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giovedì 9 luglio 2020

7° anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa - In fuga dall’inferno dei campi di detenzione - omelia (Foto, testo e video)

SANTA MESSA NELL’ANNIVERSARIO DELLA VISITA A LAMPEDUSA
Cappella di Casa Santa Marta
Mercoledì, 8 luglio 2020


Nel cuore di Papa Francesco restano ancora le drammatiche storie di violenza e di abusi vissute dai migranti incontrati sette anni fa durante la visita compiuta a Lampedusa. Il Pontefice le ha ricordate la mattina di mercoledì 8 luglio, celebrando la messa nella cappella di Casa Santa Marta. «La guerra sì è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione» ha detto richiamando in particolare la tragica realtà della Libia. Realtà della quale — ha fatto notare — «oggi... ci danno una versione “distillata”» che rende solo in parte l’abisso di atrocità e barbarie in cui è precipitata la situazione dei profughi nel Paese.

La denuncia di Francesco — che nell’omelia ha fatto esplicito riferimento «ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti» — si è intrecciata al ricordo di quello che fu il primo viaggio del pontificato. E in proposito ha raccontato che anche in quell’occasione gli fu presentata una versione “distillata” della terribile storia di un rifugiato etiope approdato sulle coste dell’isola dopo una lunga traversata.

In quell’uomo e in ciascuno di coloro che ogni giorno attraversano il mare in cerca di speranza — ha detto — c’è l’immagine di Cristo «che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare». E, ha aggiunto, «se avessimo ancora qualche dubbio, ecco la sua parola chiara: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”». Parole che per il Papa rappresentano oggi un «monito... di bruciante attualità. Dovremmo usarlo tutti — ha esortato — come punto fondamentale del nostro esame di coscienza, quello che facciamo tutti i giorni».

«La Vergine Maria, “Solacium migrantium” — ha auspicato in conclusione — ci aiuti a scoprire il volto del suo Figlio in tutti i fratelli e le sorelle costretti a fuggire dalla loro terra per tante ingiustizie da cui è ancora afflitto il nostro mondo».
(fonte: L'Osservatore Romano 08/07/2020)






OMELIA DI PAPA FRANCESCO

Il Salmo responsoriale oggi ci invita a una ricerca costante del volto del Signore: «Ricercate sempre il volto del Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto» (Sal 104). Questa ricerca costituisce un atteggiamento fondamentale della vita del credente, che ha compreso che il fine ultimo della propria esistenza è l’incontro con Dio.

La ricerca del volto di Dio è garanzia del buon esito del nostro viaggio attraverso questo mondo, che è un esodo verso la vera Terra Promessa, la Patria celeste. Il volto di Dio è la nostra meta ed è anche la nostra stella polare, che ci permette di non perdere la via.

Il popolo d’Israele, descritto dal profeta Osea nella prima Lettura (cfr 10,1-3.7-8.12), all’epoca era un popolo smarrito, che aveva perso di vista la Terra Promessa e vagava nel deserto dell’iniquità. La prosperità e l’abbondante ricchezza avevano allontanato il cuore degli Israeliti dal Signore e l’avevano riempito di falsità e di ingiustizia.

Si tratta di un peccato da cui anche noi, cristiani di oggi, non siamo immuni. «La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione, illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza» (Omelia a Lampedusa, 8 luglio 2013).

L’appello di Osea ci raggiunge oggi come un rinnovato invito alla conversione, a volgere i nostri occhi al Signore per scorgere il suo volto. Dice il profeta: «Seminate per voi secondo giustizia e mieterete secondo bontà; dissodatevi un campo nuovo, perché è tempo di cercare il Signore, finché egli venga e diffonda su di voi la giustizia» (10,12).

La ricerca del volto di Dio è motivata da un anelito di incontro con il Signore, incontro personale, un incontro con il suo immenso amore, con la sua potenza che salva. I dodici Apostoli, di cui ci parla il Vangelo di oggi (cfr Mt 10,1-7), hanno avuto la grazia di incontrarlo fisicamente in Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato. Lui li ha chiamati per nome, ad uno ad uno – lo abbiamo sentito –, guardandoli negli occhi; e loro hanno fissato il suo volto, hanno ascoltato la sua voce, hanno visto i suoi prodigi. L’incontro personale con il Signore, tempo di grazia e di salvezza, comporta la missione: «Strada facendo – li esorta Gesù – predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino» (v. 7). Incontro e missione non vanno separati.

Questo incontro personale con Gesù Cristo è possibile anche per noi, che siamo i discepoli del terzo millennio. Protesi alla ricerca del volto del Signore, lo possiamo riconoscere nel volto dei poveri, degli ammalati, degli abbandonati e degli stranieri che Dio pone sul nostro cammino. E questo incontro diventa anche per noi tempo di grazia e di salvezza, investendoci della stessa missione affidata agli Apostoli.

Oggi ricorre il settimo anno, settimo anniversario della mia visita a Lampedusa. Alla luce della Parola di Dio, vorrei ribadire quanto dicevo ai partecipanti al meeting “Liberi dalla paura” nel febbraio dello scorso anno: «L’incontro con l’altro è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare. E se avessimo ancora qualche dubbio, ecco la sua parola chiara: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)».

«Tutto quello che avete fatto...», nel bene e nel male! Questo monito risulta oggi di bruciante attualità. Dovremmo usarlo tutti come punto fondamentale del nostro esame di coscienza, quello che facciamo tutti i giorni. Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti. «Tutto quello che avete fatto… l’avete fatto a me».

Ricordo quel giorno, sette anni fa, proprio al Sud dell’Europa, in quell’isola… Alcuni mi raccontavano le proprie storie, quanto avevano sofferto per arrivare lì. E c’erano degli interpreti. Uno raccontava cose terribili nella sua lingua, e l’interprete sembrava tradurre bene; ma questo parlava tanto e la traduzione era breve. “Mah – pensai – si vede che questa lingua per esprimersi ha dei giri più lunghi”. Quando sono tornato a casa, il pomeriggio, nella reception, c’era una signora – pace alla sua anima, se n’è andata – che era figlia di etiopi. Capiva la lingua e aveva guardato alla tv l’incontro. E mi ha detto questo: “Senta, quello che il traduttore etiope Le ha detto non è nemmeno la quarta parte delle torture, delle sofferenze, che hanno vissuto loro”. Mi hanno dato la versione “distillata”. Questo succede oggi con la Libia: ci danno una versione “distillata”. La guerra sì è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione. E questa gente veniva soltanto con la speranza e di attraversare il mare.

Guarda il video di quest'ultimo brano

La Vergine Maria, Solacium migrantium, ci aiuti a scoprire il volto del suo Figlio in tutti i fratelli e le sorelle costretti a fuggire dalla loro terra per tante ingiustizie da cui è ancora afflitto il nostro mondo.

