'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica
di Santino Coppolino
Vangelo: Lc 14,25-33
"Chi non solleva la propria croce e viene dietro di me, non può essere mio discepolo".
Non si può seguire Gesù senza prendere sopra di sé la croce, è condizione necessaria per potersi dire discepoli. Ma cosa è stata per Gesù la croce, cosa è per noi?
Mai la croce nei Vangeli riguarda la sofferenza umana, i momenti dolorosi che inevitabilmente incontriamo nella vita, come le malattie, le tragedie, i lutti e la sofferenza, mai per Gesù la croce assume questo significato, altrimenti non sapremmo spiegare tutte guarigioni e i miracoli compiuti da lui.
"Sollevare la croce" significa accettare il disprezzo della gente per chi veniva condannato a questo infamante supplizio, significa essere considerato la feccia della società.
In particolare Gesù fa riferimento al momento in cui il condannato, caricato del "patibulum" -l'asse orizzontale della croce- doveva dirigersi verso il luogo dell'esecuzione attraversando due ali di folla, per la quale era un dovere religioso insultare, malmenare, oltraggiare e dileggiare il condannato a morte.
Gesù allora ci sta invitando a non tenere in nessun conto la nostra vita, la nostra dignità, fino al punto da perdere completamente la reputazione. Per questo motivo ci esorta a non scegliere con leggerezza la sua sequela, a ponderare attentamente a cosa andiamo incontro, a quali conseguenze, a rinunciare ad ogni cosa, ad ogni nostro progetto di grandezza, alla nostra realizzazione secondo la mentalità del mondo, al:
"lei non sa chi sono io".
Perché seguendo lui siamo chiamati a "svestirci dell'uomo vecchio con le sue azioni e rivestirci dell'uomo nuovo ad immagine di Colui che ci ha creati" (Col 3,9-10).