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venerdì 28 febbraio 2014

Per il Papa esercizi spirituali fuori dal Vaticano

Quasi una settimana fuori dal Vaticano, in una casa di religiosi ad Ariccia, sul lago di Albano. Papa Francesco, che l'estate scorsa ha rinunciato a trasferirsi a Castel Gandolfo per il soggiorno estivo, si differenzia dai suoi predecessori anche per la scelta di fare invece lontano dal Vaticano gli esercizi spirituali di Quaresima. La decisione era stata già anticipata, ma oggi è comparsa anche sul calendario ufficiale degli impegni e delle celebrazioni presiedute dal Pontefice.

Dal 9 al 14 marzo prossimi, papa Bergoglio si trasferirà quindi nella Casa del Divin Maestro di Ariccia (Roma), istituto retto dai Paolini, dove ha invitato anche i cardinali e arcivescovi della Curia per gli annuali esercizi spirituali che precedono la Pasqua. A quanto si è appreso, il Papa non porterà con sé neanche i più diretti collaboratori, né i segretari né gli aiutanti di camera. E, altra novità, i capi dicastero e quanti della Curia vorranno partecipare dovranno pagarsi la stanza.

Il Papa partirà per Ariccia la sera di domenica 9 marzo, e rientrerà in Vaticano quasi una settimana dopo, venerdì 14. E in epoca recente, questi esercizi spirituali fuori dal Vaticano rappresentano un inedito.
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La storia dell’amore... - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
28 febbraio 2014 
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 



Papa Francesco:
“Camminare insieme e non condannare se fallisce un amore”

Dietro la casistica c’è sempre una trappola contro di noi e contro Dio. E’ quanto affermato stamani da Papa Francesco nella Messa a Casa Santa Marta. Il Papa, commentando il Vangelo odierno, si è soffermato sulla bellezza del matrimonio ed ha avvertito che bisogna accompagnare, non condannare, quanti sperimentano il fallimento del proprio amore. Quindi, ha ribadito che Cristo è lo Sposo della Chiesa e dunque non si può comprendere l’una senza l’Altro.

I dottori della legge cercano di porre delle trappole a Gesù per “togliergli l’autorità morale”. Papa Francesco ha preso spunto dal Vangelo di oggi per offrire una catechesi sulla bellezza del matrimonio. I farisei, ha osservato, si presentano da Gesù con il problema del divorzio. Il loro stile, ha rilevato, è sempre lo stesso: “la casistica”, “E’ lecito questo o no?
“Sempre il piccolo caso. E questa è la trappola: dietro la casistica, dietro il pensiero casistico, sempre c’è una trappola. Sempre! Contro la gente, contro di noi e contro Dio, sempre! ‘Ma è lecito fare questo? Ripudiare la propria moglie?’. E Gesù rispose, domandando loro cosa dicesse la legge e spiegando perché Mosé ha fatto quella legge così. Ma non si ferma lì: dalla casistica va al centro del problema e qui va proprio ai giorni della Creazione. E’ tanto bello quel riferimento del Signore: ‘Dall’inizio della Creazione, Dio li fece maschio e femmina, per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne’”.
Il Signore, ha proseguito il Papa, “si riferisce al capolavoro della Creazione” che sono appunto l’uomo e la donna. E Dio, ha detto, “non voleva l’uomo solo, lo voleva” con la “sua compagna di cammino”. E’ un momento poetico, ha osservato, quando Adamo incontra Eva: “E’ l’inizio dell’amore: andate insieme come una sola carne”. Il Signore, ha quindi ribadito, “sempre prende il pensiero casistico e lo porta all’inizio della rivelazione”. D’altro canto, ha poi spiegato, “questo capolavoro del Signore non è finito lì, nei giorni della Creazione, perché il Signore ha scelto questa icona per spiegare l’amore che Lui ha verso il suo popolo”. Al punto, ha rammentato, che “quando il popolo non è fedele" Lui "gli parla, con parole di amore”:
“Il Signore prende questo amore del capolavoro della Creazione per spiegare l’amore che ha con il suo popolo. E un passo in più: quando Paolo ha bisogno di spiegare il mistero di Cristo, lo fa anche in rapporto, in riferimento alla sua Sposa: perché Cristo è sposato, Cristo era sposato, aveva sposato la Chiesa, il suo popolo. Come il Padre aveva sposato il Popolo di Israele, Cristo sposò il suo popolo. Questa è la storia dell’amore, questa è la storia del capolavoro della Creazione! E davanti a questo percorso di amore, a questa icona, la casistica cade e diventa dolore. Ma quando questo lasciare il padre e la madre e unirsi a una donna, farsi una sola carne e andare avanti e questo amore fallisce, perché tante volte fallisce, dobbiamo sentire il dolore del fallimento, accompagnare quelle persone che hanno avuto questo fallimento nel proprio amore. Non condannare! Camminare con loro! E non fare casistica con la loro situazione”.
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"L’incarnazione di Gesù: nell’umano il volto" di p. Alberto Neglia, carmelitano (VIDEO)

"L’incarnazione di Gesù: 
nell’umano il volto"
 di p.Alberto Neglia, carmelitano 
(VIDEO)


Incontro del 5 febbraio 2014
- I mercoledì della Bibbia 2014 -
della Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)






