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sabato 16 settembre 2023

XXX anniversario del Martirio del Beato Giuseppe Puglisi (15 settembre 1993 – 15 settembre 2023) Mons. Corrado Lorefice: Padre Pino è stato in pienezza un prete sinodale. - Così è stato uomo, così è stato prete

XXX anniversario del Martirio 
del Beato Giuseppe Puglisi 
(15 settembre 1993 – 15 settembre 2023)
 
Mons. Corrado Lorefice: 
Padre Pino è stato in pienezza un prete sinodale.

Nella Chiesa Cattedrale di Palermo la solenne Celebrazione Eucaristica presieduta dal Presidente della CEI Card. Matteo Zuppi con i Vescovi di Sicilia

Saluto dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice



Eminenza Rev.ma, Carissimo Fratello Matteo,
Eminenze Rev.me,
Confratelli nell’Episcopato, nel Presbiterato e nel Diaconato,
Consacrate e consacrati,
Popolo santo tutto di Dio,
Carissimi Franco e Familiari del Beato Puglisi,
Gentilissime e Gentilissimi Servitori delle Istituzioni Civili e Militari,
Donne e Uomini delle altre Confessioni cristiane, di altre Fedi e di buona volontà,

oggi siamo qui per ringraziare, per celebrare una Eucaristia di lode:
al Padre, che ci dona il Figlio; allo Spirito, che ci convoca e ci unisce; al Figlio, che nell’Eucaristia si dona al Padre e a noi.

Al Padre, al Figlio e allo Spirito si leva il nostro grazie, per il dono di Maria proclamata da Gesù, ai piedi della Croce, Madre della Chiesa; per i nostri Santi e Beati: Mamiliano, Rosalia, Benedetto il Moro, Giacomo Cusmano;

e per il nostro Padre Pino Puglisi.

La memoria del nostro amato 3P ci raccoglie in questo giorno, trentesimo anniversario della sua morte. Una vita donata a Palermo e alla Chiesa, una vita vissuta come un seme gettato a terra per far germinare il bene, per dare speranza a tutti, per donare un senso e un futuro anzitutto ai giovani della nostra Isola. Grazie per la presenza di ciascuno, di ciascuna di voi.

Un particolare grazie va a te, Eminenza Reverendissima, che come Cardinale Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ci fai sentire la vicinanza e la comunione di tutte le Chiese italiane, dei loro Vescovi.

Il nostro grazie va anche al Signor Presidente della Repubblica, Prof. Sergio Mattarella, per la vibrante Dichiarazione pubblicata oggi su L’Osservatore Romano dove definisce don Pino simbolo di libertà, di uguaglianza e giustizia, di amicizia e solidarietà, “valori evangelici che […] trovano corrispondenza nei valori civili espressi nella Costituzione repubblicana”.

Un grazie speciale va poi al Santo Padre Francesco. Ricorrono oggi cinque anni dal dono meraviglioso della Sua venuta a Palermo, un dono che ha rigenerato il fuoco dell’entusiasmo e provocato segni di conversione nella vita della nostra Chiesa di Palermo e delle Chiese di Sicilia.

Un grazie che si rinnova in modo particolare oggi, a motivo di un altro grande dono: la Lettera che il Papa ha voluto inviarci per il trentesimo anniversario della efferata uccisione di Padre Pino per volere della mafia. Una lettera in cui il Santo Padre ci fa sentire il dono che don Puglisi rappresenta per le nostre Chiese e per la nostra terra. Il Papa ci indica la via, affinché la forza del Vangelo, che ha pervaso e modellato l’esistenza tutta di don Pino, rianimi e rinnovi la nostra vita. Per questo la Chiesa di Palermo ha scelto la Lettera del Santo Padre come Magna Carta del suo cammino sinodale in comunione con le Chiese italiane e del mondo intero.

