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lunedì 30 settembre 2024

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN LUSSEMBURGO E BELGIO (26-29 settembre 2024) - Il Papa a colazione con poveri e rifugiati e poi incontra clero e operatori pastorali (testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN LUSSEMBURGO E BELGIO

(26-29 settembre 2024)


Sabato, 28 settembre 2024

BRUXELLES – LOUVAIN-LA-NEUVE

9:00 INCONTRO NELLA PARROCCHIA DI SAINT GILLES
10:00 INCONTRO CON I VESCOVI, I SACERDOTI, I DIACONI, I CONSACRATI, LE CONSACRATE, I SEMINARISTI E GLI OPERATORI PASTORALI nella Basilica del Sacro Cuore di Koekelberg

16:30 INCONTRO CON GLI STUDENTI UNIVERSITARI nell'Aula Magna dell’”Université Catholique de Louvain”
18:15 INCONTRO PRIVATO CON I MEMBRI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ nel Collegio “Saint Michel

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Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, prima di lasciare la Nunziatura, Papa Francesco ha salutato brevemente il Vice Presidente della Commissione Europea, Margarítis Schinás, il Vice Presidente della Commissione Europea per la Democrazia e la Demografia, Dubravka Šuica, la Rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità presso l’Unione Europea, Oxana Domenti, e il Direttore Regionale dell’OMS per l’Europa, Hans Kluge. Si è poi fermato, come nella mattina di ieri, a salutare la gente, particolarmente i bambini e i giovani, venuti ad incontrarlo davanti alla Nunziatura.
 
Lasciata la Nunziatura, ha raggiunto la Chiesa di Saint Gilles a Bruxelles, dove ha visitato i senzatetto assistiti dalla Parrocchia prima di dirigersi alla Basilica del Sacro Cuore di Koekelberg.
(fonte: Bollettino Santa Sede 28/09/2024)

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Caffè e cornetti con poveri e rifugiati, il Papa a colazione in una parrocchia di Bruxelles

Con un fuori programma Francesco, prima dell'incontro con il clero, si è recato nella chiesa di Saint-Gilles, nell'omonimo quartiere popolare, dove ogni giorno si offre "Il caffé del mattino" ai meno abbienti, sia stranieri che belgi. Un luogo che, oltre al cibo, offre preghiera e ascolto. Il Pontefice ha ascoltato alcune testimonianze e ha ricevuto in dono una birra artigianale realizzata per finanziare le opere di carità: "La Chiesa ha la sua ricchezza più grande nelle sue membra più deboli"

Il Papa a colazione con i poveri, rifugiati e senzatetto assistiti dalla Parrocchia di Saint Gilles

Croissant e caffè al tavolo con poveri e rifugiati e anche una birra artigianale. Quella, però, da assaggiare nel pomeriggio. Una colazione speciale, questa mattina, per Papa Francesco con un gruppo di uomini e donne di Africa ed Est-Europa o della stessa Bruxelles nella parrocchia di Saint-Gilles, edificio sacro di metà ‘800 che ogni mattina, su tavoli apparecchiati al centro della navata in stile gotico romanico offre “Il caffè del mattino” a senzatetto, rifugiati, poveri del centro città. Sì, perché in “una città a bagel” quale Bruxelles – come dicono scherzando gli abitanti, richiamando l’immagine della famosa ciambella col buco – i ricchi stanno in periferia, mentre al centro, a pochi passi cioè dalle sedi istituzionali dell’UE, ci sono i quartieri poveri e le case popolari.

La colazione del Papa con i poveri di Saint-Gilles

Un microcosmo a Bruxelles

In uno di questi, il Parvis de Saint-Gilles, sorge l’omonima parrocchia dove intorno alle 9.15, con un fuori programma, si è recato Francesco: “Un microcosmo nella realtà generale di Bruxelles”, la definisce il parroco Benjamin Kabongo Ofm, originario della Repubblica Democratica del Congo ma da 19 anni in Belgio, raccontando di un luogo che vuole restituire, non solo cibo e ristoro, ma anche “dignità” a chi bussa alle sue porte. A Saint-Gilles si insegna infatti un lavoro con la produzione della birra, la Biche Saint-Gilles, appunto, (al Papa è stato fatto omaggio di una bottiglia) e si offrono momenti di preghiera e ascolto. Soprattutto ascolto per “gente spesso abbandonata a se stessa”, sottolinea il sacerdote.

