Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 23 settembre 2023

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO a MARSIGLIA per la conclusione dei “Rencontres Méditerranéennes” 22 - 23 SETTEMBRE 2023 - Incontro con i Leader Religiosi: “Ci troviamo di fronte a un bivio di civiltà. O la cultura dell’umanità e della fratellanza, o la cultura dell’indifferenza” (cronaca, foto, testi e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
a MARSIGLIA
per la conclusione dei “Rencontres Méditerranéennes”

22 - 23 SETTEMBRE 2023



Venerdì, 22 settembre 2023

MARSIGLIA

18:00 Momento di raccoglimento con i Leader Religiosi nei pressi del Memoriale dedicato ai marinai e ai migranti dispersi in mare

 ************







************

MOMENTO DI RACCOGLIMENTO CON I LEADER RELIGIOSI
NEI PRESSI DEL MEMORIALE DEDICATO
AI MARINAI E AI MIGRANTI DISPERSI IN MARE


Alle ore 18.00, nei pressi del Memoriale dedicato ai marinai e ai migranti dispersi in mare, ha avuto luogo un momento di raccoglimento del Santo Padre Francesco con i leader religiosi. 
Erano presenti i membri di Marseille Espérance, una delegazione di Stella Maris, una delegazione di Caritas Gap-Briançon, una delegazione del servizio diocesano della pastorale per i migranti e una delegazione di Associations de secours en mer pour un temps de prière pour les migrants morts en mer.

Dopo un canto iniziale e il saluto di benvenuto dell’Arcivescovo Metropolita di Marsiglia, l’Em.mo Card. Jean-Marc Aveline, il Papa ha pronunciato il Suo intervento.

Dopo la lettura di un giovane migrante, l’esecuzione di un canto e le intenzioni di preghiera di un membro di Marseille Espérance, di un membro di Stella Maris, di un membro di Caritas Gap-Briançon, di un membro del servizio diocesano della pastorale per i migranti e di un membro di Associations de secours pour les migrants, Papa Francesco ha concluso il momento di raccoglimento e, insieme a due migranti e ai leader religiosi, si è diretto al monumento dei dispersi in mare ai piedi del quale ha deposto una corona. Mentre il coro intonava un canto, il Santo Padre ha salutato i leader religiosi.

Al termine si è trasferito in auto all’Arcivescovado di Marsiglia dove – dopo essere stato accolto dal personale - ha incontrato una decina di persone appartenenti all’Associazione Fratello. Dopo averli salutati individualmente, si è fermato con loro per una breve preghiera.
(fonte: Bollettino della Sala Stampa del 22/09/2023)

************

PAROLE DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle,

grazie per essere qui. Dinanzi a noi c’è il mare, fonte di vita, ma questo luogo evoca la tragedia dei naufragi, che provocano morte. Siamo riuniti in memoria di coloro che non ce l’hanno fatta, che non sono stati salvati. Non abituiamoci a considerare i naufragi come fatti di cronaca e i morti in mare come cifre: no, sono nomi e cognomi, sono volti e storie, sono vite spezzate e sogni infranti. Penso a tanti fratelli e sorelle annegati nella paura, insieme alle speranze che portavano nel cuore. Davanti a un simile dramma non servono parole, ma fatti. Prima ancora, però, serve umanità, serve silenzio, pianto, compassione e preghiera. Vi invito ora a un momento di silenzio in memoria di questi nostri fratelli e sorelle: lasciamoci toccare dalle loro tragedie. [momento di silenzio]

Troppe persone, in fuga da conflitti, povertà e calamità ambientali, trovano tra le onde del Mediterraneo il rifiuto definitivo alla loro ricerca di un futuro migliore. E così questo splendido mare è diventato un enorme cimitero, dove molti fratelli e sorelle sono privati persino del diritto di avere una tomba, e a venire seppellita è solo la dignità umana. Nel libro-testimonianza “Fratellino”, il protagonista, alla fine del travagliato viaggio che lo porta dalla Repubblica di Guinea all’Europa, afferma: «Quando ti siedi sopra il mare sei a un bivio. Da una parte la vita, dall’altra la morte. Lì non ci sono altre uscite» (A. Arzallus Antia – I. Balde, Fratellino, Milano 2021, 107). Amici, anche davanti a noi si pone un bivio: da una parte la fraternità, che feconda di bene la comunità umana; dall’altra l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo. Ci troviamo di fronte a un bivio di civiltà. O la cultura dell’umanità e della fratellanza, o la cultura dell’indifferenza: che ognuno si arrangi come può.