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Perché Dio si è fatto uomo?
Scrive Atanasio di Alessandria: «Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio». Ovviamente questo non vuol dire che l’uomo è chiamato a diventare Dio per natura. I Padri quando parlavano di théosis (divinizzazione) volevano indicare, come scrive Vladimir Lossky, la partecipazione dell’uomo «alla vita divina della santa Trinità, possedendo per grazia tutto ciò che essa possiede per natura». Per i Padri è l’incarnazione del Verbo che rende possibile la divinizzazione dell’uomo. Il Verbo che si è fatto carne ha dischiuso agli uomini la possibilità di divenire figli di Dio: l’uomo deve ormai essere all’altezza di questa vocazione e di questa speranza. Anche Giovanni della Croce ci ricorda che la nostra vocazione è: diventare Dio per partecipazione.
Quindi, i Padri, e non solo Atanasio, hanno evidenziato, in vari modi, che “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio”. Ma essi hanno anche sottolineato (e su questo spesso si tace) che più si partecipa della vita di Dio, nella fede, più si diventa umani. È come se ci dicessero: Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi uomo, perché l’uomo umanizzi la sua umanità. S. Ireneo scriveva: «Come potrai essere dio, se non sei ancora diventato uomo? Devi prima custodire il rango di uomo e poi parteciperai alla gloria di Dio».
I Padri, in altri termini ci ricordano che l’incarnazione del Verbo è anche finalizzata alla umanizzazione dell’uomo, o lo evidenziano invocando l’autorità della rivelazione. Paolo, infatti, ci ricorda che Gesù è apparso «per insegnarci a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, in questo mondo» (Tt 2,12).

Chiamati anche noi a mostrare nella nostra umanità il volto di Dio
Il Figlio con l’incarnazione non ha raggiunto soltanto la santa umanità di Gesù di Nazareth. Egli ha toccato in qualche modo tutti gli uomini. Ognuno di noi, nel disegno eterno, è stato fatto dal Figlio, per lui, con lui e in lui. Siamo tutti figli nel Figlio. Entrando nella storia e assumendo l’umanità concreta di Gesù, egli ha assunto in certo modo tutti noi che partecipiamo di questa umanità. In tal modo siamo tutti fratelli di Gesù Cristo. Ogni uomo è suo rappresentante. Ogni persona traduce un aspetto originale del Figlio eterno. Anche noi, allora, siamo coinvolti a lasciare affiorare, nei nostri gesti umani, il volto di Dio.
Teofilo di Antiochia, II secolo, ai pagani che gli chiedevano: “Mostrami il tuo Dio” proponeva di mutare la domanda in: “Mostrami il tuo uomo e io ti mostrerò il tuo Dio”… Teofilo nella sua risposta sembra dire: attraverso la nostra umanità noi vi diremo chi è il nostro Dio. In tal modo egli rivela come nel cristianesimo l’immagine che ci facciamo dell’uomo – vale a dire il modo in cui viviamo la nostra umanità – manifesta l’immagine del nostro Dio.
«Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» (GS 41), ci ricorda il Concilio. Mostreremo, allora, il volto di Dio non con gesti eclatanti, né attraverso gesti sacrali, ma vivendo il quotidiano con lo stile di Gesù, emerso nella vita pubblica, ma anche negli anni silenziosi di Nazareth.
Mi sembra utile concludere con l’esortazione di ps Magdalaine, alcuni decenni prima del Vaticano II, rivolte alle sorelle, ma valida anche per noi: «Piccola sorella,….. Prima di essere religiosa, sii umana e cristiana in tutta la forza e la bellezza di questa parola. Sii umana per glorificare meglio il Padre nella sua creatura e per rendere testimonianza all’Umanità santa del tuo Amatissimo Fratello e Signore Gesù. Quanto più sarai perfettamente e totalmente umana, tanto più potrai essere perfettamente e totalmente religiosa, perché la tua perfezione religiosa fiorirà allora in un equilibrio normale che ne rafforzerà la base».

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giovedì 27 febbraio 2014

La coerenza di vita e la paura di scandalizzare - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
27 febbraio 2014 
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 




Papa Francesco:
coerenza e testimonianza, chiavi della vita cristiana

I cristiani incoerenti suscitano scandalo perché danno una contro-testimonianza a chi non crede. Sulla coerenza Gesù usa espressioni molto forti, tanto che a sentirle qualcuno potrebbe persino dire: «ma questo lo dice un comunista». E invece no: «è la parola di Dio!».
Proprio al tema della coerenza cristiana, suggerito dall'amministrazione del sacramento della cresima, Papa Francesco ha dedicato l'omelia alla messa di questa mattina, giovedì 27 febbraio, nella Cappella della Casa Santa Marta.

«Essere cristiano – ha chiarito subito il Papa – significa dare testimonianza di Gesù Cristo». Infatti «il cristiano è la persona, l'uomo e la donna, che dà la testimonianza di Gesù Cristo».
Il Pontefice ha poi ha delineato il profilo spirituale del cristiano, indicandone proprio nella coerenza l'elemento centrale. In tutte le cose della vita, ha detto, bisogna «pensare come cristiano; sentire come cristiano e agire come cristiano». È questa «la coerenza di vita di un cristiano che nel suo agire, nel suo sentire, nel suo pensare» riconosce la presenza del Signore.
Il Papa ha anche messo in guardia dal fatto che «se manca una di queste» caratteristiche «non c'è il cristiano».
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Di loro parla espressamente l'apostolo san Giacomo che, nella lettera proclamata nella liturgia odierna (5, 1-6), se la prende direttamente con «alcuni incoerenti che si vantavano di essere cristiani, ma sfruttavano i loro dipendenti». Scrive san Giacomo: «Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchie del Signore onnipotente».
«È forte il Signore!» ha commentato il Papa dopo aver riletto il testo di san Giacomo. Tanto che «se uno sente» queste parole «può pensare: lo ha detto un comunista! No, no — ha precisato il Pontefice — lo ha detto l'apostolo Giacomo: è parola del Signore!». Il problema, dunque, è «l'incoerenza» e «i cristiani che non sono coerenti danno scandalo».
Gesù, ha ricordato il Pontefice riferendosi al brano evangelico odierno di Marco (9, 41-50), parla con forza contro lo scandalo e «dice: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me — uno solo di questi fratelli, sorelle che hanno fede — è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”». Davvero, ha spiegato il Papa, «il cristiano incoerente fa tanto male» e l'immagine forte usata da Gesù è molto eloquente. Pertanto, ha proseguito, «la vita del cristiano è sulla via della coerenza» ma bisogna anche fare i conti «con la tentazione di non essere coerente e di fare tanto scandalo. E lo scandalo uccide!».
Le conseguenze, poi, sono sotto gli occhi di tutti. È capitato a tutti i cristiani, ha commentato il Papa, di sentirsi dire «io credo in Dio ma non nella Chiesa, perché voi cristiani dite una cosa e ne fate un'altra!». Sono parole che «abbiamo sentito tutti: io credo in Dio ma in voi no!». E questo accade proprio «per l'incoerenza» dei cristiani, ha spiegato il Papa.
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Papa Francesco ha ricordato che «la grazia di essere coerenti» dobbiamo chiederla al Signore «tutti noi, tutta al Chiesa». Riconoscendoci peccatori, deboli, incoerenti, ma sempre pronti a chiedere perdono a Dio. Tutti noi, infatti, «abbiamo la capacità di chiedere perdono e Dio mai si stanca di perdonare». È importante dunque, ha avvertito il Papa, «avere l'umiltà di chiedere perdono» quando non siamo stati coerenti.
Si tratta, in fondo, di «andare avanti nella vita con coerenza cristiana», dando testimonianza di credere in Gesù Cristo e sapendo di essere peccatori. Ma con «il coraggio di chiedere perdono quando sbagliamo» e «avendo tanta paura di scandalizzare». E «il Signore — è stato l’auspicio conclusivo del Papa — ci dia questa grazia a tutti noi».

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"Disperazione e muta speranza" di Enzo Bianchi


Disperazione e muta speranza
di Enzo Bianchi


Damasco, la coda biblica per il pane.
Volti, teste ed edifici sventrati. Nient’altro: non il pane che questa gente sta aspettando di ricevere. Non il cielo, smarrito in un bianco da sudario. E in quei volti non rabbia, ma solo attesa; in quei corpi non braccia levate, non urla disperate, ma solo speranza muta. A casa, altre bocche da sfamare attendono, ammesso che una casa per costoro ci sia ancora. Non c’è sangue, non morti né feriti, eppure è la morte della solidarietà, della compassione, dell’umanità. Sono i dintorni di Damasco, ma se i nostri cuori restano chiusi può essere ogni luogo dove la dignità umana è calpestata. Dite voi «se questo è un uomo», ma chiediamoci se siamo esseri umani noi che nulla abbiamo fatto e nulla facciamo per impedire questo scempio. 
(fonte: “La Stampa” del 27 febbraio 2014)


"Affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica ..." - Un anno dopo l'ultima Udienza Generale di Benedetto XVI...

A un anno di distanza riproponiamo il post con l'ultima udienza di Benedetto XVI, evidenziando alcuni passaggi del suo discorso che a nostro avviso risulta interessante rileggere alla luce di quanto accaduto nel corso di quest'anno ed anche utile per dissipare dubbi e speculazioni emersi in questi giorni.

BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 febbraio 2013
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!
Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.
Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! 
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In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita.
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Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. 
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E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.
Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano... Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!
Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine.
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Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero.
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A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso.
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In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.
Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.
Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. 
Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.
Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.
Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.
Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!
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Per leggere il testo integrale e rivedere il video vai al nostro post:


mercoledì 26 febbraio 2014

Papa Francesco UDIENZA GENERALE 26 febbraio 2014 - testo e video


Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 febbraio 2014


Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Oggi vorrei parlarvi del Sacramento dell’Unzione degli infermi, che ci permette di toccare con mano la compassione di Dio per l’uomo. In passato veniva chiamato “Estrema unzione”, perché era inteso come conforto spirituale nell’imminenza della morte. Parlare invece di “Unzione degli infermi” ci aiuta ad allargare lo sguardo all’esperienza della malattia e della sofferenza, nell’orizzonte della misericordia di Dio.

1. C’è un’icona biblica che esprime in tutta la sua profondità il mistero che traspare nell’Unzione degli infermi: è la parabola del «buon samaritano», nel Vangelo di Luca (10,30-35). Ogni volta che celebriamo tale Sacramento, il Signore Gesù, nella persona del sacerdote, si fa vicino a chi soffre ed è gravemente malato, o anziano. Dice la parabola che il buon samaritano si prende cura dell’uomo sofferente versando sulle sue ferite olio e vino. L’olio ci fa pensare a quello che viene benedetto dal Vescovo ogni anno, nella Messa crismale del Giovedì Santo, proprio in vista dell’Unzione degli infermi. Il vino, invece, è segno dell’amore e della grazia di Cristo che scaturiscono dal dono della sua vita per noi e si esprimono in tutta la loro ricchezza nella vita sacramentale della Chiesa. Infine, la persona sofferente viene affidata a un albergatore, affinché possa continuare a prendersi cura di lei, senza badare a spese. Ora, chi è questo albergatore?
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il sacerdote e coloro che sono presenti durante l’Unzione degli infermi rappresentano infatti tutta la comunità cristiana che, come un unico corpo si stringe attorno a chi soffre e ai familiari, alimentando in essi la fede e la speranza, e sostenendoli con la preghiera e il calore fraterno. Ma il conforto più grande deriva dal fatto che a rendersi presente nel Sacramento è lo stesso Signore Gesù, che ci prende per mano, ci accarezza come faceva con gli ammalati e ci ricorda che ormai gli apparteniamo e che nulla - neppure il male e la morte - potrà mai separarci da Lui. Abbiamo questa abitudine di chiamare il sacerdote perché ai nostri malati – non dico ammalati di influenza, di tre-quattro giorni, ma quando è una malattia seria – e anche ai nostri anziani, venga e dia loro questo Sacramento, questo conforto, questa forza di Gesù per andare avanti? Facciamolo!

Guarda il video della catechesi


Saluti
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APPELLO
Seguo con particolare apprensione quanto sta accadendo in questi giorni in Venezuela. Auspico vivamente che cessino quanto prima le violenze e le ostilità ...
Guarda il video
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Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domani celebreremo la memoria di san Gabriele dell’Addolorata: il suo esempio aiuti voi, cari giovani, ad essere entusiasti discepoli di Gesù; incoraggi voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Cristo; e sproni voi, cari sposi novelli, a fare del Vangelo la regola fondamentale della vita coniugale.

Leggi il testo integrale dell'udienza

Il Papa durante il suo giro nella piazza ha baciato un bimbo di circa quattro anni, vestito da papa, che gli è stato porto da un gendarme al suo ingresso in piazza San Pietro, per l'udienza generale. 
Il bimbo, biondo e esile, piangeva e strillava. Papa Francesco ha sorriso e lo ha fatto restituire ai genitori. 
Tra le persone in piazza ci sono oggi molti bimbi con le maschere di carnevale, Robin Hood, pagliacci, api e coccinelle. 
A molti papa Bergoglio ha spedito baci con la mano.


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Benedetto XVI risponde con una lettera ad Andrea Tornielli, vaticanista della Stampa

«Non c'è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino» e le «speculazioni» in proposito sono «semplicemente assurde». Joseph Ratzinger non è stato costretto a dimettersi, non l'ha fatto a seguito di pressioni o complotti: la sua rinuncia è valida e oggi nella Chiesa non esiste alcuna «diarchia», nessun doppio governo. C'è un Papa regnante nel pieno delle sue funzioni, Francesco, e un emerito che ha come «unico e ultimo scopo» delle sue giornate quello di pregare per il suo successore. 

Dal monastero «Mater Ecclesiae» dentro le mura vaticane, il Papa emerito Benedetto XVI ha preso carta e penna per stroncare le interpretazioni sul suo storico gesto di un anno fa, rilanciate da diversi media e sul web in occasione del primo anniversario della rinuncia. Lo ha fatto rispondendo personalmente a una lettera con alcune domande che gli avevamo inviato nei giorni scorsi, dopo aver letto alcuni commenti sulla stampa italiana e internazionale riguardanti le sue dimissioni. In modo sintetico ma precisissimo, Ratzinger ha risposto, smentendo i presunti retroscena segreti della rinuncia e invitando a non caricare di significati impropri alcune scelte da lui compiute, come quella di mantenere l'abito bianco anche dopo aver lasciato il ministero di vescovo di Roma. 
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Divorziati risposati: che cosa ha detto Kasper? di Christian Albini


Divorziati risposati: che cosa ha detto Kasper? 
di Christian Albini

Oggi tutti i mezzi d'informazione parlano della relazione tenuta ieri da Walter Kasper ai cardinali in occasione del concistoro straordinario sulla famiglia. C'è fermento nella chiesa cattolica, a motivo delle risposte al questionario in vista del sinodo sulla famiglia, diffuso in tutto il mondo, e si discute sul tema dell'accesso all'Eucaristia da parte dei divorziati risposati.

Oggi, papa Francesco di fronte ai cardinali ha avuto parole di grande elogio per la relazione di Kasper:

Ieri, prima di dormire, ma non per addormentarmi - ha detto, con una battuta - ho riletto il lavoro del cardinale Kasper e vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. E’ piacevole leggere teologia serena. E ho trovato quello che sant’Ignazio ci diceva, quel sensus ecclesiae, l’amore alla Madre Chiesa, lì. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea, ma mi scusi eminenza se la faccio vergognare, ma l’idea è: questo si chiama fare teologia in ginocchio. Grazie, grazie.


La relazione del cardinale Kasper – ha sottolineato - non si prevede che venga pubblicata da parte del Collegio cardinalizio “non perché ci siano segreti straordinari, ma per correttezza, perché è una relazione fatta ad uso dei Padri: è fatta per loro e per il lavoro di questo Concistoro”.

Padre Lombardi ha detto di averla trovata “di una grande sintonia con quello che il Papa dice nelle sue parole introduttive: cioè, si vede che veramente c’è stata anche un’individuazione del relatore, un’impostazione della relazione molto coerente con questa prospettiva che il Papa dà. Quindi, di guardare con realismo alla realtà della famiglia, ma con questo grande desiderio di vederne con profondità l’inserimento nella realtà, nel piano di Dio e tutto quello che è bello della famiglia annunciata anche dal Vangelo, per il bene di tutte le persone e dell’umanità. E quindi, una prospettiva molto positiva, molto ampia, teologicamente fondata, profonda che arriva anche a vedere quali sono i problemi della pastorale di oggi ma non parte focalizzata, ristretta su questi problemi”...



martedì 25 febbraio 2014

Un video da guardare... basterebbe poco per farci riflettere...

Un bambino in una strada di Oslo trema di freddo. 
La gente si toglie il cappotto per coprirlo. 
I bambini siriani soffrono, ma sono lontani, ed è facile dimenticarli. Un’associazione umanitaria norvegese, usando YouTube, le strade di casa propria e un bambino di Oslo, ha però potuto indirettamente riportare l’attenzione dei suoi concittadini sull’immensa ingiustizia caduta sulle fragili spalle di tanti piccoli innocenti. E la denuncia è diventata immediatamente virale, grazie a YouTube: in un solo giorno ha superato i 2 milioni di visitatori, in due giorni ha toccato i 7 milioni.

Guarda il video


Naturalmente molto eloquenti sono le immagini, comunque, siccome il video è stato realizzato in lingua norvegese pubblichiamo una traduzione approssimativa:

Che cosa fate se vedete un bambino che sta tremando per il freddo?
Abbiamo installato una telecamera nascosta e messo Johannes a una fermata dell'autobus.

- Non hai una giacca? 
- no, qualcuno mi ha derubato. Sono in gita scolastica, e la mia insegnante ha detto che dovrei incontrarla qui. 
- hai il numero di telefono dell'insegnante? 
- no
[Uomo con gli auricolari:] 
- stai bene? 
- no, ho davvero freddo
[Donna con il cappotto marrone:] 
- hai abiti davvero leggeri ... Devo aiutarti un po'
- sì, grazie 
- guarda, questo è caldo e piacevole
[Donna con una coda di cavallo:] 
- quale scuola frequenti? 
- Ramberg, in Moss 
[L'uomo con gli sci:] 
- basta prendi questi [il ragazzo dice:] - molte grazie 

[Testo:] 
Sei uno di quelli che interviene quando vede qualcuno che ha un disperato bisogno di aiuto?


La strada della pace - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)



S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
25 febbraio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.



Papa Francesco: 
“Riconosciamo la nostra miseria contro le guerre e le liti”

Bimbi affamati nei campi profughi, mentre i fabbricanti d’armi fanno festa nei salotti. E’ l’immagine forte che Papa Francesco ha evocato nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Tutta l’omelia del Pontefice è stata un accorato appello per la pace e contro ogni guerra, nel mondo come in famiglia. Il Papa ha ribadito che la pace non può essere solo una “parola” e ha esortato tutti i cristiani a non “abituarsi” allo scandalo della guerra.

Da dove vengono le guerre e le liti in mezzo a voi? Papa Francesco ha preso spunto dalla Lettera dell’Apostolo Giacomo, nella Prima Lettura, per levare una vibrante condanna di tutte le guerre. E commentando i litigi tra i discepoli di Gesù per chiarire chi fosse il più grande tra loro, ha subito evidenziato che quando “i cuori si allontanano nasce la guerra”. “Ogni giorno, sui giornali, troviamo guerre – ha constatato con amarezza – in questo posto si sono divisi in due, cinque morti”, in un altro luogo altre vittime:
“E i morti sembrano far parte di una contabilità quotidiana. Siamo abituati a leggere queste cose! E se noi avessimo la pazienza di elencare tutte le guerre che in questo momento ci sono nel mondo, sicuramente avremmo parecchie carte scritte. Sembra che lo spirito della guerra si sia impadronito di noi. Si fanno atti per commemorare il centenario di quella Grande Guerra, tanti milioni di morti… E tutti scandalizzati! Ma oggi è lo stesso! Invece di una grande guerra, piccole guerre dappertutto, popoli divisi… E per conservare il proprio interesse si ammazzano, si uccidono fra di loro”.
“Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?”, ribadisce il Papa. “Le guerre, l’odio, l’inimicizia – ha risposto – non si comprano al mercato: sono qui, nel cuore.”
...
“Anche abitualmente davanti a un conflitto, ci troviamo in una situazione curiosa: andare avanti per risolverlo, litigando. Col linguaggio di guerra. Non viene prima il linguaggio di pace! E le conseguenze? Pensate ai bambini affamati nei campi dei rifugiati… Pensate a questo soltanto: questo è il frutto della guerra! E se volete pensate ai grandi salotti, alle feste che fanno quelli che sono i padroni delle industrie delle armi, che fabbricano le armi, le armi che finiscono lì. Il bambino ammalato, affamato, in un campo di rifugiati e le grandi feste, la buona vita che fanno quelli che fabbricano le armi”.
“Cosa succede nel nostro cuore?”
...
“Quante famiglie distrutte perché il papà, la mamma non sono capaci di trovare la strada della pace e preferiscono la guerra, fare causa… La guerra distrugge! ‘Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Forse non vengono dalle vostre passioni?’. Nel cuore! Io vi propongo oggi di pregare per la pace, per quella pace che soltanto sembra sia diventata una parola, niente di più. Perché questa parola abbia la capacità di agire, seguiamo il consiglio dell’Apostolo Giacomo: ‘Riconoscete la vostra miseria!”.
Quella miseria, ha proseguito, da cui vengono le guerre: “Le guerre nelle famiglie, le guerre nel quartiere, le guerre dappertutto”. “Chi di noi ha pianto – ha domandato ancora – quando legge un giornale, quando in tv vede quelle immagini? Tanti morti”. “Le vostre risa – ha detto riprendendo l’Apostolo Giacomo – si cambino in lutto e la vostra allegria in tristezza…”. Questo, ha detto, “è quello che deve fare oggi 25 febbraio” un “cristiano davanti a tante guerre, dappertutto”: “Piangere, fare lutto, umiliarsi”. “Il Signore – ha concluso – ci faccia capire questo e ci salvi dall’abituarci alle notizie di guerra”.

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Le raccomandazioni di Papa Francesco ai nuovi Cardinali: essere “canali” in cui scorre la carità e basta intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze...

«... Cari Fratelli Cardinali, il Signore Gesù e la madre Chiesa ci chiedono di testimoniare con maggiore zelo e ardore questi atteggiamenti di santità. Proprio in questo supplemento di oblatività gratuita consiste la santità di un Cardinale. Pertanto, amiamo coloro che ci sono ostili; benediciamo chi sparla di noi; salutiamo con un sorriso chi forse non lo merita; non aspiriamo a farci valere, ma opponiamo la mitezza alla prepotenza; dimentichiamo le umiliazioni subite. Lasciamoci sempre guidare dallo Spirito di Cristo, che ha sacrificato se stesso sulla croce, perché possiamo essere “canali” in cui scorre la sua carità. Questo è l’atteggiamento, questa deve essere la condotta di un Cardinale. Il Cardinale – lo dico specialmente a voi - entra nella Chiesa di Roma, Fratelli, non entra in una corte. Evitiamo tutti e aiutiamoci a vicenda ad evitare abitudini e comportamenti di corte: intrighi, chiacchiere, cordate, favoritismi, preferenze. Il nostro linguaggio sia quello del Vangelo: “sì, sì; no, no”; i nostri atteggiamenti quelli delle Beatitudini, e la nostra via quella della santità. Preghiamo nuovamente: “Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito”....» (Papa Francesco Omelia 23/02/2014)


lunedì 24 febbraio 2014

I gesti di Gesù - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
24 febbraio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.



Papa Francesco: 
Gesù non ci lascia soli

Seguire Gesù non è “un’idea” ma un “continuo rimanere a casa”, la Chiesa, dove Cristo riporta sempre chiunque, anche chi se ne è allontanato. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa di questa mattina, nella cappella di Casa Santa Marta.

Un ragazzo preso da convulsioni che si rotola a terra schiumando, in un mezzo a una folla sconvolta e inerme. E suo padre che quasi si aggrappa a Gesù, implorandolo di liberare suo figlio dalla possessione diabolica. È il dramma con cui apre il Vangelo di oggi e che Papa Francesco considera punto per punto: il cicaleccio degli astanti, che discutono senza costrutto, Gesù che arriva e si informa, “il chiasso che viene meno”, il padre angosciato che emerge dalla folla e decide contro ogni speranza di sperare in Gesù. E Gesù, che mosso a pietà dalla fede cristallina di quel papà, scaccia lo spirito e poi si china con dolcezza sul giovane, che pare morto, aiutandolo a rialzarsi:
“Tutto quel disordine, quella discussione finisce in un gesto: Gesù che si abbassa, prende il bambino. Questi gesti di Gesù ci fanno pensare. Gesù quando guarisce, quando va tra la gente e guarisce una persona, mai la lascia sola. Non è un mago, uno stregone, un guaritore che va e guarisce e continua: ad ognuno lo fa tornare al suo posto, non lo lascia per strada. E sono gesti bellissimi del Signore”.
Ecco l’insegnamento, spiega Papa Francesco: “Gesù – afferma – sempre ci fa tornare a casa, mai ci lascia sulla strada da soli”. Il Vangelo, ricorda, è disseminato di questi gesti. La risurrezione di Lazzaro, la vita donata alla figlia di Giairo e quella al ragazzo di una mamma vedova. Ma anche la pecora smarrita riportata all’ovile o la moneta perduta e ritrovata dalla donna:
“Perché Gesù non è venuto dal Cielo solo, è Figlio di un popolo. Gesù è la promessa fatta a un popolo e la sua identità è anche appartenenza a quel popolo, che da Abramo cammina verso la promessa. E questi gesti di Gesù ci insegnano che ogni guarigione, ogni perdono sempre ci fanno tornare al nostro popolo, che è la Chiesa”.
...
“E questi gesti di tanta tenerezza di Gesù ci fanno capire questo: che la nostra dottrina, diciamo così, o il nostro seguire Cristo, non è un’idea, è un continuo rimanere a casa. E se ognuno di noi ha la possibilità e la realtà di andarsene da casa per un peccato, uno sbaglio – Dio sa – la salvezza è tornare a casa, con Gesù nella Chiesa. Sono gesti di tenerezza. Uno a uno, il Signore ci chiama così, al suo popolo, dentro la sua famiglia, la nostra madre, la Santa Chiesa. Pensiamo a questi gesti di Gesù”.


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Questo straordinario Concistoro - "La via e i segni"

È stato il Concistoro delle sorprese. Iniziate con l’annuncio, un mese fa, dei diciannove nuovi porpo­rati chiamati da Papa Francesco a far parte del Collegio cardinalizio, a scompigliare qual­che scenario consolidato nel nome di un’u­niversalità sempre più accentuata. E culmi­nate ieri con la presenza in San Pietro, del tut­to inaspettata, del Papa emerito Benedetto X­VI, alla sua prima uscita pubblica quasi esat­tamente un anno dopo la rinuncia al mini­stero petrino. E mai s’erano visti insieme, co­sì, due pontefici. A rendere inedita e conse­gnare alla storia una giornata che, da ogni an­golo visuale la si guardi, ancora una volta ha detto più di quanto s’è visto. 
L’ha fatto nelle parole di Francesco, e nei ge­sti che l’hanno scandita. Quelli rituali legati da sempre al momento vissuto nella 'catte­drale del mondo': la consegna della berret­ta, dell’anello e della bolla di creazione ai nuovi porporati, e quelli a sorpresa, sponta­nei, con Benedetto a capo scoperto, con la papalina bianca stretta nella mano, acco­gliere l’abbraccio di Papa Bergoglio che gli si fa incontro, deviando dal percorso del suo ingresso, sotto gli occhi stupiti e commossi di milioni e milioni di persone. 
Qua e là, nel consueto contorno di com­menti che accompagnano e seguono ogni atto di Papa Francesco, si sono udite di nuo­vo risuonare espressioni come 'rivoluzio­ne', 'rottura degli schemi', e cose del gene­re. Ben più importante, però, al di là delle de­finizioni e di qualunque peso a esse si voglia dare, è la plasticità con cui quanto accadu­to ieri mattina è riuscito a rendere vivo quel rapporto tra memoria e futuro senza il qua­le non si va avanti. Senza il quale, anzi, ci si spegne. E l’idea stessa di generazione e di tradizione si svuota di senso. 
Innumerevoli le volte, e le occasioni, in cui Francesco ha toccato questo tasto, a signifi­care quanto importante sia quel rapporto nel­la sua visione...

Leggi tutto: La via e i segni di Salvatore Mazza

Vedi i nostri post precedenti:

"La Chiesa ascolti il mondo" di Enzo Bianchi

In vista del sinodo dei vescovi, papa Francesco ha voluto inaugurare una nuova modalità nella preparazione del confronto che avverrà in Vaticano il prossimo autunno: affinché si viva davvero un evento sinodale coinvolgente tutta la chiesa è stato inviato un questionario alle singole diocesi in modo che in ogni chiesa locale, parrocchia o comunità fosse possibile per i cristiani manifestare il proprio pensiero su temi e problemi morali che devono essere affrontati con urgenza e sui quali va pronunciata una parola profondamente cristiana. 
Questa iniziativa – che non è piaciuta ad alcuni i quali, senza contestarla apertamente, non hanno assunto alcuna iniziativa né avviato la discussione... - risponde a un bisogno già manifestato negli anni cinquanta da Pio XII: l’emergere di un’opinione pubblica nella chiesa, di un confronto che, invece di tacitare i conflitti o ignorare i nuovi problemi, li affronti e cerchi di risolverli con il discernimento ecclesiale.
Soprattutto sui temi inerenti alla famiglia e alla sessualità era diventato necessario ascoltare quanti vivono la realtà del matrimonio cristiano o della vita di coppia e dare voce anche a quelli che si sentono in situazione di difficoltà o di contraddizione rispetto al magistero tradizionale della chiesa. Ascoltare! Operazione non solo necessaria in tutte le relazioni umane, ma anche profondamente cristiana, essenziale per vivere la comunità dei credenti, cioè la chiesa.
Ebbene, da questo lungo e intenso confronto preparatorio, il questionario ha ricevuto una gran quantità di risposte, mostrando quanto le comunità siano vivaci e capaci di esprimere in modo motivato le loro considerazioni, anche nel coinvolgimento dei mutamenti culturali e di costume avvenuti in questi ultimi decenni soprattutto nelle chiese di antica tradizione cristiana occidentale. Per due anni ci sarà un cammino veramente sinodale di tutta la chiesa su questi temi così urgenti.
Contemporaneamente – e non poteva essere altrimenti – aziende e organismi internazionali operavano sondaggi per conoscere le differenti posizioni delle popolazioni dei vari paesi. In questi giorni appaiono sui media i dati, in verità non così sorprendenti per chi conosce le valutazioni etiche e morali di cui è capace la gente comune. Certo, appare evidente in Italia – l’Italia considerata cattolica, “zoccolo duro del cattolicesimo“ come amano definirla alcuni ecclesiastici – un disaccordo rispetto alle posizioni della chiesa più marcato che non in altri paesi.
Questo ci interpella? Forse il disaccordo dipende dal fatto che in Italia l’etica non è così determinante come in altri paesi? Gli italiani pensano che il divorzio non costituisca peccato così come pensano che il non pagare le tasse non sia peccato? Come mai in Italia – paese in cui la percentuale (80%) di chi si definisce cattolico o frequenta la messa domenicale è la più alta di tutte le circa venti nazioni “cattoliche” occidentali – si disattende così largamente ciò che pensa la chiesa?
E come mai, soprattutto negli ultimi due decenni, c’è stato questo vistoso allontanamento dalla chiesa da parte delle donne e delle nuove generazioni? E come leggere il dato che in Italia – pur nella denuncia ostinata della pedofilia – quasi un cittadino su tre ritiene ammissibili relazioni sessuali con minori?...



domenica 23 febbraio 2014

23/02/2014 Papa Francesco - SANTA MESSA CON I NUOVI CARDINALI - Angelus (testi e video)

Domenica, 23 febbraio 2014

Basilica Vaticana
ore 10

SANTA MESSA CON I NUOVI CARDINALI E IL COLLEGIO CARDINALIZIO

... Alle ore 10, settima domenica del tempo ordinario, Francesco ha presieduto nella basilica vaticana la concelebrazione eucaristica con i cardinali creati nel Concistoro di ieri e con tutti i porporati convenuti a Roma per il concistoro. Il Pontefice è entrato in processione con i nuovi cardinali, preceduti dagli altri 150 porporati, tutti vestiti con i paramenti verdi e la mitria bianca (sostituita poi con lo zucchetto rosso), raggiungendo l'altare della Confessione da dove ha presieduto la liturgia. Anche il Papa ha indossato paramenti verdi. Visibilmente emozionati i 18 neo-cardinali(il 19esimo, Loris Capovilla, 98 anni e mezzo, è assente per ragioni di età e di salute).
Hanno assistito al rito la presidente del Brasile Dilma Rousseff e le delegazioni ufficiali inviate dai governi dei paesi di provenienza dei nuovi cardinali. Il rito del Concistoro - semplificato da Benedetto XVI - non prevede per la messa conclusiva particolari gesti o segni, essendo state consegnate ieri tutte e tre le insegne (zucchetto, berretta a anello) e assegnate le sedi titolari, cioè le chiese e parrocchie di Roma delle quali nei prossimi mesi i neo cardinali prenderanno possesso.
«Gesù non è venuto a insegnarci le buone maniere, maniere da salotto! Per questo non c'era bisogno che scendesse dal Cielo e morisse sulla croce- sottolinea Bergoglio-A chi vuole seguirlo Gesù chiede di amare chi non lo merita, senza contraccambio, per colmare i vuoti d'amore che ci sono nei cuori, nelle relazioni umane, nelle famiglie, nelle comunità, nel mondo». Quindi «essere santi non è un lusso, è necessario per la salvezza del mondo». Perciò «cari fratelli cardinali, Gesù e la madre Chiesa ci chiedono di testimoniare con maggiore zelo e ardore questi atteggiamenti di santità». E «proprio in questo supplemento di oblativita' gratuita consiste la santità di un cardinale».

Leggi il testo integrale dell'Omelia di Papa Francesco

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 Piazza San Pietro
ore 12


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nella seconda Lettura di questa domenica, san Paolo afferma: «Nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3,23). Perché dice questo l’Apostolo? Perché il problema che si trova di fronte è quello delle divisioni nella comunità di Corinto, dove si erano formati dei gruppi che si riferivano ai vari predicatori considerandoli loro capi; dicevano: «Io sono di Paolo, io sono di Apollo, io sono di Cefa…» (1,12). San Paolo spiega che questo modo di pensare è sbagliato, perché la comunità non appartiene agli apostoli, ma sono loro - gli apostoli - ad appartenere alla comunità; però la comunità, tutta intera, appartiene a Cristo!
Da questa appartenenza deriva che nelle comunità cristiane – diocesi, parrocchie, associazioni, movimenti – le differenze non possono contraddire il fatto che tutti, per il Battesimo, abbiamo la stessa dignità: tutti, in Gesù Cristo, siamo figli di Dio. E questa è la nostra dignità: in Gesù Cristo siamo figli di Dio! Coloro che hanno ricevuto un ministero di guida, di predicazione, di amministrare i Sacramenti, non devono ritenersi proprietari di poteri speciali, padroni, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere con gioia il cammino della santità.
La Chiesa oggi affida la testimonianza di questo stile di vita pastorale ai nuovi Cardinali, con i quali ho celebrato questa mattina la santa Messa. Possiamo salutare tutti i nuovi Cardinali, con un applauso. Salutiamo tutti!...


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Riflessione di Enzo Bianchi sul Vangelo della domenica




Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica

VII domenica del Tempo Ordinario anno A
Mt 5,38-48

Da due domeniche siamo in ascolto del discorso della montagna, fatto da Gesù ai discepoli e alle folle, secondo Matteo. Oggi ascoltiamo le ultime due antitesi pronunciate da Gesù: “Avete inteso che fu detto … ma io vi dico”. Siamo posti davanti alle esigenze più radicali che il Maestro rivolge ai suoi discepoli come comandamenti: esigenze radicali di negazione di ogni risposta violenta alla violenza e di amore fino all’estremo.
Gesù ricorda ciò che nell’antichità era tradizionale – risaliva già al codice di Hammurabi (metà XVIII secolo a.C.) – ed era ripreso nella Torah come “legge del taglione”: “occhio per occhio, dente per dente” (Es 21,24; Lv 24,20; Dt 19,21). Una legge che aveva il senso preciso di arginare la violenza, di non moltiplicarla o accrescerla, facendola almeno restare nello spazio della reciprocità e fissando una misura alla punizione.
Ma Gesù si oppone a questa legge e, con l’autorità di chi pretende di risalire alla volontà del Legislatore, chiede di rinunciare a esercitare questo diritto, di non perseguire questa giustizia retributiva, ma di far cessare subito la violenza, non rispondendo all’offesa. Il malvagio resta un malvagio che commette il male, ma al male inflitto non si deve rispondere: se qualcuno ti dà uno schiaffo, tu devi porgere l’altra guancia; se qualcuno vuole la tua tunica, devi lasciargli addirittura il mantello e non contendere con lui in tribunale; e se qualcuno ti obbliga a camminare con lui, acconsenti… 
...
Occorre avere i pensieri e i sentimenti di Dio, occorre guardare a essi e non ai nostri. Dio è misericordioso, e come “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”, così è capace di misericordia anche per quelli che gli sono nemici e contraddicono la sua volontà. E se i credenti in Dio, in Gesù Cristo si fermassero alla logica della reciprocità, in che cosa differirebbero dai non discepoli, dai pagani? Dove starebbe la “differenza cristiana”? Non ci sono limiti alla legge dell’amore, e l’etica dell’amore è un’etica di eccesso proposta a tutti i cristiani.
Il comando di Dio nella Torah era: “Siate santi, perché io sono santo” (Lv 19,1), cioè sappiatevi distinguere dagli altri popoli, come io sono altro, distinto dal mondo. Secondo Matteo, Gesù lo trasforma in: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”, cioè siate maturi fino all’apice, siate senza contraddizione. E l’interpretazione ultima è quella di Luca che – seguendo il Targum (parafrasi aramaica) a Lv 22,28: “Come io sono misericordioso in cielo, così voi siate misericordiosi sulla terra” – giunge a questa straordinaria, definitiva sintesi: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36).

Leggi tutto: VII domenica del Tempo Ordinario


sabato 22 febbraio 2014

"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 14/2013-2014 (A) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
di Santino Coppolino




Vangelo:  Mt 5,38-48





Continuiamo la lettura del capitolo 5 del Vangelo di Matteo, dove la comunità è chiamata a riflettere sulla questione spinosa della violenza. L'invito che Gesù fa di non opporre resistenza al malvagio che perseguita i credenti, non sta a significare che si debba essere persone passive che accettano in silenzio ogni prepotenza, il cristiano non è questo, anzi. Gesù stesso, in Gv 18,23, stigmatizza la violenza di una guardia del tempio che lo schiaffeggia solo per compiacere i superiori.
Egli non ci chiede di passare per stupidi, per scemi, di rimanere in silenzio di fronte all'ingiustizia e alla violenza. Ci chiede di essere buoni, eccessivamente buoni, smodatamente buoni, come il Padre: "CHARITAS SINE MODO".
Gesù ci chiede di spezzare il cerchio della violenza che moltiplica ancora di più la spirale dell'odio, mettendo in atto azioni di riconciliazione, di pace, di bene, di amore che disinneschino questo meccanismo perverso che si abbatte su di noi. Solo agendo così possiamo realmente dirci "figli del Padre nostro dei cieli", figli perché ad immagine del Padre, perché amiamo tutti i fratelli così come Lui li ama. Amare tutti, nemici compresi, perché così ama il Dio di Gesù, che non è un Dio che premia i giusti e castiga i malvagi, ma a tutti, giusti e malvagi, offre il suo amore. E' questo amore, eterno e gratuito, che ci consente di essere "perfetti come è perfetto il Padre nostro celeste"; perfetti cioè totalmente, pienamente, completamente capaci di amare ogni nostro fratello, perché il Padre, nel Figlio, per mezzo del suo Amore, ama ciascuno di noi.