Storie di difficoltà e pericoli

Avevano voglia, infatti, di raccontare e raccontarsi i nove commensali del Pontefice di questa mattina, emozionati e silenziosi prima dell’arrivo di Francesco, giunto in auto tra gli applausi di una piccola folla di abitanti e parrocchiani dietro le transenne, avvertiti della novità. Simon, Eugene, Cesar, Pablo e altri, tra cui Miguel e Christ, il primo proveniente da una “famiglia zingara, molto zingara” che ha riferito dettagli della sua vita da nomade; il secondo, proveniente dal Camerun, che con il Pontefice seduto di fronte ha condiviso la storia della sua traversata nel Mediterraneo fino a Lampedusa. Un viaggio pericoloso durante il quale – ha detto – ha trovato coraggio pregando la Madonna. Al Papa ha intonato il canto a Maria che canticchiava tra sé e sé nei momenti di maggiore paura.

In regalo la birra prodotta in parrocchia

Francesco ha ascoltato queste storie e anche la presentazione del servizio svolto in parrocchia da parte di due dei coordinatori degli aiuti, Simon e Marie-Françoise, quest’ultima che ha detto una frase - “la misericordia indica la strada verso la speranza” – che ha dato lo spunto al Papa per la sua riflessione. “Grazie per questo invito a colazione! È bello cominciare la giornata tra amici, e tale è l’atmosfera che si respira a Saint Gilles”, ha esordito Papa Francesco. “Sono felice di vedere come qui l’amore alimenta continuamente la comunione e la creatività di tutti: avete ideato perfino La Biche de saint Gilles, e mi sembra una birra molto buona! Nel pomeriggio vi dirò…”, ha aggiunto tenendo in mano, la confezione infiocchettata accompagnata da un biglietto giallo: “Soyez beni si cher Pape François! (Sii benedetto, caro Papa Francesco!)”.

Il calore della carità

“Guardarsi a vicenda con amore aiuta tutti!", ha aggiunto il Pontefice. "La carità è così: è un fuoco che scalda il cuore, e non c’è donna né uomo sulla terra che non abbia bisogno del suo calore”. È vero, ci sono tanti problemi da affrontare, c’è il rifiuto e l’incomprensione, ma, ha assicurato, “la gioia e la forza che vengono dall’amore condiviso sono più grandi di qualsiasi difficoltà, e ogni volta che ci si lascia coinvolgere dalle dinamiche della solidarietà e della cura reciproca ci si rende conto di ricevere molto più di ciò che si dà”.

Un momento del fuori programma di oggi in Belgio

Il dono del Papa

Il Papa ha fatto dono alla parrocchia di una statua di San Lorenzo, diacono e martire dei primi secoli, “famoso anche per aver presentato ai suoi accusatori, che volevano i tesori della Chiesa, le membra più fragili della Comunità cristiana a cui apparteneva, quella di Roma: i poveri, i bisognosi”. Non una “provocazione”, ha chiarito Papa Francesco, bensì “la pura verità: la Chiesa ha la sua ricchezza più grande nelle sue membra più deboli, e se vogliamo davvero conoscerne e mostrarne la bellezza, ci farà bene donarci tutti gli uni agli altri così, nella nostra piccolezza, nella nostra povertà, senza pretese e con tanto amore”.

Dopo le testimonianze, i discorsi e le battute, quindi, caffè e croissant per tutti e ancora un “grazie”, da parte del Papa, per questo inizio giornata nel centro ma vicino alle periferie. Quelle esistenziali.
(fonte: Vatican News, aticolo di Salvatore Cernuzio 27/09/2024)

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INCONTRO NELLA PARROCCHIA DI SAINT GILLES

SALUTO DEL SANTO PADRE

Chiesa di Saint Gilles (Bruxelles)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Grazie per questo invito a colazione! È bello cominciare la giornata tra amici, e tale è l’atmosfera che si respira a Saint Gilles.

