Mons. Gianfranco Ravasi
Le parole shock di Gesù / 21
«Vade retro!»
Gesù, voltandosi, disse a Pietro:
«Va’ dietro a me, Satana!
Tu mi sei di scandalo»
(Matteo, 16, 23)
Potrà stupire questa versione del celebre monito che Gesù rivolge a Pietro, dopo avergli assegnato il primato tra gli apostoli attraverso i simboli della pietra, delle chiavi e del potere di “legare e sciogliere” (16, 13-20). Siamo, infatti, abituati al più forte: «Lungi da me, Satana!». L’apostolo aveva reagito in maniera veemente quando Gesù aveva fatto balenare il destino che lo attendeva a Gerusalemme nell’abisso di dolore e di morte della passione: «Signore, questo non ti deve accadere mai!». E Cristo gli aveva opposto un rifiuto netto.
Sarebbe più logico, perciò, pensare a una sorta di rigetto di Pietro che — dopo la sua “confessione” del «Cristo Figlio del Dio vivente» che gli aveva meritato una beatitudine da parte di Gesù — verrebbe “sconfessato” dal suo Signore e definito uno “scandalo”. Il vocabolo in greco, come è noto, indica la pietra che fa inciampare e, quindi, non più la pietra di fondazione della Chiesa, come Gesù gli aveva prima annunciato. A questa resa più dura condurrebbe anche la frase successiva («Non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini»), per non parlare poi del brutale appellativo usato da Gesù, “Satana”, termine di matrice ebraica che significa “avversario, accusatore”, e che rende Pietro non più l’apostolo delegato a rappresentare Cristo nella storia ma quasi il suo antagonista.
Come si spiega, allora, questa traduzione più edulcorata che si trova anche nell’attuale versione ufficiale italiana cattolica della Bibbia? In realtà, essa è fedele all’originale greco hýpaghe opíso mou, “segui dietro a me”. È in pratica il tradizionale Vade retro latino che è corretto ma che noi abbiamo di solito inteso appunto come una reiezione che subentra all’elezione di Pietro. Qual è, invece, il vero significato del monito di Cristo? La risposta è semplice ed è precisata dalla frase successiva di Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me (opíso mou elthéin), rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (16, 24). Pietro abbandoni, dunque, la sua illusoria concezione di un messianismo fatto solo di gloria e di successo e si metta umilmente dietro al suo Signore, salendo la strada erta e irta di prove del Golgota. È questo il vero discepolato, altrimenti si è avversari “satanici” di Cristo. La via della croce comincia, perciò, già in quel momento e Pietro è invitato a essere il seguace del suo Maestro, “andando dietro a lui”, pronto anche a «perdere la propria vita per causa mia», come dirà ancora Gesù, così da “trovarla” in un altro modo più alto e intenso.
Questo appello era già stato anticipato da Cristo nel “discorso missionario” rivolto ai suoi discepoli precedentemente: «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Matteo, 10, 38). E Pietro testimonierà di aver imparato la lezione della croce quando si avvierà al martirio che, secondo la tradizione, avvenne per crocifissione. Alcuni pensano che un’allusione a questa meta del discepolato e della stessa vita di Pietro sia nella frase che il Risorto gli rivolge sul lago di Tiberiade, dopo avergli rinnovato la missione di “pascere le pecore” del gregge di Cristo: «Quando sarai vecchio stenderai le tue mani», quasi a forma di persona crocifissa; e l’evangelista Giovanni commenta: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (21, 18-19).
(fonte: L'Osservatore Romano 21 settembre 2024)