lunedì 30 settembre 2024

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN LUSSEMBURGO E BELGIO (26-29 settembre 2024) - Il Papa dopo la S. Messa e l'Angelus lascia il Belgio e rientra in Italia (testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN LUSSEMBURGO E BELGIO

(26-29 settembre 2024)


Domenica, 29 settembre 2024

BRUXELLES - ROMA

10:00 SANTA MESSA nello stadio “Re Baldovino”
Angelus

12:15 CERIMONIA DI CONGEDO presso la Base aerea di Melsbroek
12:45 Partenza in aereo dalla Base aerea di Melsbroek per Roma
14:55 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino

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Questa mattina, alle ore 8.30, il Santo Padre Francesco ha incontrato in privato il Presidente uscente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Poi, dopo essersi congedato dal personale e dai benefattori della Nunziatura Apostolica, alle ore 9.00 si è trasferito in auto al King Baudouin Stadium per la celebrazione della Santa Messa.

Al Suo arrivo, dopo aver effettuato il cambio vettura, Papa Francesco ha girato in papamobile tra i circa 40.000 fedeli presenti.

Alle ore 10.00, ha presieduto la Santa Messa con il rito della Beatificazione della Serva di Dio Ana de Jesús, nella XXVI Domenica del Tempo Ordinario.

Nel corso della Celebrazione, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Santa Messa nel King Baudouin Stadium, dopo le parole di ringraziamento dell’Arcivescovo di Malines-Bruxelles, S.E. Mons. Luc Terlinden, il Papa ha guidato la recita dell’Angelus.

Poi, dopo la benedizione finale, ha salutato la famiglia reale del Belgio e la famiglia reale del Lussemburgo. Quindi si è trasferito in auto alla Base Aerea di Melsbroek per la Cerimonia di congedo dal Belgio.
(fonte: Bollettino Santa Sede 29/09/2024)

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SANTA MESSA E BEATIFICAZIONE
DELLA VENERABILE SERVA DI DIO ANNE DE JÉSUS

OMELIA DEL SANTO PADRE

Stadio “Re Baldovino” (Bruxelles)


«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Mc 9,42). Con queste parole, rivolte ai discepoli, Gesù mette in guardia dal pericolo di scandalizzare, cioè di ostacolare il cammino e ferire la vita dei “piccoli”. È un monito forte, un monito severo, sul quale dobbiamo fermarci a riflettere. Vorrei farlo con voi, alla luce anche degli altri Testi sacri, attraverso tre parole-chiave: apertura, comunione e testimonianza.

All’inizio l’apertura. Ce ne parlano la prima Lettura e il Vangelo, mostrandoci l’azione libera dello Spirito Santo che, nel racconto dell’esodo, riempie del suo dono di profezia non solo gli anziani andati con Mosè alla tenda del convegno, ma anche due uomini che erano rimasti nell’accampamento.

Questo ci fa pensare, perché, se in un primo momento era scandalosa la loro assenza nel gruppo degli eletti, dopo il dono dello Spirito è scandaloso vietare loro di esercitare la missione che, nonostante ciò, hanno ricevuto. Ben lo comprende Mosè, uomo umile e saggio, il quale con mente e cuore aperti dice: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!» (Nm 11,29). Bellissimo auspicio!

Sono parole sapienti, che preludono a ciò che Gesù afferma nel Vangelo (cfr Mc 9,38-43.45.47-48). Qui la scena si svolge a Cafarnao, e i discepoli vorrebbero a loro volta impedire ad un uomo di scacciare i demoni nel nome del Maestro, perché – affermano – «non ci seguiva» (Mc 9,38), cioè “non è nel nostro gruppo”. Loro pensano così: “Chi non ci segue, chi non è ‘dei nostri’ non può fare miracoli, non ne ha diritto”. Ma Gesù li sorprende – come sempre, Gesù sempre ci sorprende – e questi li sorprende e li rimprovera, invitandoli ad andare oltre i loro schemi, a non “scandalizzarsi” della libertà di Dio. Dice loro: «Non glielo impedite […] chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,39-40).

Osserviamo bene queste due scene, quella di Mosè e quella di Gesù, perché riguardano anche noi e la nostra vita cristiana. Tutti infatti, con il Battesimo, abbiamo ricevuto una missione nella Chiesa. Ma si tratta di un dono, non di un titolo di vanto. La Comunità dei credenti non è una cerchia di privilegiati, è una famiglia di salvati, e noi non siamo inviati a portare il Vangelo nel mondo per i nostri meriti, ma per la grazia di Dio, per la sua misericordia e per la fiducia che, al di là di tutti i nostri limiti e peccati, Egli continua a riporre in noi con amore di Padre, vedendo in noi quello che noi stessi non riusciamo a scorgere. Per questo ci chiama, ci invia e ci accompagna pazientemente giorno per giorno.

E allora, se vogliamo cooperare, con amore aperto e premuroso, all’azione libera dello Spirito senza essere di scandalo, di ostacolo a nessuno con la nostra presunzione e la nostra rigidità, abbiamo bisogno di svolgere la nostra missione con umiltà, gratitudine e gioia. Non dobbiamo risentirci, ma piuttosto rallegrarci del fatto che anche altri possano fare ciò che facciamo noi, perché cresca il Regno di Dio e per ritrovarci tutti uniti, un giorno, tra le braccia del Padre.

E questo ci porta alla seconda parola: comunione. Di essa ci parla San Giacomo nella seconda Lettura (cfr Gc 5,1-6) con due immagini forti: le ricchezze che si corrompono (cfr v. 3), e le proteste dei mietitori che giungono agli orecchi del Signore (cfr v. 4). Ci ricorda, così, che l’unica via della vita è quella del dono, dell’amore che unisce nella condivisione. La via dell’egoismo genera solo chiusure, muri e ostacoli – “scandali”, appunto – incatenandoci alle cose e allontanandoci da Dio e dai fratelli.

L’egoismo, come tutto ciò che impedisce la carità, è “scandaloso” perché schiaccia i piccoli, umiliando la dignità delle persone e soffocando il grido dei poveri (cfr Sal 9,13). E questo valeva ai tempi di San Paolo come oggi per noi. Pensiamo, ad esempio, a ciò che avviene quando si pongono alla base della vita dei singoli e delle comunità i soli principi dell’interesse e le sole logiche di mercato (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 54-58). Si crea un mondo in cui non c’è più spazio per chi è in difficoltà, né c’è misericordia per chi sbaglia, né compassione per chi soffre e non ce la fa. Non c’è.

Pensiamo a quello che accade quando i piccoli sono scandalizzati, colpiti, abusati da coloro che dovrebbero averne cura, alle ferite di dolore e di impotenza anzitutto nelle vittime, ma anche nei loro familiari e nella comunità. Con la mente e con il cuore torno alle storie di alcuni di questi “piccoli” che ho incontrato l’altro ieri. Li ho sentiti, ho sentito la loro sofferenza di abusati e lo ripeto qui: nella Chiesa c’è posto per tutti, tutti, tutti ma tutti saremo giudicati e non c’è posto per l’abuso, non c’è posto per la copertura dell’abuso. Chiedo a tutti: non coprite gli abusi! Chiedo ai vescovi: non coprite gli abusi! Condannare gli abusatori e aiutarli a guarire da questa malattia dell’abuso. Il male non si nasconde: il male va portato allo scoperto, che si sappia, come hanno fatto alcuni abusati e con coraggio. Che si sappia. E che sia giudicato l’abusatore. Che sia giudicato l’abusatore, sia laica, laico, prete o vescovo: che sia giudicato.

La Parola di Dio è chiara: dice che le “proteste dei mietitori” e il “grido dei poveri” non si possono ignorare, non si possono cancellare, come se fossero la nota stonata nel concerto perfetto del mondo del benessere, né si possono attutire con qualche forma di assistenzialismo di facciata. Al contrario, sono voce viva dello Spirito, ci ricordano chi siamo – tutti siamo poveri peccatori, tutti, il primo io –; e le persone abusate sono un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima, che ci fa vergognare e ci chiama a convertirci. Non ostacoliamone la voce profetica, silenziandola con la nostra indifferenza. Ascoltiamo quello che dice Gesù nel Vangelo: lontano da noi l’occhio scandaloso, che vede l’indigente e si volta dall’altra parte! Lontano da noi la mano scandalosa, che si chiude a pugno per nascondere i suoi tesori e si ritira avida nelle tasche! Mia nonna diceva: “Il diavolo entra dalle tasche”. Quella mano che colpisce per compiere un abuso sessuale, un abuso di potere, un abuso di coscienza contro chi è più debole. E quanti casi di abuso abbiamo nella nostra storia, nella nostra società! Lontano da noi il piede scandaloso, che corre veloce non per farsi vicino a chi soffre, ma per “passare oltre” e stare a distanza! Via tutto questo: lontano da noi! Niente di buono e solido si costruisce così! E una domanda che a me piace fare alle persone: “Tu, fai l’elemosina?” – “Sì, Padre, sì!” – “E dimmi, quando fai l’elemosina, tocchi la mano della persona indigente, o la butti così e guardi dall’altra parte? Tu guardi gli occhi delle persone che soffrono?”. Pensiamo a questo.

Se vogliamo seminare per il futuro, anche a livello sociale ed economico, ci farà bene tornare a mettere alla base delle nostre scelte il Vangelo della misericordia. Gesù è la misericordia. Tutti noi, tutti, siamo stati misericordiati. Altrimenti, per quanto apparentemente imponenti, i monumenti della nostra opulenza saranno sempre colossi dai piedi di argilla (cfr Dn 2,31-45). Non illudiamoci: senza amore niente dura, tutto svanisce, si sfalda, e ci lascia prigionieri di una vita sfuggente, vuota e senza senso, di un mondo inconsistente che, al di là delle facciate, ha perso ogni credibilità, perché? Perché ha scandalizzato i piccoli.

E così giungiamo alla terza parola: testimonianza. Possiamo prendere spunto, in proposito, dalla vita e dall’opera di Anna di Gesù, Anna de Lobera, nel giorno della sua Beatificazione. Questa donna è stata tra le protagoniste, nella Chiesa del suo tempo, di un grande movimento di riforma, sulle orme di una “gigante dello spirito” – Teresa d’Avila –, di cui ha diffuso gli ideali in Spagna, in Francia e anche qui, a Bruxelles, e in quelli che allora erano chiamati Paesi Bassi Spagnoli.

In un tempo segnato da scandali dolorosi, dentro e fuori la comunità cristiana, lei e le sue compagne, con la loro vita semplice e povera, fatta di preghiera, di lavoro e di carità, hanno saputo riportare alla fede tante persone, al punto che qualcuno ha definito la loro fondazione in questa città come una “calamita spirituale”.

Per scelta, non ha lasciato scritti. Si è impegnata invece a mettere in pratica ciò che a sua volta aveva imparato (cfr 1Cor 15,3), e con il suo modo di vivere ha contribuito a risollevare la Chiesa in un momento di grande difficoltà.

Accogliamo allora con riconoscenza il modello di “santità al femminile” che ci ha lasciato (cfr Esort. Ap. Gaudete et exsultate, 12), delicato e forte, fatto di apertura, di comunione e di testimonianza. Raccomandiamoci alla sua preghiera, imitiamone le virtù e rinnoviamo con lei il nostro impegno a camminare insieme sulle orme del Signore.

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ANGELUS
al termine della Messa


Ringrazio l’Arcivescovo per le sue cortesi parole. Esprimo sentita gratitudine alle Loro Maestà il Re e la Regina, come pure alle Loro Altezze Reali il Granduca e la Granduchessa di Lussemburgo: ringrazio loro per la presenza e per l’accoglienza di questi giorni.

Ed estendo il mio “grazie” a tutti coloro che, in molti modi, hanno collaborato all’organizzazione di questa visita; in modo speciale agli anziani e ai malati che hanno offerto le loro preghiere.

Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema “Dio cammina con il suo popolo”. Da questo Paese, il Belgio, che è stato ed è tuttora meta di tanti migranti, rinnovo all’Europa e alla Comunità internazionale il mio appello a considerare il fenomeno migratorio come una opportunità per crescere insieme nella fraternità, e invito tutti a vedere in ogni fratello e sorella migrante il volto di Gesù che si è fatto ospite e pellegrino in mezzo a noi.

Continuo a seguire con dolore e con tanta preoccupazione l’allargamento e l’intensificazione del conflitto in Libano. Il Libano è un messaggio, ma in questo momento è un messaggio martoriato, e questa guerra ha effetti devastanti sulla popolazione: tante, troppe persone continuano a morire giorno dopo giorno in Medio Oriente. Preghiamo per le vittime, per le loro famiglie, preghiamo per la pace. Chiedo a tutte le parti che si cessi immediatamente il fuoco in Libano, a Gaza, nel resto della Palestina, in Israele. Si rilascino gli ostaggi e si permetta l’aiuto umanitario. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina.

Ringrazio anche tanti di voi che siete venuti dall’Olanda, dalla Germania, dalla Francia per condividere questa giornata: grazie a voi.

In questo momento vorrei anche darvi una notizia. Al mio rientro a Roma avvierò il processo di beatificazione di Re Baldovino: che il suo esempio di uomo di fede illumini i governanti. Chiedo che i Vescovi belgi si impegnino per portare avanti questa causa.

Ci rivolgiamo ora alla Vergine Maria recitando insieme l’Angelus. Questa preghiera, molto popolare nelle passate generazioni, merita di essere riscoperta: è una sintesi del mistero cristiano, che la Chiesa ci insegna a inserire in mezzo alle occupazioni quotidiane. Ve la consegno, specialmente ai giovani, e vi affido tutti alla nostra Madre Santissima, che qui, accanto all’altare, è raffigurata come Sede della Sapienza. Sì, abbiamo bisogno della sapienza del Vangelo! Chiediamola spesso allo Spirito Santo.

E per intercessione di Maria invochiamo da Dio il dono della pace, per la martoriata Ucraina, per la Palestina e Israele, per il Sudan, il Myanmar e tutte le terre ferite dalla guerra.

Grazie a tutti! E avanti, “en route, avec Espérance”!

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Cerimonia di congedo dal Belgio presso la Base Aerea di Melsbroek

Lasciato il King Baudouin Stadium, il Santo Padre si è trasferito in auto alla Base Aerea di Melsbroek per la Cerimonia di congedo dal Belgio.

Con un volo della Brussels Air Line il Papa fa rientro in Vaticano. Essenziale il congedo. Francesco viene accolto da un Ministro in rappresentanza del Governo e insieme si recano nella VIP Lounge per un breve colloquio e per la firma del Libro d’Onore della base aerea militare in cui lascia scritto: "Grato per l'accoglienza ricevuta alla Basa aerea di Melsbroek, auspico che essa sia sempre a servizio della pace nel Belgio, in Europa e nel mondo intero".
 

Prima di imbarcarsi si sofferma a salutare un cantante e un piccolo coro cantano Glory Glory Alleluja quindi attraversa la Guardia d’Onore, saluta il Seguito locale e la Delegazione belga e sale per ultimo a bordo di un A321/ Brussels Airlines ed è partito alle ore 13.21 per rientrare in Italia.

Solo due ore di volo e tante domande per la conferenza stampa in volo. 



L’aereo con a bordo il Santo Padre di ritorno dal Viaggio Apostolico in Lussemburgo e Belgio è atterrato all’Aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino alle ore 15.00.

Prima di tornare in Vaticano, Francesco ha sostato in preghiera davanti all'icona della Vergine Salus Populi Romani, nella basilica di Santa Maria Maggiore.


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Vedi anche i post precedenti:



VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN LUSSEMBURGO E BELGIO (26-29 settembre 2024) - Il Papa incontra gli studenti universitari, i gesuiti e i giovani. (testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN LUSSEMBURGO E BELGIO

(26-29 settembre 2024)


Sabato, 28 settembre 2024

BRUXELLES – LOUVAIN-LA-NEUVE

16:30 INCONTRO CON GLI STUDENTI UNIVERSITARI nell'Aula Magna dell’”Université Catholique de Louvain”
18:15 INCONTRO PRIVATO CON I MEMBRI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ nel Collegio “Saint Michel




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Questo pomeriggio il Santo Padre Francesco ha lasciato la Nunziatura Apostolica e si è trasferito in auto alla Université Catholique de Louvain dove ha incontrato gli Studenti Universitari.
 
Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto – all’ingresso principale dell’Aula Magna – dalla Rettrice dell’Università UCLouvain, Françoise Smets, dal Rettore dell’Università KULeuven, Luc Sels, dall’Arcivescovo di Malines-Bruxelles, S.E. Mons. Luc Terlinden, in qualità di Gran Cancelliere, dal Sindaco di Ottignies-Louvain-la Neuve e dal Governatore della Provincia. Un giovane gli ha offerto dei fiori e un gruppo di studenti con le bandiere ha dato il benvenuto al Papa, che è entrato poi nell’Aula Magna dove erano presenti alcuni membri del Consiglio rettorale ad accoglierlo. Quindi il Santo Padre ha firmato il Libro d’Onore e ha poi raggiunto il Teatro dell’Aula Magna al primo piano.
 
Dopo il saluto di benvenuto della Rettrice e la proiezione di un video, è stata letta dagli studenti una Lettera indirizzata a Papa Francesco. Il Santo Padre ha pronunciato poi il Suo discorso.
 