Ringrazio Marie-Françoise, Simon e Francis per ciò che hanno detto e sono felice di vedere come qui l’amore alimenta continuamente la comunione e la creatività di tutti: avete ideato perfino La Biche de saint Gilles, e immagino sia una birra molto buona! Poi al pomeriggio vi dico se è buona o no.

Come ha detto Marie-Françoise, “la misericordia indica la strada verso la speranza” – molto bello! –, e guardarsi a vicenda con amore aiuta tutti – tutti, tutti! – a volgersi al futuro con fiducia e a rimettersi ogni giorno in cammino. La carità è così: è un fuoco che scalda il cuore, e non c’è donna né uomo sulla terra che non abbia bisogno del suo calore.

È vero, non sono pochi i problemi da affrontare – lo sapete bene –, come ci ha detto Simon, e a volte ci si scontra con il rifiuto e l’incomprensione, come ci ha raccontato Francis, ma la gioia e la forza che vengono proprio dall’amore condiviso sono più grandi di qualsiasi difficoltà, e ogni volta che ci si lascia coinvolgere dalle dinamiche della solidarietà e della cura reciproca ci si rende conto di ricevere molto più di ciò che si dà (cfr Lc 6,38; At 20,35).

Al termine del nostro incontro ci sarà il dono alla Parrocchia di una statua di San Lorenzo, diacono e martire dei primi secoli, famoso anche per aver presentato ai suoi accusatori, che volevano i tesori della Chiesa, le membra più fragili della Comunità cristiana a cui apparteneva, quella di Roma, la cosa più importante, ma anche la più fragile: i poveri, i bisognosi.

Non era un modo di dire, e neanche una semplice provocazione. Era ed è la pura verità: la Chiesa ha la sua ricchezza più grande nelle sue membra più deboli, e se vogliamo davvero conoscerne e mostrarne la bellezza, ci farà bene donarci tutti gli uni agli altri così, nella nostra piccolezza, nella nostra povertà, senza pretese e con tanto amore. Ce lo ha insegnato per primo il Signore Gesù, che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2Cor 8,9).

Cari amici, grazie per avermi accolto tra voi e grazie per il cammino che fate insieme. E grazie per la colazione! Vi benedico tutti e prego per voi. E vi raccomando, pregate anche per me. Grazie!




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Questa mattina, alle ore 10.00 ha avuto luogo l’incontro con i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate, i Seminaristi e gli Operatori Pastorali.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto - all’ingresso principale della Basilica – dal Presidente della Conferenza Episcopale Belga, S.E. Mons. Luc Terlinden, Arcivescovo di Malines-Bruxelles, e dal Rettore della Basilica che gli ha porto la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione. Due bambini gli hanno offerto dei fiori. Quindi Papa Francesco ha attraversato la navata centrale e ha raggiunto l’altare mentre il coro eseguiva un canto.

Dopo il saluto di benvenuto del Presidente della Conferenza Episcopale del Belgio, hanno avuto luogo le testimonianze di un sacerdote, di una operatrice pastorale, di un teologo, di un rappresentante dei centri di accoglienza per vittime di abusi, di una religiosa e di un cappellano carcerario intervallate dall’esecuzione di alcuni canti. Quindi il Santo Padre ha pronunciato il Suo discorso e, al termine dell’incontro, dopo la benedizione e il canto finale, ha salutato alcune persone con disabilità e ha raggiunto l’ingresso della Basilica per un saluto alle Autorità locali e ai Sacerdoti.

(fonte: Bollettino Santa Sede 28/09/2024)

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Andrea Tornielli
Lo scopo del Sinodo e le riforme “alla moda”


Qual è la priorità del Sinodo che sta per iniziare? Qual è lo scopo principale e più importante della riforma in senso sinodale della Chiesa? Da Bruxelles, dalla Basilica del Sacro Cuore di Koekelberg, dove ha incontrato vescovi, clero, religiosi e operatori pastorali, Papa Francesco ha abbozzato una risposta rilanciando una domanda. «Il processo sinodale — ha detto sollecitato dall’ascolto di una testimonianza — dev’essere un ritorno al Vangelo; non deve avere tra le priorità qualche riforma “alla moda”, ma chiedersi: come possiamo far arrivare il Vangelo in una società che non lo ascolta più o si è allontanata dalla fede? Chiediamocelo tutti».

