PELLEGRINAGGIO ECUMENICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A GINEVRA IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
A GINEVRA IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
21 GIUGNO 2018
Mercoledì 20 giugno, vigilia del suo Viaggio in Svizzera, in occasione del 70.mo anniversario del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Papa Francesco alle ore 16 circa, come è ormai sua consuetudine, ha visitato la Basilica Santa Maria Maggiore per la sua tradizionale preghiera presso l'icona della Salus Populi Romani.
Quello a Ginevra per il 70esimo anniversario del Consiglio Ecumenico delle Chiese è un viaggio verso l’unità.
Papa Francesco è il terzo Pontefice a recarsi presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese dopo Paolo VI (1969) e Giovanni Paolo II (1982).
ore 8,30 Partenza in aereo da Roma/Fiumicino per Ginevra
ore 8,30 Partenza in aereo da Roma/Fiumicino per Ginevra
A bordo Papa Francesco ha salutato i giornalisti che lo accompagnavano in questo viaggio.
Papa Francesco:
Buongiorno, vi saluto tutti e vi ringrazio di questo vostro lavoro in questo viaggio, che è un viaggio verso l’unità, con desideri di unità. Grazie per il vostro lavoro e per tutto quello che farete per il successo del viaggio.
Grazie!
Greg Burke:
Grazie a lei, Santità, cerchiamo di farlo velocemente che è un momento di saluto.
Francesco ha quindi salutato uno ad uno i 61 giornalisti al seguito. Un cronista svizzero ha regalato al Pontefice un pupazzo di cane San Bernardo con botticella d’ordinanza e del cioccolato. All’inviata di Tv2000 che gli chiedeva di mettere più donne nei posti chiave della Curia romana, invitandolo a nominare una donna ai vertici dello Ior, Francesco ha risposto con tono scherzoso citando il nome della presidente del Fondo Monetario Internazionale: «Siamo in trattative con Christine Lagarde».
Il cronista dell’Agi, che nelle scorse settimane ha partecipato in qualità di osservatore Internazionale alle elezioni in Venezuela, ha comunicato al Papa che da quanto ha potuto vedere e nei seggi dov’è entrato per svolgere il suo compito, il processo di voto è stato «veramente democratico». Francesco gli ha risposto: «Lo dica questo, lo dica».
L’aereo papale è atterrato nell’aeroporto internazionale di Ginevra-Cointrin poco dopo le 10. Ad accogliere il Papa c’era il presidente della Confederazione elvetica Alain Berset, insieme a due ex Guardie svizzere pontificie in divisa e due bambini, in abito tradizionale, che hanno offerto al Papa un omaggio floreale. Dopo la presentazione delle rispettive delegazioni e l’esecuzione degli inni nazionali, seguite da alcune note del celebre “Libertango” di Astor Piazzolla, compositore argentino tra i preferiti del Pontefice, Francesco ha salutato il presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche svizzere Gottfried Locher e si è trasferito al Pavillon Vip dell’aeroporto per l’incontro privato di circa 20 minuti con Berset. A bordo di una utilitaria, una Fiat Tipo blu, si è poi diretto alla sede del Centro Ecumenico delle Chiese per il primo appuntamento del viaggio.
Il Papa è arrivato alle 11.05, con una decina di minuti di anticipo sulla tabella di marcia, al Centro ecumenico del World Council of Churches (Wcc) per la preghiera ecumenica. Al suo arrivo è stato accolto da Olav Fykse Tveit, segretario generale del Wcc, dalla moderatrice, Agnes Aboum, dal metropolita Gennasios, vicemoderatore, e dal vescovo Mary Ann Swemson, vicemoderatrice, che lo hanno accompagnato nella cappella del Centro. Presenti anche i membri del Comitato centrale del Wcc, alcuni partner ecumenici e il seguito papale. Dopo la processione iniziale, la preghiera ecumenica si è aperta con i saluti introduttivi ed è proseguita con la preghiera di pentimento, la preghiera per la riconciliazione e per l’unità, e la lettura.
Quindi il Papa ha pronunciato il suo primo discorso in terra elvetica.
Cari fratelli e sorelle,
La preghiera del rev. Olav Fykse Tveit |
Il saluto del vescovo metodista Mary Ann Swenson |
Quindi il Papa ha pronunciato il suo primo discorso in terra elvetica.
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo ascoltato le parole dell’Apostolo Paolo ai Galati, che sperimentavano travagli e lotte interne. Vi erano infatti gruppi che si affrontavano e si accusavano a vicenda. È in questo contesto che l’Apostolo, per ben due volte nel giro di pochi versetti, invita a «camminare secondo lo Spirito» (Gal 5,16.25).
Camminare. L’uomo è un essere in cammino. Per tutta la vita è chiamato a mettersi in cammino, in continua uscita da dove si trova: da quando esce dal grembo della madre a quando passa da un’età della vita a un’altra; dal momento in cui lascia la casa dei genitori fino a quando esce da questa esistenza terrena. Il cammino è metafora che rivela il senso della vita umana, di una vita che non basta a se stessa, ma è sempre in cerca di qualcosa di ulteriore. Il cuore ci invita ad andare, a raggiungere una meta.
Ma camminare è una disciplina, una fatica, servono pazienza quotidiana e allenamento costante. Occorre rinunciare a tante strade per scegliere quella che conduce alla meta e ravvivare la memoria per non smarrirla. Meta e memoria. Camminare richiede l’umiltà di tornare sui propri passi, quando è necessario, e la cura per i compagni di viaggio, perché solo insieme si cammina bene. Camminare, insomma, esige una conversione continua di sé. Per questo tanti vi rinunciano, preferendo la quiete domestica, dove curare comodamente i propri affari senza esporsi ai rischi del viaggio. Ma così ci si aggrappa a sicurezze effimere, che non danno quella pace e quella gioia cui il cuore aspira, e che si trovano solo uscendo da se stessi.
Dio ci chiama a questo, fin dagli inizi. Già ad Abramo fu chiesto di lasciare la sua terra, di mettersi in cammino equipaggiandosi solo di fiducia in Dio (cfr Gen 12,1). Così Mosè, Pietro e Paolo, e tutti gli amici del Signore hanno vissuto in cammino. Ma soprattutto Gesù ce ne ha dato l’esempio. Per noi è uscito dalla sua condizione divina (cfr Fil 2,6-7) e tra noi è sceso a camminare, Lui che è la Via (cfr Gv 14,6). Egli, il Signore e il Maestro, si è fatto pellegrino e ospite in mezzo a noi. Tornato al Padre, ci ha fatto dono del suo stesso Spirito, così che anche noi abbiamo la forza di camminare nella sua direzione, di compiere quello che Paolo chiede: camminare secondo lo Spirito.
Secondo lo Spirito: se ogni uomo è un essere in cammino, e chiudendosi in se stesso rinnega la sua vocazione, molto di più il cristiano. Perché, sottolinea Paolo, la vita cristiana porta con sé un’alternativa inconciliabile: da una parte camminare secondo lo Spirito, seguendo il tracciato inaugurato dal Battesimo; dall’altra «soddisfare il desiderio della carne» (Gal 5,16). Che cosa vuol dire questa espressione? Significa provare a realizzarsi inseguendo la via del possesso, la logica dell’egoismo, secondo cui l’uomo cerca di accaparrare qui e ora tutto ciò che gli va. Non si lascia accompagnare docilmente dove Dio indica, ma persegue la propria rotta. Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze di questo tragico percorso: vorace di cose, l’uomo perde di vista i compagni di viaggio; allora sulle strade del mondo regna una grande indifferenza. Spinto dai propri istinti, diventa schiavo di un consumismo senza freni: allora la voce di Dio viene messa a tacere; allora gli altri, soprattutto se incapaci di camminare sulle loro gambe, come i piccoli e gli anziani, diventano scarti fastidiosi; allora il creato non ha più altro senso se non quello di soddisfare la produzione in funzione dei bisogni.
Cari fratelli e sorelle, oggi più che mai queste parole dell’Apostolo Paolo ci interpellano: camminare secondo lo Spirito è rigettare la mondanità. È scegliere la logica del servizio e progredire nel perdono. È calarsi nella storia col passo di Dio: non col passo rimbombante della prevaricazione, ma con quello cadenzato da «un solo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (v. 14). La via dello Spirito è infatti segnata dalle pietre miliari che Paolo elenca: «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (v. 22).
Siamo chiamati, insieme, a camminare così: la strada passa per una continua conversione, per il rinnovamento della nostra mentalità perché si adegui a quella dello Spirito Santo. Nel corso della storia, le divisioni tra cristiani sono spesso avvenute perché alla radice, nella vita delle comunità, si è infiltrata una mentalità mondana: prima si alimentavano gli interessi propri, poi quelli di Gesù Cristo. In queste situazioni il nemico di Dio e dell’uomo ha avuto gioco facile nel separarci, perché la direzione che inseguivamo era quella della carne, non quella dello Spirito. Persino alcuni tentativi del passato di porre fine a tali divisioni sono miseramente falliti, perché ispirati principalmente a logiche mondane. Ma il movimento ecumenico, al quale il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha tanto contribuito, è sorto per grazia dello Spirito Santo (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 1). L’ecumenismo ci ha messi in moto secondo la volontà di Gesù e potrà progredire se, camminando sotto la guida dello Spirito, rifiuterà ogni ripiegamento autoreferenziale.
