“Mi sta a cuore”:
la società civile in piazza per Gaza
Torna a risuonare l’I care, “mi importa”, di don Milani, per Gaza, nei cartelli di quanti hanno scioperato con l’USB in tutto il Paese. Assemblea generale dell’Onu: oltre 150 Paesi riconoscono la Palestina, ma manca ancora l’Italia

Foto di Sara Fornaro - Partecipanti alla manifestazione per Gaza a Roma,
nel corso dello sciopero generale indetto dall’Usb per la pace in Palestina e la tutela della Global Sumud Flotilla
“Il tempo della pace è arrivato. Niente, niente giustifica la continuazione della guerra a Gaza. Al contrario, tutto richiede che sia definitivamente terminata, per salvare delle vite. La vita degli ostaggi israeliani ancora detenuti in condizioni atroci. La vita delle centinaia di migliaia di civili palestinesi travolti dalla fame, dalla sofferenza, dalla paura di morire, dal lutto per i loro cari. Una vita vale la pena. Ecco perché, fedele all’impegno storico del mio paese per il Medio Oriente, per la pace tra il popolo israeliano e il popolo palestinese, dichiaro che la Francia riconosce lo Stato di Palestina”. Intervenendo all’assemblea generale dell’Onu, il 22 settembre il presidente francese Emmanuel Macron ha riconosciuto formalmente la Palestina.

Il presidente francese Emmanuel Macron riconosce lo Stato di Palestina all’Onu, 22 settembre.
Ansa EPA/LUKAS COCH
Con la Francia, lo hanno fatto anche Andorra, Australia, Belgio, Canada, Lussemburgo, Malta, Monaco Portogallo, San Marino e Regno Unito. Complessivamente sono oltre 150 Paesi, compreso il Vaticano. All’incirca tanti quanti quelli che riconoscono di Israele.
Nel Consiglio generale delle Nazioni Unite lo hanno invece fatto 4 Paesi su 5: Cina e Russia hanno preceduto di anni Francia e Regno Unito. Mancano solo gli Usa, grandi alleati israeliani. Tra i principali Paesi dell’Unione europea, non l’hanno fatto Germania e Italia. Proprio Usa, Germania e Italia sono i principali Paesi che vendono ad Israele le armi usate in Palestina.

Foto di Sara Fornaro - Partecipanti alla manifestazione per Gaza a Roma,
nel corso dello sciopero generale indetto dall’Usb per la pace in Palestina e la tutela della Global Sumud Flotilla
Ed è anche per sollecitare il riconoscimento dello Stato palestinese che lunedì 22 settembre in tutta Italia hanno scioperato migliaia e migliaia di persone, quasi un milione, suddivise in più di 80 piazze, da Roma alle Eolie, da Napoli a Cagliari, da Milano a Cosenza.
Lo sciopero generale era stato proclamato lo scorso 11 settembre da Daniela Mencarelli, Cinzia Della Porta e Guido Lutrario dell’Usb, Unione sindacale di base, ed esteso a tutte le categorie, pubbliche e private.

Una mobilitazione che aveva lo scopo dichiarato di bloccare il Paese, per attirare l’attenzione sul genocidio in atto a Gaza e sulla missione di pace della Global Sumud Flotilla, che si svolge nel pieno rispetto del diritto internazionale. Alcuni membri dell’Usb sono infatti imbarcati su una delle decine di navi che, rappresentando oltre 40 Paesi del mondo, stanno tentando di rompere l’illegale blocco navale di Israele nel mare palestinese, per portare cibo e medicine alla popolazione affamata e chiedere il ripristino del diritto internazionale e la tutela di donne, anziani e bambini, cacciati via dalle proprie case, spianate dalle ruspe anche in Cisgiordania. L’attenzione sulla Flotilla serve a tutelare le persone a bordo: parlamentari, giornalisti, operai, insegnanti, rappresentanti di diverse religioni.