Non riforme “alla moda”, dunque. Non le agende che — da una parte — propugnano cambiamenti funzionali finendo per clericalizzare laici e laiche, né quelle che — dall’altra — ambiscono a restaurare il tempo che fu sull’onda del neo-clericalismo: sono entrambe prospettive che finiscono per far passare in secondo piano l’impellente e fondamentale domanda che Francesco ha riproposto, quella sull’annuncio del Vangelo nelle società secolarizzate. Sono entrambe prospettive che finiscono col dimenticare l’unico vero scopo di ogni riforma nella Chiesa: il bene delle anime, la cura del santo popolo fedele di Dio.

Rimettendo al centro la domanda del Papa, che è stata la ragione del concilio ecumenico Vaticano ii, e rimettendo al centro il bene e la cura del popolo di Dio, si comprende come la sinodalità è il modo di vivere la comunione nella Chiesa. Non è un’incombenza burocratica in più per chierici e laici che l’adottano di malavoglia e a parole, rimanendo nei fatti ancora legati ai modelli di un secolo fa. Non è il passepartout grazie al quale giustificare ogni iniziativa mondanizzante. È invece l’espressione piena di una comunione vissuta. Solo a partire dalla consapevolezza che siamo tutti amati da Dio, solo vivendo con gioia il Vangelo, lo si testimonia ai fratelli, coscienti del fatto che — qualsiasi sia il nostro ruolo nella Chiesa — siamo chiamati da un Altro, ed è Lui a guidare la sua Chiesa.
(fonte: L'Osservatore Romano 28/09/2024)

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INCONTRO CON I VESCOVI, I SACERDOTI, I DIACONI,
I CONSACRATI, LE CONSACRATE, I SEMINARISTI E GLI OPERATORI PASTORALI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Basilica del Sacro Cuore di Koekelberg


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Sono felice di essere qui in mezzo a voi. Ringrazio Mons. Terlinden per le sue parole e per averci ricordato la priorità di annunciare il Vangelo. Grazie a tutti voi.

In questo crocevia che è il Belgio, voi siete una Chiesa “in movimento”. Infatti, da tempo state cercando di trasformare la presenza delle parrocchie sul territorio, di dare un forte impulso alla formazione dei laici; soprattutto vi adoperate per essere Comunità vicina alla gente, che accompagna le persone e testimonia con gesti di misericordia.

Prendendo spunto dalle vostre domande, vorrei proporvi alcune tracce di riflessione attorno a tre parole: evangelizzazione, gioia, misericordia.

La prima strada da percorrere è l’evangelizzazione. I cambiamenti della nostra epoca e la crisi della fede che sperimentiamo in Occidente ci hanno spinto a ritornare all’essenziale, cioè al Vangelo, perché a tutti venga nuovamente annunciata la buona notizia che Gesù ha portato nel mondo, facendone risplendere tutta la bellezza. La crisi – ogni crisi – è un tempo che ci è offerto per scuoterci, per interrogarci e per cambiare. È un’occasione preziosa – nel linguaggio biblico si dice kairòs, occasione speciale – come è successo ad Abramo, a Mosè e ai profeti. Quando sperimentiamo la desolazione, infatti, sempre dobbiamo chiederci quale messaggio il Signore ci vuole comunicare. E cosa ci fa vedere la crisi? Siamo passati da un cristianesimo sistemato in una cornice sociale ospitale a un cristianesimo “di minoranza”, o meglio, di testimonianza. E questo richiede il coraggio di una conversione ecclesiale, per avviare quelle trasformazioni pastorali che riguardano anche le consuetudini, i modelli, i linguaggi della fede, perché siano realmente a servizio dell’evangelizzazione (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27).