Al termine, dopo un momento musicale, è stata consegnata al Papa una pianta che - in un gesto simbolico - rappresenta l’albero dei desideri che è stato realizzato dall’Università in occasione del prossimo 600.mo anniversario della sua fondazione. Anche Papa Francesco ha voluto lasciare il suo messaggio con scritto: “Nella grande comunità universitaria di Lovanio i giovani diventino appassionati cercatori del vero, del bello e del bene, con mente e cuore aperti e mani laboriose, esperti di dialogo e artigiani di pace, per dare ai loro sogni la forma del servizio”. Dopo la benedizione finale, Papa Francesco ha raggiunto la terrazza antistante l’Aula Magna dove ha ricevuto in dono dalla Rettrice e da due studenti una calotte (berretto studentesco). Quindi, si è congedato ed è salito sulla golf-cart per un giro tra le tante persone che lo attendevano all’esterno dell’Università.
 
Successivamente il Papa ha raggiunto in auto il Collegio Saint-Michel per l’incontro privato con i Membri della Compagnia di Gesù presenti in Belgio.
 
Concluso l’incontro Papa Francesco è andato a salutare i circa 6000 giovani radunati per Hope Happening nel Palazzetto nei pressi dello Stadio.
(fonte: Bollettino Santa Sede 28/09/2024)

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Il Papa:
uguale dignità tra uomo e donna, no a dicotomie ideologiche

Francesco visita la Université Catholique de Louvain, dove incontra i giovani studenti che in una lettera presentano le loro istanze e critiche su creato, disuguaglianze, ruolo della donna. Il Pontefice ribadisce l'importanza femminile chiedendo di non cadere in "rivendicazioni" che oppongono uomini e donne, denuncia la brutalità delle guerre e i mali di corruzione e sfruttamento ed esorta a studiare per il bene comune, cercando "la verità che rende liberi"


Parla di futuro e delle angosce di tanti giovani; parla di mali che distruggono il mondo, a cominciare dalla guerra che inquina pure la religione (e questa è “una bestemmia”); parla di oppressione, soprusi e scarto; parla dell’urgenza del tema ecologico e dell’arroganza dei potenti che mette sempre davanti l’interesse economico. Ma soprattutto parla della donna, la cui dignità non è sancita dalle ideologie; la donna che è “figlia, sorella, madre” per la Chiesa che, a sua volta, è “popolo di Dio” e non “azienda multinazionale”. Quindi la donna come persona, per questo da amare e rispettare “dal principio” e non da tirare in mezzo a “rivendicazioni”. Parla, insomma, delle emergenze di oggi e di domani e delle “dicotomie ideologiche” che distruggono il dialogo, Papa Francesco, ai giovani studenti dell’Université Catholique de Louvain, che incontra oggi nel penultimo appuntamento del viaggio in Belgio.

La città universitaria

Il Papa si reca nel pomeriggio nell’Aula Magna di questa struttura ultra moderna, nata nel 1968 dopo la divisione dalla Katholieke Universiteit Leuven, visitata ieri. Divisione dovuta alle differenze linguistiche: francese la UC Louvain, fiamminga la KU Leuven. L’Ateneo sorge nella nuova città creata per ospitarla, Louvain-la-Neuve, a circa 24 km a sud-ovest di Lovanio, affacciata su un lago con ampi spazi verdi, brasserie, palestre, B&B e spazi decorati da murales. L'opposto, quindi, dalle antiche mura in legno e l’architettura gotica della Katholieke Universiteit. È evidente, qui, il tocco di quei giovani che sentono impellenti le battaglie per la cura del Creato e per un maggiore spazio della donna nella Chiesa e nella società, come scrivono in una lettera frutto di un lavoro congiunto di studenti, docenti e ricercatori.

Musica e applausi

La leggono a inizio evento in Aula Magna, con il palco dalla moquette blu elettrico. Sopra ci si esibisce l’orchestra dell’Ateneo che saluta l’ingresso del Papa con una versione jazz de “Il Cantico delle Creature”, che parte già alla firma il Libro d’onore e prosegue anche durante l’applauso scrosciante di quasi 4 minuti che accompagna l’entrata di Francesco.

Ancora musica, questa volta brani classici rivistati con il basso, mentre si proietta un video su transizione ecologica ed ecosistema. Poi il saluto della rettrice, Françoise Smets, che assicura l’impegno dell’Ateneo per “la costruzione dei cambiamenti” attraverso ricerca, insegnamento e servizio alla società, a partire dalla enciclica Laudato si’. Impegno non solo per il creato ma anche per contrastare le disuguaglianze e favorire un maggiore protagonismo femminile. Il Papa si alza in piedi per stringerle la mano, poi dopo ancora video-testimonianze ed esibizioni musicali, prende la parola e offre indicazioni sugli stessi temi.

Le donne nella Chiesa e nella società

Il ruolo delle donne nella Chiesa, anzitutto, tema che “sta a cuore a me ancora prima ai miei predecessori”, rimarca Francesco, menzionando “violenze e ingiustizie” del passato che “insieme a pregiudizi ideologici” pesano sul presente. Il Papa richiama tutti al punto di partenza: “Chi è la donna e chi è la Chiesa. La Chiesa è donna, non è il Chiesa, è la Chiesa”, dice a braccio. “La Chiesa è il popolo di Dio, non un’azienda multinazionale”, aggiunge. E la donna, “è figlia, sorella, madre”. Sono “relazioni” che esprimono il nostro essere a immagine di Dio, “uomo e donna, insieme, non separatamente”. Dunque “persone, non individui”, chiamati “fin dal principio ad amare ed essere amati”. Da qui viene il loro ruolo nella società e nella Chiesa, sottolinea il Pontefice.