Guarda il video dell'omelia


Guarda il video integrale

Vedi anche il post
Il Papa a Lampedusa - cronaca di un evento di portata storica - terza parte (all'interno il link ai precedenti)


domenica 17 maggio 2020

«Chiediamo allo Spirito Santo che ci ricordi che noi abbiamo un Padre ... il Padre che dà senso a tutta la vita e fa che gli uomini siano una famiglia.» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
17 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Lo Spirito Santo ci ricorda l’accesso al Padre"

Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nella sesta domenica di Pasqua.
Francesco pensa a quanti svolgono servizi di pulizie nelle case, negli ospedali, nelle strade, un lavoro nascosto e necessario per sopravvivere. Nell'omelia ha affermato che nella società ci sono guerre, contrasti e insulti perché manca il Padre: lo Spirito Santo insegna l'accesso al Padre che fa di noi dei fratelli, un'unica famiglia, e ci dona la mitezza dei figli di Dio


Queste le sue parole d'introduzione:

Oggi la nostra preghiera è per tante persone che puliscono gli ospedali, le strade, che svuotano i bidoni della spazzatura, che vanno per le case a portare via la spazzatura: un lavoro che nessuno vede, ma è un lavoro che è necessario per sopravvivere. Che il Signore li benedica, li aiuti.


Guarda il video



Di seguito il testo dell'omelia: (trascrizione ufficiale)

Nel congedo dai discepoli (cfr Gv 14,15-21), Gesù dà a loro tranquillità, dà pace, con una promessa: «Non vi lascerò orfani»( v. 18) . Li difende da quel dolore, da quel senso doloroso, dell’orfanezza. Oggi nel mondo c’è un grande sentimento di orfanezza: tanti hanno tante cose, ma manca il Padre. E nella storia dell’umanità questo si ripete: quando manca il Padre, manca qualcosa e sempre c’è la voglia di incontrare, di ritrovare il Padre, anche nei miti antichi. Pensiamo ai miti di Edipo, di Telemaco, tanti altri: sempre cercare il Padre che manca. Oggi possiamo dire che viviamo in una società dove manca il Padre, un senso di orfanezza che tocca proprio l’appartenenza e la fraternità. Per questo Gesù promette: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito» (v. 16). “Io me ne vado - dice Gesù - ma arriverà un altro che vi insegnerà l’accesso al Padre. Vi ricorderà come accedere al Padre”. Lo Spirito Santo non viene per “farsi i suoi clienti”; viene per segnalare l’accesso al Padre, per ricordare l’accesso al Padre, quello che Gesù ha aperto, quello che Gesù ha fatto vedere. Non esiste una spiritualità del Figlio solo, dello Spirito Santo solo: il centro è il Padre. Il Figlio è l’inviato dal Padre e torna dal Padre. Lo Spirito Santo è inviato dal Padre per ricordare e insegnare l’accesso al Padre.

Soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi. Sempre le guerre sia le piccole guerre o le grandi guerre, sempre hanno una dimensione di orfanezza: manca il Padre che “faccia” la pace. Per questo quando Pietro alla prima comunità dice che rispondano alla gente del perché sono cristiani (cfr 1Pt 3,15-18), chiede che: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (v. 16), cioè la mitezza che dà lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo ci insegna questa mitezza, questa dolcezza dei figli del Padre. Lo Spirito Santo non ci insegna a insultare. E una delle conseguenze del senso di orfanezza è l’insulto, le guerre, perché se non c’è il Padre non ci sono i fratelli, si perde la fratellanza. Sono – questa dolcezza, rispetto, mitezza -, sono atteggiamenti di appartenenza, di appartenenza a una famiglia che è sicura di avere un Padre.

«Io pregherò il Padre ed egli vi invierà un altro Paràclito» (Gv14,16) che vi ricorderà l’accesso al Padre, vi ricorderà che noi abbiamo un Padre che è il centro di tutto, l’origine di tutto, l’unità di tutti, la salvezza di tutti perché ha inviato suo Figlio a salvarci tutti. E adesso invia lo Spirito Santo a ricordarci: l’accesso a Lui, al Padre e questa paternità, questo atteggiamento fraterno di mitezza, di dolcezza, di pace.

Chiediamo allo Spirito Santo che ci ricordi sempre, sempre, questo accesso al Padre, che ci ricordi che noi abbiamo un Padre, e a questa civiltà - che ha un grande senso di orfanezza - dia la grazia di ritrovare il Padre, il Padre che dà senso a tutta la vita e fa che gli uomini siano una famiglia.



Guarda il video dell'omelia



Preghiera per la comunione spirituale

Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te

La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.

Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

Guarda il video integrale



sabato 16 maggio 2020

«La mondanità è una cultura... che non conosce fedeltà ... è un modo di vivere ... l’unica medicina contro lo spirito della mondanità è Cristo morto e risorto per noi, scandalo e stoltezza» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
16 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Cristo morto e risorto per noi: 
l’unica medicina contro lo spirito della mondanità"

Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel sabato della quinta settimana di Pasqua.
Nell'introduzione pensa a coloro che hanno il compito di seppellire i morti in questo tempo caratterizzato dalla pandemia, rischiando la vita. Nell'omelia ha parlato dello spirito del mondo, la mondanità spirituale, che è una cultura dell'effimero, che non conosce la fedeltà, non tollera la croce e vuole distruggere la Chiesa: solo la fede in Cristo morto e risorto vince la mondanità


Queste le sue parole d'introduzione:

Preghiamo oggi per le persone che si occupano di seppellire i defunti in questa pandemia. È una delle opere di misericordia seppellire i defunti e non è una cosa gradevole naturalmente. Preghiamo per loro che rischiano la vita e di prendere il contagio.


Guarda il video


Di seguito il testo dell'omelia: (trascrizione ufficiale)


Gesù parecchie volte, e soprattutto nel suo congedo con gli apostoli, parla del mondo (cfr Gv 15, 18-21). E qui dice: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me» (v. 18). Chiaramente parla dell’odio che il mondo ha avuto con Gesù e avrà con noi. E nella preghiera che fa a tavola con i discepoli nella Cena, chiede al Padre di non toglierli dal mondo, ma di difenderli dallo spirito del mondo (Cfr Gv 17,15).

Credo che noi possiamo domandarci: qual è lo spirito del mondo? Cosa è questa mondanità, capace di odiare, di distruggere Gesù e i suoi discepoli, anzi di corromperli e di corrompere la Chiesa? Come è lo spirito del mondo, cosa sia questo, ci farà bene pensarlo. È una proposta di vita, la mondanità. Ma qualcuno pensa che mondanità è fare festa, vivere nelle feste… no, no. Mondanità può essere questo, ma non è questo fondamentalmente.

La mondanità è una cultura; è una cultura dell’effimero, una cultura dell’apparire, del maquillage, una cultura “dell’oggi sì domani no, domani sì e oggi no”. Ha dei valori superficiali. Una cultura che non conosce fedeltà, perché cambia secondo le circostanze, negozia tutto. Questa è la cultura mondana, la cultura delle mondanità. E Gesù insiste a difenderci da questo e prega perché il Padre ci difenda da questa cultura della mondanità. È una cultura dell’usa e getta, secondo quello che convenga. È una cultura senza fedeltà, non ha delle radici. Ma è un modo di vivere, un modo di vivere anche di tanti che si dicono cristiani. Sono cristiani ma sono mondani.