E vorrei dire a Helmut: anche ai preti è richiesto questo coraggio. Essere preti che non si limitano a conservare o gestire un patrimonio del passato, ma pastori, pastori innamorati di Cristo e attenti a cogliere le domande di Vangelo – spesso implicite – mentre camminano con il Popolo santo di Dio; e noi camminiamo un po’ davanti, un po’ in mezzo e un po’ in fondo. E quando portiamo il Vangelo – penso a quello che ci ha detto Yaninka – il Signore apre i nostri cuori all’incontro con chi è diverso da noi. È bello, anzi è necessario che tra i giovani ci siano sogni e spiritualità diverse. Dev’essere proprio così, perché tanti possono essere i percorsi personali o comunitari, che ci conducono però alla stessa meta, all’incontro con il Signore: nella Chiesa c’è spazio per tutti – tutti, tutti! – e nessuno dev’essere la fotocopia dell’altro. L’unità nella Chiesa non è uniformità, ma è trovare l’armonia delle diversità! E anche ad Arnaud direi: il processo sinodale dev’essere un ritorno al Vangelo; non deve avere tra le priorità qualche riforma “alla moda”, ma chiedersi: come possiamo far arrivare il Vangelo in una società che non lo ascolta più o si è allontanata dalla fede? Chiediamocelo tutti.

Seconda strada: la gioia. Non parliamo qui delle gioie legate a qualcosa di momentaneo, né possiamo assecondare i modelli dell’evasione e del divertimento consumistico. Si tratta di una gioia più grande, che accompagna e sostiene la vita anche nei momenti oscuri o dolorosi, e questo è un dono che viene dall’alto, da Dio. È la gioia del cuore suscitata dal Vangelo: è sapere che lungo il cammino non siamo soli e che anche nelle situazioni di povertà, di peccato, di afflizione, Dio è vicino, si prende cura di noi e non permetterà alla morte di avere l’ultima parola. Dio è vicino, vicinanza. Molto prima di diventare Papa, Joseph Ratzinger scrisse che una regola del discernimento è questa: «Dove manca la gioia, dove l’umorismo muore, qui non c’è nemmeno lo Spirito Santo […] e viceversa: la gioia è un segno della grazia» (Il Dio di Gesù Cristo, Brescia 1978, 129). È bello! E allora vorrei dirvi: che il vostro predicare, il vostro celebrare, il vostro servire e fare apostolato lasci trasparire la gioia del cuore, perché questo suscita domande e attira anche coloro che sono lontani. La gioia del cuore: non quel sorriso finto, del momento, la gioia del cuore. Ringrazio Suor Agnese e le dico: la gioia è la strada. Quando la fedeltà appare difficile, dobbiamo mostrare – come tu hai detto, Agnese – che essa è un “cammino verso la felicità”. E, allora, intravedendo dove conduce la strada, si è più pronti a iniziare il cammino.

E terza via: la misericordia. Il Vangelo, accolto e condiviso, ricevuto e donato, ci conduce alla gioia perché ci fa scoprire che Dio è il Padre della misericordia, che si commuove per noi, che ci rialza dalle nostre cadute, che non ritira mai il suo amore per noi. Fissiamo questo nel cuore: mai Dio ritira il suo amore per noi. “Ma Padre, anche quando ho commesso qualcosa di grave?”. Mai Dio ritira il suo amore per te. Questo, davanti all’esperienza del male, a volte può sembrarci “ingiusto”, perché noi applichiamo semplicemente la giustizia terrena che dice: “Chi sbaglia deve pagare”. Tuttavia la giustizia di Dio è superiore: chi ha sbagliato è chiamato a riparare i suoi errori, ma per guarire nel cuore ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio. Non dimenticatevi: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre; è con la sua misericordia che Dio ci giustifica, cioè ci rende giusti, perché ci dona un cuore nuovo, una vita nuova.

Perciò a Mia direi: grazie per il grande lavoro che fate per trasformare la rabbia e il dolore in aiuto, vicinanza e compassione. Gli abusi generano atroci sofferenze e ferite, minando anche il cammino della fede. E c’è bisogno di tanta misericordia, per non rimanere col cuore di pietra dinanzi alla sofferenza delle vittime, per far sentire loro la nostra vicinanza e offrire tutto l’aiuto possibile, per imparare da loro – come hai detto tu – a essere una Chiesa che si fa serva di tutti senza soggiogare nessuno. Sì, perché una radice della violenza consiste nell’abuso di potere, quando usiamo i ruoli che abbiamo per schiacciare gli altri o per manipolarli.

