Papa Francesco ti scrivo…
A distanza di qualche mese, un grazie ancora a Papa Francesco
Penso che uno dei compiti dei pastori che servono una comunità sia quello di offrire una visione alla luce del Vangelo e della fede su quello che accade e sul tempo che viviamo. Tutto ciò con umiltà e semplicità; con la possibilità per tutti ovviamente di approfondire, segnalare dubbi e incongruenze, di contestare e di aggiungere.
Espongo così alcuni pensieri, rivolgendomi direttamente a Papa Francesco, che ora dal Cielo vive nella gloria di Dio.
Caro Papa Francesco, anzi caro papà Francesco, perché per noi sei stato un papà, ti abbiamo amato, abbiamo gioito con te, non sempre ti abbiamo compreso, abbiamo sofferto con te nel momento del ricovero attendendo con ansia il bollettino medico, ci siamo risollevati quando ti abbiamo visto uscire dall’ospedale, siamo nel dolore per la tua scomparsa,… Senza di te, il mondo è più vuoto, il nostro mondo fragile e pieno di conflitti ha perso un costruttore di pace, il nostro mondo è diventato orfano. È orfana la Chiesa, è orfana la parrocchia di Gaza, il cui parroco tu contattavi sempre per far sentire la tua vicinanza. Sono orfani le bambine e i bambini ucraini, che grazie all’azione diplomatica del Vaticano sono potuti tornare a casa. Siamo orfani sì, ma sappiamo che tu sei nella vita senza fine accolto da Cristo; il tuo Magistero vivente, scritto e concreto rimane scolpito nei nostri cuori ed è fonte preziosa per la nostra Chiesa. Volgarmente do una pennellata del tuo grande Magistero – difficilmente sintetizzabile:
La Chiesa in uscita «è la comunità dei discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano […] è una Chiesa dalle porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà. […] Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo […] Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro che finisce in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo».
È Gesù il nostro centro, è l’annuncio della salvezza che scalda i nostri cuori. Gesù si manifesta, come nel Vangelo e il discepolo che amava lo riconosce ed esclama: “È il Signore!». Sogno che anche noi apriamo gli occhi per vedere il Risorto. Sogno che diventiamo Cristiani capaci di uscire e di fermarsi per stare con gli altri, non schiacciati da urgenze, agende, mangiate e pseudoiniziative, ma interessati ad ogni uomo e donna che incontriamo.
Perché usciamo? Perché con Pietro e con gli Apostoli proclamiamo che «il Dio dei nostri Padri ha resuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo ad una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono».
La Chiesa in uscita è la Chiesa in cui ci alziamo e andiamo, siamo in movimento. «Alzatevi, andiamo!» dice Gesù a Pietro, Giacomo e Giovanni nel momento più drammatico della sua vita. «Alzatevi, andiamo!» con queste parole Gesù ci risveglia dal sonno di una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi.
Caro Papa, ho avuto il piacere di partecipare al giubileo degli adolescenti insieme ai ragazzi della nostra Diocesi. Giorni intensi, fatti di condivisione, di chiacchiere, di amicizie, di scherzi e di fraternità. Ci siamo sentiti Chiesa che cammina nella storia. C’era anche una rappresentanza della mia parrocchia di San Sebastiano, due ragazze e un ragazzo che si sono buttati in quest’avventura del Giubileo, ragazzi che stanno vivendo il proprio essere Cristiani in maniera autentica e non superficiale. Saremmo potuti essere di più, per tanti motivi… forse noi adulti dovremmo essere più attraenti, più convincenti, meno preoccupati di spazi e luoghi, non dovremmo essere tristi se i nostri figli e nipoti non vengono in oratorio, non deve importarci questo, preoccupiamoci e lavoriamo perché vivano esperienze forti di fede, perché respirino aria di diocesi e di Chiesa universale.
Durante il Giubileo, abbiamo partecipato alle tue esequie, eravamo a Santa Maria Maggiore; quando è arrivata la tua bara, caro Papa Francesco, ho pregato tanto e ho chiesto al Signore una grazia: non solo di accettare ed accogliere con affetto e calore il nuovo Papa – chiunque sarà – ma spinto dal rimorso di non aver sempre incarnato il Vangelo della Misericordia che hai annunciato, ho chiesto al Signore la grazia di accogliere e mettere in pratica il Magistero che il nuovo Papa ci offrirà insieme ai Vescovi in comunione con lui. Tutto questo per servire Gesù e la Chiesa, per vivere la fede della gioia e non della paura, facendo anche delle scelte impopolari qualora servissero per il Vangelo; prendendoci tutto il tempo per operare delle scelte di cui lo Spirito Santo sia l’autore.
Concludo, caro Papa Francesco, alzando lo sguardo verso il Paradiso: c’è una stupenda immagine creata con l’Intelligenza Artificiale, in cui tu sei in un giardino splendido, sei sorridente, insieme a tutti quei Pontefici che hanno aperto e portato avanti il Concilio Vaticano II: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Voglio pensarvi così, tutti insieme nella gioia eterna. Caro Papa Francesco, hai festeggiato con noi sulla terra la Pasqua e poi hai viaggiato verso la Pasqua eterna. Ci hai dato tante volte la benedizione del Signore, dalla sera del 13 marzo 2013 in cui abbiamo iniziato a conoscerti, fino all’ultima, il giorno di Pasqua, quando non ti sei risparmiato e hai voluto benedire il tuo popolo per l’ultima volta. Hai chiesto tante volte la nostra preghiera per te, fin dalla sera dell’elezione quando hai voluto che il popolo ti benedicesse. Ora siamo noi a chiederti di intercedere per noi, di guardarci e di benedirci. Sì, donaci la tua benedizione, Santo Padre! Non ti diciamo «ciao», o «arrivederci» o «buonasera», «addio», ma «a Dio», perché questo è il disegno di salvezza che Dio ha per tutti. Grazie, Santo Padre, per quello che sei stato, per quello che ci hai regalato; grazie Gesù per averci donato un Papa così grande!
(fonte: Vino Nuovo, articolo di William Dalé 30/08/2025)