VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN INDONESIA, PAPUA NUOVA GUINEA,
TIMOR-LESTE, SINGAPORE
(2-13 settembre 2024)
Lunedì, 9 settembre 2024
PORT MORESBY
9:45 INCONTRO CON I GIOVANI nello Stadio “Sir John Guise”
11:10 CERIMONIA DI CONGEDO presso l’Aeroporto Internazionale di Port Moresby “Jacksons”
11:40 Partenza in aereo dall'Aeroporto Internazionale di Port Moresby “Jacksons”
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Il Papa ai giovani papuani:
scegliete l’armonia, non la divisione e sollevate chi cade
Nell’ultimo incontro in Papua Nuova Guinea, allo stadio di Port Moresby, Francesco dialoga con oltre diecimila ragazzi e ragazze, nel Paese degli oltre 800 idiomi: “La vostra lingua comune è quella del cuore dell’amore, della vicinanza e del servizio” ricorda, e contro l’indifferenza “dovete avere l’inquietudine del cuore di prendervi cura degli altri” e se qualcuno cade, “aiutarlo a non rimanere caduto”. Nelle testimonianze dei giovani i drammi degli abusi in famiglia e le unioni distrutte
Un discorso che diventa presto dialogo di sorrisi, gesti e risposte corali. Questo è stato il cuore dell’incontro di Papa Francesco con i diecimila giovani papuani che hanno fatto festa con lui nello stadio “Sir John Guise” di Port Moresby, lo stesso della Messa di sabato mattina. Uno scambio di sguardi, pollici alzati e occhi che brillano tra l’anziano Papa e coloro che sono la “speranza per il futuro” di un Paese “giovane abitato da tanti giovani”.
La lingua comune del cuore, dell'amore e del servizio
Dopo aver lasciato il discorso preparato, un sorridente Francesco chiede ai giovani di scegliere tra il modello della dispersione o quello dell’armonia, ricordando quello che avevano fatto i discendenti di Mosè con la Torre di Babele. “L’armonia”, rispondono i giovani in coro. E poi ricorda loro che “Il Signore ci ha creati per avere buoni rapporti con gli altri”. Nel Paese degli oltre 800 idiomi, il Pontefice dice ai giovani che serve “una sola lingua che ci aiuti ad essere uniti. Qual è?” chiede, e qualcuno risponde “l’amore”. “La vostra lingua comune è quella del cuore, dell’amore, della vicinanza e del servizio”, chiarisce ancora, si augura “che tutti parliate questa lingua e siate Wantok dell’amore!”. (“Wantok” è il termine papuano che indica chi parla una certa lingua e appartiene ad un certo gruppo etnico. n.d.r.). Contro il male dell’indifferenza, prosegue il Papa “dovete avere l’inquietudine del cuore di prendervi cura degli altri”. E ricorda che “c’è un rapporto molto importante nella vita di un giovane, la vicinanza con i nonni”.
"Se vedete qualcuno cadere, aiutatelo a rialzarsi"
Infine il Pontefice introduce un tema a lui molto caro: “Tutti possiamo sbagliare. Tutti. Ma l’importante è rendersi conto dello sbaglio. E dobbiamo sempre correggerci”. E ricorda la canzone di montagna che dice così: Nell’arte di salire, quello che importante non è non cadere, ma non rimanere caduto”..“E se vedete un amico, un compagno, un’amica, una compagna della vostra età che è caduto, che è caduta, cosa dovete fare? – domanda Papa Francesco - Ridere di quello?”. “No” rispondono in coro i giovani. “Tu devi guardarlo e aiutarlo a rialzarsi. Pensate che noi soltanto in una situazione della vita possiamo guardare l’altro dall’alto in basso: per aiutarlo a sollevarsi”. Francesco ripete la domanda altre due volte, in diversi momenti dell’incontro, l’ultimo dopo il canto finale: “Quando voi trovate qualcuno caduto sulla strada, per tanti problemi, cosa dove fare, dare una botta?”. Al forte “No!” dello stadio aggiunge: “Qual è il gesto che dovete fare davanti a qualcuno che è caduto?” I giovani rispondono: “get back up!” e il Pontefice mima il gesto di sollevare una persona.
La danza di accoglienza per il Papa allo stadio di Port Moresby @VaticanMedia
Il racconto della Torre di Babele
Il Papa aveva iniziato il suo intervento ringraziando per la bella rappresentazione appena messa in scena dai giovani, che ha narrato la bellezza di Papua “dove l’oceano incontra il cielo, dove nascono i sogni e sorgono le sfide”; e lanciato a tutti un augurio importante: “affrontare il futuro con sorrisi di speranza!”. Ai ragazzi e ragazze del Paese, che sono “la speranza per il futuro”, Francesco ha chiesto di riflettere insieme “su come si costruisce il futuro” e “che senso vogliamo dare alla nostra vita”. E lo ha fatto parlando del racconto biblico della Torre di Babele, dove si scontrano due modi opposti di vivere e di costruire la società: “uno porta alla confusione e alla dispersione, l’altro porta all’armonia dell’incontro con Dio e con i fratelli”. Poi il suo discorso si è trasformato in un dialogo con i giovani.
Il vescovo John Bosco e le sfide per i giovani papuani
Dopo la danza di benvenuto di una ventina di giovani, nei variopinti e piumati costumi tradizionali, a salutare il Pontefice è John Bosco Auram, vescovo di Kimbe e delegato per i giovani, che ricorda come la sfida più grande per i giovani papuani sia “scoprire Cristo all’interno e in mezzo ad una realtà” che li porta ad affrontare sfide profonde “come il vivere i valori cristiani all’interno della famiglia e della società, le limitate opportunità di crescita e sviluppo, le varie frustrazioni derivanti dalle aspettative non soddisfatte della società, del governo e persino della Chiesa”.
Il saluto del vescovo John Bosco Auram, delegato per i giovani
La rappresentazione “Isole di speranza”
La festa entra nel vivo con la rappresentazione “Isole di speranza”, che vede protagonisti quattro giovani della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, impegnati a costruire un futuro “con sorrisi di speranza”. Una partendo dalla sua famiglia, uno dalla protezione dell’ambiente, un’altra dalla valorizzazione della cultura locale e l’ultimo dal sostegno all’educazione. Un narratore, alla fine, invita a ricordare che “i giovani non sono solo i leader di domani, ma gli artefici del cambiamento di oggi. Sosteniamo il loro viaggio e celebriamo il loro contributo al nostro mondo”.
Patricia e l’impegno dei giovani professionisti cattolici
La prima testimonianza davanti al Papa, dopo l’esibizione del grande coro, è di una giovane che fa parte dell’Associazione dei professionisti cattolici Patricia Harricknen-Korpok, che parla della difficoltà di testimoniare la fede e la morale cattolica in una società che subisce l’influenza negativa “delle industrie dello sport e del divertimento, dei social media e della tecnologia”, molto attrattive, e per la competizione di tanti valori e credenze religiose. Nonostante questo, i giovani professionisti della Papua Nuova Guinea, assicura Patricia, si battono “per il bene comune e per il benessere del nostro popolo, soprattutto per coloro che non hanno voce o si trovano ai margini della società”. Per questo, ammette “prendere posizione su questioni sociali, politiche, economiche, ambientali e di diritti umani attraverso la lente della nostra fede cristiana” non è sempre stato facile, ma oggi i giovani professionisti cattolici si battono “per il bene comune”, soprattutto “per coloro che non hanno voce o si trovano ai margini della società”.
Il Papa e la testimone Bernadette
Ryan e la sofferenza dei giovani per le famiglie divise
Dopo di lei Ryan Vulum racconta la sua difficile infanzia in una famiglia divisa, e che la Chiesa “è diventata il mio rifugio”. Quella delle famiglie divise o che hanno grandi aspettative nei confronti dei giovani è una difficoltà che per Ryan “sperimenta la maggior parte dei giovani” dell’arcipelago. Che trovano “molto difficile comunicare con i loro genitori, perché questi non stanno insieme o sono separati”, e molti di loro “ricorrono all'assunzione di sostanze nocive, al coinvolgimento in attività illegali e perdono ogni speranza nella vita”. Per questo incoraggia tutte le coppie cattoliche in Papua Nuova Guinea a ricevere e perseverare nel sacramento del matrimonio, “per diventare famiglie forti e per far sì che i giovani si sentano sicuri e possano vivere meglio”. E i membri della Chiesa “a continuare ad accogliere i giovani a braccia aperte e ad invitarli a condividere le loro idee e a partecipare alle decisioni della comunità ecclesiale locale”, per costruire una Chiesa migliore.