Gesù nella Parabola del seme che cade in terra dice che le preoccupazioni del mondo – cioè della mondanità – soffocano la Parola di Dio, non la lasciano crescere (cfr Lc 8,7). E Paolo ai Galati dice: “Voi eravate schiavi del mondo, della mondanità” (cfr Gal 4,3). A me sempre, sempre, colpisce quando leggo le ultime pagine del libro del padre de Lubac: “Le meditazioni sulla Chiesa” (cfr Henri de Lubac, Meditazioni sulla Chiesa, Milano 1955), le ultime tre pagine, dove parla proprio della mondanità spirituale. E dice che è il peggiore dei mali che può accadere alla Chiesa; e non esagera, perché poi dice alcuni mali che sono terribili. E questo è il peggio: la mondanità spirituale, perché è un’ermeneutica di vita, è un modo di vivere; anche un modo di vivere il cristianesimo. E per sopravvivere davanti alla predicazione del Vangelo, odia, uccide.

Quando si dice dei martiri che sono uccisi in odio alla fede… Sì, davvero per alcuni era per un problema teologico l’odio; ma non erano la maggioranza. La maggioranza [perseguita] per la mondanità che odia la fede e li uccide, come ha fatto con Gesù.

È curioso: la mondanità… Qualcuno può dirmi: “Ma padre, questa è una superficialità di vita, non ingannarci, eh!”. La mondanità è niente di superficiale, eh! Ha delle radici profonde, delle radici profonde. È camaleontica, cambia, va e viene a seconda delle circostanze, ma la sostanza è la stessa: una proposta di vita che entra dappertutto, anche nella Chiesa. La mondanità, l’ermeneutica mondana, il maquillage, tutto si trucca per essere così.

L’Apostolo Paolo venne ad Atene e lui è rimasto colpito quando ha visto nell’areopago tanti monumenti agli dei. E lui ha pensato di parlare di questo: “Ma voi siete un popolo religioso, io vedo questo… Mi attira l’attenzione quell’altare al ‘dio ignoto’. Questo io lo conosco e vengo a dirvi chi è”. E incominciò a predicare il Vangelo. Ma quando arrivò alla croce e alla risurrezione si scandalizzarono e se ne andarono via (cfr At 17,22-33). C’è una cosa che non tollera la mondanità: lo scandalo della Croce. Non lo tollera. E l’unica medicina contro lo spirito della mondanità è Cristo morto e risorto per noi, scandalo e stoltezza (cfr 1Cor 1,23).

È per questo che quando l’Apostolo Giovanni tratta il tema del mondo dice: «è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede» (1Gv 5,4). L’unica: la fede in Gesù Cristo, morto e risorto. E questo non significa essere fanatici. Questo non significa tralasciare di avere dialogo con tutte le persone, no: ma con la convinzione di fede, dallo scandalo della Croce, dalla stoltezza di Cristo e anche dalla vittoria di Cristo. “Questa è la nostra vittoria”, dice Giovanni, “la nostra fede”.

Chiediamo allo Spirito Santo in questi ultimi giorni, anche nella novena dello Spirito Santo, negli ultimi giorni del tempo pasquale, la grazia di discernere cosa è mondanità e cosa è Vangelo e non lasciarci ingannare, perché il mondo ci odia, il mondo ha odiato Gesù e Gesù ha pregato perché il Padre ci difendesse dallo spirito del mondo (Cfr Gv 17,15).



Guarda il video dell'omelia



Preghiera per la comunione spirituale

Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te

La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.

Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

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venerdì 15 maggio 2020

«Dov’è rigidità non c’è lo Spirito di Dio, perché lo Spirito di Dio è libertà... Il rapporto con Dio, il rapporto con Gesù non è commerciale: no! È gratuito» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
15 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Il rapporto con Dio è gratuito, è un rapporto di amicizia"



Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel venerdì della quinta settimana di Pasqua.
Nell'introduzione prega per le famiglie, ricordando l'odierna giornata internazionale a loro dedicata dall'Onu. Nell'omelia sottolinea che la fede in Gesù porta alla gioia e alla libertà, mentre la rigidità causa turbamento.

Queste le sue parole:

Oggi è la Giornata mondiale della famiglia: preghiamo per le famiglie, perché cresca nelle famiglie lo Spirito del Signore, lo spirito di amore, di rispetto, di libertà.


Guarda il video



Di seguito il testo dell'omelia: (trascrizione ufficiale)

Nel Libro degli Atti degli Apostoli vediamo che nella Chiesa, all’inizio, c’erano tempi di pace, lo dice tante volte: la Chiesa cresceva, in pace, e lo Spirito del Signore si diffondeva; tempi di pace (cfr At 9,31). C’erano anche tempi di persecuzione, cominciando dalla persecuzione di Stefano (cfr At 7,59), poi Paolo persecutore, convertito, poi anche lui perseguitato (cfr At 13,50)… Tempi di pace, tempi di persecuzioni, e anche c’erano tempi di turbamento. E questo è l’argomento della prima lettura di oggi: un tempo del turbamento. «Abbiamo saputo che alcuni di noi – scrivono gli apostoli ai cristiani che sono venuti dal paganesimo – abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi – a turbarvi – con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi» (At 15,24).

Cosa era successo? Questi cristiani che provenivano dai pagani avevano creduto in Gesù Cristo e ricevuto il battesimo, ed erano felici: avevano ricevuto lo Spirito Santo. Dal paganesimo al cristianesimo, senza alcuna tappa intermedia. Invece questi che si chiamano “i giudaizzanti”, sostenevano che non si potesse fare questo. Se uno era pagano, prima doveva farsi ebreo, un buon giudeo, e poi farsi cristiano, per essere nella linea dell’elezione del popolo di Dio. E questi cristiani non capivano questo: “Ma come, noi siamo cristiani di seconda classe? Non si può passare dal paganesimo direttamente al cristianesimo? Non è che la Risurrezione di Cristo ha sciolto l’antica legge e l’ha portata a una pienezza ancora più grande?”. Erano turbati e c’erano tante discussioni tra loro. E quelli che volevano questo erano persone che con argomenti pastorali, argomenti teologici, anche alcuni morali, sostenevano che no: che si dovesse fare il passo così! E questo metteva in discussione la libertà dello Spirito Santo, anche la gratuità della Risurrezione di Cristo e della grazia. Erano metodici. E anche rigidi. Di questi, Gesù aveva detto, dei loro maestri, dei dottori della Legge: “Guai a voi che percorrete cielo e mare per fare un proselito e quando l’avete trovato lo fate peggio di prima. Lo fate figlio della Geenna”. Più o meno così dice Gesù nel capitolo 23° di Matteo (cfr v. 15). Questa gente che era “ideologica” – più che “dogmatica”, era “ideologica” – avevano ridotto la Legge, il dogma a un’ideologia e “si deve fare questo, e questo, e questo”: una religione di prescrizioni, e con questo toglievano la libertà dello Spirito. E la gente che li seguiva era gente rigida, gente che non si sentiva a suo agio, non conosceva la gioia del Vangelo. La perfezione della strada per seguire Gesù era la rigidità: “Si deve fare questo, questo, questo, questo…”. Questa gente, questi dottori “manipolavano” le coscienze dei fedeli, o li facevano diventare rigidi… o se ne andavano.

