Almeno 800 morti e 2.500 feriti nell’est del Paese
Un boato e la terra trema: distruzione e morte
in Afghanistan

All’inizio un forte boato, come fosse quello di una tempesta imminente. Poi la terra ha iniziato a tremare: una prima, potente, scossa di terremoto seguita da altre repliche di assestamento, più di una decina quelle che si sono riuscite a contare.
La notte di domenica 31 agosto, nell’est dell’Afghanistan, è stata un’ecatombe. Decine di città e villaggi rasi al suolo, almeno 800 morti e 2.500 feriti: ma questi numeri saranno inesorabilmente destinati a salire, quando i soccorritori riusciranno ad arrivare in tutte le zone colpite, molte delle quali ancora isolate.
La virulenza del sisma di magnitudo 6 ha distrutto parte della provincia di Kunar, al confine con il Pakistan, e quella di Nangahar. Prima che si facesse giorno, gli abitanti, disperati ed in preda al panico, hanno iniziato a scavare a mani nude nel tentativo di poter salvare i propri cari sepolti tra le macerie. Un testimone di un villaggio dell’entroterra di una delle zone più devastate, quella vicina alla città di Jalalabad, ha raccontato che molte delle abitazioni, costruite con fango e legno, si sono ripiegate su loro stesse come fossero fuscelli senza alcuna consistenza: «I bambini sono ancora sotto le macerie, i giovani sono ancora sotto le macerie, gli anziani sono ancora sotto le macerie. Vi prego, qualcuno ci aiuti!».
Un altro sopravvissuto della zona del distretto di Nurgal ha ancora negli occhi la tragedia: «Dopo la prima scossa, sono riuscito a salvare tre dei miei figli. Ma quando sono tornato indietro per portare in salvo il resto della famiglia il tetto di una stanza è crollato uccidendo mia moglie, gli altri due miei figli e ferendo me e mio padre. Sembrava che tutto intorno a noi stesse franando, comprese le montagne».
Il portavoce del governo talebano ha fatto sapere che tutti i mezzi di soccorso disponibili «sono stati inviati nelle aree del sisma» anche se molte vie di comunicazione, per ora, risultano completamente inaccessibili.
Sul fronte delle reazioni internazionali, immediata è stata la presa di posizione del Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres: «Sono pienamente solidale con il popolo afghano dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese. Esprimo le mie più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime e auguro una pronta guarigione ai feriti» ha scritto in un messaggio su X sottolineando che il team dell’Onu presente nel Paese si è già «mobilitato e non risparmierà sforzi per assistere le persone in difficoltà nelle zone colpite».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Unione europea che ha fatto sapere che la sua squadra di protezione civile per le emergenze «si trova già sul campo e i nostri partner sono pronti ad offrire assistenza immediata».
La Cina, tramite il. portavoce del ministero degli esteri, Guo Jiakun, ha inviato le condoglianze ufficiali del governo di Pechino a tutto il popolo afghano e offerto di sostenere, in ogni modo, le operazioni di soccorso per recuperare cadaveri e feriti.
Una forte e determinata volontà di sostegno è stata inoltre espressa da alcune nazioni confinati come il Pakistan e l’Iran. Il primo ministro pakistano, Shehbaz Sharif, si è detto profondamente rattristato e pronto ad inviare squadre di soccorso mentre il ministro degli esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha offerto beni di prima necessità e forniture mediche.
Come purtroppo avviene in simili tragedie, i più vulnerabili risultano sempre essere i bambini: per questo l’Unicef ha avviato un coordinamento locale per determinare la risposta necessaria alle esigenze dei più piccoli. «La nostra attenzione — ha spiegato in un comunicato l’agenzia dell’Onu — è rivolta all’identificazione delle priorità urgenti in materia di salute, acqua potabile, servizi igienico-sanitari, alloggi temporanei e sostegno psicosociale per i bambini e le famiglie colpiti».
Quello della scorsa notte, è il terzo, grande, terremoto che si è verificato in Afghanistan da quando i talebani hanno conquistato il potere, nel 2021.
Da allora, con la ritirata delle forze straniere dalla nazione, gli aiuti internazionali mirati a soddisfare i bisogni urgenti ed atavici della popolazione si sono assottigliati sempre di più passando dai 3,8 miliardi del 2022 ai 767 milioni di quest’anno. Situazione che complicherà, anche questa volta, la gestione dei soccorsi e l’approvvigionamento dei beni di prima necessità.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Federico Piana 01/09/2025)