Desidero far notare, a questo proposito, una coincidenza importante. Proprio oggi ricorre infatti l’anniversario dell’istituzione del Sinodo, con il Motu Proprio di Paolo VI Apostolica sollicitudo, nel 1967. Contro la tentazione della sottovalutazione e l’erosione dell’oblio, Papa Francesco ha voluto riportare al centro della Chiesa l’evento sinodale, ricordandoci che la Chiesa è Sinodo, che il suo stile è la sinodalità. La sinodalità come atteggiamento evangelico che fonda il Sinodo, lo genera, lo accompagna, lo oltrepassa. I Sinodi finiscono, la sinodalità resta.

Commemorando il 50° Anniversario dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi il Papa ha affermato: «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». E citando Giovanni Crisostomo arriva a dire: «Il nome della Chiesa è Sinodo» (Discorso, 17 ottobre 2015).

Ebbene, oggi possiamo dirlo a chiara voce: Padre Pino è stato in pienezza un prete sinodale. Che cos’è infatti la sinodalità? È uno stile ecclesiale fondato sull’ascolto e sull’accoglienza: sorelle e fratelli che si ascoltano gli uni gli altri e fanno strada assieme perché in principio sono stati ascoltati da Dio; sorelle e fratelli che si accolgono perché sono stati accolti e ospitati dal Vangelo e che per questo affidano al Vangelo la loro vita, perché se ne diffonda il profumo. Ecco il ritratto del nostro 3P.

Don Pino è stato uomo e prete di ascolto. Ascolto del suo Vescovo, a cui ha sempre obbedito con umiltà e docilità filiale; ascolto dei confratelli, con cui ha sempre collaborato fattivamente; ascolto di quanti hanno lavorato accanto a lui (fedeli laici, consacrate, uomini e donne di buona volontà). Soprattutto, Padre Pino ha ascoltato fino in fondo l’uomo d’oggi: penso ai suoi studi di scienze umane, alla sua costante richiesta alle Assistenti Sociali Missionarie di fare ricerche sui bisogni del quartiere; penso al tempo che dedicava ad ascoltare ogni uomo e ogni donna, ogni giovane, ogni bambino che incontrava o che a lui si rivolgeva. L’ascolto profondo rendeva Padre Puglisi partecipe della vita della sua gente, spingendolo anche a partecipare alle manifestazioni di protesta contro le ingiustizie. Perché la fedeltà alle persone era la sua stella polare, soprattutto i poveri, gli scarti umani che producono le nostre città. E poi don Pino educava i bambini, i ragazzi ad ascoltare se stessi e il Creato, prima Parola di Dio che a Dio porta.

Ogni ascolto però si collocava per don Pino dentro un altro ascolto, per lui centrale, decisivo, chiave di lettura di tutto: l’ascolto della parola di Dio, l’accoglienza del Vangelo. Il Vangelo era la sua forza, lo rendeva prete mite e indifeso, capace, però, di sfidare il grande male di Palermo: la mafia. Minacciato, consapevole dei pericoli, andava avanti sorretto dal Vangelo. Per questo dove c’era Padre Pino ritornava la primavera della speranza. Perché il Vangelo vissuto fa rifiorire l’umanità. Il sorriso di don Puglisi ai suoi killer, il suo ‘vi aspettavo’, contenuto in quel «me l’aspettavo», sono una lezione magistrale e genuina di Vangelo vissuto. Il nemico accolto con il sorriso. Chi vive fino in fondo il Vangelo non ha paura della morte.

Grazie Padre Pino, perché hai creduto fino in fondo nel Vangelo, perché hai vissuto fino in fondo la bellezza dell’essere prete, seminatore di comunione, di speranza e di vita.

Lo sappiamo: l’Eucaristia era la tua dynamis. Ti dava la lucidità e il coraggio di conoscere il male e di fare il bene. L’Eucaristia, che stiamo per celebrare, è lo spazio privilegiato della sinodalità, il suo ultimo nome. Il luogo in cui veniamo raccolti per ascoltare e per accogliere, ascoltarci e per accoglierci, imparando qui, dal memoriale del Signore, l’amore dei nemici e il dono della vita. Qui veniamo resi sinodali, capaci cioè di accogliere con il sorriso evangelico ogni uomo e ogni donna che il Padre ci fa incontrare.