Per questo, io mi ripeto tante volte, dico che la rigidità non è del buono Spirito, perché mette in questione la gratuità della Redenzione, la gratuità della Risurrezione di Cristo. E questa è una cosa vecchia: durante la storia della Chiesa, questo si è ripetuto. Pensiamo ai pelagiani, a questi… questi rigidi, famosi. E anche nei nostri tempi abbiamo visto alcune organizzazioni apostoliche che sembravano proprio bene organizzate, che lavoravano bene… ma tutti rigidi, tutti uguali uno all’altro, e poi abbiamo saputo della corruzione che c’era dentro, anche nei fondatori.

Dov’è rigidità non c’è lo Spirito di Dio, perché lo Spirito di Dio è libertà. E questa gente voleva fare dei passi togliendo la libertà dello Spirito di Dio e la gratuità della Redenzione: “Per essere giustificato, tu devi fare questo, questo, questo, questo…”. La giustificazione è gratuita. La morte e la Risurrezione di Cristo è gratuita. Non si paga, non si compra: è un dono! E questi non volevano fare questo.

È bella la strada: gli apostoli si riuniscono in questo concilio e alla fine scrivono una lettera che incomincia così: «È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo» (At 15,28), e mettono questi obblighi più morali, di buon senso: di non confondere il cristianesimo con il paganesimo, con l’astenersi dalle carni offerte agli idoli, eccetera. E alla fine, questi cristiani che erano turbati, riuniti in assemblea hanno ricevuto la lettera e «Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per l'incoraggiamento che infondeva» (v. 31) . Dal turbamento alla gioia. Lo spirito della rigidità sempre ti porta al turbamento: “Ma questo l’ho fatto bene? Non l’ho fatto bene?”. Lo scrupolo, questo… Lo spirito della libertà evangelica ti porta alla gioia, perché è proprio questo che Gesù ha fatto con la sua Risurrezione: ha portato la gioia! Il rapporto con Dio, il rapporto con Gesù non è un rapporto così, di “fare le cose”: “Io faccio questo e Tu mi dai questo”. Un rapporto così, dico – mi perdoni il Signore – commerciale: no! È gratuito, come è gratuito il rapporto di Gesù con i discepoli. «Voi siete miei amici» (Gv 15,14). “Non vi chiamo servi, vi chiamo amici” (cfr Gv 15). «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (v. 16): questa è la gratuità.

Chiediamo al Signore che ci aiuti a discernere i frutti della gratuità evangelica dai frutti della rigidità non-evangelica, e che ci liberi da ogni turbamento di coloro che mettono la fede, la vita della fede sotto le prescrizioni casistiche, le prescrizioni che non hanno senso. Mi riferisco a queste prescrizioni che non hanno senso, non ai Comandamenti. Che ci liberi da questo spirito di rigidità che ti toglie la libertà.



Guarda il video dell'omelia


Preghiera per la comunione spirituale

Ai tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e ti offro il pentimento del mio cuore contrito, che si abissa nel suo nulla e nella tua santa presenza. Ti adoro nel Sacramento del tuo amore, l’ineffabile eucaristia. Desidero riceverti nella povera dimora che ti offre il mio cuore. In attesa della felicità della comunione sacramentale, voglio possederti in spirito. Vieni a me, o mio Gesù, che io vengo da te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in te, spero in te, ti amo. Così sia.

La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.

Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

Guarda il video integrale

giovedì 14 maggio 2020

«Oggi tutti noi, fratelli e sorelle di ogni tradizione religiosa, preghiamo Dio... Questa preghiera di oggi, per chiedere che il Signore fermi questa pandemia, ci deve far pensare alle altre pandemie del mondo. La pandemia delle guerre, della fame e tante altre...» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
14 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Giorno di fratellanza, giorno di penitenza e preghiera"



Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la Festa di San Mattia Apostolo e rinnova l'adesione alla Giornata di preghiera promossa dall'Alto Comitato per la Fratellanza Umana per chiedere al Signore la fine della pandemia del Covid-19.
Nell'omelia, ha ricordato che ci sono altre pandemie che causano milioni di morti, come la pandemia della fame, la pandemia della guerra e dei bambini che non hanno accesso all'istruzione, e ha invitato a chiedere a Dio che ci benedica e abbia pietà di noi

Nell'introduzione ha ricordato l'odierna Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità promossa dall’Alto Comitato della Fratellanza Umana e ha incoraggiato tutti a unirsi come fratelli, per chiedere a Dio la liberazione da questo male:

L’Alto Comitato per la Fratellanza Umana oggi ha indetto una Giornata di preghiera, digiuno [e opere di carità], per chiedere a Dio misericordia e pietà in questo momento tragico della pandemia. Tutti siamo fratelli. San Francesco di Assisi diceva: “Tutti fratelli”. E per questo, uomini e donne di ogni confessione religiosa, oggi, ci uniamo nella preghiera e nella penitenza, per chiedere la grazia della guarigione da questa pandemia.

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Di seguito il testo dell'omelia: (dall'Osservatore Romano)

Nella prima Lettura abbiamo sentito la storia di Giona, in uno stile dell’epoca. Siccome c’era “qualche pandemia”, non sappiamo, nella città di Ninive, una “pandemia morale” forse, [la città] stava proprio per essere distrutta (cfr Gio 3,1-10). E Dio manda Giona a predicare: preghiera e penitenza, preghiera e digiuno (cfr vv. 7-8). Davanti a quella pandemia, Giona si spaventò e scappò (cfr Gio 1,1-3). Poi il Signore per la seconda volta lo chiamò e lui accettò di andare a predicare questo (cfr Gio 3, 1-2). E oggi tutti noi, fratelli e sorelle di ogni tradizione religiosa, preghiamo: giornata di preghiera e di digiuno, di penitenza, indetta dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana. Ognuno di noi prega, le comunità pregano, le confessioni religiose pregano, pregano Dio: tutti fratelli, uniti nella fratellanza che ci accomuna in questo momento di dolore e di tragedia.

Noi non aspettavamo questa pandemia, è venuta senza che noi l’aspettassimo, ma adesso c’è. E tanta gente muore. Tanta gente muore da sola e tanta gente muore senza poter fare nulla. Tante volte può venire il pensiero: “A me non tocca, grazie a Dio mi sono salvato”. Ma pensa agli altri! Pensa alla tragedia e anche alle conseguenze economiche, le conseguenze sull’educazione, le conseguenze... quello che avverrà dopo. E per questo oggi, tutti, fratelli e sorelle, di qualsiasi confessione religiosa, preghiamo Dio. Forse ci sarà qualcuno che dirà: “Questo è relativismo religioso e non si può fare”. Ma come non si può fare, pregare il Padre di tutti? Ognuno prega come sa, come può, come ha ricevuto dalla propria cultura. Noi non stiamo pregando l’uno contro l’altro, questa tradizione religiosa contro questa, no! Siamo uniti tutti come esseri umani, come fratelli, pregando Dio, secondo la propria cultura, secondo la propria tradizione, secondo le proprie credenze, ma fratelli e pregando Dio, questo è l’importante! Fratelli, facendo digiuno, chiedendo perdono a Dio per i nostri peccati, perché il Signore abbia misericordia di noi, perché il Signore ci perdoni, perché il Signore fermi questa pandemia. Oggi è un giorno di fratellanza, guardando l’unico Padre, fratelli e paternità. Giorno di preghiera.

Noi, l’anno scorso, anzi a novembre dell’anno scorso, non sapevamo cosa fosse una pandemia: è venuta come un diluvio, è venuta di colpo. Adesso ci stiamo svegliando un po’. Ma ci sono tante altre pandemie che fanno morire la gente e noi non ce ne accorgiamo, guardiamo da un’altra parte. Siamo un po’ incoscienti davanti alle tragedie che in questo momento accadono nel mondo. Soltanto vorrei dirvi una statistica ufficiale dei primi quattro mesi di quest’anno, che non parla della pandemia del coronavirus, parla di un’altra. Nei primi quattro mesi di quest’anno sono morti 3 milioni e 700 mila persone di fame. C’è la pandemia della fame. In quattro mesi, quasi 4 milioni di persone. Questa preghiera di oggi, per chiedere che il Signore fermi questa pandemia, ci deve far pensare alle altre pandemie del mondo. Ce ne sono tante! La pandemia delle guerre, della fame e tante altre. Ma l’importante è che, oggi - insieme e grazie al coraggio che ha avuto questo Alto Comitato per la Fratellanza Umana - insieme siamo stati invitati a pregare ognuno secondo la propria tradizione e a fare una giornata di penitenza, di digiuno e anche di carità, di aiuto agli altri. Questo è l’importante. Nel libro di Giona abbiamo sentito che il Signore, quando vide come aveva reagito il popolo – che si era convertito - il Signore si fermò, fermò quello che Lui voleva fare.

Che Dio fermi questa tragedia, che fermi questa pandemia. Che Dio abbia pietà di noi e che fermi anche le altre pandemie tanto brutte: quella della fame, quella della guerra, quella dei bambini senza educazione. E questo lo chiediamo come fratelli, tutti insieme. Che Dio benedica tutti noi e abbia pietà di noi.



Guarda il video dell'omelia



Preghiera per la comunione spirituale

Gesù mio, credo che Tu sei nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell'anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te; non permettere che io mi abbia mai a separare da Te.

La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.

Alla fine della Messa

Vorrei ringraziare oggi il signor Tommaso, il tecnico del suono che sta lavorando oggi qui per la trasmissione. Lui ci ha accompagnato in queste trasmissioni, lui lavora nel Dicastero per la Comunicazione e va in pensione, oggi è l’ultima volta che lavora. Che il Signore lo benedica e lo accompagni nella nuova tappa della vita.


Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

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mercoledì 13 maggio 2020

«La vita cristiana è un "rimanere" attivo e reciproco... Rimanere in Gesù per avere la linfa, ... la fecondità. E Lui rimane in noi per darci la forza della testimonianza con la quale cresce la Chiesa.» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
13 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Il rimanere reciproco tra la vite e i tralci"

Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel mercoledì della quinta settimana di Pasqua e nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Madonna di Fatima. Francesco prega il Signore perché dia a studenti e insegnanti il coraggio di andare avanti in questo tempo della pandemia. Nell'omelia, ha affermato che la vita cristiana è la mistica di un "rimanere" reciproco: noi in Gesù e Gesù in noi.



Nell’introduzione ha rivolto il suo pensiero a studenti e insegnanti:

Preghiamo oggi per gli studenti, i ragazzi che studiano, e gli insegnanti che devono trovare nuove modalità per andare avanti nell’insegnamento: che il Signore li aiuti in questo cammino, dia loro coraggio e anche un bel successo.

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Di seguito il testo dell'omelia: (dall'Osservatore Romano)

Il Signore torna sul “rimanere in Lui”, e ci dice: “La vita cristiana è rimanere in me”. Rimanere (cfr Gv 15,1-8). E usa qui l’immagine della vite, come i tralci rimangono nella vite. E questo rimanere non è un rimanere passivo, un addormentarsi nel Signore: questo sarebbe forse un “sonno beatifico”; ma non è questo. Questo rimanere è un rimanere attivo, e anche è un rimanere reciproco. Perché? Perché Lui dice: «Rimanete in me e io in voi» (v .4). Anche Lui rimane in noi, non solo noi in Lui. È un rimanere reciproco. In un’altra parte dice: Io e il Padre «verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Questo è un mistero, ma un mistero di vita, un mistero bellissimo. Questo rimanere reciproco. Anche con l’esempio dei tralci: è vero, i tralci senza la vite non possono fare nulla perché non arriva la linfa, hanno bisogno della linfa per crescere e per dar frutto. Ma anche l’albero, la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non vengono attaccati all’albero, alla vite. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dar frutto.

E questa è la vita cristiana: è vero, la vita cristiana è compiere i comandamenti (cfr Es 20, 1-11), questo si deve fare. La vita cristiana è andare sulla strada delle beatitudini (cfr Mt 5,1-13): questo si deve fare. La vita cristiana è portare avanti le opere di misericordia, come il Signore ci insegna nel Vangelo (cfr Mt 25,35-36): e questo si deve fare. Ma anche di più: è questo rimanere reciproco. Noi senza Gesù non possiamo fare nulla, come i tralci senza la vite. E Lui – mi permetta il Signore di dirlo – senza di noi sembra che non possa fare nulla, perché il frutto lo dà il tralcio, non l’albero, la vite. In questa comunità, in questa intimità di “rimanere feconda”, il Padre e Gesù rimangono in me e io rimango in Loro.

Qual è – mi viene in mente di dire – il “bisogno” che l’albero della vite ha per dei tralci? È avere dei frutti. Qual è il “bisogno” - diciamo così, un po’ con audacia - qual è il “bisogno” che ha Gesù di noi? La testimonianza. Quando nel Vangelo dice che noi siamo luce, dice: “Siate luce, perché gli uomini «vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro» (Mt 5,16)”, cioè la testimonianza è la necessità che ha Gesù di noi. Dare testimonianza del suo nome, perché la fede, il Vangelo cresce per testimonianza.

Questo è un modo misterioso: Gesù glorificato in cielo, dopo aver passato la Passione, ha bisogno della nostra testimonianza per far crescere, per annunciare, perché la Chiesa cresca. E questo è il mistero reciproco del “rimanere”. Lui, il Padre e lo Spirito rimangono in noi, e noi rimaniamo in Gesù.

