che si fa cultura e nello stesso tempo la illumina, la purifica, la eleva. Per questo ho rilanciato il rapporto fecondo tra fede e cultura, su cui già aveva puntato nella sua visita San Giovanni Paolo II. La fede va inculturata e le culture vanno evangelizzate. Fede e cultura. Ma soprattutto io sono stato colpito dalla bellezza di quel popolo: un popolo provato ma gioioso, un popolo saggio nella sofferenza. Un popolo che non solo genera tanti bambini –c’era un mare di bambini, tanti! –, ma insegna loro a sorridere. Non dimenticherò mai il sorriso dei bambini di quella patria, di quella regione. Sorridono sempre i bambini lì, e ce ne sono tanti. Insegna loro a sorridere, quel popolo, e questo è garanzia di futuro. Insomma, a Timor Orientale ho visto la giovinezza della Chiesa: famiglie, bambini, giovani, tanti seminaristi e aspiranti alla vita consacrata. Vorrei dire, senza esagerare, ho respirato “aria di primavera”!

Ultima tappa di questo viaggio è stata Singapore. Un Paese molto diverso dagli altri tre: una città-Stato, modernissima, polo economico e finanziario dell’Asia e non solo. Lì i cristiani sono una minoranza, ma formano comunque una Chiesa viva, impegnata a generare armonia e fraternità tra le diverse etnie, culture e religioni. Anche nella ricca Singapore ci sono i “piccoli”, che seguono il Vangelo e diventano sale e luce, testimoni di una speranza più grande di quella che possono garantire i guadagni economici.

Vorrei ringraziare questi popoli che mi hanno accolto con tanto calore, con tanto amore. Ringraziare i loro Governanti, che hanno aiutato tanto questa visita, perché si facesse con ordine, senza problemi. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato a questo. Rendo grazie a Dio per il dono di questo viaggio! E rinnovo la mia riconoscenza a tutti, a tutti costoro. Dio benedica i popoli che ho incontrato e li guidi sulla via della pace e della fraternità! Un saluto a tutti!

Guarda il video della catechesi

Saluti
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APPELLI

In questi giorni si sono abbattute sull’Europa Centro-Orientale forti piogge torrenziali provocando vittime, dispersi e ingenti danni. In particolare Austria, Romania, Repubblica Ceca e Polonia devono far fronte ai tragici disagi provocati dalle inondazioni. Assicuro a tutti la mia vicinanza, pregando specialmente per quanti hanno perso la vita e per i loro familiari. Ringrazio e incoraggio le comunità cattoliche locali e gli altri organismi di volontariato per gli aiuti e il soccorso che stanno portando.

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Sabato prossimo, 21 settembre, si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Preghiamo affinché la scienza medica possa offrire presto prospettive di cura per questa malattia e perché si attivino sempre più opportuni interventi a sostegno dei malati e delle loro famiglie.
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. ...

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati, agli anziani e agli sposi novelli. 
All’inizio di un nuovo anno scolastico invito voi, cari giovani, specialmente gli alunni dell’Istituto Cristo Re di Roma, a vivere l'impegno dello studio come opportunità di sviluppo dei talenti che il Signore vi ha affidato per il bene di tutti. 
La Vergine Addolorata, che qualche giorno fa abbiamo ricordato nella liturgia, vi aiuti, cari ammalati e anziani a cogliere nella sofferenza e nelle difficoltà la chiamata a fare dell'esistenza una missione per la salvezza dei fratelli e sostenga voi, cari sposi novelli – sono tanti oggi –, ad accettare il lavoro e le croci quotidiane come occasioni di crescita e di purificazione del vostro amore.

E poi, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la pace: non dimentichiamo che la guerra è una sconfitta. Non dimentichiamo la Palestina, Israele, non dimentichiamo la martoriata Ucraina, il Myanmar e tanti posti dove ci sono guerre, guerre brutte. Che il Signore dia a tutti un cuore che cerca la pace per sconfiggere la guerra che sempre è una sconfitta.

A tutti la mia benedizione!

Guarda il video integrale

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Vedi anche il nostro Speciale Viaggio in Asia e Oceania (2/13 Settembre 2024)


mercoledì 18 settembre 2024

Tonio dell'Olio È mancata la cattiveria

Tonio dell'Olio
È mancata la cattiveria

PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI IL 18 SETTEMBRE 2024


Non è soltanto la guerra, anzi "le" guerre a intossicare la nostra informazione giornaliera.