Non possiamo rassegnarci a vedere esseri umani trattati come merce di scambio, imprigionati e torturati in modo atroce – lo sappiamo, tante volte, quando li mandiamo via, sono destinati ad essere torturati e imprigionati –; non possiamo più assistere ai drammi dei naufragi, dovuti a traffici odiosi e al fanatismo dell’indifferenza. L’indifferenza diventa fanatica. Le persone che rischiano di annegare quando vengono abbandonate sulle onde devono essere soccorse. È un dovere di umanità, è un dovere di civiltà!

Il Cielo ci benedirà, se in terra e sul mare sapremo prenderci cura dei più deboli, se sapremo superare la paralisi della paura e il disinteresse che condanna a morte con guanti di velluto. In questo, noi rappresentanti di diverse religioni siamo chiamati a essere di esempio. Dio, infatti, benedisse il padre Abramo. Egli fu chiamato a lasciare la sua terra d’origine e «partì senza sapere dove andava» (Eb 11,8). Ospite e pellegrino in terra straniera, accolse i viandanti che passarono nei pressi della sua tenda (cfr Gen 18): «esule dalla sua patria, privo di casa, fu lui stesso casa e patria di tutti» (S. Pietro Crisologo, Discorsi, 121). E «a ricompensa della sua ospitalità, ottenne di avere una discendenza» (S. Ambrogio di Milano, De officiis, II, 21). Alle radici dei tre monoteismi mediterranei c’è dunque l’accoglienza, l’amore per lo straniero in nome di Dio. E questo è vitale se, come il nostro padre Abramo, sogniamo un avvenire prospero. Non dimentichiamo il ritornello della Bibbia: “l’orfano, la vedova e il migrante, lo straniero”. Orfano, vedova e straniero: questi sono quelli che Dio ci comanda di custodire.

Noi credenti, dunque, dobbiamo essere esemplari nell’accoglienza reciproca e fraterna. Spesso non sono facili i rapporti tra i gruppi religiosi, con il tarlo dell’estremismo e la peste ideologica del fondamentalismo che corrodono la vita reale delle comunità. Ma vorrei, in proposito, dare eco a quanto scrisse un uomo di Dio vissuto non lontano da qui: «Nessuno custodisca nel suo cuore sentimenti di odio per il suo prossimo, ma amore, perché chi odia anche un solo uomo non potrà starsene tranquillo davanti a Dio. Dio non ascolta la sua preghiera finché custodisce collera nel suo cuore» (S. Cesario di Arles, Discorsi, XIV, 2).

Oggi pure Marsiglia, caratterizzata da un variegato pluralismo religioso, ha davanti a sé un bivio: incontro o scontro. E io ringrazio tutti voi, che vi schierate sulla via dell’incontro: grazie per il vostro impegno solidale e concreto per la promozione umana e per l’integrazione. Marsiglia è un modello di integrazione. È bello che qui, insieme a diverse realtà che lavorano con i migranti, ci sia il Marseille-Espérance, organismo di dialogo interreligioso che promuove la fraternità e la convivenza pacifica. Guardiamo ai pionieri e ai testimoni del dialogo, come Jules Isaac, vissuto qua vicino, di cui si è da poco ricordato il 60° anniversario della morte. Voi siete la Marsiglia del futuro. Andate avanti senza scoraggiarvi, perché questa città sia per la Francia, per l’Europa e per il mondo un mosaico di speranza.

Come auspicio, vorrei infine citare alcune parole che David Sassoli pronunciò a Bari, in occasione di un precedente incontro sul Mediterraneo: «A Bagdad, nella Casa della Saggezza del Califfo Al Ma’mun, s’incontravano ebrei, cristiani e musulmani a leggere i libri sacri e i filosofi greci. Oggi sentiamo tutti, credenti e laici, la necessità di riedificare quella casa per continuare insieme a combattere gli idoli, abbattere muri, costruire ponti, dare corpo ad un nuovo umanesimo. Guardare in profondità il nostro tempo e amarlo anche di più quando è difficile da amare, credo che sia il seme gettato in queste giornate così attente al nostro destino. Basta avere paura dei problemi che ci sottopone il Mediterraneo! […] Per l’Unione Europea e per tutti noi ne va della nostra sopravvivenza» (Discorso in occasione dell’Incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo frontiera di pace”, 22 febbraio 2020).

Fratelli, sorelle, affrontiamo uniti i problemi, non facciamo naufragare la speranza, componiamo insieme un mosaico di pace!