Ci farà bene pensare e riflettere su questo: rimanere in Gesù; e Gesù rimane in noi. Rimanere in Gesù per avere la linfa, la forza, per avere la giustificazione, la gratuità, per avere la fecondità. E Lui rimane in noi per darci la forza del [portare] frutto (cfr Gv 5,15), per darci la forza della testimonianza con la quale cresce la Chiesa.

E una domanda, mi faccio: come è il rapporto tra Gesù che rimane in me e io che rimango in Lui? È un rapporto di intimità, un rapporto mistico, un rapporto senza parole. “Ma Padre, ma questo, che lo facciano i mistici!”. No: questo è per tutti noi. Con piccoli pensieri: “Signore, io so che Tu ci sei: dammi la forza e io farò quello che tu mi dirai”. Quel dialogo di intimità con il Signore. Il Signore è presente, il Signore è presente in noi, il Padre è presente in noi, lo Spirito è presente in noi; rimangono in noi. Ma io devo rimanere in Loro…

Che il Signore ci aiuti a capire, a sentire questa mistica del rimanere su cui Gesù insiste tanto, tanto, tanto. Tante volte noi, quando parliamo della vite e dei tralci, ci fermiamo alla figura, al mestiere dell’agricoltore, del Padre: che quello [il tralcio] che porta frutto lo taglia, cioè lo pota, e quello che non lo porta lo taglia e lo porta via (cfr Gv 15,1-2). È vero, fa questo, ma non è tutto, no. C’è dell’altro. Questo è l’aiuto: le prove, le difficoltà della vita, anche le correzioni che ci fa il Signore. Ma non fermiamoci qui. Tra la vite e i tralci c’è questo rimanere intimo. I tralci, noi, abbiamo bisogno della linfa, e la vite ha bisogno dei frutti, della testimonianza.


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La preghiera per fare la comunione spirituale

Le persone che non possono comunicarsi, fanno adesso la comunione spirituale:

Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a te. Non permettere che mi abbia mai a separare da te.


La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.
Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, in occasione dell’odierna memoria sono state intonate due strofe dell’Ave Maria di Fatima:

Il tredici maggio
apparve Maria
a tre pastorelli
in Cova d’Iria.

Ave ave ave Maria,
ave ave ave Maria.

O bella Regina
che regni nel ciel
l’Italia s’inchina
t’invoca fedel.

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martedì 12 maggio 2020

«La pace che dà Gesù è gratuita, è un dono del Signore; è una pace feconda che si apre e porta anche altri con te al Paradiso.» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
12 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Come dà il mondo la pace e come la dà il Signore?"



Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel martedì della quinta settimana di Pasqua. Nell’introduzione chiede a Dio di benedire gli infermieri che in questo tempo della pandemia sono stati esempio di eroismo e alcuni hanno dato anche la vita. Nell'omelia, ha affermato che la pace di Gesù è un dono gratuito che apre sempre agli altri e dona la speranza del Paradiso, che è la pace definitiva, mentre la pace del mondo è egoista, sterile, costosa e provvisoria

Oggi è la giornata degli infermieri. Ieri ho inviato un messaggio. Preghiamo oggi per gli infermieri e le infermiere, uomini, donne, ragazzi e ragazze che svolgono questa professione, che è più di una professione, è una vocazione, una dedizione. Che il Signore li benedica. In questo tempo della pandemia hanno dato esempio di eroicità e alcuni hanno dato la vita. Preghiamo per le infermiere e gli infermieri.

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Di seguito il testo dell'omelia: (dall'Osservatore Romano)

Il Signore prima di andarsene saluta i suoi e dà il dono della pace (cfr Gv 14,27-31), la pace del Signore: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (v. 27). Non si tratta della pace universale, quella pace senza guerre che tutti noi vogliamo che sempre ci sia, ma la pace del cuore, la pace dell’anima, la pace che ognuno di noi ha dentro. E il Signore la dà ma, sottolinea: «non come la dà il mondo» (v. 27). Come dà il mondo la pace e come la dà il Signore? Sono paci diverse? Sì. Il mondo ti dà la “pace interiore”, stiamo parlando di questa, la pace della tua vita, questo vivere con il “cuore in pace”. Ti dà la pace interiore come un possesso tuo, come una cosa che è tua e ti isola dagli altri, ti mantiene in te, è un acquisto tuo: ho la pace. E tu senza accorgertene ti chiudi in quella pace, è una pace un po’ per te, per uno, per ognuno; è una pace sola, è una pace che ti fa tranquillo, anche felice. E in questa tranquillità, in questa felicità ti addormenta un po’, ti anestetizza e ti fa rimanere con te stesso in una certa tranquillità. È un po’ egoista: la pace per me, chiusa in me. Così la dà il mondo (cfr v. 27). È una pace costosa perché tu devi cambiare continuamente gli “strumenti di pace”: quando ti entusiasma una cosa, ti dà pace una cosa, poi finisce e tu devi trovare un’altra… È costosa perché è provvisoria e sterile.

Invece la pace che dà Gesù è un’altra cosa. È una pace che ti mette in movimento: non ti isola, ti mette in movimento, ti fa andare dagli altri, crea comunità, crea comunicazione. Quella del mondo è costosa, quella di Gesù è gratuita, è gratis; è un dono del Signore: la pace del Signore. È feconda, ti porta sempre avanti. Un esempio del Vangelo che a me fa pensare come è la pace del mondo, è quel signore che aveva i granai pieni e la raccolta di quell’anno sembrava essere pienissima e lui pensò: “Ma dovrò costruire altri magazzini, altri granai per mettere questo e poi starò tranquillo… è la mia tranquillità, con questo posso vivere tranquillo”. “Stolto, dice Dio, questa notte tu morirai” (cfr Lc 12,13-21). È una pace immanente, che non ti apre la porta all’aldilà. Invece la pace del Signore è aperta, dove lui è andato, è aperta al Cielo, è aperta al Paradiso. È una pace feconda che si apre e porta anche altri con te al Paradiso. Credo che ci aiuterà pensare un po’: quale è la mia pace, dove io trovo pace? Nelle cose, nel benessere, nei viaggi – ma adesso, oggi non si può viaggiare – nei possessi, in tante cose o trovo la pace come dono del Signore? Devo pagare la pace o la ricevo gratis dal Signore? Come è la mia pace? Quando mi manca qualcosa mi arrabbio? Questa non è la pace del Signore. Questa è una delle prove. Sono tranquillo nella mia pace, “mi addormento”? Non è del Signore. Sono in pace e voglio comunicarla agli altri e portare avanti qualcosa? Quella è la pace del Signore! Anche nei momenti brutti, difficili, rimane in me quella pace? È del Signore. E la pace del Signore è feconda anche per me perché è piena di speranza, cioè guarda il Cielo. Ieri – scusatemi se dico queste cose ma sono cose della vita che a me fanno bene – ieri ho ricevuto una lettera di un sacerdote, un bravo sacerdote, bravo, e mi ha detto che io parlo poco del Cielo, che dovrei parlare di più. E ha ragione, ha ragione. Per questo oggi ho voluto sottolineare questo: che la pace, questa che ci dà Gesù, è una pace per adesso e per il futuro. È cominciare a vivere il Cielo, con la fecondità del Cielo. Non è anestesia. L’altra, sì: tu ti anestetizzi con le cose del mondo e quando la dose di questa anestesia finisce ne prendi un’altra e un’altra e un’altra… Questa è una pace definitiva, feconda anche e contagiosa. Non è narcisistica, perché sempre guarda al Signore. L’altra guarda a te, è un po’ narcisistica.

