GIUBILEO DELLE FORZE ARMATE, DI POLIZIA E DI SICUREZZA
SANTA MESSA
Piazza San Pietro
V Domenica del Tempo Ordinario, 9 febbraio 2025
Papa Francesco, nonostante la bronchite ha voluto essere presente ad ogni costo e, sfidando il freddo di febbraio, ha presieduto la messa per il Giubileo delle forze armate e di polizia. All’aperto, in una piazza San Pietro affollata affollata da 40mila persone, (30mila militari di tutto il mondo di cui 20mila gli italiani) dove arriva in auto. Nell'emiciclo del Bernini, a tratti rischiarato dal sole e dove si distinguono le diverse divise di vari corpi armati, con rappresentanti da un centinaio di Paesi, a celebrare la liturgia è il cardinale Robert Prevost, prefetto del Dicastero per i Vescovi, con monsignor Santo Marcianò, ordinario militare per l'Italia, e l'arcivescovo di Vilnius, Gintaras Grušas, presidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d'Europa (CCEE), e insieme a più di trecento altri concelebranti, fra porporati, vescovi e sacerdoti.
Il Pontefice ha cominciato a leggere l’omelia: «L’atteggiamento di Gesù presso il lago di Gennesaret viene descritto dall’Evangelista con tre verbi: vide, salì, sedette. Gesù vide, Gesù salì, Gesù sedette...» aggiungendo a braccio un tema che gli sta molto a cuore, quello di un Dio che è vicino, tenero e compassionevole. Spiega l’incontro di Gesù con i pescatori che sono tornati con le reti vuote, «come il loro cuore», l’amarezza e lo scoraggiamento, ma anche lo sguardo di Gesù che, in mezzo alla folla, vide quei pescatori, salì nella loro barca e si sedette per parlare con loro.
Poi però, dopo qualche minuto si è scusato per non poter continuare a leggere, a causa delle difficoltà di respiro dovute alla bronchite in atto, e affida la lettura del resto dell’omelia a mons. Diego Ravelli, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, responsabile della Cappella musicale pontificia Sistina e delegato pontificio per la basilica di Sant’Antonio in Padova.
Di seguito nel post il testo integrale dell'omelia.
Al termine della celebrazione eucaristica giubilare, prima della preghiera mariana domenicale, il Pontefice ricorda uno dei principali documenti del Concilio Vaticano II dove si legge:
«Coloro che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli» -e scandisce- Questo servizio armato va esercitato solo per legittima difesa, mai per imporre il dominio su altre nazioni, sempre osservando le convenzioni internazionali in materia di conflitti e, prima ancora, nel sacro rispetto della vita e del creato.»
E affidando la sua preghiera alla Vergine, Regina della Pace, Francesco non dimentica di rivolgere il suo pensiero alla «martoriata Ucraina, in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu, in Sudan. Tacciano ovunque le armi e si ascolti il grido dei popoli, che chiedono pace!»
Al termine del post il testo integrale dell'Angelus.
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OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
L’atteggiamento di Gesù presso il lago di Gennesaret viene descritto dall’Evangelista con tre verbi: vide, salì, sedette. Gesù vide, Gesù salì, Gesù sedette.
Gesù non è preoccupato di mostrare un’immagine di sé alle folle, non è preoccupato di eseguire un compito, di seguire una tabella di marcia nella sua missione; al contrario, al primo posto mette sempre l’incontro con gli altri, la relazione, la preoccupazione per quelle fatiche e quei fallimenti che spesso appesantiscono il cuore e tolgono la speranza.
Per questo Gesù, quel giorno, vide, salì e sedette.
Anzitutto Gesù vide. Egli ha uno sguardo attento che, pure in mezzo a tanta folla, lo rende capace di avvistare due barche accostate alla riva e di scorgere la delusione sul volto di quei pescatori, che ora stanno lavando le reti vuote dopo una notte andata male. Gesù punta il suo sguardo pieno di compassione. Non dimentichiamo questo: la compassione di Dio. I tre atteggiamenti di Dio sono vicinanza, compassione e tenerezza. Non dimentichiamo: Dio è vicino, Dio è tenero, Dio è compassionevole, sempre. E Gesù punta quello sguardo pieno di compassione negli occhi di quelle persone, cogliendo il loro scoraggiamento, la frustrazione di aver lavorato per tutta la notte senza prendere nulla, la sensazione di avere il cuore vuoto proprio come quelle reti che ora stringono tra le mani.
E adesso mi scuso e chiedo al Maestro [delle Celebrazioni Liturgiche] di continuare la lettura, per difficoltà nel respiro.
E avendo visto il loro sconforto, Gesù salì. Chiede proprio a Simone di scostare la barca da terra e ci sale sopra, entrando nello spazio della sua vita, facendosi largo in quel fallimento che abita il suo cuore. È bello questo: Gesù non si limita a osservare le cose che non vanno, come spesso facciamo noi finendo per chiuderci nel lamento e nell’amarezza; Egli invece prende l’iniziativa, va incontro a Simone, si ferma con lui in quel momento difficile e decide di salire sulla barca della sua vita, che in quella notte è tornata a riva senza successo.
Infine, una volta salito, Gesù sedette. E questa, nei Vangeli, è la tipica postura del maestro, di chi insegna. Infatti il Vangelo dice che sedette e insegnò. Avendo visto negli occhi e nel cuore di quei pescatori l’amarezza per una notte di fatica andata a vuoto, Gesù sale sulla barca per insegnare, cioè per annunciare la buona notizia, per portare la luce dentro quella notte di delusione, per narrare la bellezza di Dio dentro le fatiche della vita umana, per far sentire che c’è ancora una speranza anche quando tutto sembra perduto.
E allora accade il miracolo: quando il Signore sale sulla barca della nostra vita per portarci la buona notizia dell’amore di Dio che sempre ci accompagna e ci sostiene, allora la vita ricomincia, la speranza rinasce, l’entusiasmo perduto ritorna e possiamo gettare nuovamente la rete in mare.
Fratelli e sorelle, questa parola di speranza ci accompagna oggi, mentre celebriamo il Giubileo delle Forze Armate, di Polizia e di Sicurezza, che ringrazio per il loro servizio, salutando tutte le Autorità presenti, le Associazioni e le Accademie militari, come pure gli Ordinari militari e i Cappellani. A voi è affidata una grande missione, che abbraccia molteplici dimensioni della vita sociale e politica: la difesa dei nostri Paesi, l’impegno per la sicurezza, la custodia della legalità e della giustizia, la presenza nelle case di reclusione, la lotta alla criminalità e alle diverse forme di violenza che rischiano di turbare la pace sociale. E ricordo anche quanti offrono il loro importante servizio nelle calamità naturali, per la salvaguardia del creato, per il salvataggio delle vite in mare, per i più fragili, per la promozione della pace.
Anche a voi il Signore chiede di fare come Lui: vedere, salire, sedersi. Vedere, perché siete chiamati ad avere uno sguardo attento, che sa cogliere le minacce al bene comune, i pericoli che incombono sulla vita dei cittadini, i rischi ambientali, sociali e politici cui siamo esposti. Salire, perché le vostre divise, la disciplina che vi ha forgiato, il coraggio che vi contraddistingue, il giuramento che avete fatto, sono tutte cose che vi ricordano quanto sia importante non soltanto vedere il male per denunciarlo, ma anche salire sulla barca in tempesta e impegnarsi perché non faccia naufragio, con una missione al servizio del bene, della libertà, e della giustizia. E infine sedervi, perché il vostro essere presenti nelle nostre città e nei nostri quartieri, il vostro stare sempre dalla parte della legalità e dalla parte dei più deboli, diventa per tutti noi un insegnamento: ci insegna che il bene può vincere nonostante tutto, ci insegna che la giustizia, la lealtà e la passione civile sono ancora oggi valori necessari, ci insegna che possiamo creare un mondo più umano, più giusto e più fraterno, nonostante le forze contrarie del male.
E in questo compito, che abbraccia tutta la vostra vita, siete accompagnati anche dai Cappellani, una presenza sacerdotale importante in mezzo a voi. Essi non servono – come a volte è tristemente successo nella storia – a benedire perverse azioni di guerra. No. Essi sono in mezzo a voi come presenza di Cristo, che vuole accompagnarvi, offrirvi ascolto e vicinanza, incoraggiarvi a prendere il largo e sostenervi nella missione che portate avanti ogni giorno. Come sostegno morale e spirituale, essi fanno la strada con voi, aiutandovi a svolgere i vostri incarichi alla luce del Vangelo e al servizio del bene.
Cari fratelli e sorelle, vi siamo grati per quanto operate, a volte rischiando personalmente. Grazie perché salendo sulle nostre barche in pericolo, ci offrite la vostra protezione e ci incoraggiate a continuare la nostra traversata. Ma vorrei anche esortarvi a non perdere di vista il fine del vostro servizio e delle vostre azioni: promuovere la vita, salvare la vita, difendere la vita sempre. Vi chiedo per favore di vigilare: vigilare contro la tentazione di coltivare uno spirito di guerra; vigilare per non essere sedotti dal mito della forza e dal rumore delle armi; vigilare per non essere mai contaminati dal veleno della propaganda dell’odio, che divide il mondo in amici da difendere e nemici da combattere. Siate invece testimoni coraggiosi dell’amore di Dio Padre, che ci vuole fratelli tutti. E, insieme, camminiamo per costruire una nuova era di pace, di giustizia e di fraternità.
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ANGELUS
Cari fratelli e sorelle,
prima di concludere la celebrazione, desidero salutare tutti voi, che avete dato vita a questo pellegrinaggio giubilare delle Forze Armate, di Polizia e di Sicurezza. Ringrazio per la loro presenza le distinte Autorità civili e, per il loro servizio pastorale, gli Ordinari militari e i Cappellani. Estendo il mio saluto a tutti i militari del mondo, e vorrei ricordare l’insegnamento della Chiesa a tale proposito. Dice il Concilio Vaticano II: «Coloro che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli» (Cost. past. Gaudium et spes, 79). Questo servizio armato va esercitato solo per legittima difesa, mai per imporre il dominio su altre nazioni, sempre osservando le convenzioni internazionali in materia di conflitti (cfr ibid.) e, prima ancora, nel sacro rispetto della vita e del creato.
Fratelli e sorelle, preghiamo per la pace, nella martoriata Ucraina, in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu, in Sudan. Tacciano ovunque le armi e si ascolti il grido dei popoli, che chiedono pace!
Affidiamo la nostra preghiera all’intercessione della Vergine Maria, Regina della Pace.
Angelus Domini…
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