Foto di Sara Fornaro - Partecipanti alla manifestazione per Gaza a Roma,
nel corso dello sciopero generale indetto dall’Usb per la pace in Palestina e la tutela della Global Sumud Flotilla
Chi sostiene l’iniziativa, ma non si è imbarcato, rappresenta “l’equipaggio di terra”, che ha il compito di tenere alta l’attenzione mediatica, per evitare che nel silenzio le barche vengano prese di mira da chi vuole impedire la missione. Del resto, droni sconosciuti hanno lanciato materiale esplosivo su due navi, prima che partissero da Tunisi, e il governo israeliano ha più volte annunciato che le fermerà e tratterà da terroristi gli occupanti.

Foto di Sara Fornaro - Partecipanti alla manifestazione per Gaza a Roma,
nel corso dello sciopero generale indetto dall’Usb per la pace in Palestina e la tutela della Global Sumud Flotilla
Al momento della partenza della missione da Genova, Riccardo Rudino, dei portuali USB-CALP, aveva affermato: “Se anche solo per 20 minuti perdiamo il contatto con le nostre barche, le nostre compagne e i nostri compagni, noi blocchiamo l’Europa… Bloccheremo tutto. Devono tornare indietro le nostre ragazze e i nostri ragazzi senza un graffio, e tutta la nostra merce, che è del popolo, fino all’ultimo cartone, deve arrivare” a destinazione. E il blocco del Paese è stato raggiunto: tanti negozi sono rimasti chiusi, sono state svuotate scuole e università e sono state occupate città, autostrade e tangenziali.

A Roma c’è stato il raduno in piazza dei Cinquecento. Fiumi di gente proveniente da varie parti della città si sono riversati davanti alla Stazione Termini: in mattinata gli studenti avevano manifestato davanti all’Ufficio scolastico regionale, mentre altri gruppi avevano sfilato vicino al Colosseo e altri ancora avevano bloccato la tangenziale, con il sostegno di chi era rimasto fermo nel traffico. Dopo qualche ora è partito un lunghissimo corteo, con in testa i vigili del fuoco, che in divisa, e tenendosi per le braccia, si sono incamminati tra gli applausi dei presenti.
Le manifestazioni si sono svolte generalmente in modo pacifico. Questa del resto era stata la precisa richiesta del Global Movement to Gaza, che promuove la Flotilla nel segno della nonviolenza. Solo a Milano, a fronte di migliaia di persone che hanno manifestato pacificamente sotto la pioggia, alcuni teppisti a fine corteo hanno devastato l’area della Stazione Centrale.
Il loro comportamento va condannato e le responsabilità accertate e punite. Va appurato se si tratta di infiltrati, sabotatori o di partecipanti intervenuti con intenzioni bellicose alla manifestazione– visto che erano equipaggiati con petardi e maschere antigas –, pur sapendo di non condividerne gli obiettivi di pace. In un Paese come l’Italia, in cui l’astensione alle scorse elezioni politiche superava il 35%, sarebbe politicamente poco saggio e davvero non lungimirante sminuire il valore della massiccia partecipazione che da Nord a Sud alle Isole ha unito il Paese in un grido di dolore corale a favore di Gaza e della Palestina.

La mobilitazione popolare del 22 settembre resterà infatti storica, anche se non ha avuto il giusto riscontro nei media, che si sono concentrati sugli scontri di Milano. In piazza è sceso un mondo variopinto e multiforme: docenti e studenti, ricercatori, persone dello spettacolo, operai, portuali, informatici, impiegati, lavoratori statali e privati, operatori dei trasporti, intere famiglie: tantissimi bambini, anche nei passeggini, anziani, disabili e finanche donne incinte.
È stata una presa di coscienza collettiva, frutto di una riflessione sul comune senso di umanità e sulla consapevolezza del valore e della dignità di ogni persona umana. Non c’erano bandiere di partito, perché non era né di destra né di sinistra: chi ha manifestato, lo ha fatto per l’impossibilità di rimanere indifferenti di fronte allo sterminio continuato e sistematico della popolazione palestinese. Non servono tessere di partito per chiederlo, basta avere un cuore attento ai bisogni degli altri.

