IL SOGNO DI PAROLE DI GIUSEPPE
Seguire un sogno, iniziare un cammino e custodire.
Tre verbi decisivi per ogni famiglia e per le sorti del mondo.
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno». Mt 2,13-15. 19-23
IL SOGNO DI PAROLE DI GIUSEPPE
Seguire un sogno, iniziare un cammino e custodire.
Tre verbi decisivi per ogni famiglia e per le sorti del mondo.
Le letture sembrano venire da un altro mondo. Il Siracide parla di padri e di obbedienza, ma non si riferisce a padri o madri nel pieno del loro ruolo, ma a quei genitori che hanno perso il senno o la salute; parla della fragilità dell’anziano e della compassione del figlio, nel senso più evangelico della parola.
Paolo afferma qualcosa che era un dato di fatto, in Israele, a Roma, in Grecia e in tutto il mondo. “Voi mogli siate sottomesse ai mariti”. Eppure c’è un salto, Paolo subito dopo ha un colpo d’ala: “Voi mariti amate le vostre mogli”. Per la prima volta, Paolo inserisce l’amore dentro una relazione di coppia. Colpo di scena: le mogli esistono per amare ed essere amate. Ma le sorprese proseguono. Il racconto di Matteo ci lascia a bocca aperta: Giuseppe e Maria fuggono come due profughi in Egitto, due migranti senza terra nella terra di tutte le disgrazie per Israele.
Ma com’è che al vangelo viene in mente di indicarci come modello una coppia di profughi?
E immagino Giuseppe che per ben tre volte si ritrova a sognare, sogni di parole, e per tre volte si mette in strada. Sogna, stringe a sé la sua famiglia e si mette in cammino. Tre azioni da scolpire nel diario di casa: seguire un sogno, iniziare un cammino e custodire. Tre verbi decisivi per ogni famiglia e per le sorti del mondo.
Sognare è il primo verbo. È il verbo di chi non si accontenta del mondo così com’è. «La materia di cui sono fatti i sogni è la speranza» (Shakespeare).
Mettersi in cammino è la seconda azione. Non stare fermi anche se, Dio offre poco, soltanto la direzione verso cui fuggire; poi subentrano la libertà e l’intelligenza, la creatività e la tenacia.
A noi spetta di non restare fermi, ma studiare progetti, itinerari, riposi, misurare la fatica e le forze. Il Signore non offre mai un prontuario di regole, lui accende obbiettivi e il cuore, poi ti affida alla tua libertà intelligente.
Il terzo verbo è custodire, prendere con sé, stringere a sé, proteggere. Due ragazzi innamorati e un neonato, quasi niente, eppure le sorti del mondo si decidono dentro questa famiglia. È successo allora, succede e succederà. Dentro gli affetti, nell’umile coraggio di una, di tante, di mille creature innamorate e silenziose. «Compito supremo di ogni vita è custodire delle vite con la propria vita: guai a noi se non scopriamo chi dobbiamo custodire, guai a noi se li custodiamo male» (Elias Canetti). Allora vedo Vangelo di Dio quando vedo una coppia che stringe a sé la vita dell’altro; è presenza di Dio ogni famiglia che cammina insieme, pellegrini o profughi, ma di speranza.
Oggi, nella festa della famiglia santa, vera liturgia domestica sarà regalare un abbraccio, non distratto, non svogliato, in cui dare e ricevere amore.
