Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



martedì 9 giugno 2020

RAZZISMO - Appello di Rula Jebreal : attiviamoci e trasformiamo la protesta in una massa di elettori contro quell’odio che vuole dividerci in base alle razze, “inferiore” e “superiore”


In una società razzista non basta non essere razzisti, ma è un dovere civile diventare anti-razzisti. 
RAZZISMO. DA TORINO, PARIGI, LONDRA, OTTAWA, NEW YORK PER UNA SOCIETÀ DI EGUALI

di Rula Jebreal


Dall’assassinio di George Floyd, un uomo nero soffocato per 8 minuti e 46 secondi sotto il ginocchio di un poliziotto bianco, è nato un movimento globale, antirazzista e antifascista, che protesta a Torino, in Canada, Nuova Zelanda, Parigi, in Belgio e a Londra. Una coalizione internazionale di umanisti che include anche il primo ministro canadese Justin Trudeau, che si è inginocchiato davanti al Parlamento di Ottawa, per denunciare la discriminazione razziale e la xenofobia. Dalle ultime parole di George (“Non posso respirare”) viene lanciato uno slogan, con cui milioni di persone chiedono alla maggioranza di non soffocare le minoranze, e di non uccidere la democrazia multirazziale e liberale.

La militarizzazione della polizia Usa, che agisce dimenticando che il suo ruolo è proteggere e servire la Nazione, che risponde con lacrimogeni picchiando giovani e vecchi, sparando pallottole di gomma anche a donne incinte e ai giornalisti, è il motivo principale per cui milioni di persone continuano a manifestare. In una società razzista non basta non essere razzisti, ma è un dovere civile diventare anti-razzisti. Le parole di Martin Luther King sono più vive che mai. La militarizzazione della polizia è il frutto ideologico del sovranismo, che sta in questo momento al potere in America e sta esportando e finanziando in tutto il mondo la sua ideologia suprematista.
Non è un caso che Steve Bannon abbia scelto l’Italia come base, per trasformare il nostro Paese in un laboratorio dove la xenofobia, la violenza e la divisione diventano arma politica per minare l’Unione europea e distruggere i principi democratici che la Costituzione italiana sancisce nel suo Articolo 3, dove si afferma il valore dell’eguaglianza indipendentemente dalla razza e dalla religione.
L’attentatore Luca Traini ha tradito la Costituzione italiana. Armato ideologicamente e con la pistola, ha sparato a sei persone nere, “colpevoli” di condividere il mio stesso colore della pelle, e poi una pallottola alla sede del partito democratico. Nella mente di un neofascista come lui, gli italiani che hanno un diverso colore della pelle e non condividono i suoi ideali sono i nemici da abbattere.
A ventiquattr’ore dalla celebrazione del D-Day, in cui gli Alleati sono venuti a liberare il nostro Paese e l’Europa dal regime nazi-fascista, 76 anni dopo, una nuova generazione di attivisti viene chiamata a difendere il principio democratico che considera tutti gli essere umani uguali. Liberi di respirare, e liberi dall’orrore dell’ideologia che vede razze superiori e razze inferiori. C’è una razza sola, la razza umana. La società civile che protesta sa che l’Olocausto non è iniziato con le camere a gas, ma con le parole di odio, di propaganda. Quella propaganda che criminalizza la diversità e de-umanizza “i diversi”, chiamandoli criminali da abbattere, bombardare in mare, che incita alla violenza, all’odio sociale contro una senatrice a vita, una sopravvissuta alla Shoah di 89 anni, che chiama “nemici del popolo” i giornalisti indipendenti, sapendo che l’informazione, l’istruzione e la conoscenza danno potere alla popolazione. Mentre la loro propaganda e la disinformazione danno controllo ai potenti.
George Floyd era malato di Covid-19, ma non è morto di coronavirus. Quella che l’ha ucciso è un’altra pandemia letale, l’odio razziale. Nel 2020, il razzismo non è aumentato, semplicemente viene filmato. Il coraggio di una ragazzina di 17 anni che ha girato il video dell’assassinio di Floyd, rischiando la propria vita, e il coraggio di coloro che protestano contro il razzismo, anche loro rischiando la vita, invita tutti noi a ribellarci all’instaurazione del progetto di oppressione, segregazione e discriminazione, che vede gli Stati guidati dai sovranisti lanciare una guerra a tutto ciò che noi riteniamo umano, cavalcando i disagi economici per consolidare il loro potere.
Da giornalista di colore con varie nazionalità, che è nata musulmana, con una figlia cattolica e un marito ebreo, faccio un appello ai miei connazionali, soprattutto ai giovani italiani: alleatevi, organizzatevi, trasformate questa larga protesta, come ha detto il fratello di George, in una massa di elettori contro quell’odio che vuole dividerci in base alle razze, “inferiore” e “superiore”. Una forza illuminata, che costruisce ponti, unioni, che costruisce leader e cittadini, che investe e solleva le nostre periferie più sofferenti.
Lo slogan di Trump “America first” è ripreso anche in Italia con “Prima gli italiani”. Ma di quali “italiani” si sta parlando? Uomini o donne? Del Nord o del Sud? Saranno solo i cristiani o anche gli ebrei e i musulmani? Chi decide chi sono questi “italiani” che vengono prima? L ‘ “America first” di Trump è un inno all’odio che protegge l’1% di ricchi a scapito dei poveri. E’ il simbolo di una nazione che soffoca sotto il ginocchio tutto ciò che è diverso.
E’ l’America dei suprematisti che marciano contro i gay, contro gli ebrei, le donne, gli afroamericani. Dove il presidente minaccia di usare i militari, non contro i talebani, ma contro i cittadini americani. Affermiamo invece noi, una volta per sempre, che l’Italia del XXI secolo ha sconfitto il Fascismo non solo sulle spiagge della Normandia, ma l’ha sconfitto una volta per sempre nei cuori, nelle menti, nelle strade e nelle periferie delle nostre città. Facciamo diventare il “mai più” non uno slogan, ma una realtà da lasciare in eredità alle prossime generazioni.

(Pubblicato su: “La Stampa” del 7 giugno 2020)


GUARDA IL VIDEO
Servizio TG2000