Il grido di Bernadette contro gli abusi in famiglia
Infine Bernadette Turmoni, quarta e ultima figlia di una famiglia numerosa, giovane della Legione di Maria, parla del dramma degli abusi in famiglia, che distrugge la vita di giovani uomini e donne. “Chi ne è vittima – denuncia - si sente non amato e non rispettato. Perde la speranza e può suicidarsi o lasciare la famiglia”. E anche di quello della povertà, che è in aumento nonostante la Papua Nuova Guinea sia ricca di minerali. Questo è uno dei motivi “per cui i giovani non completano gli studi o non perseguono i loro sogni e desideri”. E li spinge “a trovare modi per guadagnare soldi vendendo droga, rubando” o chiedendo l’elemosina. E chiede al Papa, “come affrontare questo problema?”. Trovando una risposta nell’Esortazione apostolica di Francesco Christus Vivit: “Dio è sempre vivo e quindi anche noi dobbiamo essere vivi”. Come giovane, conclude Bernadette, “sono in grado di vivere la mia vita, nonostante tutte le lotte che ho affrontato. Non ho nulla: Dio è tutto”.
Doni a Papa Francesco alla fine dell'incontro
(fonte: Vatican News, articolo di Alessandro Di Bussolo 09/09/2024)
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INCONTRO CON I GIOVANI
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Stadio “Sir John Guise” (Port Moresby, Papua Nuova Guinea)
Lunedì, 9 settembre 2024
Cari giovani, buongiorno! Good morning!
Vi dico una cosa: sono felice di questi giorni trascorsi nel vostro Paese, dove convivono mare, montagne e foreste tropicali; ma soprattutto un Paese giovane abitato da tanti giovani! E il volto giovane del Paese abbiamo potuto contemplarlo tutti, anche attraverso la bella rappresentazione che abbiamo visto qui. Grazie! Grazie per la vostra gioia, per come avete narrato la bellezza di Papua “dove l’oceano incontra il cielo, dove nascono i sogni e sorgono le sfide”; e soprattutto grazie perché avete lanciato a tutti un augurio importante: “affrontare il futuro con sorrisi di speranza!”. Con sorrisi di gioia.
Cari giovani, non volevo ripartire da qui senza incontrarvi, perché voi siete la speranza per il futuro.
E come si costruisce il futuro? Che senso vogliamo dare alla nostra vita? Vorrei lasciarmi interpellare da queste domande, a partire da un racconto che si trova all’inizio della Bibbia: il racconto della Torre di Babele. Lì vediamo che si scontrano due modelli, due modi opposti di vivere e di costruire la società: uno porta alla confusione e alla dispersione, l’altro porta all’armonia dell’incontro con Dio e con i fratelli. Confusione da una parte e armonia dall’altra. Questo è importante.
E io vi domando, adesso, cosa scegliete voi? Il modello della dispersione o il modello dell’armonia? Cosa scegliete voi? [rispondono: harmony!] Siete bravi! C’è una storia che racconta la Scrittura: che, dopo il diluvio universale, i discendenti di Noè si dispersero in diverse isole, ciascuno «secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie» (Gen 10,5). Senza annullare le differenze, Dio concesse loro un modo per entrare in comunicazione e per unirsi; infatti, «tutta la terra aveva un’unica lingua» (Gen 11,1). E questo significa che il Signore ci ha creati per avere un buon rapporto con gli altri. State attenti: non ci ha creato per la confusione, ma per avere un buon rapporto. E questo è molto importante.