E misericordia – penso al servizio di Pieter – è una parola-chiave per i carcerati. Quando io entro in un carcere mi domando: perché loro e non io? Gesù ci mostra che Dio non si tiene a distanza dalle nostre ferite e impurità. Egli sa che tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato. Nessuno è perduto per sempre. È giusto, allora, seguire tutti i percorsi della giustizia terrena e i percorsi umani, psicologici e penali; ma la pena dev’essere una medicina, deve portare alla guarigione. Bisogna aiutare le persone a rialzarsi, a ritrovare la loro strada nella vita e nella società. Soltanto una volta nella vita di tutti ci è permesso guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a rialzarsi. Solo così. Ricordiamoci: tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato, nessuno è perduto per sempre. Misericordia, sempre, sempre misericordia.

Sorelle e fratelli, vi ringrazio. E nel salutarvi vorrei ricordare un’opera di Magritte, vostro illustre pittore, che si intitola “L’atto di fede”. Rappresenta una porta chiusa dall’interno, che però è sfondata al centro, è aperta sul cielo. È uno squarcio, che ci invita ad andare oltre, a volgere lo sguardo in avanti e in alto, a non chiuderci mai in noi stessi, mai in noi stessi. Questa è un’immagine che vi lascio, come simbolo di una Chiesa che non chiude mai le porte – per favore, non chiude mai le porte! –, che a tutti offre un’apertura sull’infinito, che sa guardare oltre. Questa è la Chiesa che evangelizza, vive la gioia del Vangelo, pratica la misericordia.

Sorelle e fratelli, camminate insieme, voi e lo Spirito Santo, insieme, e praticate la misericordia, per essere Chiesa così. Senza lo Spirito, non succede nulla di cristiano. Ce lo insegna la Vergine Maria, nostra Madre. Lei vi guidi e vi custodisca. Benedico tutti di cuore. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

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Il Papa elogia il coraggio di re Baldovino che non firmò la legge sull'aborto
Francesco nella cripta reale della Chiesa di Nostra Signora di Laeken, alla presenza del re e della regina, per pregare dinanzi alla tomba del sovrano cattolico che nel 1992 abdicò per 36 ore per non firmare la legge sulla legalizzazione dell'aborto. Il Papa ha chiesto di guardare al suo esempio in un momento in cui si fanno strada "leggi criminali" e ha auspicato che proceda la causa di beatificazione. In Nunziatura l'incontro con due famiglie di rifugiati arrivate coi corridoi umanitari

Il Papa in visita alla tomba di Re Baldovino

Papa Francesco non ha voluto far mancare, durante la sua visita in Belgio, un omaggio al re Baldovino, il sovrano cattolico fervente, che regnò dal 1951 fino alla morte nel 1993, noto per aver abdicato per trentasei ore nel 1992 pur di non firmare la legge sulla legalizzazione dell’aborto. Il Pontefice, dopo l’Incontro nella Basilica di Koekelberg con vescovi, sacerdoti, religiosi e consacrati, si è recato nella cripta reale, sottostante la Chiesa di Nostra Signora di Laeken, dove sono raccolte le tombe di molti membri della Casa Reale del Belgio. Accolto dal re Philippe e dalla regina Mathilde, il Papa si è fermato davanti alla tomba di Re Baldovino in silenziosa preghiera.

Il Papa con i sovrani dinanzi alla tomba di Baldovino

L'esempio del re

Successivamente, informa la Sala Stampa vaticana, davanti al Re e ai presenti, il Pontefice “ha elogiato il coraggio” di Baldovino, quando scelse di “lasciare il suo posto da Re per non firmare una legge omicida”. “Il Papa ha esortato i belgi a guardare a lui in questo momento in cui si fanno strada leggi criminali”, si legge nella nota diffusa via Telegram. Un riferimento alle leggi pro aborto ed eutanasia, pratiche già legali da anni in Belgio. Ancora il Papa ha auspicato che “proceda la sua causa di beatificazione”.
L'incontro in Nunziatura con la famiglia di rifugiati dalla Siria

Il saluto ai rifugiati

Tornato in Nunziatura, il Papa ha salutato due famiglie di rifugiati, una cristiana dalla Siria e una musulmana da Gibuti, accolte dalla Comunità di Sant’Egidio e giunte in Belgio grazie all’attivazione di “corridoi umanitari”.
(fonte: Vatican News 28/09/2024)

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Vedi anche i post precedenti: