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sabato 1 novembre 2025

SANTI E PECCATORI SI TENGONO PER MANO - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

SANTI E PECCATORI SI TENGONO PER MANO 
Commento al Vangelo 
a cura di P. Ermes Maria Ronchi





2 novembre - commemorazione di tutti i defunti - fra Ermes Ronchi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà (...) separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”(...). Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”(...). “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». 
Mt 25, 31-46

LE BILANCE DI DIO

Le bilance di Dio non sono tarate sul male, ma sulla bontà; non pesano tutta la nostra vita, ma solo la parte buona. E così anch’io mi prenderò cura di un fratello, lo terrò al sicuro al riparo del mio cuore.

Una scena potente, drammatica, detta del “giudizio universale”, ma che in realtà è lo svelamento della verità sulla vita, su ciò che rimane quando non rimane più niente: l’amore.

Il vangelo mette in scena una domanda antica quanto l’uomo: cosa hai fatto di tuo fratello? La Parola di Gesù offre in risposta sei opere ordinarie, poi apre una feritoia straordinaria: ciò che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me! Gesù stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini, da giungere a identificarsi con loro: l’avete fatto a me! Il povero è come Dio, è corpo e carne di Dio. Il cielo dove il Padre abita sono i suoi figli.

E capisco che a Dio manca qualcosa: all’amore manca di essere amato. È lì nell’ultimo della fila, mendicante di pane, di casa, di affetto: i suoi piccoli li vuole tutti dissetati, saziati, vestiti, guariti, consolati. E finché uno solo sarà sofferente, lo sarà anche lui.

Davanti a questo Dio resto incantato, con lui mi sento al sicuro. E così farò anch’io, mi prenderò cura di un fratello, lo terrò al sicuro al riparo del mio cuore.

Mi è d’immenso conforto sentire che l’argomento ultimo e decisivo non sarà il male che abbiamo commesso, ma il bene; lo sguardo del Signore non si posa su peccati, debolezze o difetti, ma sui gesti buoni, sulle briciole di gentilezza, sui bicchieri d’acqua donati.

Le bilance di Dio non sono tarate sul male, ma sulla bontà; non pesano tutta la nostra vita, ma solo la parte buona della nostra storia.

In principio e nel profondo, alla fine di tutto non è il male che revoca il bene che hai fatto, è invece il bene che revoca, annulla, sovrasta il male della tua vita. Sulle bilance del Signore una spiga di buon grano pesa più di tutta la zizzania del campo.

Gesù mostra così che il “giudizio” è divinamente truccato, è chiaramente parziale, perché sono ammesse sole le prove a discarico. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore (Giovanni della Croce), non su colpe o pratiche religiose, ma sul laico, umanissimo addossarci il dolore dell’uomo.

La via cristiana non si riduce però a compiere delle buone azioni, deve restare scandalosa, deve stagliarsi sull’orizzonte della storia, andare controcorrente, essere provocatoria nel riaffermare che il povero è il cielo di Dio! Di un Dio innamorato che canta per ogni figlio il canto esultante di Adamo per la sua donna: “Veramente tu sei carne della mia carne, respiro del mio respiro, corpo del mio corpo”.

Poi ci sono anche quelli mandati via. La loro colpa? Hanno scelto la lontananza: lontano da me, voi che siete stati lontani dai fratelli. Non hanno fatto del male ai poveri, non li hanno umiliati o derisi, semplicemente non hanno fatto niente per loro. Omissione di fraternità. Indifferenza. Distanza. Glaciazione delle relazioni.

Al contrario il vangelo traccia la strada buona: tu ti prenderai cura! Metterai cuore e mani sulla fame e sulla sete, sul dolore e sul naufragio di qualcuno. Senza, non c’è paradiso.

LA STRANA COPPIA

Luca 6, 20-26

Un bellissimo vangelo che ci dà la scossa. Potente e incomprensibile.

Le beatitudini raccontano Dio che scommette su coloro i quali la storia mai scommetterebbe: i piccoli, gli affamati, i piangenti, i rifiutati. In coppia con Gesù che nella sinagoga di Nazaret rivela la lieta notizia a poveri, oppressi, ciechi, prigionieri.

Beati voi poveri. Beati voi che piangete.

Due beatitudini paradossali, che accostano parole che scendono come una spada, come rovente linea di fuoco nel mio doppio cuore.

Nella sinagoga aveva detto “Sono venuto a portare il lieto annuncio ai poveri”. Ed eccolo qui, il miracolo: beati voi poveri, Il luogo della felicità è Dio, ma il luogo di Dio è la croce, le infinite croci degli uomini. La povertà è una croce non benedetta, i crampi allo stomaco di chi ha fame non devono durare per sempre, ma Dio si prende cura.

