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domenica 3 febbraio 2019

Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti - Il messaggio della fraternità universale - Intervista al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin

Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti - 
Il messaggio della fraternità universale
Intervista al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin



Un viaggio “storico” che ha la speranza di scrivere una nuova pagina nei rapporti tra le religioni. Così il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin nell’intervista a Roberto Piermarini di Vatican news sulla visita che il Papa compie negli Emirati Arabi Uniti dal 3 al 5 febbraio. 
I due momenti principali del viaggio sono l’incontro interreligioso presso il Founder’s Memorial di Abu Dhabi e la Messa nello Zayed Sport City.





Francesco è il primo Papa in visita negli Emirati Arabi Uniti. Quali prospettive per questo viaggio definito da molti storico?
Sì, è la prima volta che un Papa si reca negli Emirati Arabi Uniti e più in generale nella penisola arabica. Vorrei sottolineare prima di tutto le caratteristiche di questa terra, una terra che è un po’ come un ponte tra l’Oriente e l’Occidente. Basti pensare agli scali aerei: di solito, per andare in Oriente bisogna passare per qualche aeroporto degli Emirati Arabi Uniti. E poi, è una terra che si caratterizza proprio per essere una terra multiculturale, multietnica e multireligiosa. In questa realtà, il Papa va soprattutto, come lui stesso ha detto nel videomessaggio che ha rivolto in occasione del viaggio, per scrivere una nuova pagina — almeno questa è l’attesa, l’aspettativa e la speranza — nella storia delle relazioni tra le religioni, confermando soprattutto il concetto della fraternità. 
E quindi sarà un messaggio a tutti i leader delle religioni e a tutti i membri delle religioni perché si impegnino in maniera comune a costruire l’unità, la pace e l’armonia nel mondo. Poi, naturalmente, il Papa troverà anche una comunità cristiana, una comunità cattolica e nei confronti di questi fratelli e sorelle nella fede, la sua sarà soprattutto una presenza di conforto e di incoraggiamento per seguire nella loro testimonianza cristiana.

Papa Francesco parteciperà all’Incontro interreligioso che si terrà ad Abu Dhabi. In un mondo ferito dai fondamentalismi, che ruolo hanno questi eventi?
Io credo che abbiano un ruolo fondamentale perché ancora una volta le religioni si trovano insieme per affermare il messaggio della fraternità universale. Siamo tutti fratelli, abbiamo tutti la stessa dignità, condividiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri, siamo figli dello stesso Padre del cielo. È quindi ritrovare la radice della nostra fraternità che è la comune appartenenza all’umanità. E tutto questo, naturalmente, in vista di una lotta molto chiara, molto esplicita contro ogni tipo di fondamentalismo, contro ogni tipo di radicalismo che può portare al conflitto e alla contrapposizione, e in vista di costruire sentieri di riconciliazione e di pace. Potremmo usare un’immagine, visto che lì c’è tanto deserto: tante volte i sentieri del deserto vengono ricoperti dalla sabbia, le tempeste li fanno scomparire. Si tratta di ritrovarli e di ricominciare a percorrerli, tutti insieme, in modo tale da offrire veramente una speranza al nostro mondo così diviso e così frammentato.

Cuore di questo viaggio, la celebrazione eucaristica nello stadio della capitale: la presenza del Papa in questa area sarà sostegno e speranza anche per tanti cristiani che invece non possono vivere liberamente la propria fede? Un suo augurio...
Sì, dicevo prima che sono molti i cristiani che vivono lì; molti cristiani provenienti sia dai Paesi vicini ma anche da altre parti del mondo vanno in quella terra per trovare opportunità di lavoro ma nello stesso tempo diventa anche — la loro presenza lì — un’esperienza di incontro con l’altro. E mi pare che vada sottolineata anche la volontà e l’impegno delle autorità di questi Stati, di questi Paesi per farli diventare dei modelli di convivenza e di collaborazione tra le diverse componenti. Quindi, noi speriamo che i cristiani che sono lì presenti possano continuare a dare il loro contributo anche per la costruzione di quella società, ma più in generale per la pace e la riconciliazione nel mondo. E ai fratelli e alle sorelle cattolici che incontrano difficoltà e fanno anche tanti sacrifici per vivere la loro fede, vorrei dire in questo momento che siamo loro vicini, che davvero ci sentiamo legati a loro da una fraternità cristiana di fondo e che facciamo di tutto per aiutarli attraverso i mezzi che sono a nostra disposizione.

Lei stesso si è recato negli Emirati Arabi nel 2015, dove ha inaugurato una chiesa. Quale realtà troverà oggi il Papa?
Potrei un po’ raccogliere le caratteristiche di questa Chiesa — che ho potuto incontrare anch’io, appunto, alcuni anni fa in occasione della consacrazione di una nuova chiesa dedicata a San Paolo Apostolo — intorno a tre aggettivi. Prima di tutto è una Chiesa numerosa; è una Chiesa dal volto composito, perché è fatta di fedeli appartenenti a diverse culture con diverse lingue e diversi riti e che diventa anche, in un certo senso, un laboratorio di unità e di comunione, perché la sfida è proprio quella, anche all’interno di queste diversità, di queste differenze così accentuate, di trovare nella Chiesa una casa comune. Probabilmente, anche qui non mancano le sfide e non mancano nemmeno le difficoltà e a volte anche le tensioni. Ma mi pare che ci sia davvero un sforzo da parte di tutti, sotto la guida dei pastori locali, di vivere un’autentica comunione. E una terza caratteristica è che mi pare una Chiesa molto dinamica, una Chiesa piena di vita, piena di vitalità sia al suo interno; basterebbe partecipare alle celebrazioni di questa comunità — e il Papa lo farà perché celebrerà la Messa — per vedere come si tratti davvero di comunità vibranti, che partecipano in maniera piena alle celebrazioni liturgiche; e allo stesso tempo anche impegnate a dare testimonianza nell’ambiente in cui si trovano e a mettersi al servizio della società presso la quale vivono e operano