Padre Pino aiutaci ad aprire il nostro cuore, insieme alla Vergine Addolorata che per prima accoglie e trasforma nel suo cuore ogni dolore di questa nostra umanità, il gemito di vita che grida dentro ogni dolore.

Beato Pino Puglisi insegnaci il segreto dell’amore eucaristico: l’amore più grande, dare la vita anche a chi te la toglie.


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Il ricordo dell’arcivescovo di Palermo
Così è stato uomo,
così è stato prete


Sono passati trent’anni dalla sera in cui don Pino Puglisi è stato ucciso dalla mafia. Ne facciamo perciò oggi, con gioia e gratitudine, una memoria particolare. Siamo incoraggiati dalla parola del Santo Padre che, dopo aver visitato Palermo il 15 settembre di cinque anni fa, con sensibilità meravigliosa e profetica, oggi ha voluto rinnovare — in una lettera indirizzata a me vescovo ma rivolta ai presbiteri e a tutto il popolo di Dio — il ricordo di don Pino, della nostra chiesa, delle chiese di Sicilia, indicando l’esempio del beato martire Puglisi come via di riscatto e di annuncio autentico del vangelo.

Sappiamo bene infatti il motivo per cui padre Pino è morto. La sua spietata esecuzione si deve alla testimonianza di giustizia e di verità portata avanti da un uomo, da un prete, che ha vissuto il proprio ministero a Brancaccio come una chiamata alla fedeltà. Fedeltà al creato, fedeltà all’uomo, fedeltà al vangelo. Non si tratta di tre fedeltà, bensì di una sola.

Don Pino ha educato sempre i giovani al rispetto della creazione, li ha fatti crescere col senso della bellezza e della sacralità di ogni forma di vita, di fronte al quotidiano culto della morte in cui, soprattutto nel quartiere Brancaccio, erano immersi. Don Pino ha interpretato il proprio dimorare in un luogo dominato dalla mafia, dal suo potere e dalla sua logica, come un ascolto infinito del bisogno e del grido inespresso di un popolo, in attesa di una liberazione dall’oppressione e dalla schiavitù mafiose che sfigurano il volto degli umani e riducono le persone a sudditi. Don Pino ha sentito il suo stare dalla parte del popolo, il suo lavoro inesausto per sottrarre i bambini e i ragazzi alla mentalità della mafia (appoggiato da tante donne e tanti uomini, laici e religiosi, attratti dall’esempio di colui che tutti chiamavano affettuosamente 3P), come una risposta al vangelo delle Beatitudini, come un ascolto di quella parola scandalosa pronunciata dal suo Maestro e Signore: «Beati i poveri».

Così don Pino è stato uomo, così è stato prete, come un cristiano permeato da una grande capacità di ascolto di Dio e degli uomini, dallo stile della sinodalità. Credo sia questa la grande attualità odierna del suo messaggio e della sua figura, in una chiesa posta da Papa Francesco in un atteggiamento e in un cammino sinodali.

«La chiesa è sinodo», ci ha ricordato il Santo Padre sulla scorta del Crisostomo.

Ma sinodalità significa apertura all’altro, accoglienza reciproca nella comune sottomissione al vangelo e alla sua chiamata per l’oggi. Sinodalità significa compagnia dei discepoli di Gesù con gli altri discepoli, compagnia delle chiese cristiane, compagnia dei religiosi di ogni confessione e dei non credenti, accomunati dalla passione per l’uomo.

Quella passione che ha portato don Pino a morire, sorridendo al suo assassino e confessandogli candidamente che lo aspettava, sull’esempio del suo Signore, morto per amore dei nemici. Di noi, amati da Dio mentre eravamo ancora peccatori — dice Paolo — e rinati alla vita nuova in Cristo. In Lui chiamati a libertà.
(fonte: L'Osservatore Romano 15/09/2023)

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