Ovvero non si tratta soltanto di notizie provenienti dai fronti di guerra, ma di una violenza pressoché palpabile che ritrovi nella cronaca dei giovani coi coltelli, negli omicidi domestici, nelle storie terribili di bambini soppressi. E poi la ritrovi nelle parole. Le parole dell'informazione sportiva, ad esempio, sono state ormai inguaribilmente contaminate da questo clima che si è sparso nell'aria come una nebbia invernale. "È mancata la cattiveria" ripete il commentatore della partita di calcio riferendosi alla squadra che è uscita sconfitta dal rettangolo di gioco e che non si è impegnata con passione. Lo si dice anche singolarmente di qualche calciatore che non ci ha messo la grinta giusta: "Non ha avuto la cattiveria giusta". Capite? "La cattiveria giusta". Esiste una cattiveria giusta? Si tratta di parole armate che lasciano circolare nel vento sociale un'idea di cattiveria (questa volta ci vuole!) impropria e inopportuna più che legittimata e giustificata: necessaria, pretesa, indispensabile. Se cominciassimo a purificare le parole considerando bestemmia ogni violenza – chissà, forse – riusciremmo a espellere dal nostro immaginario anche l'ipotesi di usare un coltello per uccidere qualcuno, di sopprimere un bambino appena partorito e pensare che solo la guerra sia la risposta utile e necessaria per porre ordine nel mondo.


Scuole Senza Frontiere, la sfida della salute globale nelle classi con Msf


Scuole Senza Frontiere, 
la sfida della salute globale nelle classi con Msf

Al via il nuovo progetto rivolto a studenti e docenti delle scuole secondarie in tutta Italia. “Il percorso, riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, fornisce gli strumenti per approfondire il valore della cittadinanza attiva”

@Giuliano Del Gatto/Save the Children

Prende il via il nuovo progetto di Medici Senza Frontiere (MSF), Scuole Senza Frontiere, che coinvolgerà docenti e studenti delle scuole secondarie di secondo grado sul tema della salute globale, per non dare per scontato l'accesso alla salute e comprendere le implicazioni di un mondo in cui le persone non possono ricevere le cure di cui hanno bisogno.

Il percorso, riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, fornisce alle classi gli strumenti per approfondire questo cruciale tema di attualità e il valore della cittadinanza attiva, intrecciando i nuclei tematici relativi all’apprendimento dell’educazione civica e degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. A complemento del programma, gli studenti si sfideranno in una challenge finale per ideare e promuovere una vera e propria campagna di sensibilizzazione sulla salute globale e i principi di Msf. Tutti i progetti saranno valutati da una giuria di esperti.

I docenti interessati a partecipare con le proprie classi, possono iscriversi al progetto visitando il sito Scuole Senza Frontiere. “L’accesso alle cure non deve essere considerato un lusso. Ad oggi, milioni di persone nel mondo hanno difficoltà a ricevere cure di base. Scuole Senza Frontiere è un progetto che ci permette di sensibilizzare le nuove generazioni su un tema molto delicato e far comprendere ai ragazzi e alle ragazze che parteciperanno, che garantire l’accesso alle cure a tutte le persone è qualcosa di molto vicino anche alla loro realtà quotidiana” dichiara Chiara Palombella, coordinatrice del programma scuole di Msf.

Il nuovo progetto Scuole Senza Frontiere è realizzato in collaborazione con Scuolattiva, onlus con oltre 20 anni di esperienza nei campi dell’educazione e della comunicazione. Partner del progetto anche l’agenzia di comunicazione Latte Creative e Beople prima azienda in Italia specializzata in Business Design.

“È per noi un piacere e un onore poter affiancare una realtà prestigiosa come Medici Senza Frontiere in ambito education con il progetto Scuole Senza Frontiere” dichiara Simona Frassone, presidente ScuolAttiva Onlus. “Riteniamo sostanziale affrontare temi, come la cura e la gratuità, soprattutto in un mondo complesso e denso di criticità, povertà e conflitti come quello di oggi. Troppo spesso argomenti così importanti e formativi non trovano spazio in classe”.

Per gli studenti: Scuole Senza Frontiere fa parte dei progetti riconosciuti nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento (Pcto) del Ministero della Pubblica Istruzione e consente di acquisire crediti e competenze in progettazione, problem solving, orientamento al risultato, creatività, empatia e comunicazione, in una sfida di sensibilizzazione sul tema della salute globale.

Per i docenti: utilizzando il kit didattico digitale "Scuole Senza Frontiere" e/o seguendo i corsi formativi su Sofia, potranno acquisire strumenti per guidare i propri studenti sui temi della salute globale e diventare interlocutori privilegiati di Msf nell’ambito delle attività di sensibilizzazione sul territorio italiano.
(fonte: Redattore Sociale 16/09/2024)

#Ospitalità di Gianfranco Ravasi

#Ospitalità
di Gianfranco Ravasi


Tutti vengono da Dio, gli ospiti e i poveri.
E un dono, anche piccolo, fatto a loro è caro agli dei.


A molti sorprenderà che questa lezione di umanità e solidarietà sia contenuta nell’Odissea (VI,207-8). È espressione di un filo d’oro di amore fraterno che percorre i secoli, giungendo fino a noi, quando esso annoda tra loro tanti rifugiati e i volontari che li accolgono. L’ospitalità, come è noto, era una legge sacra in quasi tutte le civiltà del passato. Vogliamo proporre solo due testimonianze di culture lontane tra loro e che possono risuonare come un appello valido ancor oggi, sia pure entro coordinate storiche e sociali diverse. Da un lato ecco una sentenza tratta da Kanakya, un testo sapienziale indiano: «Tutte le divinità si rallegrano, tutti i veggenti cantano, tutti gli antenati danzano, quando un ospite è accolto nella nostra casa».

D’altro lato, ecco la voce più potente, attuale e per molti inattesa della stessa Bibbia che nel libro sacro del Levitico lascia questa norma concreta: «Quando uno straniero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Lo straniero dimorante tra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi. Tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati stranieri in terra d’Egitto» (19,33-34).

Ogni commento è superfluo. Certo, l’irrompere di culture differenti, di usi e costumi estranei, di persone misere e ridotte al livello minimo dell’umanità genera paure, problemi, tentazioni di rigetto. Si allunga, così, fino a noi un filo nero che pervade alcuni di noi, che si rafforza in certe strutture o movimenti. Pur in mezzo alle difficoltà reali, non deve però spezzarsi mai l’altro filo, quello d’oro della carità, né deve spegnersi la voce delle fedi autentiche e della genuina cultura che fa riconoscere in ogni volto umano la verità di Omero: «Tutti vengono da Dio».

(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” del 18 agosto 2024)

martedì 17 settembre 2024

17 settembre 1224/2024 - 800 anni fa san Francesco ricevette le stimmate Dalle ferite la vita nuova

17 settembre 1224/2024 
800 anni fa san Francesco ricevette le stimmate. 
Dalle ferite la vita nuova


Dalle ferite la vita nuova

L’anno 2024 è la ricorrenza dell’Ottavo Centenario delle Stimmate di San Francesco. Le antiche biografie raccontano che Francesco d’Assisi nell’estate del 1224 in un momento di crisi umana e spirituale si ritirò sul Monte della Verna nel casentino. L’esperienza delle Stimmate, esperienza di dolore e amore, è diventata per Francesco dono da custodire con responsabilità e umiltà, ma anche l’inizio di un “canto di lode” compiuto nella sua vita e raccontato nei celebri componimenti letterari delle Lodi di Dio Altissimo e Cantico delle Creature.

Il messaggio che scaturisce dall’esperienza della Verna è parola di guarigione e speranza per tutti gli uomini che può essere nuovamente consegnata a un mondo segnato da tensioni, divisioni e guerre ma anche da desiderio di vita e futuro.
(fonte: LA VERNA)

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LE STIMMATE DI SAN FRANCESCO
nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi


Dopo essersi occupato per anni della croce e avere sviluppato una sensibilità sempre più acuta verso quel dolore fino al punto da non saper trattenere le lacrime e piangere con singhiozzo convulso, in quel settembre si stava realizzando un avvenimento che mai si era verificato nella carne di un uomo: l’impressione delle Stimmate di Cristo crocifisso, “l’ultimo sigillo”, le definì Dante. Dell’apparizione del Serafino ci offre un’ampia descrizione il Celano: “Allorché dimorava nel romitorio che dal nome del luogo è chiamato Verna, due anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione.

Gli apparve un uomo, in forma di Serafino, con le ali, librato sopra di lui, con le mani distese ed i piedi uniti, confitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo. A quell’apparizione il beato servo dell’Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il significato.

Era invaso anche da una viva gioia e sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo guardava, di una bellezza inimmaginabile; ma era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell’acerbo dolore della passione. Si alzò, per così dire, triste e lieto, poiché gaudio e amarezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato. Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso.

Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati nell’esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, come fosse punta di chiodi ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul resto della carne. Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande”.

Il celebre monaco Thomas Merton, così commenta: “L’aver Francesco ricevuto le Stimmate fu un segno divino che fra tutti i santi egli era il più somigliante a Cristo. Meglio di ogni altro era riuscito nell’opera di riprodurre nella sua vita la semplicità, la povertà e l’amore di Dio e degli uomini che caratterizzano la vita di Gesù. Conoscere semplicemente san Francesco vuol dire comprendere il Vangelo e seguirlo nel suo spirito sincero e integrale, è vivere il Vangelo in tutta la sua pienezza. San Francesco fu, come tutti i Santi devono cercare di essere, semplicemente un altro Cristo. Il Cristo risorto rivisse in modo perfetto in quel Santo, completamente posseduto e trasformato dallo Spirito della carità divina”.
(fonte: Assisi OFM 17/09/2024) 

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Cultura, 800 anni da stimmate San Francesco d’Assisi

Dante Alighieri le definì "l'ultimo sigillo" nell'XI capitolo del Paradiso


Dante Alighieri le definì “l’ultimo sigillo” nell’XI capitolo del Paradiso. Sono le stimmate di San Francesco d’Assisi. Mercoledì 17 settembre saranno 800 anni da quel 1224, da quel momento in cui sull’eremo de La Verna Francesco chiese a Dio di provare un po’ dell’amore e del dolore che Gesù Cristo sentì nei momenti della sua Pasqua di Morte e Risurrezione. Fu esaudito e, intorno alla Festa dell’esaltazione della Croce (14 Settembre, ndr), il suo corpo fu segnato delle stesse piaghe del Crocifisso più, nelle sue mani e nei suoi piedi si formarono come delle escrescenze a forma di chiodi.

Una prima volta nella storia della Chiesa che sancì la figura di Francesco come ‘l’alter Christus‘. Un evento attuale che è stato raccontato dall’arte e, in particolare, dall’affresco di Giotto nella Basilica del Sacro Convento di Assisi. “Quello che Giotto dipinge nella Basilica Superiore di Assisi non è un’opera arbitraria, ma lavora su commissione dei frati – dice a LaPresse fra Felice Autieri, storico del francescanesimo, esperto di iconografia francescana -. Giotto ha tradotto ciò che volevano i frati. In quella scena, che poi sarà un riferimento per gli altri artisti successivamente, Francesco è in atto di arrendersi a Gesù con le mani alzate. Le stimmate sono rappresentate come dei raggi laser e Gesù è rappresentato nelle sembianze da Serafino. Giotto racconta la docilità di Francesco rispetto al progetto che Dio ha su di lui”.

Nella scena Giotto rappresenta Francesco sul Monte de La Verna, si vede una piccola chiesa e c’è, all’angolo, anche la figura di frate Leone presente a quell’avvenimento. Frate Leone, però, è rappresentato quasi fosse in un altro mondo, immerso nella lettura di un libro. Quasi una contraddizione rispetto a quello che sarà un fatto epocale: “In realtà – spiega fra Autieri – ciò che sta avvenendo riguarda il rapporto intimo e personale di Francesco” e questo essere quasi in disparte di fra Leone rafforza il senso della scena. Leone amico di Francesco sempre presente nella buona come nella cattiva sorte, ma con discrezione”.

Giotto fonte d’ispirazione: “L’impressione delle stimmate sarà poi interpretata da altri artisti nel tempo a seconda dei gusti e delle mode dei vari secoli in due filoni: con colori più cupi e colori più chiari”. Per quanto riguarda l’attualità dell’episodio delle stimmate ci sono due filoni: “Uno è quello celebrativo – dice ancora fra Autieri -. L’altro consente di scoprire il percorso umano di Francesco che riceve questo dono prezioso in un momento non facile. Dalle stimmate in poi Francesco andrà incontro alla morte riconciliandosi e mettendosi alle spalle le incomprensioni con l’ordine, con gli uomini e con la storia. Le stimmate, insomma, simbolo delle difficoltà dell’uomo che nel caso del Patrono d’Italia sono sofferenza che segnano una liberazione”.
(fonte: LaPresse, articolo di Antonio Modaffari, 15/09/2024)