E davanti a queste differenze di lingue, che dividono, che disperdono, ci vuole una sola lingua che ci aiuti ad essere uniti. Ma io vi domando: qual è la lingua che favorisce l’amicizia, che abbatte i muri di divisione e che ci apra la via per entrare, tutti, in un abbraccio fraterno? Qual è questa lingua? Io vorrei sentire qualcuno di voi coraggioso… Chi è capace di dirmi qual è questa lingua? Chi è il più coraggioso, alzi la mano e venga qui avanti. [Un ragazzo risponde: amore]. Siete convinti di questo? [I ragazzi rispondono: yes!] Pensate un po’. E contro l’amore, cosa c’è? L’odio. Ma c’è anche una cosa forse più brutta dell’odio: l’indifferenza verso gli altri. Avete capito che cos’è l’odio e cos’è l’indifferenza? Avete capito? [I ragazzi rispondono: sì!] Sapete che l’indifferenza è una cosa molto brutta, perché tu lasci gli altri sulla strada, non ti interessi di aiutare gli altri. L’indifferenza ha le radici dell’egoismo.
Sentite, nella vita, voi che siete giovani, dovete avere l’inquietudine del cuore di prendersi cura degli altri. Voi dovete avere l’inquietudine di fare amicizia fra voi. E voi dovete avere cura di una cosa che io vi dirò adesso, che forse sembra un po’ strana. Una cosa che io dirò adesso e che forse sembra un po’ strana. C’è un rapporto molto importante nella vita del giovane: c’è la vicinanza ai nonni. Siete d’accordo? [I ragazzi rispondono: yes!] Adesso, tutti insieme diciamo: “Viva i nonni!” [I ragazzi rispondono: Long live grandparents!] Thank you very much. Thank you. Thank you.
Torniamo al racconto biblico dei discendenti di Noè. Ognuno parlava una diversa lingua, anche tanti dialetti. Vi domando: quanti dialetti ci sono qui? Uno? Due? Tre? Ma voi, avete una lingua comune? Pensate bene: avete una lingua comune? [I ragazzi rispondono: yes!]. La lingua del cuore! La lingua dell’amore! La lingua della vicinanza! E anche, la lingua del servizio.
Vi ringrazio della vostra presenza qui. E mi auguro che tutti voi parliate la lingua più profonda: che tutti voi siate “wantok” dell’amore!
Cari giovani, sono contento del vostro entusiasmo e sono contento di tutto quello che fate, quello che pensate. Ma mi domando – state attenti alla domanda! – un giovane, può sbagliare? [I ragazzi rispondono: yes!]. E una persona adulta, può sbagliare? [I ragazzi rispondono: yes!]. E un vecchio come me, può sbagliare? [I ragazzi rispondono: yes!]. Tutti possiamo sbagliare. Tutti. Ma l’importante è rendersi conto dello sbaglio. Questo è importante. Noi non siamo superman. Noi possiamo sbagliare. E questo ci dà anche una certezza: che dobbiamo sempre correggerci. Nella vita tutti possiamo cadere, tutti. Ma c’è una canzone molto bella, mi piacerebbe che voi l’imparaste, è una canzone che cantano i giovani quando stanno salendo sulle Alpi, sulle montagne. La canzone dice così: “Nell’arte di salire, quello che importante non è non cadere, ma non rimanere caduto”. Avete capito questo? [I ragazzi rispondono: yes!] Nella vita tutti possiamo cadere, tutti! È importante non cadere? È importante non cadere? Vi domando. [I ragazzi rispondono: no!] Sì, ma cosa è più importante? [I ragazzi rispondono: get back up!] Non rimanere caduti. E se tu vedi un amico, un compagno, un’amica, una compagna della vostra età che è caduto, che è caduta, cosa devi fare? Ridere di quello? [I ragazzi rispondono: no!] Tu devi guardarlo e aiutarlo a rialzarsi. Pensate che noi soltanto in una situazione della vita possiamo guardare l’altro dall’alto in basso: per aiutarlo a sollevarsi. Per aiutarlo a sollevarsi. Siete d’accordo o non siete d’accordo? [I ragazzi rispondono: yes!] Se uno di voi è caduto, è un po’ giù nella vita morale, se è caduto, tu, voi, dovete dargli una botta, così? [I ragazzi rispondono: no!] Bravi, bravi.
Adesso ripetiamo insieme, per finire. Nella vita l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto. Ripetete. Thank you very much.
Cari giovani, vi ringrazio della vostra gioia, della vostra presenza, delle vostre illusioni. I pray for you. I pray for you. And you don’t forget to pray for me, because the job is not easy. Thank you very much for your presence. Thank you very much for your hope.
And now, all together, pray. Pray for all us.
[Recita del Padre Nostro in inglese]
Thank you very much. But, I forgot: se uno cade, deve rimanere caduto? [I giovani rispondono: no!] Bravi. E se noi vediamo un amico, un’amica, un compagno, una compagna, che cade, dobbiamo lasciarlo lì o dargli una botta? [I giovani rispondono: no!] Cosa dobbiamo fare? [I ragazzi rispondono: get back up!]
Thank you very much. God bless you. Pray for me, don’t forget.
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Parole a braccio dopo la benedizione:
Prima del canto finale, ho dimenticato qualcosa. Vorrei domandarvi, non ricordo: quando voi trovate qualcuno caduto sulla strada, caduto per tanti problemi, cosa dovete fare, dargli una botta? [I giovani rispondono: no!] Qual è il gesto che dovete fare davanti a qualcuno che è caduto? [I giovani rispondono: get back up!] Facciamolo insieme!
Thank you very much.
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Parole a braccio dopo il canto finale:
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno preparato questo bell’incontro. Questo, me lo ha fatto notare questo Vescovo salesiano che è venuto da voi vestito come un vero operaio! Adesso, tutti insieme, un applauso a tutti coloro che hanno preparato questo incontro. C’è una cosa che ho dimenticato: come si deve fare? Così? [sollevare una persona caduta]
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Foto e video
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Francesco in volo verso Timor-Leste, terza tappa del suo viaggio
L'aereo B-737 della compagnia Air Niugini è decollato dall’aeroporto Jacksons International di Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, alle 12.12 ora locale (le 4.12 in Italia). L'atterraggio all’aeroporto Presidente Nicolau Lobato di Dili è previsto dopo 3 ore e mezza, che porteranno il Papa, con il seguito e i giornalisti, nel terzo Paese visitato nel suo 45.mo viaggio apostolico, il più lungo finora
Papa Francesco ha lasciato la capitale della Papua Nuova Guinea per iniziare la terza tappa del suo 45mo viaggio apostolico, che lo porta a Timor-Leste, dove si tratterrà per tre giorni, fino a mercoledì 11 settembre. Il Pontefice, dopo la Messa in privato, ha lasciato la Nunziatura di Port Moresby congedandosi dal personale e dai benefattori. Ha lasciato come dono, a ricordo del suo soggiorno, un mosaico che riproduce il suo stemma pontificio.
All’aeroporto Jacksons International è stato accolto dal primo ministro su un palco allestito sulla pista di decollo, e insieme hanno ascoltato gli inni nazionali. Prima di imbarcarsi, il Papa ha salutato il seguito locale, la delegazione papuana ed è salito per ultimo a bordo. L'aereo B-737 della compagnia Air Niugini è decollato dall’aeroporto Jacksons International di Port Moresby, capitale della Papua Nuova Guinea, alle 12.12 ora locale (le 4.12 in Italia). L'atterraggio all’aeroporto Presidente Nicolau Lobato di Dili è previsto dopo 3 ore e mezza.
Nel volo per Timor-Leste, Francesco invia telegrammi ai governatori generali di Papua Nuova Guinea e Australia. Nella capitale e città più grande della Repubblica democratica di Timor orientale avranno luogo, nella prima giornata di permanenza, i consueti appuntamenti ufficiali riservati alla cerimonia di benvenuto all'esterno del palazzo presidenziale, alla visita di cortesia al Presidente, nonché Nobel per la Pace José Manuel Ramos-Horta, all'incontro con le autorità politiche e civili. Il motto di questa visita è “Che la vostra fede sia la vostra cultura”