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venerdì 15 novembre 2024

Israele e Hamas. Ex ostaggi a Roma Conferenza stampa: “Subito un accordo per liberare chi è ancora a Gaza. Vero nemico è l’odio” e incontro con il Papa (articoli e video)


Israele e Hamas. Ex ostaggi a Roma: “Subito un accordo per liberare chi è ancora a Gaza. Vero nemico è l’odio”

“Trovare l’accordo, a qualsiasi costo, per il rilascio dei 101 ostaggi ancora in mano ad Hamas, prima che arrivi l’inverno”: è la richiesta di cinque ex prigionieri israeliani rapiti da Hamas il 7 ottobre dello scorso anno e poi liberati che ieri mattina in Vaticano sono stati ricevuti dal Papa. Nel pomeriggio, invece, l'incontro con la stampa nel quale hanno rievocato la loro prigionia e rilanciato l'urgenza di un accordo

(Foto Sir)

Un’unica, sola, richiesta: “Trovare l’accordo, a qualsiasi costo, per il rilascio dei 101 ostaggi ancora in mano ad Hamas, a Gaza, prima che arrivi l’inverno”. Confidano nell’azione di Papa Francesco, “che riesce a parlare con tutti”, e nell’aiuto dei Governi internazionali, tra cui l’Italia, “di Biden o di Trump, non importa chi, se di destra o di sinistra”, per riportare a casa, “bring them home”, i loro cari “da 406 giorni in ostaggio nella Striscia di Gaza”. Sono cinque ex prigionieri israeliani rapiti da Hamas il 7 ottobre dello scorso anno – nei kibbutz di Beeri, Nir Oz, Nir Yitzhak – Adi Shoam, Yelena Trufanov, Sharon Lifshitz, Sahar Kalderon e Norberto Luois Har che ieri pomeriggio, a Roma, hanno incontrato la stampa. La mattina erano stati ricevuti da Papa Francesco che aveva ribadito la promessa, fatta già ad altre due delegazioni di ostaggi, di “pregare e fare tutto il possibile” per la loro liberazione.

(Foto Sir)
Concetto ripreso dall’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Yaron Sideman, che ha accompagnato la delegazione in Vaticano, aprendo la conferenza stampa: “Sono passati 37 giorni da quando ci siamo riuniti per commemorare l’attacco del 7 ottobre. Dobbiamo riportare a casa vivi e sani quelli ancora detenuti a Gaza”.

L’inferno dei tunnel. Durante l’incontro con la stampa non sono risuonate parole di odio o di vendetta ma tanti ricordi sofferti della loro prigionia durante la quale hanno sperimentato “l’inferno dei tunnel e la disumanità” dei carcerieri di Hamas. Yelena Troufanov, che ha avuto il marito Vitaly trucidato durante l’attacco e con il figlio Sasha (28 anni) ancora in ostaggio, ha ricordato l’incontro con l’allora capo di Hamas, Yahya Sinwar, ucciso lo scorso ottobre: “Mentre passava vicino al nostro tunnel si è fermato un attimo e, parlando in ebraico, ci ha chiesto come venivamo trattati”. L’altro ieri la Jihad islamica ha diffuso un video di Sasha che mostra il giovane molto provato: “Sono sollevata – ha detto la madre – perché è vivo ma ho paura per lui perché l’ho visto cambiato. Non è solo la sua salute fisica che mi preoccupa, ma anche quella mentale. Sono molto preoccupata per lui dopo un anno di prigionia”. Significativa è stata la testimonianza di Yocheved Lifshitz, riferita ai giornalisti da sua figlia Sharon: “Mia madre ha incontrato il capo di Hamas e gli ha chiesto perché si sono accaniti contro gente pacifica, ma non ha avuto risposta. Purtroppo – ha aggiunto – c’è un ‘tango’ che va avanti da molti anni tra Hamas e Netanyahu, e noi ne stiamo pagando le conseguenze”. Yocheved è la donna che ha stretto la mano al suo carceriere quando venne rilasciata il 23 ottobre 2023, un’immagine che fece il giro del mondo. Forte la denuncia di Luois Har che ha parlato di “violenze sessuali e stupri contro uomini e donne di fronte ai bambini piccoli”. Har ha rievocato il momento della sua liberazione da parte dell’esercito israeliano con un blitz e si è detto “fortunato per essere qui e raccontare quello che ho vissuto. Devo la mia vita ai soldati. Ricordo bene le loro parole, ‘Luois, siamo venuti per riportarti a casa’”. Ma, ha aggiunto, “ho il cuore spaccato a metà: una parte di noi è ancora lì a Gaza. Vi supplichiamo di fare tutto il possibile per riportarli a casa. Finché saranno lì non ci potrà essere nessuna soddisfazione”.

“Niente è più importante della vita dei nostri cittadini. Quello che è successo è un crimine contro l’umanità”.

“Mio padre è ancora a Gaza. Ci manca tantissimo”, ha raccontato Gaya Kalderon, 22 anni, sorella di Sahar, quest’ultima presa in ostaggio con suo fratello Erez (12 anni), entrambi rilasciati il 27 novembre 2023 nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco temporaneo. Suo padre Ofer, invece, è ancora nelle mani di Hamas. Gaya e suo fratello Rotem si sono salvati perché si sono rinchiusi dentro la “safe room” del proprio appartamento. “Quando mia sorella e mio fratello sono stati rilasciati la prima cosa che ci hanno raccontato è stato l’inferno che hanno vissuto – ha affermato -. La mia famiglia è molto preoccupata. Mia sorella l’ha visto e l’ha trovato emaciato, dimagrito e disperato. Ci manca tantissimo”.

Il vero nemico è l’odio. Guardando al presente, Sharon Lifshitz ha voluto sottolineare che

“il nostro vero nemico è l’odio verso l’altro, il diverso. È devastante il fatto che i social media, che dovevano creare ponti e conoscenza tra le persone, oggi fomentano la divisione e l’inimicizia”. “L’antisemitismo crescente che stiamo vedendo – ha spiegato – risiede anche nell’incapacità di distinguere tra le persone, gli ebrei in quanto tali, e le eventuali decisioni politiche del Governo che possono non piacere”.

“Io non condivido affatto determinate azioni del nostro governo e manifesto in piazza insieme a mia madre. Perché devo essere sempre considerata un’agente dello Stato di Israele? Così, allo stesso modo con cui cerchiamo di informarci su quanto accade a Gaza, sulla sofferenza della popolazione, se si vuole conoscere la verità, dobbiamo anche sapere quanto è effettivamente accaduto il 7 ottobre 2023”.
(fonte: SIR, articolo di Daniele Rocchi 15/112024)

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Il Papa ha incontrato un gruppo di ostaggi israeliani liberati a Gaza

Uomini e donne per mesi prigionieri di Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre, sono stati ricevuti questa mattina in Vaticano. Presenti anche due bambini. Molti hanno portato un cartello con i volti e i nomi dei familiari prigionieri o scomparsi


Dopo mesi di prigionia a Gaza, un gruppo di ostaggi israeliani rapiti da Hamas durante il brutale attacco del 7 ottobre 2023, è stato ricevuto questa mattina, 14 novembre, da Papa Francesco in Vaticano. Presenti all’udienza, nella Sala della Biblioteca del Palazzo Apostolico, sedici persone tra cui dieci donne, quattro uomini e due bambini. Uno di loro ha regalato al Papa una maglia di calcio con il nome di Tal Shoham, un parente rapito insieme alla moglie, ai figli, alla suocera e altri congiunti, alcuni dei quali rilasciati nell'ambito di un accordo per il cessate il fuoco temporaneo tra Hamas e Israele, mediato da Qatar, Egitto e Usa. Il volto del giovane, insieme all'età (38 anni al momento del rapimento, 39 compiuti in prigionia) era raffigurato su un cartello che alcuni dei presenti hanno portato al Papa. Anche altri partecipanti all'udienza hanno mostrato a Francesco i cartelli coi volti dei loro familiari, con il nome, l’età, la scritta “Bring him home”, l’appello cioè a farli tornare a casa, e il logo dell'“Hostage and Missing Families Forum”, il coordinamento di parenti di ostaggi e persone scomparse da oltre un anno. Francesco ha poggiato la mano su ognuno di questi volti in segno di benedizione. Poi ha voluto restare per qualche istante in silenzio in preghiera.

Un bambino consegna al Papa una maglia sportiva

Incontro toccante

Un incontro “toccante” lo definisce l’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede in un post diffuso dal suo account X, in cui si legge che il Pontefice ha mostrato la sua vicinanza e l’impegno per la liberazione degli altri ostaggi ancora in prigionia a Gaza.

Gli appelli costanti del Papa

Sin dal primo momento Papa Francesco in ogni pronunciamento pubblico ha ribadito l’appello alla liberazione delle persone rapite, quale condizione urgente e necessaria - insieme al cessate il fuoco nella Striscia e all’accesso della popolazione agli aiuti umanitari - per una soluzione del conflitto, scatenatosi dopo l’attacco del 7 ottobre. Attacco che ha provocato oltre 1.100 morti ed ha portato al rapimento di 240 persone, incluse donne, anziani e bambini.

Un momento dell'udienza

I due incontri dell'8 aprile

Già l’8 aprile scorso il Pontefice aveva incontrato un gruppo di familiari di alcuni ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. E ancor prima, il 22 novembre 2023, aveva ricevuto in Vaticano - in due momenti distinti - i parenti sempre di ostaggi israeliani e una delegazione di palestinesi i cui familiari sono a Gaza a pagare il prezzo altissimo della guerra tra i continui attacchi israeliani che hanno provocato distruzione e morte. Oltre 43.700 le vittime secondo l’ultimo dato diffuso dal Ministero della Sanità gestito da Hamas. In quell’occasione, Francesco ha voluto “manifestare vicinanza spirituale alle sofferenze di ciascuno”, spiegava il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni.

Udienza a Olmert e Al-Kidva

È di circa un mese fa, il 17 ottobre, l’udienza privata del Papa a Ehud Olmert, 78 anni, ex primo ministro dello Stato di Israele, e all’ ex ministro degli Esteri dello Stato palestinese, Nasser Al-Kidva, ricevuti nel Palazzo Apostolico insieme ad una delegazione di attivisti per la pace. “Un incontro importante ed emozionante”, affermavano i due politici ai media vaticani, in cui “il Santo Padre ha mostrato un interesse straordinario agli sforzi di pacificazione in Medio Oriente”.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 14/11/2024)