Ciò che è caratteristico della donna, ciò che è femminile, non viene sancito dal consenso o dalle ideologie. E la dignità è assicurata da una legge originaria, non scritta sulla carta, ma nella carne. La dignità è un bene inestimabile, una qualità originaria, che nessuna legge umana può dare o togliere

La Chiesa è donna

A partire da questa dignità, la cultura cristiana elabora sempre nuovamente la vocazione e missione dell’uomo e della donna: “Non l’uno contro l’altro, in opposte rivendicazioni, l’uomo contro la donna e la donna contro l’uomo”, ribadisce il Vescovo di Roma. “Donna è accoglienza feconda, cura, dedizione vitale. Donna è accoglienza feconda, cura, dedizione vitale. Per questo è più importante la donna dell'uomo, ma è brutto quando la donna vuole fare l'uomo. No, è donna. E questo è importante"

Ricordiamo: la Chiesa è donna, non maschio

"Apriamo gli occhi - aggiunge il Pontefice - sui tanti esempi quotidiani di amore, dall’amicizia al lavoro, dallo studio alla responsabilità sociale ed ecclesiale, dalla sponsalità alla maternità, alla verginità per il Regno di Dio e per il servizio".

Il male violento e arrogante

Papa Francesco si sofferma poi sul male “violento e arrogante” che distrugge ambiente e popoli: “Sembra non conoscere freno”, scandisce. La guerra ne è “espressione più brutale”. “In un Paese che non nomino gli investimenti che danno più rendita sono la fabbrica delle armi”, aggiunge a braccio. Anche corruzione e moderne schiavitù sono mali, mali che talvolta “inquinano la stessa religione” rendendola “strumento di dominio”. “Ma questa è una bestemmia”, afferma il Papa.

Persino il nome del padre, che è rivelazione di cura, diventa espressione di prepotenza. Dio è Padre, non padrone; è Figlio e Fratello, non dittatore; è Spirito d’amore, non di dominio.

“Noi cristiani sappiamo che il male non ha l’ultima parola, che ha, come si dice, i giorni contati. Questo non toglie il nostro impegno, anzi lo aumenta: la speranza è una nostra responsabilità”, assicura Papa Francesco. “La speranza mai delude”, ripete tre volte.

L'interesse economico

Di speranza parla pure in relazione al rapporto fra Cristianesimo e ecologia, che sintetizza in tre parole: riconoscenza, missione, fedeltà. Riconoscenza, perché “questa casa ci è donata: non siamo padroni, siamo ospiti e pellegrini sulla terra”. Missione, nel senso che “noi siamo nel mondo per custodire la sua bellezza e coltivarla per il bene di tutti, soprattutto dei posteri, il prossimo nel futuro”. Ma nessun piano di sviluppo potrà riuscire “se restano arroganza, violenza, rivalità nelle nostre coscienze”, ammonisce il Papa. Occorre andare alla radice e cioè alla “arrogante indifferenza dei potenti, che mette sempre davanti l’interesse economico”. "Il diavolo entra dalle tasche", ribadisce.

Finché sarà così, ogni appello sarà messo a tacere o verrà accolto solo nella misura in cui è conveniente al mercato. E finché il mercato resta al primo posto, la nostra casa comune subirà ingiustizia

“Ospiti, non despoti”, raccomanda Papa Francesco ai giovani studenti, “considerate la cultura come coltivazione del mondo, non solo delle idee”.

"Coltivare la natura”, a partire da quella umana

Da qui la fedeltà, a Dio e all’uomo, nell’ottica di uno sviluppo integrale che faccia da contrasto a “oppressione” e “scarto”. Tutti “soprusi” che la Chiesta stigmatizza. L’opzione è tra “manipolare la natura” e “coltivare la natura”, a partire da quella umana, evidenzia il Papa: “Pensiamo all’eugenetica, agli organismi cibernetici, all’intelligenza artificiale. L’opzione tra manipolare o coltivare riguarda anche il nostro mondo interiore”.

Non studiare solo in funzione del lavoro

Infine il Pontefice incoraggia i giovani a proseguire gli studi non solo con metodo ma con uno “stile” dato dalla "cura vicendevole". Bisogna poi studiare non solo per trovare lavoro, perché il rischio è di finire a vivere in funzione di quello e diventare “merce”. “Non si vive per lavorare, ma si lavora per vivere”. Poi invita a porsi una domanda: “Prima di chiederci se studiare serve a qualcosa, preoccupiamoci di servire qualcuno. Una bella domanda che uno studente universitario può fare è: a chi servo io?”.

“La verità ci rende liberi”

Infine un mandato: “Lo studio ha senso quando cerca la verità… con animo critico, eh!”. Ci vuole un “atteggiamento di criticità” per trovare la verità che è sempre “accogliente, disponibile, generosa”, “la verità ci rende liberi”. “Mi rattrista – dice a braccio il Papa - quando trovo in qualsiasi parte del mondo università che preparano gli studenti soltanto a guadagnare. Troppo individualistico, nessuna comunità… Non serve lo studio senza farlo insieme, ma domina. Invece la verità ci rende liberi”.

“Volete la libertà?”, domanda Jorge Mario Bergoglio agli studenti cattolici del Belgio, allora “siate ricercatori e testimoni di verità”. E soprattutto “non entrate in lotte con dicotomie ideologiche. La Chiesa è donna e questo ci aiuterà tanto”, conclude, domandando, come sempre, preghiere per se stesso: “E se qualcuno non prega o non sa pregare, almeno mandi buone ondate!”.

La lettera degli studenti

Nella lettera, letta prima dell'intervento del Papa, gli studenti di Lovanio partono da una domanda portante: “Come possiamo guardare con serenità al futuro se la vita, in tutta la sua diversità, sta crollando intorno a noi?”. “La società dei consumi" invita le nuove generazioni “a godere materialmente del presente” leggono gli studenti. Tuttavia le conoscenze acquisite li “convincono che una catastrofe è in arrivo”, facendoli sentire “incapaci di fermarla”. Questo può portare “a una sensazione, sia mentale che fisica, di soffocamento”, scrivono gli studenti che rimarcano anche la volontà di rileggere le “relazioni di dominio” che in seguito alle “imprese coloniali europee” hanno creato quello che il Papa stesso ha definito “debito ecologico”.

Nella missiva si appellano alla Chiesa poiché, nel suo processo di “sviluppo integrale”, possa “tenere conto delle disuguaglianze di classe, genere e razza”. Quindi denunciano "una divisione ingiusta del lavoro in nome di una presunta propensione “naturale” che porta a una divisione sessuale del lavoro". "La teologia cattolica tende a rafforzare questa divisione attraverso la sua 'teologia della donna', che ne esalta il ruolo materno e le proibisce l’accesso ai ministeri ordinati. Qual è dunque il posto delle donne nella Chiesa?", è un'altra domanda posta nella missiva. La comunità accademica di Lovanio si mostra critica pure sull'ideale di "giustizia sociale" che "non si estende alla giustizia di genere: trascura il fatto che la povertà è ancora prevalentemente femminile e che sono le donne che hanno sofferto e continuano a soffrire più crudelmente del sistema di dominio".
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 28/09/2024)

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INCONTRO CON GLI STUDENTI UNIVERSITARI 

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Aula Magna dell’”Université Catholique de Louvain”



Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Grazie, Signora Rettrice, per le sue cortesi parole. Cari studenti, sono contento di incontrarvi e di ascoltare le vostre riflessioni. In queste parole sento passione e speranza, desiderio di giustizia, ricerca di verità.

Tra le questioni che voi affrontate, mi ha colpito quella sul futuro e l’angoscia. Vediamo bene quanto è violento e arrogante il male che distrugge l’ambiente e i popoli. Sembra non conoscere freno. La guerra è la sua espressione più brutale – voi sapete che in un Paese, che non nomino, gli investimenti che danno più reddito oggi sono le fabbriche delle armi, è brutto! – e sembra non conoscere freno questo: la guerra è un’espressione brutale; come lo sono anche la corruzione e le moderne forme di schiavitù. La guerra, la corruzione e le nuove forme di schiavitù. A volte questi mali inquinano la stessa religione, che diventa uno strumento di dominio. State attenti! Ma questa è una bestemmia. L’unione degli uomini con Dio, che è Amore salvifico, così diventa schiavitù. Persino il nome del padre, che è rivelazione di cura, diventa espressione di prepotenza. Dio è Padre, non padrone; è Figlio e Fratello, non dittatore; è Spirito d’amore, e non di dominio.

Noi cristiani sappiamo che il male non ha l’ultima parola – e su questo dobbiamo essere forti: il male non ha l’ultima parola – che ha, come si dice, i giorni contati. Questo non toglie il nostro impegno, anzi lo aumenta: la speranza è una nostra responsabilità. Una responsabilità da prendere perché la speranza mai delude, mai delude. E questa certezza vince quella coscienza pessimistica, lo stile della Turandot… La speranza mai delude!

E ora, tre parole: riconoscenza, missione, fedeltà.

Il primo atteggiamento è la riconoscenza, perché questa casa ci è donata: non siamo padroni, siamo ospiti e pellegrini sulla terra. Il primo a prendersene cura è Dio: noi siamo anzitutto curati da Dio, che ha creato la terra – dice Isaia – “non come orrida regione, ma perché fosse abitata” (cfr Is 45,18). E pieno di stupita riconoscenza è il salmo ottavo: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, / la luna e le stelle che tu hai fissato, / che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, / il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,4-5). La preghiera del cuore che mi viene è: Grazie, o Padre, per il cielo stellato e per la vita in questo universo!

Il secondo atteggiamento è la missione: noi siamo nel mondo per custodire la sua bellezza e coltivarla per il bene di tutti, soprattutto dei posteri, il prossimo nel futuro. Ecco il “programma ecologico” della Chiesa. Ma nessun piano di sviluppo potrà riuscire se restano arroganza, violenza, rivalità nelle nostre coscienze, anche nella nostra società. Occorre andare alla fonte della questione, che è il cuore dell’uomo. Dal cuore dell’uomo viene anche la drammatica urgenza del tema ecologico: dall’arrogante indifferenza dei potenti, che mette sempre davanti l’interesse economico. Interesse economico: i soldi. Io ricordo una cosa che mia nonna mi diceva sempre: “Stai attento nella vita perché il diavolo entra dalle tasche”. L’interesse economico. Finché sarà così, ogni appello sarà messo a tacere o verrà accolto solo nella misura in cui è conveniente al mercato. Questa “spiritualità”, così, del mercato. E finché il mercato resta al primo posto, la nostra casa comune subirà ingiustizie. La bellezza del dono chiede la nostra responsabilità: siamo ospiti, non despoti. A questo proposito, cari studenti, considerate la cultura come coltivazione del mondo, non solo delle idee.

Qui sta la sfida dello sviluppo integrale, che richiede il terzo atteggiamento: la fedeltà. Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo. Questo sviluppo infatti riguarda tutte le persone in tutti gli aspetti della loro vita: fisica, morale, culturale, sociopolitica; e ad esso si oppone qualsiasi forma di oppressione e di scarto. La Chiesa denuncia questi soprusi, impegnandosi anzitutto nella conversione di ogni proprio membro, di noi stessi, alla giustizia e alla verità. In questo senso, lo sviluppo integrale fa appello alla nostra santità: è vocazione alla vita giusta e felice, per tutti.

E adesso, l’opzione da fare è dunque tra manipolare la natura e coltivare la natura. Un’opzione così: o manipolo la natura o coltivo la natura. A partire dalla nostra natura umana – pensiamo all’eugenetica, agli organismi cibernetici, all’intelligenza artificiale. L’opzione tra manipolare o coltivare riguarda anche il nostro mondo interiore.

Pensare all’ecologia umana ci porta a toccare una tematica che sta a cuore a voi e prima ancora a me e ai miei Predecessori: il ruolo della donna nella Chiesa. Mi piace quello che tu hai detto. Pesano qui violenze e ingiustizie, insieme a pregiudizi ideologici. Perciò bisogna ritrovare il punto di partenza: chi è la donna e chi è la Chiesa. La Chiesa è donna, non è “il” Chiesa, è “la” Chiesa, è la sposa. La Chiesa è il popolo di Dio, non un’azienda multinazionale. La donna, nel popolo di Dio, è figlia, sorella, madre. Come io sono figlio, fratello, padre. Queste sono le relazioni, che esprimono il nostro essere a immagine di Dio, uomo e donna, insieme, non separatamente! Infatti le donne e gli uomini sono persone, non individui; sono chiamati fin dal “principio” ad amare ed essere amati. Una vocazione che è missione. E da qui viene il loro ruolo nella società e nella Chiesa (cfr S. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 1).

Ciò che è caratteristico della donna, ciò che è femminile, non viene sancito dal consenso o dalle ideologie. E la dignità è assicurata da una legge originaria, non scritta sulla carta, ma nella carne. La dignità è un bene inestimabile, una qualità originaria, che nessuna legge umana può dare o togliere. A partire da questa dignità, comune e condivisa, la cultura cristiana elabora sempre nuovamente, nei diversi contesti, la missione e la vita dell’uomo e della donna e il loro reciproco essere per l’altro, nella comunione. Non l’uno contro l’altro, questo sarebbe femminismo o maschilismo, e non in opposte rivendicazioni, ma l’uomo per la donna e la donna per l’uomo, insieme.

Ricordiamo che la donna si trova al cuore dell’evento salvifico. È dal “sì” di Maria che Dio in persona viene nel mondo. Donna è accoglienza feconda, cura, dedizione vitale. Per questo è più importante la donna dell’uomo, ma è brutto quando la donna vuol fare l’uomo: no, è donna, e questo è “pesante”, è importante. Apriamo gli occhi sui tanti esempi quotidiani di amore, dall’amicizia al lavoro, dallo studio alla responsabilità sociale ed ecclesiale, dalla sponsalità alla maternità, alla verginità per il Regno di Dio e per il servizio. Non dimentichiamo, lo ripeto: la Chiesa è donna, non è maschio, è donna.

Voi stessi siete qui per crescere come donne e come uomini. Siete in cammino, in formazione come persone. Perciò il vostro percorso accademico comprende diversi ambiti: ricerca, amicizia, servizio sociale, responsabilità civile e politica, espressioni artistiche...

Penso all’esperienza che vivete ogni giorno, in questa Università Cattolica di Lovanio, e condivido tre aspetti, semplici e decisivi, della formazione: come studiare? perché studiare? e per chi studiare?

Come studiare: c’è non solo un metodo, come in ogni scienza, ma anche uno stile. Ogni persona può coltivare il proprio. In effetti, lo studio è sempre una via alla conoscenza di sé e degli altri. Ma c’è anche uno stile comune, che si può condividere nella comunità universitaria. Si studia insieme: grazie a chi ha studiato prima di me – docenti, compagni più avanti –, con chi studia al mio fianco, in aula. La cultura come cura di sé comporta una cura vicendevole. Non c’è la guerra fra studenti e professori, c’è il dialogo, alle volte è un dialogo un po’ intenso ma c’è il dialogo e il dialogo fa crescere la comunità universitaria.

Secondo: perché studiare. C’è un motivo che ci spinge e un obiettivo che ci attrae. Bisogna che siano buoni, perché da loro dipende il senso dello studio, dipende la direzione della nostra vita. A volte studio per trovare quel tipo di lavoro, ma finisco per vivere in funzione di quello. Diventiamo noi la “merce”, vivere in funzione del lavoro. Non si vive per lavorare, ma si lavora per vivere; è facile dirlo, ma comporta impegno metterlo in pratica con coerenza. E questa parola coerenza è molto importante per tutti, ma specialmente per voi studenti. Voi dovete imparare questo atteggiamento della coerenza, essere coerenti.

Terzo: per chi studiare. Per sé stessi? Per rendere conto ad altri? Studiamo per essere capaci di educare e servire altri, anzitutto col servizio della competenza e dell’autorevolezza. Prima di chiederci se studiare serve a qualcosa, preoccupiamoci di servire qualcuno. Una bella domanda che uno studente universitario può fare: a chi servo io, a me stesso? Oppure ho il cuore aperto per un altro servizio? Allora il titolo universitario attesta una capacità per il bene comune. Studio per me, per lavorare, per essere utile, per il bene comune. E questo deve essere molto bilanciato, molto bilanciato!

Cari studenti, è una gioia per me condividere con voi queste riflessioni. E mentre lo facciamo percepiamo che c’è una realtà più grande che ci illumina e ci supera: la verità. Cosa è la verità? Pilato aveva fatto questa domanda. Senza la verità, la nostra vita perde senso. Lo studio ha senso quando cerca la verità, quando cerca di trovarla, ma con animo critico. Ma la verità, per trovarla, ha bisogno di questo atteggiamento di criticità, così possiamo andare avanti. Lo studio ha senso quando cerca la verità, non dimenticatevi. E cercandola capisce che siamo fatti per trovarla. La verità si fa trovare: è accogliente, è disponibile, è generosa. Se rinunciamo a cercare insieme la verità, lo studio diventa strumento di potere, di controllo sugli altri. E io vi confesso che mi rattrista quando trovo, in qualsiasi parte del mondo, università soltanto per preparare gli studenti a guadagnare o ad avere potere. E’ troppo individualistico, senza comunità. L’alma mater è la comunità universitaria, l’università, quello che ci aiuta a fare società, a fare fratellanza. Non serve lo studio senza (cercare la verità) insieme, non serve, ma domina. Invece la verità ci rende liberi (cfr Gv 8,32). Cari studenti, volete la libertà? Siate ricercatori e testimoni di verità! Cercando di essere credibili e coerenti attraverso le più semplici scelte quotidiane. Così questa diventa, ogni giorno, quello che vuole essere, una Università cattolica! E andate avanti, andate avanti, e non entrare nelle lotte con delle dicotomie ideologiche, no. Non dimenticate: la Chiesa è donna e questo ci aiuterà tanto.

Grazie di questo incontro. Grazie a te che sei stata brava! Grazie! Vi benedico di cuore, voi e il vostro cammino di formazione. E per favore vi chiedo di pregare per me. E se qualcuno non prega o non sa pregare o non vuol pregare almeno mi mandi buone ondate, che c’è bisogno! Grazie!

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INCONTRO PRIVATO CON I MEMBRI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ
nel Collegio “Saint Michel

#PapaFrancesco incontra i #gesuiti del Belgio e del Lussemburgo presso il Collegio Saint Michel di Bruxelles parlando dei problemi attuali della Chiesa e della realtà del mondo d’oggi. @JesuitsGlobal






#PapaFrancesco benedice l’opera dei Bollandisti nella biblioteca del Collegio dei #gesuiti a Bruxelles


#PapaFrancesco benedice uno dei #Gesuiti del Belgio e del Lussemburgo dopo un incontro con loro stasera. ⁦‪ Jesuits Global

(fonte: bacheca Facebooke di p. Antonio Spadaro)


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La sorpresa di Francesco a 6 mila giovani riuniti per una veglia: "Avanti, fate chiasso!"

Ancora un fuori programma da parte del Papa che, dopo l'incontro coi gesuiti, si è recato nel Brussels Expo, palazzetto vicino allo Stadio Re Baldovino dove domani celebrerà la Messa, per salutare ragazzi e ragazze riuniti dal pomeriggio per l'evento "Hope Happening". Accoglienza entusiasmante per il Pontefice, tra canti e cori: "I giovani fanno chiasso. Mi raccomando aiutate gli altri e non dimenticate la preghiera". La benedizione ad un neonato sul palco e selfie con artisti e organizzatori

Il selfie del Papa con i giovani alla veglia "Hope Happiness"

Quando l’hanno annunciato dal palco del Brussels Expo, circa un’ora prima, interrompendo canti e cori, c’è stato un boato: “Papa Francesco verrà qui, tra noi!”. Al termine dell’incontro con un centinaio di gesuiti del Belgio e di Paesi vicini, subito dopo la visita all’Univerdstà Cattolica di Lovanio, il Papa è voluto andare al palazzetto vicino allo stadio Re Baldovino di Bruxelles, dove domani mattina celebrerà la Messa, a salutare personalmente i circa 6 mila giovani radunati lì per la veglia “Hope Happening”. Un evento di fraternità – quasi una mini Gmg – per attendere la celebrazione di domani del Pontefice, ultimo appuntamento in Belgio, cantando, ballando, pregando e accampandosi per la notte al coperto.

L'arrivo del Papa al Brussels Expo

L'arrivo del Papa

I partecipanti, dal Belgio ma anche da Paesi vicini, non solo giovani ma anche famiglie e neonati, preti, suore, gruppi di pellegrini, con bandiere e cartelloni, bandane e cappelli, pensavano che il Papa lo avrebbero visto domani. Invece alle 20.40, sulle note di “Jesus Christ Superstar” – immancabile in ogni evento giovanile – ecco aprirsi la tendina nera del palco e apparire il Papa, in sedia a rotelle, tra il fumo e le luci viola riflesse dalle due enormi croci al neon. Gli smartphone tutti alzati con le torce attese, bandiere tricolore del Belgio o bianco-gialle del Vaticano e scrosci di applausi mentre Francesco prendeva posto su una poltrona bianca e un giovane che in italiano gli chiedeva: “Prima selfie!”. Poi, da parte del Papa, uno sguardo alla folla avvicinatasi sempre di più alle transenne, le mani alzate a mo’ di saluto e un semplice: “Buonasera!” in esordio di quello che è diventato subito un dialogo.

La veglia "Hope Happiness" 
Fate chiasso!

“Io vi faccio una domanda voi sapete cosa fanno i giovani? Io dirò: i giovani fanno chiasso! E se tu trovi un giovane così… – dice il Papa, mimando il gesto di stare seduti – noioso… questo giovane gli manca gioventù. Io vi do un consiglio: andate avanti. Fate chiasso, avete sempre la memoria del Signore e la memoria con la preghiera”.

Il Papa in mezzo ad artisti e organizzatori della veglia

Non guardare mai gli altri dall'alto in basso

Sembrava già finito il discorso, ma il Papa ha interrotto l’applauso per dare un consiglio: “Mi raccomando aiutate gli altri. Vi dirò una cosa, una domanda: è buono, è bello guardare una persona dall’alto in basso?”. Un “noooo”, si è alzato dal parterre. “Ma c’è una situazione in cui si può guardare una persona dall’alto in basso. Sapete qual è? Soltanto si può guardare una persona dall’alto in basso per aiutarla a sollevarsi”.

Il neonato, il più grande di tutti

Dal centro del palco Francesco ha indicato un neonato in braccio alla mamma: “Vedete quello che è lì? È il più grande di tutti voi, perché Gesù ci ha detto che il più grande è quello che si è fatto bambino”. Applausi di nuovo, questa volta verso il piccolino, e il Papa che intanto concludeva: “Non lasciate la preghiera. Adesso vi do la benedizione. Nous nous verrons demain (Ci vedremo domani)”.

La benedizione al neonato indicato come "il più grande di tutti"
Saluto alla folla

Accanto al Papa è apparsa quindi la giovane mamma con il neonato, divenuto nel frattempo il protagonista della serata. Francesco l’ha benedetto, mentre lui era già scoppiato in lacrime per il rumore e il battito delle mani. Da qui, l’ultimo saluto a conclusione di una giornata aperta e conclusa con un fuori programma.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 28/09/2024)

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Vedi anche i post precedenti: