Enzo Bianchi
Perché il Papa non è filo-russo
Fin dall’inizio del conflitto russo-ucraino, Papa Francesco è stato accusato di non essere sufficientemente chiaro nella condanna dell’aggressore e nei giorni scorsi inabilitato a qualsiasi arbitrato tra i contendenti perché ritenuto “filorusso”. Alcune sue parole sulla Russia – “un grande e illuminato paese di grande cultura e di grande umanità” – hanno destato irritazione nella chiesa ucraina greco-cattolica che sta celebrando a Roma il suo sinodo. Nell’incontro con il Papa i vescovi ucraini hanno criticato con forza l’atteggiamento di Francesco, giudicato incapace di comprendere l’Ucraina e di condannare il neocolonialismo della guerra russa che dura ormai dal febbraio 2022, una guerra fratricida, tra cristiani con fede, spiritualità e culto condivisi.
In realtà Papa Francesco ha continuato a chiedere la cessazione della guerra e l’inizio di dialoghi per la pace, inoltre nessuno può onestamente dire che le sue posizioni siano filorusse e tanto meno filo putiniane. È vero invece che la realtà in Ucraina più che difficile da decifrare è complicata da affrontare e Francesco come successore di Pietro – il cui compito è il servizio dell’unità non solo della chiesa ma di tutte le chiese – cerca in tutti i modi possibilità di tregua dal conflitto in vista di una riconciliazione e quindi della pace.
Il Papa non agisce e non può agire come i poteri politici di questo mondo perché il suo compito è profondamente diverso. In Ucraina è presente una chiesa cattolica non latina ma appunto greco-cattolica, in tutto conforme alle chiese ortodosse ma in comunione con Roma da alcuni secoli. Chiesa “uniate”, viene definita senza disprezzo, ma segnata fin dalla nascita nel XVII secolo dal metodo dell’uniatismo che la chiesa cattolica ha praticato nei confronti delle chiese ortodosse: avendo come obiettivo l’unità della chiesa, concepita come ritorno o graduale assimilazione alla chiesa cattolica romana, venivano incorporate porzioni delle chiese ortodosse dando origine a chiese parallele cattoliche. Questo metodo però non solo è stato condannato da cattolici e ortodossi riuniti insieme a Balamand (1993), ma è giudicato da Papa Francesco “oggi non più lecito … non più da ritenersi via per l’ecumenismo”.
Per queste chiese “uniati” la posizione nel dialogo ecumenico resta molto difficile, anche perché a volte sono tentate da proselitismo e concorrenza e la loro presenza viene così percepita come l’iniziativa di una sorella più forte, più efficace, apparsa dopo e in modo illegittimo.
È chiaro che la chiesa greco-cattolica ucraina è una chiesa grande e santa, una chiesa di martiri, che ha sofferto la persecuzione e sotto Stalin ha sfiorato la possibilità dell’annientamento. La chiesa cattolica romana non può non riconoscerla, non sentirla come membro privilegiato per il dialogo con gli ortodossi, ma certamente non le è possibile favorirla ponendola in contrapposizione a quella ortodossa. Per questo Papa Francesco ha promesso agli ortodossi che Roma non acconsentirà a un patriarcato ucraino-cattolico nonostante gli ucraini lo chiedano.
Siamo convinti che solo la profezia nel servizio papale alle chiese potrà sbloccare la situazione e offrire una via d’uscita. Oggi siamo condannati a un pregiudizio cattolico nei confronti di una chiesa che, sebbene cattolica, nei fatti è tentata dal nazionalismo come molte chiese ortodosse.
Ma Papa Francesco, fedele allo spirito del Concilio, non può tollerare il metodo dell’uniatismo perché resta convinto servo della comunione tra molte contraddizioni, poca comprensione e raro sostegno.
Egli pensa alla comunione delle chiese tutte, non alla difesa della propria chiesa cattolica, e questo in obbedienza al Concilio, ma soprattutto al Vangelo.
(fonte: blog dell'autore)