Che il Signore ci dia questa pace piena di speranza, che ci fa fecondi, ci fa comunicativi con gli altri, che crea comunità e che sempre guarda la definitiva pace del Paradiso.



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La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.
Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

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lunedì 11 maggio 2020

«Lo Spirito è il Dono di Dio... che vi sosterrà e vi aiuterà ad andare avanti, a ricordare, a discernere e a crescere.» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
11 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Lo Spirito ci insegna ogni cosa, ci introduce nel mistero, 
ci fa ricordare e discernere"

Papa Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nel lunedì della quinta settimana di Pasqua, ha pregato per quanti soffrono perché hanno perso il lavoro in questo periodo e ha ricordato l'anniversario del ritrovamento del corpo di San Timoteo nella Cattedrale di Termoli. Nell'omelia, ha affermato che lo Spirito Santo ci aiuta a comprendere sempre di più ciò che ci ha detto Gesù: la dottrina non è statica, ma cresce nella stessa direzione


Nell’introduzione, ha ricordato il 75.mo anniversario del ritrovamento del corpo di San Timoteo nella cripta della Cattedrale di Termoli, durante dei lavori di restauro nel 1945, e ha rivolto il suo pensiero ai disoccupati:
Ci uniamo oggi ai fedeli di Termoli, nella festa dell’Invenzione del corpo di San Timoteo. In questi giorni tanta gente ha perso il lavoro; non sono stati riassunti, lavoravano in nero … Preghiamo per questi nostri fratelli e sorelle che soffrono questa mancanza di lavoro.

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Di seguito il testo dell'omelia: (dall'Osservatore Romano)

Il passo del Vangelo di oggi è il congedo di Gesù alla Cena (cfr Gv 14, 21-26). Il Signore finisce con questi versetti: «Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (vv. 25-26). È la promessa dello Spirito Santo; lo Spirito Santo che abita con noi e che il Padre e il Figlio inviano. “Il Padre invierà nel mio nome”, disse Gesù, per accompagnarci nella vita. E lo chiamano Paràclito. Questo è l’ufficio dello Spirito Santo. In greco, il Paràclito è colui che sostiene, che accompagna per non cadere, che ti mantiene fermo, che è vicino a te per sostenerti. E il Signore ci ha promesso questo sostegno, che è Dio come Lui: è lo Spirito Santo. Cosa fa lo Spirito Santo in noi? Il Signore lo dice: «Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (v. 26). Insegnare e ricordare. Questo è l’ufficio dello Spirito Santo. Ci insegna: ci insegna il mistero della fede, ci insegna a entrare nel mistero, a capire un po’ più il mistero. Ci insegna la dottrina di Gesù e ci insegna come sviluppare la nostra fede senza sbagliare, perché la dottrina cresce, ma sempre nella stessa direzione: cresce nella comprensione. E lo Spirito ci aiuta a crescere nella comprensione della fede, a comprenderla di più, a comprendere quello che dice la fede. La fede non è una cosa statica; la dottrina non è una costa statica: cresce. Cresce come crescono gli alberi, sempre gli stessi, ma più grandi, con frutto, ma sempre lo stesso, nella stessa direzione. E lo Spirito Santo evita che la dottrina sbagli, evita che rimanga ferma lì, senza crescere in noi. Ci insegnerà le cose che Gesù ci ha insegnato, svilupperà in noi la comprensione di quello che Gesù ci ha insegnato, farà crescere in noi, fino alla maturità, la dottrina del Signore.
E un’altra cosa che dice Gesù che fa lo Spirito Santo, è ricordare: «Ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (v. 26). Lo Spirito Santo è come la memoria, ci sveglia: “Ma ricordati di quello, ricordati dell’altro“; ci mantiene svegli, sempre svegli nelle cose del Signore e ci fa ricordare anche la nostra vita: “Pensa a quel momento, pensa a quando hai incontrato il Signore, pensa a quando hai lasciato il Signore”.

Una volta ho sentito dire che una persona pregava davanti al Signore così: “Signore, io sono lo stesso che da bambino, da ragazzo, avevo questi sogni. Poi, sono andato per cammini sbagliati. Adesso tu mi hai chiamato”. Io sono lo stesso: questa è la memoria dello Spirito Santo nella propria vita. Ti porta alla memoria della salvezza, alla memoria di quello che ha insegnato Gesù, ma anche alla memoria della propria vita. E questo mi ha fatto pensare – questo che diceva quel signore – a un bel modo di pregare, guardare il Signore: “Sono lo stesso. Ho camminato tanto, ho sbagliato tanto, ma sono lo stesso e tu mi ami”. La memoria del cammino della vita.
E in questa memoria, lo Spirito Santo ci guida; ci guida per discernere, per discernere cosa devo fare adesso, qual è la strada giusta e qual è la sbagliata, anche nelle piccole decisioni. Se noi chiediamo la luce allo Spirito Santo, Lui ci aiuterà a discernere per prendere le vere decisioni, le piccole di ogni giorno e le più grandi. E’ quello che ci accompagna, ci sostiene nel discernimento. Cioè lo Spirito che insegna, ci insegnerà ogni cosa, cioè fa crescere la fede, ci introduce nel mistero, lo Spirito che ci ricorda. Ci ricorda la fede, ci ricorda la nostra vita, ed è lo Spirito che in questo insegnamento, in questo ricordo, ci insegna a discernere le decisioni che dobbiamo prendere. E a questo i Vangeli danno un nome allo Spirito Santo: sì, Paràclito, perché ti sostiene, ma un altro nome più bello: è il Dono di Dio. Lo Spirito è il Dono di Dio. Lo Spirito è proprio il Dono. Non vi lascerò soli, vi invierò un Paràclito che vi sosterrà e vi aiuterà ad andare avanti, a ricordare, a discernere e a crescere. Il Dono di Dio è lo Spirito Santo.

Che il Signore ci aiuti a custodire questo Dono che Lui ci ha dato nel Battesimo e che tutti noi abbiamo dentro.


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La preghiera per fare la comunione spirituale

Le persone che non possono comunicarsi, fanno adesso la comunione spirituale:

Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a te. Non permettere che mi abbia mai a separare da te.


La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.
Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

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domenica 10 maggio 2020

«Per pregare ci vuole coraggio... perché pregare è lottare. - Pregare è andare con Gesù al Padre che ti darà tutto.» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)

S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
10 maggio 2020
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

"Pregare è andare con Gesù al Padre che ci darà tutto"

Nella Messa a Santa Marta, Francesco ricorda due recenti commemorazioni: la festa dell'Europa e l'anniversario della fine della seconda guerra mondiale nel vecchio continente, pregando che l'Europa cresca unita nelle sue diversità. Nell'omelia, ha affermato che la preghiera è l'accesso al Padre: bisogna avere il coraggio di pregare e di credere nell'onnipotenza della preghiera


Francesco ha presieduto la Messa a Casa Santa Marta nella quinta domenica di Pasqua. Nell’introduzione, ha rivolto il suo pensiero all'Europa:

In questi due giorni passati, ci sono state due commemorazioni: il 70.mo della Dichiarazione di Robert Schuman, che ha dato inizio all’Unione Europea, e anche la commemorazione della fine della guerra. Chiediamo al Signore per l’Europa, oggi, che cresca unita, in questa unità di fratellanza che fa crescere tutti i popoli nell’unità nella diversità.


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Di seguito il testo dell'omelia: (dall'Osservatore Romano)

In questo passo del Vangelo (cfr Gv 14,1-14), nel discorso di congedo di Gesù, Gesù dice che va dal Padre. E dice che sarà con il Padre e che anche chi crede in Lui «compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò» (v. 12-14). Possiamo dire che questo passo del Vangelo di Giovanni è la dichiarazione dell’accesso al Padre. Il Padre sempre è stato presente nella vita di Gesù, e Gesù ne parlava. Gesù pregava il Padre. E tante volte, parlava del Padre come di chi ha cura di noi, come di chi ha cura degli uccelli, dei gigli del campo… il Padre. E quando i discepoli gli chiesero di imparare a pregare, Gesù insegnò a pregare il Padre: «Padre nostro» (Mt 6,9). Sempre va al Padre. Ma in questo passo è molto forte, e anche è come se aprisse le porte della onnipotenza della preghiera. “Perché io sono con il Padre: voi chiedete e io farò tutto. Ma perché il Padre lo farà con me” (cfr Gv 14,11). Questa fiducia nel Padre, fiducia nel Padre che è capace di fare tutto. Questo coraggio di pregare, perché per pregare ci vuole coraggio, ci vuole lo stesso coraggio, la stessa franchezza che per predicare: la stessa. Pensiamo al nostro padre Abramo, quando lui - credo che si dica – “mercanteggiava” con Dio per salvare Sodoma (cfr Gen 18, 20-33): “E se fossero di meno? E di meno? E di meno?”. Davvero, sapeva “negoziare”. Ma sempre con questo coraggio: “Mi scusi, Signore, ma fammi uno sconto: un po’ di meno, un po’ di meno …”. Sempre il coraggio della lotta nella preghiera, perché pregare è lottare: lottare con Dio. E poi, Mosè: le due volte che il Signore avrebbe voluto distruggere il popolo (cfr Es 32,1-35 e cfr Nm 11,1-3) e fare lui capo di un altro popolo, Mosè ha detto “No!”. E ha detto “no” al Padre! Con coraggio! Ma se tu vai a pregare così – [bisbiglia una preghiera timida] – questa è una mancanza di rispetto! Pregare è andare con Gesù al Padre che ti darà tutto. Coraggio nella preghiera, franchezza nella preghiera. La stessa che ci vuole per la predica.

E abbiamo sentito nella prima Lettura quel conflitto nei primi tempi della Chiesa (cfr At 6,1-7), perché i cristiani di origine greca mormoravano – mormoravano, già a quel tempo si faceva questo: si vede che è un’abitudine della Chiesa… - mormoravano perché le loro vedove, i loro orfani non erano ben custoditi; gli apostoli non avevano tempo di fare tante cose. E Pietro [con gli apostoli], illuminato dallo Spirito Santo, “inventò”, diciamo così, i diaconi. “Ma facciamo una cosa: cerchiamo sette persone che siano brave e che questi uomini si prendano cura del servizio” (cfr At 6, 2-4): il diacono è il custode del servizio, nella Chiesa. “E così questa gente, che ha ragione di lamentarsi, sia custodita bene nei suoi bisogni e noi – dice Pietro, l’abbiamo sentito – e noi ci dedicheremo alla preghiera e all’annuncio della Parola” (cfr v. 5). Questo è il compito del vescovo: pregare e predicare. Con questa forza che abbiamo sentito nel Vangelo: il vescovo è il primo che va dal Padre, con la fiducia che ha dato Gesù, con il coraggio, con la parresìa, a lottare per il suo popolo. Il primo compito di un vescovo è pregare. Lo disse Pietro: “E a noi, la preghiera e l’annuncio della Parola”.

Io ho conosciuto un sacerdote, un santo parroco, buono, che quando trovava un vescovo lo salutava, bene, molto amabile, e sempre faceva la domanda: “Ma eccellenza, quante ore al giorno lei prega?”, e sempre diceva: “Perché il primo compito è pregare”. Perché è la preghiera del capo della comunità per la comunità, l’intercessione al Padre perché custodisca il popolo.

La preghiera del vescovo, il primo compito: pregare. E il popolo, vedendo il vescovo pregare, impara a pregare. Perché lo Spirito Santo ci insegna che è Dio che “fa la cosa”. Noi facciamo un pochettino, ma è Lui che “fa le cose” della Chiesa, e la preghiera è quella che porta avanti la Chiesa. E per questo i capi della Chiesa, per dire così, i vescovi, devono andare avanti con la preghiera.

Quella parola di Pietro è profetica: “Che i diaconi facciano tutto questo, così la gente è ben custodita e ha risolto i problemi e anche i suoi bisogni. Ma a noi, vescovi, la preghiera e l’annuncio della Parola”.

È triste vedere bravi vescovi, bravi, gente buona, ma indaffarati in tante cose, l’economia, e questo e quell’altro e quell’altro… La preghiera al primo posto. Poi, le altre cose. Ma quando le altre cose tolgono spazio alla preghiera, qualcosa non funziona. E la preghiera è forte per questo che abbiamo sentito nel Vangelo di Gesù: «Io vado dal Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome al Padre, la farò, perché il Padre sia glorificato» (Gv 14,12-13) Così va avanti la Chiesa, con la preghiera, il coraggio della preghiera, perché la Chiesa sa che senza questo accesso al Padre non può sopravvivere.

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La preghiera per fare la comunione spirituale

Le persone che non possono comunicarsi, fanno adesso la comunione spirituale:

Ai tuoi piedi o mio Gesù mi prostro e ti offro il pentimento del mio cuore contrito, che si abissa nel suo nulla e nella tua santa presenza. Ti adoro nel Sacramento del tuo amore, l’ineffabile Eucaristia. Desidero riceverti nella povera dimora che ti offre il mio cuore. In attesa della felicità della comunione sacramentale, voglio possederti in spirito. Vieni a me o mio Gesù, che io vengo da te. Possa il tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in te, spero in te, ti amo.


La celebrazione si è conclusa con l'adorazione e la benedizione eucaristica.
Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:

Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia. 

(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).

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