Da segnalare, tra le iniziative per la pace a Gaza, la veglia di preghiera promossa dalla Comunità di Sant’Egidio con Acli, Agesci, Azione Cattolica italiana, Auxilium, Comunione e Liberazione, Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento Cristiano dei lavoratori, Movimento dei Focolari, Movimento politico per l’Unità, OFS ordine francescano secolare, Rinnovamento nello Spirito Santo. “La preghiera può muovere i cuori”, ha sottolineato in apertura il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo.

Veglia di preghiera per la pace a Gaza a Santa Maria in Trastevere.
“Non ignoriamo – ha affermato il cardinale Bassetti, che presiedeva la preghiera – le altre terribili guerre e gli altri luoghi dove il diritto internazionale e il diritto umanitario sono violati. Pregare e vigilare su Gaza non implica dimenticare tutte le vittime di atrocità, ma la coscienza che in ogni guerra, ogni atrocità, ogni violazione dei diritti umani è il frutto di decisioni puntuali, che generano sofferenza. La guerra non è mai una disgrazia che capita a caso; è decisa ed è voluta. Dobbiamo acquisire la consapevolezza, e questa giornata di mobilitazione ci incoraggia, che queste scelte possono e devono essere rovesciate. La violenza – ha sottolineato Bassetti – può e deve essere fermata”.
In un video messaggio, il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha spiegato che: “siamo affranti, profondamente feriti da quello che stiamo vivendo, dal clima di odio che ha creato questa violenza che a sua volta crea altro odio in un questo circolo vizioso che non si riesce a spezzare”. Pizzaballa ha lodato i “miti”, quanti cioè “si mettono in gioco, che fanno la giustizia pagando anche un prezzo personale, israeliani, palestinesi, ebrei, cristiani, musulmani “. Tuttavia, ha confessato, nei 35 anni che vive in Terra Santa “un momento così duro non l’ho mai visto”. Nel momento in cui “il linguaggio della forza fallirà, quando tutto questo castello di violenza crollerà, dovremo essere pronti. E dovremo, con la nostra parola e testimonianza portare la forza di questa mitezza perché tutti possano ereditare nella bellezza, nell’amore e nella mitezza, la terra che Dio ci ha donato”. In Toscana, nei giorni scorsi, si è invece svolta una camminata silenziosa per la pace e molte altre iniziative sono in programma in tutta Italia. Dopo il digiuno per Gaza, il mondo della sanità ha organizzato per il 2 ottobre un flash mob davanti agli ospedali di tutta Italia dal titolo “Luci sulla Palestina”. Dalle 21 si accenderanno luci e lumini per il popolo palestinese e per ricordare i 1700 operatori sanitari uccisi a Gaza, di cui saranno letti i nomi.
(Fonte: Città Nuova, articolo di Sara Fornaro 23/09/2025)
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A Roma la processione pacifica dei “Preti contro il genocidio”
Per completezza d'informazione deve essere sottolineato anche lo svolgimento dell'iniziativa della rete “Preti contro il genocidio”
Oltre 100 sacerdoti provenienti da diversi Paesi si sono ritrovati per un momento di preghiera e di testimonianza pubblica in favore della giustizia e della pace in Palestina. L’iniziativa, organizzata dalla neonata rete internazionale “Preti contro il genocidio” (già oltre 1.600 firmatari da 50 Paesi e 5 continenti a cui hanno aderito anche vescovi e cardinali), si è svolta nello stesso giorno in cui la questione palestinese era al centro dei lavori dell’Onu e in cui in tutta Italia si è tenuto uno sciopero di solidarietà con Gaza, con moltissime manifestazioni ovunque.
Dopo una liturgia multilingue nella chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, i partecipanti hanno dato vita a una processione per le vie di Roma con alcune soste nei luoghi più significativi della città, dove sono state lette poesie di autori palestinesi e innalzate preghiere per le vittime di ogni violenza e per un futuro di riconciliazione.
A seguire alcuni video con la voce degli stessi partecipanti
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Vedi anche il post precedente (all'interno altri link):