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sabato 30 settembre 2023

Il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: Intelligenza artificiale e sapienza del cuore

Il tema della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Intelligenza artificiale
e sapienza del cuore


«Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana» è il tema scelto da Papa Francesco per la 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebrerà nel 2024. Lo ha reso noto la Sala stampa della Santa Sede.

«L’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale — spiega il comunicato — rende sempre più naturale comunicare attraverso e con le macchine, in modo che è diventato sempre più difficile distinguere il calcolo dal pensiero, il linguaggio prodotto da una macchina da quello generato dagli esseri umani». E, «come tutte le rivoluzioni anche questa basata sull’intelligenza artificiale, pone nuove sfide affinché le macchine non contribuiscano a diffondere un sistema di disinformazione a larga scala e non aumentino anche la solitudine di chi già è solo, privandoci di quel calore che solo la comunicazione tra persone può dare».

In questa prospettiva, prosegue la nota, «è importante guidare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, perché vi sia in ognuno una consapevolezza responsabile nell’uso e nello sviluppo di queste forme differenti di comunicazione che si vanno ad affiancare a quelle dei social media e di internet. È necessario che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana».
(fonte: L'Osservatore Romano 29 settembre 2023)


venerdì 29 settembre 2023

Intenzione di preghiera per il mese di Ottobre 2023 Preghiamo per il sinodo (commento, testo e video)

Intenzione di preghiera per il mese di Ottobre 2023 
Preghiamo per il sinodo



Papa Francesco esorta ad abbracciare l’ascolto e il dialogo attraverso il Sinodo: “Coinvolgere tutti, senza escludere nessuno”. 
  • Il Video del Papa di ottobre è un invito a pregare per il Sinodo, che celebra la sua Assemblea Generale Ordinaria in un mese caratterizzato anche dalla Giornata Missionaria Mondiale.
  • Il cammino del Sinodo, sottolinea Francesco, si basa sulla preghiera e sul discernimento, e la dimensione sinodale è strettamente legata alla vocazione missionaria, perché “la missione è nel cuore della Chiesa”.
  • Il Papa prega perché la Chiesa si lasci “guidare dalla forza dello Spirito Santo verso le periferie del mondo”, raggiungendo tutti, “senza escludere nessuno”.
  • Il video sarà proiettato durante la preparazione della Veglia di Preghiera Ecumenica in Piazza San Pietro, sabato 30 settembre.
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Guarda il video


Il testo in italiano del videomessaggio del Papa

La missione è nel cuore della Chiesa. 
E ancora di più. Quando una Chiesa è in Sinodo, questa dinamica sinodale è alimentata soltanto dalla vocazione missionaria. 
Ossia, la risposta al comando di Gesù di annunciare il Vangelo.

Vorrei ricordarvi che qui non si conclude nulla, ma che qui continua un cammino ecclesiale.
È un cammino che percorriamo, come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore che viene sempre in mezzo a noi.

È il Signore della sorpresa.

Attraverso la preghiera e il discernimento, lo Spirito Santo ci aiuta a realizzare l'"apostolato dell'orecchio", 
cioè ad ascoltare con le orecchie di Dio per poter parlare con la parola di Dio.

E così ci avviciniamo al cuore di Cristo, da cui nasce la nostra missione e la voce che ci attira a Lui.
Una voce che ci rivela il centro della missione, che è raggiungere tutti, cercare tutti, accogliere tutti, coinvolgere tutti, senza escludere nessuno.

Preghiamo per la Chiesa, perché adotti l’ascolto e il dialogo come stile di vita a ogni livello, lasciandosi guidare dalla forza dello Spirito Santo verso le periferie del mondo.