Ma – si potrebbe obiettare – camminare in questo modo è lavorare in perdita, perché non si tutelano a dovere gli interessi delle proprie comunità, spesso saldamente legati ad appartenenze etniche o a orientamenti consolidati, siano essi maggiormente “conservatori” o “progressisti”. Sì, scegliere di essere di Gesù prima che di Apollo o di Cefa (cfr 1 Cor 1,12), di Cristo prima che “Giudei o Greci” (cfr Gal 3,28), del Signore prima che di destra o di sinistra, scegliere in nome del Vangelo il fratello anziché se stessi significa spesso, agli occhi del mondo, lavorare in perdita. Non abbiamo paura di lavorare in perdita! L’ecumenismo è “una grande impresa in perdita”. Ma si tratta di perdita evangelica, secondo la via tracciata da Gesù: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24). Salvare il proprio è camminare secondo la carne; perdersi dietro a Gesù è camminare secondo lo Spirito. Solo così si porta frutto nella vigna del Signore. Come Gesù stesso insegna, non quanti accaparrano portano frutto nella vigna del Signore, ma quanti, servendo, seguono la logica di Dio, il quale continua a donare e a donarsi (cfr Mt 21,33-42). È la logica della Pasqua, l’unica che dà frutto.
Guardando al nostro cammino, possiamo rispecchiarci in alcune situazioni delle comunità della Galazia di allora: quant’è difficile sopire le animosità e coltivare la comunione, quant’è ostico uscire da contrasti e rifiuti reciproci alimentati per secoli! Ancora più arduo è resistere alla tentazione subdola: stare insieme agli altri, camminare insieme, ma con l’intento di soddisfare qualche interesse di parte. Questa non è la logica dell’Apostolo, è quella di Giuda, che camminava insieme a Gesù ma per i suoi affari. La risposta ai nostri passi vacillanti è sempre la stessa: camminare secondo lo Spirito, purificando il cuore dal male, scegliendo con santa ostinazione la via del Vangelo e rifiutando le scorciatoie del mondo.
Dopo tanti anni di impegno ecumenico, in questo settantesimo anniversario del Consiglio, chiediamo allo Spirito di rinvigorire il nostro passo. Troppo facilmente esso si arresta davanti alle divergenze che persistono; troppo spesso si blocca in partenza, logorato di pessimismo. Le distanze non siano scuse, è possibile già ora camminare secondo lo Spirito: pregare, evangelizzare, servire insieme, questo è possibile e gradito a Dio! Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme: ecco la nostra strada maestra di oggi.
Questa strada ha una meta precisa: l’unità. La strada contraria, quella della divisione, porta a guerre e distruzioni. Basta leggere la storia. Il Signore ci chiede di imboccare continuamente la via della comunione, che conduce alla pace. La divisione, infatti, «si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (Unitatis redintegratio,1). Il Signore ci chiede unità; il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità.
Cari fratelli e sorelle, ho desiderato venire qui, pellegrino in cerca di unità e di pace. Ringrazio Dio perché qui ho trovato voi, fratelli e sorelle già in cammino. Camminare insieme per noi cristiani non è una strategia per far maggiormente valere il nostro peso, ma è un atto di obbedienza nei riguardi del Signore e di amore nei confronti del mondo. Obbedienza a Dio e amore al mondo, il vero amore che salva. Chiediamo al Padre di camminare insieme con più vigore nelle vie dello Spirito. La Croce orienti il cammino perché lì, in Gesù, sono già abbattuti i muri di separazione ed è vinta ogni inimicizia (cfr Ef 2,14): lì comprendiamo che, nonostante tutte le nostre debolezze, nulla ci separerà mai dal suo amore (cfr Rm 8,35-39). Grazie.
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Dopo la Preghiera Ecumenica, Papa Francesco si è recato a pranzo all’Istituto Ecumenico di Bossey, nella campagna, a circa 25 chilometri da Ginevra. In questo Istituto, fondato nel 1946, ogni anno vengono accolti studenti e ricercatori da tutto il mondo per periodi di specializzazione in teologia dell’ecumenismo, missiologia ed etica sociale. I docenti sono di diverse confessioni cristiane. In una sala riservata Francesco ha pranzato con la leadership del World Council of Churches e con il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Tartare di verdure con insalata, pesce alla griglia con riso in bianco e verdure saltate e al termine, torta al limone con frutta fresca e maracuja: il menù.
Al termine, nel giardino, lo scambio di doni e poi la visita della Cappella Ecumenica. Il Papa ha donato all’Istituto una formella di una medaglia del viaggio apostolico: da una parte è raffigurato lo stemma di Papa Francesco e, dall’altra, il castello di Bossey, sede dell’Istituto stesso, edificio del XVIII secolo. Poi tutti insieme a lui hanno posato per una foto di gruppo.