Il Tributo (particolare), Masaccio,Cappella Brancacci, basilica di Santa Maria del Carmine (Firenze). |
Sono quasi duemila anni che alcune parole dell’apostolo Paolo rivolte ai cristiani di Roma risuonano con forza per tutti i discepoli di Gesù Cristo: “Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto”. Parole che, accostate a quelle che gli evangelisti mettono in bocca a Gesù stesso – “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” – dovrebbero orientare il comportamento dei cristiani verso le autorità civili, in particolare per quanto riguarda il contributo economico da versare per la gestione della cosa pubblica e per i beni comuni che lo Stato garantisce, non affidabili alla sfera privata dell’economia per il semplice fatto che i “profitti” che se ne traggono sono forzatamente dilazionati nel tempo. Ma se la risposta di Gesù a un quesito legato specificatamente a un “tributo da pagare a Cesare” è sovente ricordata ogni qualvolta si discute di laicità dello stato o di atteggiamento da assumere da quanti sono al contempo cristiani e cittadini, non altrettanto si può dire dell’ammonimento di Paolo che viene troppo sbrigativamente relegato tra le indicazioni “datate”, connesse a una situazione storica e sociale ormai scomparsa quale quella dell’impero romano.
Eppure credo che possa essere prezioso, non solo per i cristiani, arricchire l’attuale riflessione sulle tasse, con questo concetto anche neotestamentario di “rendere” il dovuto a chi gli spetta, con questo invito al discernimento degli ambiti, al rispetto delle prerogative e dei limiti di ogni “signoria”, sia essa politica o religiosa. Tale discernimento infatti mi pare strettamente legato alla consapevolezza o meno della propria appartenenza a una “comunità”, del sapersi membra di un determinato corpo, ecclesiale o sociale...
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Legalità, socialità, pace: sono valori strettamente collegati, non dissociabili uno dall'altro. La loro attualità è permanente, se non perenne.