Alberto Maggi: cosa pensavano della morte i primi cristiani?
Trattando di coloro che hanno dato adesione a Gesù, gli evangelisti evitano di adoperare il termine morti.
Essi sono addormentati, eufemismo col quale nel NT si indica la morte. Per i primi cristiani la morte era un addormentarsi, e il dormire non fa parte della morte ma del ciclo vitale.
La morte, per coloro che hanno accolto Gesù e il suo messaggio, non è la fine di tutto, ma come il dormire è quell’azione che consente all’individuo di rinfrancarsi dalla stanchezza per poi riprendere con maggiore vigore la sua vita, così la morte una pausa nella quale, come per il sonno, l’individuo riposa dalle fatiche per poi risvegliarsi con nuovo aumentato vigore.
Per questo i primi cristiani non hanno chiamato necropoli (“città dei morti”) il luogo dove seppellivano i defunti, come era in uso nel mondo greco-romano, bensì cimitero, dalla parola greca koimêtêrion che significa dormitorio e che poteva indicare anche una sola tomba.
Con il cristianesimo si rovesciò completamente il rapporto con il mondo dei morti, che nell’antichità erano temuti (gli Ebrei consideravano il cadavere e il suo sepolcro fonte di impurità), per questo si seppellivano i morti fuori della città, lontano dai viventi per evitare conseguenze funeste. Già da Costantino in poi iniziò l’uso di seppellire presso le chiese o addirittura al loro interno. In passato il cimitero non aveva quell’atmosfera mesta che ha attualmente e il suo spazio non era riservato esclusivamente ai morti.
Da L’ULTIMA BEATITUDINE (Garzanti)
(fonte: Bacheca facebooke di Alberto Maggi, autore del testo)
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La morte non è una disgrazia,
ma un beatitudine, una felicità suprema.
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