Mi fa piacere vedere qui tanti di voi che vanno in mare per salvare, salvare i migranti. E tante volte vi impediscono di andare, perché – si dice – alla nave manca qualcosa, manca questo, quest’altro… Sono gesti di odio contro il fratello, travestiti da “equilibrio”. Grazie per tutto quello che fate.

Guarda il video

************
 
Andrea Monda
Fanatismo dell’indifferenza
e squilibrio dell’amore


Il fanatismo dell’indifferenza. Parole forti quelle pronunciate dal Papa nel primo dei due giorni del suo viaggio apostolico a Marsiglia. Parlando con i giornalisti in aereo il Papa aveva confidato «spero di avere il coraggio di dire tutto quello che voglio dire». Speranza ben riposta: le sue parole sono state forti e nette. Nel momento di raccoglimento con i leader religiosi davanti al memoriale dedicato ai migranti dispersi in mare, a pochi metri di distanza dal santuario di Nostra Signora della Guardia, Papa Francesco ha usato anche questa strana espressione: il fanatismo dell’indifferenza. Parole che suonano inconsuete, quasi un ossimoro, perché siamo abituati a pensare che il fanatico è un uomo “caldo”, che si appassiona (troppo) a qualcosa, ad un’idea, mentre l’indifferente ci appare come un uomo “freddo”, che non si scalda per niente e nessuno, che resta impassibile di fronte a tutto quello che gli capita di vedere o incontrare. Cosa vuole dirci allora il Papa con questa espressione che scardina il nostro comune sentire? Rileggiamo tutto il brano pronunciato a braccio dal Papa nel suo discorso: «Non possiamo rassegnarci a vedere esseri umani trattati come merce di scambio, imprigionati e torturati in modo atroce — lo sappiamo, tante volte, quando li mandiamo via, sono destinati ad essere torturati e imprigionati —; non possiamo più assistere ai drammi dei naufragi, dovuti a traffici odiosi e al fanatismo dell’indifferenza. L’indifferenza diventa fanatica. Le persone che rischiano di annegare quando vengono abbandonate sulle onde devono essere soccorse. È un dovere di umanità, è un dovere di civiltà!». Per il Papa l’indifferenza può dunque arrivare a diventare fanatica. È quando un uomo si aggrappa ad un atteggiamento, ad una postura, pur di non accettare di cambiare, perseguendo il disperato tentativo di continuare a voltarsi dall’altra parte, per la paura di rischiare di allargare lo sguardo. Come ricordava George Santayana: «Il fanatismo consiste nel raddoppiare gli sforzi quando si è dimenticato l’obiettivo». Lo scopo obliato in questo caso è quello di rimanere umani, il “dovere di umanità” che ricorda il Papa che avverte come Marsiglia sia quel luogo fisico dove si percepisce che l’umanità è oggi di fronte a un bivio: «da una parte la fraternità, che feconda di bene la comunità umana; dall’altra l’indifferenza, che insanguina il Mediterraneo. Ci troviamo di fronte a un bivio di civiltà. O la cultura dell’umanità e della fratellanza, o la cultura dell’indifferenza: che ognuno si arrangi come può». E si può anche declinare questo bivio usando un’altra parola al posto di “indifferenza” e cioè fratricidio, se è vero (come purtroppo è vero) che questa indifferenza fanatica tinge di rosso il Mediterraneo.

Fratricidio, la violenza verso il fratello, è un’altra parola forte implicitamente evocata dal discorso del Papa che ha concluso, sempre a braccio, con un’affermazione netta, tagliente, inserita nell’elogio finale rivolto a chi si impegna per salvare vite in quell’enorme cimitero marino: «Mi fa piacere vedere qui tanti di voi che vanno in mare per salvare, salvare i migranti. E tante volte vi impediscono di andare, perché — si dice — alla nave manca qualcosa, manca questo, quest’altro… Sono gesti di odio contro il fratello, travestiti da “equilibrio”». L’odio può essere mascherato, dice il Papa, così come «il disinteresse che condanna a morte con guanti di velluto». Chi invece, in modo “squilibrato”, si getta nel mare per soccorrere i fratelli migranti è il contrario del fanatico, perché sta raddoppiando gli sforzi proprio perché non ha dimenticato l’obiettivo, lo scopo autentico di un’esistenza pienamente umana.
(fonte: L'Osservatore Romano 23/09/2023)

************

Guarda il video integrale

************

Vedi anche i post precedenti: