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mercoledì 10 settembre 2025

José Manuel Vidal - Dalla tempesta di Francesco alla pioggerellina di Leone XIV

José Manuel Vidal
Dalla tempesta di Francesco
alla pioggerellina di Leone XIV


Francesco ha fatto irruzione nella Chiesa come un uragano. Fin dal suo primo «Buonasera» sul balcone di San Pietro, il papa argentino si è proposto di scuotere un’istituzione stagnante, intrappolata tra le sue stesse mura e in un clericalismo che la teneva lontana dal mondo. Con gesti rivoluzionari – le scarpe nere, la croce di ferro, la residenza a Santa Marta – e una parola profetica che non ha eluso né le critiche al mondo né le frecciatine alla sua stessa casa, Francesco ha oltrepassato le linee rosse del papato che sembravano intoccabili. Si è scontrato con il potere finanziario, con l’immobilismo curiale e con una Chiesa che, a volte, sembrava più un museo che un ospedale da campo.

Non ha sempre centrato l’obbiettivo, è vero. Tra l’altro, perché le sue riforme si sono imbattute in resistenze interne ed esterne e alcuni dei suoi gesti sono stati male interpretati. Ma nessuno può negare il suo intento: ha voluto una Chiesa in uscita, samaritana, impegnata verso gli ultimi e ha messo in moto questo treno.

Leone XIV, il suo successore, arriva con un profilo diverso, quasi opposto. Eletto appena tre mesi fa, il nuovo papa sembra intenzionato a proseguire la rivoluzione francescana, ma con uno stile più sereno e meno dirompente.

Laddove Francesco era un turbine, una tempesta in piena regola, Leone XIV opta per una pioggia leggera, per una pioggerellina, per la calma, per una transizione graduale. È troppo presto per giudicare e la gente lo sa. Un pontificato non si costruisce in cento giorni o in pochi mesi. Soprattutto questo, che si prevede avere un lungo cammino davanti a sé. Ma i primi segnali invitano alla riflessione: questa calma è una pausa strategica o un rischio di stagnazione?

Finora Leone XIV ha incentrato il suo messaggio su proposte spirituali classiche. Il suo appello alla santità a Tor Vergata, rivolto ai giovani, è risuonato come un’eco di Giovanni Paolo II, ma forse troppo astratto, troppo generico. Devozione e pietà sono essenziali, ma il mondo dal papa si aspetta di più che esortazioni spirituali.

La Chiesa non può essere solo un faro di parole elevate; deve calarsi nel fango della storia, come ci ha insegnato Francesco. E questo fango, oggi, ha nomi concreti: Gaza, l’Ucraina, i milioni di sfollati, il grido dei poveri e delle vittime di un sistema che divora i più deboli.

Leone XIV si trova di fronte a una sfida importante: dimostrare che la sua «rivoluzione silenziosa» non è un cedimento rispetto alla falsa prudenza o il compromesso. La Chiesa non può permettersi il lusso della neutralità quando sono in corso genocidi, quando migliaia di innocenti muoiono sotto le bombe o per abbandono. Il papa ha un potente megafono morale che deve usare con coraggio.

Non bastano condanne generiche dell’odio o della violenza. Non bastano proclami a favore di una pace «disarmata e disarmante» (il che è vero). Il mondo si aspetta gesti concreti, chiari impegni papali, come quelli offerti da Francesco quando ha mediato i conflitti, si è fatto portavoce degli scartati o ha condannato il «capitalismo che uccide».

È vero che Leone XIV ha bisogno di tempo per prendere in mano la situazione, per lasciare il segno. Ma il tempo, in un mondo ferito, non è infinito. La Chiesa, come ci ha ricordato Francesco, deve avere l’odore delle pecore ed essere lì dove c’è dolore. Fin d’ora, da sempre.

Se Leone XIV vuole essere fedele all’eredità del suo predecessore, deve uscire dalla retorica devota e passare all’azione concreta: un viaggio in una zona di conflitto, una mediazione coraggiosa, un gesto che risvegli le coscienze. Solo così la sua rivoluzione tranquilla non sarà una pausa, ma un nuovo capitolo nella missione di una Chiesa che, come ha voluto Francesco, non ha paura di sporcarsi le mani nel fango della storia a causa del Vangelo.

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Articolo pubblicato il 7.9.2025 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com)
Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli