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mercoledì 20 febbraio 2019

NON TACERE - Scompare don Sardelli, il don Milani di Roma. Riflessioni, video e documentario

NON TACERE - 
Scompare don Sardelli, 
il don Milani di Roma














L'eredita di don Sardelli
di Luigi Accattoli


La morte di don Roberto Sardelli, prete del Sessantotto e dei baraccati, avvenuta ieri, segnala quanto sia profonda nel tempo ma ancora tutta attuale la denuncia dei mali di Roma. Si è occupato nei decenni degli immigrati meridionali, dei malati di Aids, dei rom. E non da sociologo ma andando a vivere con quelli che a ogni tappa della sua vita individuava come gli «ultimi». Non ha mai taciuto. Non si contano le lettere aperte che ha inviato ai «cristiani di Roma» e ai sindaci. Sempre insoddisfatto delle risposte e mai accontentandosi di quanto facevano «confratelli» a lui vicini, che anche lo proteggevano, come don Luigi di Liegro, ma che a suo giudizio venivano «troppo a patti con l’ufficialità». Si è sentito «capito» solo all’arrivo di Papa Francesco e ora ci lascia in compagnia di tutti i disagi ai quali aveva contribuito a dare un nome. Andai a conoscerlo da giornalista principiante alla baracca 725 dell’Acquedotto Felice dove faceva scuola ai figli degli immigrati per rimediare alla dispersione scolastica alla quale parevano destinati: era il 1969. Mi parlò di quello che aveva imparato da don Milani, che era andato a conoscere «sul campo», a Barbiana. Tornai a intervistarlo dopo il convegno sui mali di Roma del 1974, del quale era stato un precursore e che non gli bastava: stava organizzando un incontro che volle intitolare «Oltre il convegno». 
Il principio di non appagamento è stato il criterio di tutta la sua azione ed è ora la sua eredità più viva.

(Fonte: Corriere della Sera -20 febbraio 2018)


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Servizio TG2000


Don Roberto Sardelli, una vita tra gli ultimi 
di Paolo Berdini

Nel 1968, intorno ai 30 anni, la sua vita subisce la profonda mutazione. Viene inviato nella parrocchia di San Policarpo, a Don Bosco, zona popolare a est di Roma e lì incontra la condizione delle famiglie di baraccati che vivevano sotto le sue finestre. Di lì a poco andrà a condividere la vita in baracca e fonda la scuola per i ragazzi che – sull’esempio di quella Barbiana di don Milani – resterà come una delle esperienze più straordinarie della vita sociale della capitale. Dopo dieci mesi di lavoro collettivo con i suoi ragazzi, nasce “Non tacere”, una lettera al sindaco in cui vengono evidenziate tutte le ingiustizie e gli episodi di esclusione sociale. Invece della carriera ecclesiastica, don Sardelli abbraccia dunque con una visione evangelica radicale, gli ultimi e le periferie. La fase della «Scuola 725» si accompagna con le occupazioni e la rivendicazione di una casa per tutti.

 Nel 1973 tutte le famiglie ottengono un’abitazione civile, ma sempre di periferia si tratta. Gran parte di esse, compreso don Roberto, vengono collocate ad Ostia e lì inizia la richiesta dei servizi, delle scuole, del verde. Del resto, in quel periodo don Roberto è parte attiva nel grande convegno sui «Mali di Roma» organizzato nel 1974 dal Vicariato di Roma, che molto ebbe a che fare con la condizione delle periferie. Poco dopo un altro passaggio della sua vita: lascia l’abitazione che gli avevano assegnato ad un’altra famiglia senza tetto e resta per un po’ di tempo senza alloggio. Trova poi riparo in una piccola casa al Prenestino dove appare un altro aspetto del caleidoscopio delle periferie: gli anziani soli che faticano ad arrivare a fine mese. Sono gli anni in cui partecipa a scongiurare la speculazione edilizia alla Snia Viscosa. Gli anni in cui collabora con la parrocchia di San Bernardino da Siena di cui è guida il prete operaio don Mario Pasquale in un’altra periferia ancora molto più estrema, al di là del Villaggio Breda, a più di un’ora di distanza dalla «città». Gli anni in cui, insieme ai suoi ragazzi che non l’hanno mai abbandonato, rinnova l’appello al sindaco di Roma con la lettera «Per continuare a non tacere» dove ripropone nelle mutate condizioni sociali, le identiche esigenze di riscatto delle periferie. La lettera viene resa pubblica nel 2007, nel pieno dello sbandamento culturale liberista della sinistra al governo. Il sindaco Veltroni pur ricevendo Sardelli e il suo gruppo in Campidoglio, è infastidito dalle richieste e polemizza sulla stampa contrapponendo una visione edulcorata quanto falsa di una città avviata verso un futuro radioso. Così, don Roberto Sardelli inizia una nuova, ulteriore fase della sua monumentale opera di riscatto delle periferie, collaborando con l’Ufficio progetto urbano della Cgil di Antonio Castronovi e con il gruppo di urbanisti del «Modello Roma» coordinati da Enzo Scandurra. Un’ultima fase in cui la sostanziale indifferenza della politica sarà il tema conduttore, ma nella quale non mancherà mai a don Sardelli la spinta per continuare a fornire riflessioni e occasioni di crescita culturale al popolo tanto amato delle immense periferie romane. Un’ultima fase caratterizzata anche dalla grande novità di Papa Francesco che ha le periferie fisiche e sociali al centro dei suoi indirizzi. Una novità che si materializzò un giorno ormai lontano con una telefonata da parte del Papa e che condivise con molto pudore ma di cui colse il grande significato di riconoscimento del suo cammino.
(Fonte: Il Manifesto - 20.02.2019)

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Caritas di Roma
Don Roberto Sardelli ci ha lasciato la notte scorsa, lo ricordiamo con questa testimonianza video.
«La politica è l'unico mezzo umano per liberarci. I padroni lo sanno bene e cercano di addormentarci. Ci portano il vino, la televisione e i giradischi, macchine e altri generi di oppio. Noi compriamo e consumiamo. Serviamo ad aumentare la ricchezza padronale e a distruggere la nostra intelligenza». (Scuola 725, Lettera al sindaco, Roma, 1968)


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Vita di Borgata", don Roberto Sardelli 
presenta il libro della "Scuola 725" a Cassino


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Documentario "NON TACERE"

Don Roberto Sardelli negli anni 60 si trasferisce tra i baraccati dell'acquedotto Felice, 
dove crea una scuola e aiuta gli abitanti della favela romana 
a prendere coscienza della loro condizione
creando così l'opportunità di cambiare le loro vite, 
bellissimi i materiali di repertorio che fanno da cornice alle storie di oggi, 
di Don Roberto e i ragazzi dell'acquedotto Felice.