#Ospitalità
di Gianfranco Ravasi
E un dono, anche piccolo, fatto a loro è caro agli dei.
A molti sorprenderà che questa lezione di umanità e solidarietà sia contenuta nell’Odissea (VI,207-8). È espressione di un filo d’oro di amore fraterno che percorre i secoli, giungendo fino a noi, quando esso annoda tra loro tanti rifugiati e i volontari che li accolgono. L’ospitalità, come è noto, era una legge sacra in quasi tutte le civiltà del passato. Vogliamo proporre solo due testimonianze di culture lontane tra loro e che possono risuonare come un appello valido ancor oggi, sia pure entro coordinate storiche e sociali diverse. Da un lato ecco una sentenza tratta da Kanakya, un testo sapienziale indiano: «Tutte le divinità si rallegrano, tutti i veggenti cantano, tutti gli antenati danzano, quando un ospite è accolto nella nostra casa».
D’altro lato, ecco la voce più potente, attuale e per molti inattesa della stessa Bibbia che nel libro sacro del Levitico lascia questa norma concreta: «Quando uno straniero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Lo straniero dimorante tra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi. Tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati stranieri in terra d’Egitto» (19,33-34).
Ogni commento è superfluo. Certo, l’irrompere di culture differenti, di usi e costumi estranei, di persone misere e ridotte al livello minimo dell’umanità genera paure, problemi, tentazioni di rigetto. Si allunga, così, fino a noi un filo nero che pervade alcuni di noi, che si rafforza in certe strutture o movimenti. Pur in mezzo alle difficoltà reali, non deve però spezzarsi mai l’altro filo, quello d’oro della carità, né deve spegnersi la voce delle fedi autentiche e della genuina cultura che fa riconoscere in ogni volto umano la verità di Omero: «Tutti vengono da Dio».
(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” del 18 agosto 2024)