Beati i poveri, che non avendo cose, sono liberi di non aver nulla da perdere, e donano se stessi. Beati, perché è con voi che Dio cambierà la storia, e non con i potenti!

Cosa mi aspettavo da questo vangelo? Beati voi poveri perché adesso è il vostro turno di arricchire?

Non promette questo Gesù. Il suo progetto è più profondo. C’è di mezzo il cielo, vostro è il regno dei cieli, che non è il paradiso. Significa che il mondo giusto è quello vostro, e non quello dei ricchi.

Per la bibbia la ricchezza è benedetta, e la povertà una sciagura. Ma è vero anche che la povertà è colpa dei ricchi, che hanno accumulato e non hanno condiviso.

Beati voi poveri, perché Dio cammina con voi. Voi miei discepoli, che avete abbandonato le barche per me, non abbiate paura, perché Dio si prende cura di voi.

Beati gli affamati, perché sarete sfamati? No, di più: sarete saziati della pienezza del pane moltiplicato.

Beati voi chi piangete, perché smetterete di piangere? No, di più, perché voi passerete al riso.

Beati quando vi odieranno perché siete un pugno nello stomaco del mondo, perché la vostra libertà fa paura. Ricompensa grande avrete nel cielo: e non parla del paradiso, ma del fatto che Dio sta dalla parte vostra.

Ma guai a voi, ricchi.

Mi sembra di vedere Gesù girarsi lentamente verso di loro. Ma Dio non maledice, la sua è la tristezza del padre in ansia.

Eccoli i tremendi quattro guai di Luca.

Guai, “uaì” in greco, traslitterazione di “ohi” ebraico, è il grido dei lamenti funebri, il singhiozzo del pianto su chi è morto.

I quattro guai sono il lamento ripetuto da Gesù, il suo pianto, li piange come morti.

Ahi ricchi, siete la causa della povertà, c’è da piangere per la vostra fame d’oro, siete morti dentro.

Gesù piange sui ricchi, non sui signori. Da loro andava a cena. Il signore dona, condivide, il ricco trattiene e accumula.

Così i possidenti diventano dei posseduti dai loro stessi possessi.

Il vangelo più alternativo e, al tempo stesso, amico.

Beati quelli che non vedono la vita in funzione del loro io,

ma il loro io in funzione della vita.

Hanno in dono la vita indistruttibile, quella di Dio che vive in loro.

Preghiera dei Fedeli - Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - Solennità di Tutti i Santi

Fraternità Carmelitana
di Pozzo di Gotto (ME)

Preghiera dei Fedeli

Solennità di Tutti i Santi 
1° Novembre 202

Per chi presiede

Uniti in comunione fraterna con i Santi del cielo e con tutti i credenti, pellegrini sulla terra, eleviamo a Dio nostro Padre le nostre suppliche e le nostre intercessioni ed insieme diciamo:

        R/ Santifica la tua Chiesa, Signore


Lettore

- Padre Santo, datore di ogni bene, Tu hai voluto che la tua Chiesa, radunata nel tuo nome, fosse in mezzo agli uomini come segno e strumento di unità e di vera comunione fraterna, arricchiscila del tuo Santo Spirito, perché diventi sempre più conforme all’immagine del tuo Figlio Gesù, assumendo lo stile di vita delle Beatitudini. Preghiamo.

- Ti ringraziamo e ti lodiamo, o Padre Santo, per le tante persone sante, uomini e donne delle Beatitudini, che hanno inciso nel cammino della nostra vita e che ci hai dato la possibilità di poter conoscere sia di persona, sia attraverso i loro scritti o racconti delle loro vite: persone umili, persone capaci di piangere sulle disgrazie altrui, persone miti, amanti della giustizia, misericordiosi e compassionevoli, puri di cuore e costruttori di pace. Sii Tu benedetto o Padre, perché non smetti mai di suscitare in mezzo a noi nuovi testimoni della fede. Preghiamo.

- Tu, Padre Santo, nella diversità delle tante fedi continui a chiamare ogni uomo e ogni donna ad una vita veramente santa, cioè piena di senso, aperta a relazioni autentiche con gli altri e sempre capace di suscitare e custodire la comunione. Fa’ che, nonostante le differenze religiose, possiamo ritrovarci uniti nell’amore per la vita e nella custodia della “casa comune” che è il nostro creato. Preghiamo.

- Dio della Gloria, che chiami tutti i tuoi figli ad essere santi ed immacolati nell’amore, per la fede e l’intercessione di Maria e di tutti i Santi e le Sante, converti il nostro cuore all’evangelo delle Beatitudini, disperdi i pensieri dei violenti e conferma tutti i credenti nel cammino verso l’unità e la pace. Preghiamo.

- Ti affidiamo, o Dio fonte della santità, i nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]. Ti affidiamo in questo giorno anche tutti i martiri cristiani, coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello; ti affidiamo tutte le vittime della guerra, le vittime della persecuzione e della tortura a causa della giustizia, della religione, dell’appartenenza ad una cultura ed etnia. Concedi a tutti di contemplare lo splendore del tuo Volto, in comunione con tutti i Santi e le Sante nella Gerusalemme celeste. Preghiamo.

Per chi presiede

Padre Santo e fonte di ogni santità, aiutaci a vivere la vera felicità del vangelo delle Beatitudini, che ci hai donato attraverso la forma di vita e le parole del tuo Figlio Gesù, il Messia che tu hai inviato, benedetto nei secoli dei secoli. AMEN.

1 novembre SOLENNITA' TUTTI I SANTI - Enzo Bianchi: La gioiosa festa della comunione dei santi

Enzo Bianchi
La gioiosa festa della comunione dei santi
   
01 Novembre 2025 SOLENNITA' TUTTI I SANTI

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Mt 5,1-12a


Viviamo la gioiosa festa della comunione dei santi del cielo e della terra. Sì, non solo dei santi del cielo, ma anche dei santi che sono ancora in cammino verso il Regno. Tutti noi, un’unica comunione, tutti noi viviamo insieme. Come ci ricorda la Lettera agli Ebrei, noi camminiamo circondati da questa nuvola di testimoni, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che ha dato inizio alla nostra fede e colui che la porta a pienezza (cf. Eb 12,1-2). Non siamo soli, ed è l’unico e comune sguardo rivolto da noi verso Gesù che instaura la nostra comunione.

Proprio in questa festa gioiosa la chiesa ci chiede di ascoltare le beatitudini, le proclamazioni fatte da Gesù e rivolte a tutti coloro che si mettono in ascolto. Le abbiamo ascoltate e le abbiamo anche impresse nel nostro cuore, perché sempre risuonano come buona notizia, come Vangelo nella nostra vita cristiana. Come dunque risuonano dentro di noi? È questo innanzitutto che dobbiamo chiederci. Non vi nascondo che, quando le leggo, sento bruciare le mie labbra, perché è vero che sono un annuncio di felicità, ma io le posso tranquillamente rivolgere a me, seppur discepolo di Gesù? Il Vangelo è innanzitutto rivolto a me, mi deve interrogare e non può essere ridotto a messaggio moraleggiante con cui approvare alcuni e condannare altri. Noi erigiamo molte difese per non lasciarci raggiungere dal Vangelo e facilmente lo indirizziamo agli altri, accrescendo la nostra cecità su noi stessi e rendendo il nostro occhio buio (cf. Mt 6,22-23)…

Ecco allora che queste proclamazioni di beatitudine possono in primo luogo svelarci, raccontarci chi è Gesù: è lui il povero, è lui l’affamato, è lui il mite, è lui il puro di cuore, è lui il perseguitato. Ecco perché è il beato per eccellenza. E tutti i racconti dei vangeli ci dicono questa sua beatitudine. Siamo dunque chiamati a guardare a lui, a tenere lo sguardo fisso su di lui, perché solo lui è l’origine della grazia che contrasta i nostri schemi e i nostri ideali moralistici. Chi di noi può dirsi povero, e povero anche di respiro, nel cuore, come proclama la prima beatitudine? Chi di noi può dirsi puro di cuore o mite, non solo nello stile apparentemente adottato, ma nel cuore?

Comprendiamo così che solo guardando a Gesù, mettendo la nostra fede in lui e non nelle nostre opere e operazioni, possiamo forse tendere, soltanto tendere alla beatitudine promessa. Proprio per questo tutta la tradizione cristiana dice che il santo è colui che ignora la sua santità. Il santo è colui che si sente – come Ignazio di Antiochia, vecchio e ormai martire – soltanto uno che ha iniziato a essere discepolo, uno che attende di essere veramente uomo: “allora”, nella morte, “sarò veramente discepolo di Gesù Cristo … allora sarò veramente un uomo” (cf. Lettera ai Romani 4,2; 6,2).

Così si afferma il primato della grazia, dell’amore di Dio gratuito che non va mai meritato ma solo accolto, in quella semplicità di cuore che vede la presenza di Dio negli altri e in essi la rispetta, la adora. Significativamente papa Francesco ricorda, nella Gaudete et exultate: “Dio è misteriosamente presente nella vita di ogni persona, … e non possiamo negarlo con le nostre presunte certezze. Anche qualora l’esistenza di qualcuno sia un disastro, anche quando lo vediamo distrutto dai vizi o dal peccato, Dio è presente nella sua vita” (n. 42).

Ciascuno di noi, dunque, ascolti le beatitudini con cuore semplice, pieno di stupore, e metta la sua fiducia nel Signore affinché porti a compimento l’opera iniziata da lui (cf. Fil 1,6) e da noi contraddetta. Tutto è grazia nel Signore Gesù!
(fonte: blog dell'autore)

1 novembre SOLENNITA' TUTTI I SANTI - Don Giovanni Berti: Il sogno del Vangelo

Don Giovanni Berti

Il sogno del Vangelo

Sabato 1 novembre 2025 – Tutti i Santi

L’Apocalisse usa il linguaggio dei sogni per rivelare che la salvezza non è per pochi eletti. Ai 144mila si affianca una moltitudine immensa di ogni popolo: chi vive il bene, anche senza saperlo, appartiene a Dio. I Santi ci ricordano che il Vangelo è possibile per tutti e continua a trasformare il mondo


Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». 
(dal Libro dell’Apocalisse 7,2-4.9-14)

Il libro dell’Apocalisse, scritto da Giovanni evangelista e ultimo dei 73 che compongono la Bibbia, usa il linguaggio dei sogni, con immagini ed eventi che non seguono una logica razionale. Parla di ciò che accade nella vita e di come Dio entra nella storia umana, ma in modo filtrato e simbolico. I simboli, figure e numeri legati alla cultura del primo secolo dopo Cristo, non sono sempre di immediata comprensione. Non è un libro misterioso che annuncia chissà quali eventi catastrofici, ma una miniera inesauribile di parole che ci conducono a comprendere chi è Dio per noi e chi siamo noi per Dio, anche oggi.

Come accade nei sogni che faccio e che riesco a ricordare quando, appena sveglio, non mi lascio subito rapire dal concreto, anche davanti a questo sogno rivelatore di Giovanni evangelista voglio provare a cogliere un messaggio per me e per tutti noi, in questo giorno in cui alziamo lo sguardo al cielo verso tutti i Santi.

E il sogno che ho davanti è, come sempre, strano e pieno di colpi di scena. Insieme a Giovanni vedo un gruppo numerosissimo: 144mila persone con un sigillo speciale, che sembrano le uniche degne di Dio e destinate alla salvezza dalle catastrofi della storia. Hanno tutte questo sigillo di una promessa legata a un popolo preciso, unito dalla parentela. Sono forse i Santi che veneriamo e che la Chiesa ha riconosciuto come modelli di fede? Sono gli unici accanto a Dio? In cielo ci sono quindi solo i battezzati, e per di più quelli davvero esemplari? È un sogno bello, ma fin qui ha qualcosa che mi terrorizza. Solo 144mila persone privilegiate da Dio, cristiani che hanno “guadagnato” la felicità eterna… e tutti gli altri? E io che posto avrò, visto che quando leggo la vita di un Santo percepisco più la distanza che la somiglianza con la mia vita e la mia fede?

Ma il sogno non è finito. Giovanni racconta che oltre quel gruppo speciale ce n’è un altro sterminato. Ed ecco il colpo di scena che rende questo sogno dell’Apocalisse stupendo e sorprendentemente legato alla vita: «…una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani».

Una moltitudine immensa che fa sembrare i 144mila un piccolo gruppo, e dona alla scena un respiro davvero evangelico. Da ogni nazione, tribù, popolo e lingua: cioè chiunque, anche non cristiano e anche non credente, ma uomini e donne che vivono fino in fondo la vita secondo Dio, magari senza saperlo. Il sogno dell’Apocalisse, in questo giorno in cui celebriamo tutti i Santi, in un tempo in cui sembra ci siano più Santi sul calendario di un mese che cristiani in chiesa, mi ricorda che il Vangelo di Gesù è ancora al centro della storia umana, con il suo messaggio di vita, fraternità e pace.

I Santi che ricordiamo oggi, riconosciuti dalla Chiesa come modelli, ci hanno creduto e nel piccolo spazio del loro tempo e del loro luogo hanno messo in pratica le parole di Gesù, nonostante persecuzioni, dubbi, limiti e peccati. Sono lì a ricordare a me e a noi che il Vangelo si può vivere, e che non passa di moda né perde la sua forza nel migliorare il mondo. Ci ricordano che il Vangelo è possibile per tutti, e chi oggi cerca la pace, la fraternità e l’amore reciproco fa parte dell’infinito popolo di Dio, in terra e in cielo.

È vero, le nostre liturgie, gli incontri formativi, i catechismi e gli oratori sono sempre più vuoti, e questo dispiace, ma non deve farci perdere la speranza. Siamo qui oggi, spinti dall’esempio dei Santi, a continuare a credere nella forza del Vangelo, capace di raggiungere ogni popolo, ogni lingua, ogni persona. E come spesso cantiamo, il sogno diventa realtà…
(fonte: sito dell'autore 31/10/2025)