TRACCE DI SPIRITUALITA'
A CURA DEI CARMELITANI
Credevamo che lo sviluppo scientifico, sociale, economico, un certo benessere diffuso ci avesse emancipati dalla paura, e invece si constata quotidianamente che essa, anche se facciamo fatica a dircelo, condiziona la vita. Rimane al fondo, come realtà strisciante, dissimulata, ma, quanto meno ce l’aspettiamo, essa affiora e condiziona l’orientamento della vita e le scelte concrete. Essa è connessa all’intimo dell’uomo, ognuno porta in se stesso la paura radicale della contingenza e della morte. Sì, si ha paura di morire e quindi della malattia, della stessa vecchiaia e delle rughe. Si ha paura del futuro per la precarietà del lavoro e per il rischio di rimanere disoccupati. Si ha paura nel mondo degli affetti per la fragilità umana che accompagna le scelte. Si ha paura dell’altro perché potrebbe intaccare i nostri orizzonti, i nostri interessi, i nostri privilegi.
Dicono gli esperti che essa è una emozione primaria e fa parte dell’istinto di conservazione, è come un anticorpo che ci difende contro qualsiasi invasione pericolosa. In un certo senso, svolge anche una funzione positiva perché consente al soggetto di reagire di fronte alla minaccia che lo sovrasta, per cui è impossibile sopprimerla.
È impossibile sopprimerla perché, a suo modo, ci protegge, ma è anche vero che nello stesso tempo ci paralizza. Infatti chi sperimenta la paura tende a chiudersi nelle sue considerazioni, e istintivamente è orientato a chiudersi a trincerarsi nei suoi preconcetti e a blindare la propria casa, e anche le frontiere.
Una vita così, determinata dalla paura, blindata, mortifica la dignità stessa dell’uomo, la sua vocazione intima alla relazione con l’Altro e con gli altri, allora non ci si può rassegnare a lasciarsi soffocare dalla paura, bisogna vedere come guardarla in faccia e vincerla.
Una via per attraversarla ce la offre l’evangelista Giovanni ricordandoci che «nell’amore non c'è timore/paura, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore/paura» (1Gv 4,18). La via allora è quella dell’apertura nell’amore. Si tratta di aprirsi alla presenza di Dio, del Dio di Gesù Cristo che è Trinità, la cui vita intima eterna è comunione. Si tratta di consentire a questa presenza di abitare la nostra vita, la nostra fragilità e allora ritroveremo un respiro più forte della paura che ci consentirà di aprirci anche agli altri e di realizzare la nostra vocazione umana nella relazione, nella convivialità e nel rispetto della differenza dell’altro.
Questo l'incipit dell'Editoriale di Horeb, Quaderni di riflessione e formazione per quanti desiderano coltivare una spiritualità che assuma e valorizzi il quotidiano.
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