"All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: No, si chiamerà Giovanni. Le dissero: Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome. Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: Giovanni è il suo nome. Tutti furono meràvigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: Che sarà mai questo bambino? si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui" (Lc 1).
Dal silenzio di Zaccaria nasce l'ultima parola profetica dell'Antica Alleanza, dalla sterilità di Elisabetta nasce l'annunciatore della vita perfetta offerta da Dio al suo popolo. Nei Vangeli la figura del Battista e il suo messaggio sono tratteggiati con gli stessi lineamenti di quelli del Cristo proprio secondo il principio giudaico per cui "l'inviato è come l'inviante".
Non per nulla la liturgia odierna applica al Battista il secondo carme del Servo del Signore (Is 49) che la tradizione cristiana ha usato sempre in chiave messianica e Cristologica. Il Battista è il "servo" di Dio e quindi del suo Messia.
Come ricorda Paolo nel suo discorso ad Antiochia di Pisidia, il Battista proclama: "Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali". Eppure la sua azione si apre con un battesimo a cui il Cristo stesso si sottomette, la sua predicazione ha come nucleo centrale la stessa proclamazione del Cristo: "Il regno di Dio è vicino". Il suo destino è lo stesso di quello del Cristo, il martirio sotto il giogo del potere crudele.
C'è, quindi, una rappresentazione Cristologica della figura del Battista la cui esistenza è tutta polarizzata sul Cristo. È la stessa impostazione che guida il "Vangelo dell'infanzia del Battista" di cui oggi leggiamo un brano. Esso è costruito da Luca in dittico con quello del Cristo stesso secondo lo schema "annunciazione - nascita - inni - crescita". Ed è proprio su questo brano che ora fissiamo la nostra attenzione.
Al centro c'è la nascita del bambino che è totalmente dono di Dio, essendo nato da una madre sterile (secondo il modulo tipico delle "nascite di un eroe", molto noto nell'Antico Testamento). Dio entra nella storia con una parola viva che si fa carne in attesa della piena incarnazione del Figlio. La novità assoluta di questo dono e di questa parola è documentata anche dal nome Giovanni inedito nella genealogia del Battista. Esso, infatti, indica in modo luminoso la missione e la realtà del Precursore, esprime la "grazia" benefica con cui Dio avvolge e trasforma il suo eletto, che in tal modo diventa "grazioso" agli occhi di Dio e degli uomini.
Di fronte a questa rivelazione divina nel bambino Giovanni e nel padre che ritorna a essere "uomo della parola", la comunità reagisce col "timore" che è l'atto di fede, di adorazione e di lode.
La comunità diventa missionaria e l'annunzio dell'evento rivelatore di Dio si propaga per tutta la Giudea. Ed è a questo punto che l'evangelista sottolinea il parallelo del Battista col Cristo. La frase finale: "La mano del Signore stava con lui" e la successiva aggiunta sulla crescita mirabile del bambino evocano le stesse qualità che si ripeteranno in pienezza per il Cristo. Il Signore opera nel Battista con la sua mano efficace e liberatrice.
Attraverso questo ritratto del Precursore si configura la fisionomia non solo di chi ha preceduto il Cristo preannunziandolo ma anche quella di chi lo seguirà annunziandone la morte e la risurrezione.
Il Battista è consacrato al suo Signore come lo sarà il vero discepolo che seguirà il suo Maestro nella fede e nell'amore. Una sequela totale che abbraccia tutto l'arco dell'esistenza dalla nascita alla morte, proprio come il Battista chiamato dal grembo della madre e votato alla giustizia del regno di Dio sino al suo martirio. "Su di te, Signore, mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno... Ed ora nella vecchiaia e nella canizie io annunzio la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie" (Sal 71,6.18)
"Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: No, si chiamerà Giovanni. Le dissero: Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome.
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: Giovanni è il suo nome. Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio" (Lc 1, 57-64).
La Solennità della nascita del Battista ci permette di tracciare i lineamenti essenziali di questa figura il cui nome è portato da tanti uomini e donne. Un nome, d'altra parte, dal significato suggestivo: si connette, infatti, ad un verbo ebraico che è alla base del sostantivo "grazia" (hnn). Il re davanti al suddito amato prova tenerezza e lo colma di "grazia" per cui il suddito diventa "grazioso", trasfigurato, glorificato. Questo senso del nome "Giovanni" è naturalmente da intendere in modo religioso: per usare un'espressione applicata da Luca a Maria, "Giovanni" è "pieno di grazia", avvolto dall'amore di Dio fin dalle sue origini, naturalmente in grado e forma diversi rispetto a quelli della Madre del Signore.
Dal Battista - chiamato dalla tradizione cristiana "Precursore" cioè "colui che corre innanzi", l'araldo del Messia sulla base della profezia di Isaia (40, 3-5) citata dagli stessi evangelisti - ci parlano i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli e lo storico giudaico Giuseppe Flavio, contemporaneo di Paolo. Quest'ultimo nella sua opera Antichità Giudaiche ci presenta Giovanni come un maestro nobilissimo di pietà e di virtù, battezzatore ma solo in senso rituale, incarcerato e decapitato dal re Erode Antipa nel forte di Macheronte sul mar Morto per timore che attorno alla sua figura si coagulasse il malcontento popolare contro il regime erodiano. Alcuni studiosi hanno sottolineato anche i punti di contatto della predicazione e del battesimo di Giovanni con la vita e le credenze della comunità "monastica" giudaica di Qumran, sulla sponda occidentale del mar Morto, nota per le sensazionali scoperte dei testi della sua "biblioteca" a partire dal 1947. Tuttavia le distanze del Battista da questo ambito sono superiori agli elementi paralleli.
Egli, infatti, si erge soprattutto come colui che proclama una svolta radicale, una conversione dell'esistenza e non una semplice purità rituale e sacrale. Egli è poi colui che annunzia non solo dei generici "ultimi tempi" o un'era messianica ma una precisa figura di Messia, Gesù di Nazaret. Costui è "il più forte" nei cui confronti egli non si sente degno neppure di essere il semplice schiavo, colui che scioglie al suo signore i legacci dei sandali (Mt 3, 11). Sappiamo anche che attorno al Battista si era costituita una comunità di discepoli dei quali alcuni si metteranno con gioia alla sequela di Gesù mentre altri si arroccheranno attorno a Giovanni anche dopo la sua morte in una specie di "comunità battista" autonoma di stampo rigorista. Infatti nei Vangeli leggiamo frasi di questo genere: "Perché i discepoli di Giovanni digiunano?... Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli" (Mc 2, 18; Lc 11, 1).
Ma la fisionomia spirituale del Battista è legata ad alcuni tratti fondamentali. Innanzitutto la sua nascita gloriosa, narrata da Luca in una pagina molto intensa di cui la liturgia odierna ci offre il brano centrale. Egli è per eccellenza dono di Dio, dato che nasce dalla vecchiaia ormai sterile di Elisabetta e dall'incredulità "muta" di Zaccaria. Egli è il profeta definitivo: "Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo... Giovanni un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta" (Lc 1, 76; 7, 26). Egli è ricolmo dello Spirito di Dio fin dal grembo materno perché la sua missione sarà totalmente consacrata a Dio e al suo Cristo. Il secondo lineamento del suo ritratto è nella sua voce, tempestosa come quella dei profeti antichi, e nella testimonianza che non conosce esitazioni. Come dirà Gesù, Giovanni non è una canna che si piega al vento, è una quercia che può essere solo spezzata. Ecco, allora, il terzo tratto legato ad un atto preciso, quello del battesimo di Gesù. La voce del Battista e la sua mano puntano diritte su quell'uomo che è nella folla degli ascoltatori: "Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!" (Gv 1, 29). E il battesimo che egli compie su Gesù si trasforma in una grandiosa epifania divina. Canterà l'evangelista suo omonimo: "Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce. Non era lui la luce..." (Gv 1,7-8).
L'ultimo tratto del Battista è nella donazione totale, nello stile dei grandi profeti. I Vangeli, infatti, ci riferiscono la passione e la morte di Giovanni in un racconto ampio e carico di venerazione. La sua era stata la storia di un uomo straordinario che aveva avuto la coscienza della grandezza della sua vocazione ma anche del limite della sua missione.
Bellissimo a questo proposito è l'autoritratto che egli abbozza sulla base di un uso giudaico, quello dell'"amico dello sposo", cioè del mediatore ufficiale tra lo sposo e la sposa prima delle nozze: "Non sono io il Cristo. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo esulta di gioia alla voce dello sposo... Bisogna che lui cresca e che io diminuisca" (Gv 3,28-30).