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lunedì 1 dicembre 2025

Don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli: A TE, MARYAM Lettera di Avvento 2025

Don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli

A TE, MARYAM
 
Lettera di Avvento 2025



“Carissima Maryam,

scrivo a te, al sorgere di quest’Avvento, dopo aver visto un video in cui raccontavi la tua storia. Segnata dalla tragedia della guerra che da troppo tempo graffia il Sudan, e la tua vita. Ho visto gli occhi di una giovane donna che porta dentro il peso di un mondo intero che trema, e un sorriso che, pur indebolito dalle lacrime, continua ostinatamente a sorgere, come una piccola aurora in un orizzonte ferito.

Avrei voluto abbracciarti. E ringraziarti: tu, rimasta sola, eppure ancora luminosa. Tu, privata quasi di tutto, eppure ancora in piedi. Tu, ferita, ma non vinta.

Non conosco la tua fede, Maryam. Forse rivolgi le tue preghiere ad Allah. Forse il tuo cuore conosce una fede che io non conosco. Ma proprio il tuo nome, Maryam — venerato nell’Islam e nel Cristianesimo — porta con sé la storia di una giovane donna che ha custodito nel silenzio l’attesa di una Vita nuova. L’ho rivista in te. Ho rivisto in te le sue paure, i suoi sogni, ma anche la sua totale solidarietà al dolore e alle gioie del mondo.

Sai, in te ho riconosciuto l’arte dell’attesa, la stessa arte che la tua omonima ragazza di Nazareth insegna al nostro mondo: la più difficile e la più necessaria.

Perché viviamo nel tempo della fretta, del “tutto e subito”, del mondo che corre e pretende risposte istantanee. Viviamo circondati da macchine intelligenti che calcolano e prevedono, ma che rischiano di spegnere l’intelligenza più importante: quella del cuore. La nostra umanità si sta disabituando ai tempi lenti del desiderio. Eppure è nel desiderio che siamo vivi. È nell’attesa che diventiamo profondi.

Tu Maryam, sei il simbolo di questa umanità che attende la giustizia.

Tu conosci l’ingiustizia come una ferita incisa sulla pelle. La guerra ti ha tolto la casa, gli affetti, l’infanzia. Eppure non ti ha tolto la sete di riconciliazione. Nel tuo cuore reclama voce il diritto di vivere senza paura. Il diritto di essere liberi, non costretti alla fuga, non cancellati dal silenzio del mondo. L’attesa della giustizia per te e per tutti è desiderare una terra dove nessun bambino debba imparare il suono delle armi, dove nessuna madre debba seppellire un figlio, dove la violenza non sia più la lingua del potere. La giustizia non è vendetta: è riconoscere che ogni vita è sacra. È ciò che ci permette di guardarci negli occhi senza vergogna. Tu attendi una giustizia che restituisca dignità al tuo nome, al tuo paese, al tuo dolore. E la tua attesa è già profezia.

Tu, Maryan, attendi la pace, che per te non è un concetto lontano: è un volto che non vedi più, è una voce che non senti da tempo, è un abbraccio che ti è stato strappato. Attendi una notte in cui i colpi cessino e si possa finalmente dormire. Attendi un’alba che profumi di libertà e non di polvere. Attendi un giorno in cui le mani non servano a proteggersi ma a costruire. E questa tua attesa non riguarda solo te, Maryam. La pace è un sogno che accomuna i popoli. È ciò che rende la terra una casa e non una trappola. La pace nasce dentro: quando il cuore rifiuta l’odio e sceglie di continuare ad amare. Ma diventa piena solo quando anche le nostre comunità si trasformano: quando i confini diventano ponti, quando le religioni si parlano, quando la politica serve e non domina, quando ogni persona si sente parte di una stessa storia. Tu ci ricordi che la pace è sempre un parto: costoso, faticoso, eppure luminoso.

E come tutti noi, giovane Maryam, sono certo che attendi l’amore. Perché l’amore è ciò che ogni vita cerca. È l’abbraccio che nessuna guerra può vietare. È una presenza che ci fa sentire a casa anche in mezzo al deserto. Tu, Maryam, attendi che l’amore torni a visitarti sussurrando al tuo cuore: “Tu sei preziosa, tu meriti di esistere, tu non sei sola.”

Sai, anche le nostre comunità hanno sete di amore: un amore che riconosca i volti, che non si dimentichi degli ultimi, che apra porte invece di chiuderle. Viviamo in un mondo capace di raggiungere le stelle ma incapace, a volte, di accorgersi di chi ci è vicino e soffre. Abbiamo inventato linguaggi digitali velocissimi, ma fatichiamo a pronunciare le parole più spontanee: «Ti vedo», «Ti ascolto», «Ti voglio bene», «Tu conti per me». L’amore è una rivoluzione sommessa. Ed è nel suo nome che il mondo potrà essere salvato. Tu, Maryam, attendi l’amore. E nel farlo, ci insegni come si ama.

Per questo ti scrivo: continua ad attendere. Non spegnere la luce dei tuoi occhi. Non permettere che il dolore definisca tutto ciò che sei e sarai. Sei più grande delle tue ferite. E dentro di te c’è già un futuro che vuole nascere. La tua attesa è una preghiera che sale a Dio, al Dio che viene. Al Dio che fa nuove tutte le cose.

Che fa nuove le nostre attese.

Che fa nuovi i nostri amori.

Che fa nuovo il nostro desiderio di pace.

Che fa nuove le nostre relazioni.

Che fa nuova la nostra sete di giustizia e di verità.

Che fa nuovo il nostro modo di guardare chi soffre.

Che fa nuova la fiducia dei piccoli.

Che fa nuova la nostra indignazione dinanzi ai popoli schiacciati e oppressi.

Che fa nuova la memoria di chi ha perso tutto.

È nuova la tenacia di chi non smette di sperare nella Sua venuta.

Buona attesa Maryam, buon Avvento a noi sorelle e fratelli miei!”

† don Mimmo