Il Papa:
portiamo nel mondo il fuoco dell’amore che rinnova,
non quello delle armi
Nella Messa celebrata da Leone XIV al santuario di Santa Maria della Rotonda di Albano, dedicata ai bisognosi assistiti dalla Caritas diocesana, il Papa esorta ad essere “una Chiesa madre", che rigenera "non in virtù di una potenza mondana", ma con la carità e l'accoglienza. Una "Chiesa di poveri" che oppone “all’indifferenza la cura”. E incoraggia a non distinguere "tra chi appare povero e chi sente di offrire tempo, competenze, aiuto”, tutti siamo preziosi
Arriva a piedi Leone XIV al santuario di Santa Maria della Rotonda di Albano, dove, insieme a sacerdoti, parrocchiani e operatori della Caritas, lo attendono per la celebrazione della Messa domenicale i poveri del territorio, gli utenti dei centri di ascolto, i senza fissa dimora e gli ospiti di strutture di accoglienza e di case famiglia della diocesi.
Leone XIV accolto dal vescovo di Albano monsignor Viva e dal sindaco Borelli (@VATICAN MEDIA)
Per le strade di Albano
Pochi i chilometri percorsi dal Papa in automobile da Castel Gandolfo alla cittadina limitrofa. Accolto dal vescovo della diocesi di Albano, monsignor Vincenzo Viva, e dal sindaco, Massimiliano Borelli, il Pontefice, giunge all’antico luogo di culto percorrendo via della Rotonda, fra tanta gente assiepata ai bordi della strada.
Il Papa mentre saluta alcune persone durante il percorso a piedi verso il Santuario di Santa Maria della Rotonda (@Vatican Media)
Sul sagrato del santuario, che consacrato nell’XI secolo custodisce un’icona mariana di epoca anteriore portata da alcune monache greche nel periodo delle persecuzioni iconoclaste, ad accogliere il Pontefice è il rettore, monsignor Adriano Gibellini. Con lui anche il direttore della Caritas della diocesi di Albano, Alessio Rossi, che guida il Papa sotto il portico per illustragli la mostra fotografica itinerante allestita dalla Caritas diocesana “Segni di speranza”, 13 pannelli che raccontano storie vere, emozioni, numeri, impegno quotidiano al fianco di ultimi e bisognosi, per far capire che ciascuno può offrire aiuto, attenzione e amore agli altri. Tra i pannelli anche uno dedicato al messaggio di Leone XIV per la Giornata Mondiale dei Poveri che si celebrerà il 16 novembre prossimo.
Il Papa mentre visita la mostra allestita dalla Caritas (@Vatican Media)
Leone entra nel santuario poco dopo e, prima di prepararsi per la Messa, si raccoglie per un breve momento in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Oltre un centinaio quanti siedono ai banchi, mentre fuori altri seguono la liturgia da un maxischermo.
Nella Chiesa si è Corpo di Cristo
Nell’omelia sono un abbraccio aperto a tutti le parole del Pontefice. “È una gioia trovarci insieme – dice, riconoscendo, però, che ognuno va “in chiesa con qualche stanchezza e paura – a volte più piccole, a volte più grandi”, ma subito si è “meno soli” stando “insieme” agli altri e trovando “la Parola e il Corpo di Cristo”. Perché se “all’esterno la Chiesa, come ogni realtà umana, può apparirci spigolosa”, quando se ne varca “la soglia” e si riceve “accoglienza” emerge “la sua realtà divina”, spiega Leone. Le personali “povertà” e “vulnerabilità e soprattutto i fallimenti per cui possiamo venire disprezzati e giudicati” vengono “accolti nella dolce forza di Dio, un amore senza spigoli e incondizionato” e in Maria “diventiamo una Chiesa madre, che genera e rigenera”, ma “non in virtù di una potenza mondana”, bensì “con la virtù della carità”.
Leone XIV mentre pronuncia l'omelia (@Vatican Media)
Il fuoco dell’amore si abbassa e serve
Commentando, poi, il Vangelo del giorno in cui Gesù avverte che la sua venuta porterà “divisione”, il Pontefice ricorda che nell’ultima cena Cristo dà ai suoi discepoli la sua “pace” ma “non come la dà il mondo” e chiarisce che se “il mondo ci abitua a scambiare la pace con la comodità, il bene con la tranquillità”, il Messia ci dice: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso”. E mentre qualcuno ci raccomanda “di non rischiare, di risparmiarci, perché importa stare tranquilli e gli altri non meritano di essere amati”, Gesù “si è immerso nella nostra umanità con coraggio” e ci parla del “battesimo della croce, un’immersione totale nei rischi che l’amore comporta”. Noi “ci alimentiamo di questo suo dono audace” nel momento in cui “facciamo la comunione”, evidenzia il Papa.
La Messa nutre questa decisione. È la decisione di non vivere più per noi stessi, di portare il fuoco nel mondo. Non il fuoco delle armi, e nemmeno quello delle parole che inceneriscono gli altri. Questo no. Ma il fuoco dell’amore, che si abbassa e serve, che oppone all’indifferenza la cura e alla prepotenza la mitezza; il fuoco della bontà, che non costa come gli armamenti, ma gratuitamente rinnova il mondo. Può costare incomprensione, scherno, persino persecuzione, ma non c’è pace più grande di avere in sé la sua fiamma.
Abbattere muri ed essere dono per gli altri
E la fiamma di Cristo è nelle opere di carità della diocesi di Albano, fa notare il Papa, che ringrazia il vescovo Vincenzo Viva e quanti si impegnano nelle 78 parrocchie e negli 8 vicariati del territorio in svariate iniziative e sprona a coltivare la fraternità.
Vi incoraggio a non distinguere tra chi assiste e chi è assistito, tra chi sembra dare e chi sembra ricevere, tra chi appare povero e chi sente di offrire tempo, competenze, aiuto. Siamo la Chiesa del Signore, una Chiesa di poveri, tutti preziosi, tutti soggetti, ognuno portatore di una Parola singolare di Dio. Ognuno è un dono per gli altri. Abbattiamo i muri.
Un momento della Messa nel Santuario di Santa Maria della Rotonda ad Albano (ANSA)
Non lasciare Dio fuori dalla propria vita
Il grazie di Leone si estende, poi, anche a “chi opera in ogni comunità cristiana per facilitare l’incontro fra persone diverse per provenienza, per situazione economica, psichica, affettiva”. “Siamo il Corpo di Cristo, la Chiesa di Dio” soltanto insieme, spiega il Papa, “solo diventando un unico Corpo in cui anche il più fragile partecipa in piena dignità”, e ciò accade “quando il fuoco che Gesù è venuto a portare brucia i pregiudizi, le prudenze e le paure che emarginano ancora chi porta scritta la povertà di Cristo nella propria storia”.
Non lasciamo fuori il Signore dalle nostre chiese, dalle nostre case e dalla nostra vita. Nei poveri, invece, lasciamolo entrare e allora faremo pace anche con la nostra povertà, quella che temiamo e neghiamo quando cerchiamo a ogni costo tranquillità e sicurezza.
L'incontro del Papa con alcuni assistiti dalla Caritas di Albano (@Vatican Media)
L'incontro con i poveri nel santuario
All’offertorio, a portare al Papa i doni liturgici alcuni ospiti delle case famiglia della diocesi di Albano, tra cui una famiglia di origine peruviana, e operatori della Caritas. Al termine della celebrazione il saluto di Leone ai poveri e ai volontari presenti alla Messa, poi per il Pontefice un nuovo bagno di folla lungo via della Rotonda prima di raggiungere l’automobile e fare rientro a Castel Gandolfo per la recita dell’Angelus a piazza della Libertà, davanti al Palazzo Apostolico.
(fonte: Vatican News, articolo di Tiziana Campisi 17/08/2025)
******************
SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV
Santuario di Santa Maria della Rotonda (Albano)
XX domenica del Tempo Ordinario, 17 agosto 2025

Cari fratelli e sorelle,
è una gioia trovarci insieme a celebrare l’Eucaristia domenicale, che ci regala una gioia ancora più profonda. Se, infatti, è già un dono essere oggi vicini e vincere la distanza guardandoci negli occhi, come veri fratelli e sorelle, un dono più grande è vincere nel Signore la morte. Gesù ha vinto la morte – la domenica è il suo giorno, il giorno della Risurrezione – e noi iniziamo già a vincerla con Lui. È così: ognuno di noi viene in chiesa con qualche stanchezza e paura – a volte più piccole, a volte più grandi – e subito siamo meno soli, siamo insieme e troviamo la Parola e il Corpo di Cristo. Così il nostro cuore riceve una vita che va oltre la morte. È lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto, a fare questo fra di noi e in noi, silenziosamente, domenica dopo domenica, giorno dopo giorno.
Ci troviamo in un antico Santuario le cui mura ci abbracciano. Si chiama “Rotonda” e la forma circolare, come a Piazza San Pietro e come in altre chiese antiche e nuove, ci fa sentire accolti nel grembo di Dio. All’esterno la Chiesa, come ogni realtà umana, può apparirci spigolosa. La sua realtà divina, però, si manifesta quando ne varchiamo la soglia e troviamo accoglienza. Allora la nostra povertà, la nostra vulnerabilità e soprattutto i fallimenti per cui possiamo venire disprezzati e giudicati – e a volte noi stessi ci disprezziamo e ci giudichiamo – sono finalmente accolti nella dolce forza di Dio, un amore senza spigoli, un amore incondizionato. Maria, la madre di Gesù, per noi è segno e anticipazione della maternità di Dio. In lei diventiamo una Chiesa madre, che genera e rigenera non in virtù di una potenza mondana, ma con la virtù della carità.
Può forse averci sorpreso, nel Vangelo appena letto, quello che dice Gesù. Noi cerchiamo la pace, ma abbiamo ascoltato: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione» (Lc 12,51). E quasi gli risponderemmo: «Ma come, Signore? Anche tu? Abbiamo già troppe divisioni. Non sei proprio tu che hai detto nell’ultima cena: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”?». «Sì – ci potrebbe rispondere il Signore – sono io. Ricordate però che quella sera, la mia ultima sera, aggiunsi subito a proposito della pace: «Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (cfr Gv 14,27).
Cari amici, il mondo ci abitua a scambiare la pace con la comodità, il bene con la tranquillità. Per questo, affinché in mezzo a noi venga la sua pace, lo shalom di Dio, Gesù deve dirci: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). Forse i nostri stessi familiari, come preannuncia il Vangelo, e persino gli amici si divideranno su questo. E qualcuno ci raccomanderà di non rischiare, di risparmiarci, perché importa stare tranquilli e gli altri non meritano di essere amati. Gesù invece si è immerso nella nostra umanità con coraggio. Ecco il «battesimo» di cui parla (v. 50): è il battesimo della croce, un’immersione totale nei rischi che l’amore comporta. E noi quando, come si dice, “facciamo la comunione”, ci alimentiamo di questo suo dono audace. La Messa nutre questa decisione. È la decisione di non vivere più per noi stessi, di portare il fuoco nel mondo. Non il fuoco delle armi, e nemmeno quello delle parole che inceneriscono gli altri. Questo no. Ma il fuoco dell’amore, che si abbassa e serve, che oppone all’indifferenza la cura e alla prepotenza la mitezza; il fuoco della bontà, che non costa come gli armamenti, ma gratuitamente rinnova il mondo. Può costare incomprensione, scherno, persino persecuzione, ma non c’è pace più grande di avere in sé la sua fiamma.
Per questo oggi vorrei ringraziare, insieme al vostro vescovo Vincenzo, tutti voi, che nella diocesi di Albano vi impegnate a portare il fuoco della carità. E vi incoraggio a non distinguere tra chi assiste e chi è assistito, tra chi sembra dare e chi sembra ricevere, tra chi appare povero e chi sente di offrire tempo, competenze, aiuto. Siamo la Chiesa del Signore, una Chiesa di poveri, tutti preziosi, tutti soggetti, ognuno portatore di una Parola singolare di Dio. Ognuno è un dono per gli altri. Abbattiamo i muri. Ringrazio chi opera in ogni comunità cristiana per facilitare l’incontro fra persone diverse per provenienza, per situazione economica, psichica, affettiva: solo insieme, solo diventando un unico Corpo in cui anche il più fragile partecipa in piena dignità, siamo il Corpo di Cristo, la Chiesa di Dio. Questo avviene quando il fuoco che Gesù è venuto a portare brucia i pregiudizi, le prudenze e le paure che emarginano ancora chi porta scritta la povertà di Cristo nella propria storia. Non lasciamo fuori il Signore dalle nostre chiese, dalle nostre case e dalla nostra vita. Nei poveri, invece, lasciamolo entrare e allora faremo pace anche con la nostra povertà, quella che temiamo e neghiamo quando cerchiamo a ogni costo tranquillità e sicurezza.
Interceda per noi la Vergine Maria, che si sentì indicare dal santo vecchio Simeone il figlio Gesù come «segno di contraddizione» (Lc 2,34). Siano svelati i pensieri dei nostri cuori, e possa il fuoco dello Spirito Santo renderli non più cuori di pietra, ma cuori di carne.
Santa Maria della Rotonda, prega per noi!
Guarda il video integrale