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Ascolto e discernimento in un cammino che continua

Il messaggio del video di questo mese – che ha avuto il sostegno e la collaborazione delle Pontificie Opere Missionarie degli Stati Uniti e del Sinodo sulla Sinodalità – è un invito a porsi davanti al Signore in un atteggiamento di ascolto e dialogo. E il concetto della Chiesa “in cammino”, e della sua vocazione missionaria, è rappresentato nella scelta delle immagini sotto forma di un road movie: attraverso il finestrino di un’automobile si vedono luoghi e persone di vari Paesi – dal Vaticano alla Cambogia, passando per l’Africa, il Medio Oriente, l’America del nord – ripresi in scene di vita quotidiana. Quell’automobile rappresenta appunto la Chiesa; il suo carburante è “la forza dello Spirito Santo”, che – per dirla con le parole di Francesco – deve guidarla “verso le periferie del mondo”.

Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo significa ascoltare insieme. Per questo motivo, il Papa chiarisce anche che in questa Assemblea Ordinaria del Sinodo “non si conclude nulla, ma che qui continua un cammino ecclesiale“, dal quale si possono raccogliere i frutti dell’ascolto reciproco, tra fratelli e sorelle, tutti insieme al servizio della missione di Cristo. Francesco evoca l’esempio dei discepoli di Emmaus e, come loro, ci chiede di camminare “ascoltando il Signore che viene sempre in mezzo a noi”.

Che cos’è il Sinodo sulla sinodalità?

Il 10 ottobre 2021, Papa Francesco ha convocato il Sinodo sulla sinodalità per affrontare il tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione“. Il Sinodo dei vescovi è un organo consultivo che chiede ai vescovi di tutto il mondo di partecipare al governo della Chiesa, consigliando il Papa su questioni che riguardano la Chiesa universale. La parola “sinodo” deriva dal greco ed esprime l’idea di “camminare insieme”.

Con una durata prevista di tre anni (da ottobre 2021 a ottobre 2024), il Sinodo sulla sinodalità ha attraversato diverse fasi di ascolto e discernimento. Francesco vuole che tutta la Chiesa rifletta sulla sinodalità: che tutto il popolo di Dio – vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, uomini, donne, adulti, giovani – si confronti per capire se e come stiamo camminando insieme.

Il 4 ottobre si apre la prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria, dove i vescovi e gli altri partecipanti si riuniscono per raccogliere i frutti dei precedenti processi di ascolto. In questo Sinodo, l’Assemblea si terrà in due sessioni a distanza di un anno l’una dall’altra: dal 4 al 29 ottobre 2023 e nell’ottobre 2024.

La celebrazione della prima sessione dell’Assemblea Ordinaria coincide anche con la 97ª Giornata Missionaria Mondiale. A questo proposito, monsignor Kieran Harrington, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie degli Stati Uniti, ha dichiarato: “Papa Francesco, riecheggiando lo spirito di San Francesco Saverio, sottolinea il cammino della Chiesa verso i margini della società. Nel riorganizzare gli sforzi della Chiesa per dare priorità agli emarginati e ai poveri, ci ricorda il ministero di Cristo incentrato sulla condivisione della Buona Novella con i dimenticati e i trascurati. Questo è il compito principale delle Pontificie Opere Missionarie a livello globale: 120 uffici nazionali lavorano insieme per sostenere migliaia di missionari che portano il messaggio del Vangelo a tutti. Riflettendo sull’intenzione di preghiera del Papa di questo mese, siamo chiamati ad adottare uno stile di vita di ascolto e dialogo, muovendoci verso le periferie, guidati dallo Spirito Santo”.

Apertura alla missione

Padre Frédéric Fornos S.J., direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, commenta questo momento importante per la Chiesa: “In questa terza fase del Sinodo, Francesco ci invita a pregare affinché ‘l’ascolto e il dialogo’ siano lo ‘stile di vita a ogni livello’ della Chiesa, perché sono una grazia. Solo così possiamo ascoltare lo Spirito Santo e lasciarci guidare da lui, il che comporta preghiera e discernimento. ‘Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo’, aveva detto precedentemente, significa ascoltare insieme: ‘non è il risultato di strategie e programmi, ma si edifica nell’ascolto reciproco tra fratelli e sorelle’. È lo Spirito del Signore che ci apre nuove strade. È lui che ci aiuta a riconoscere la missione di Cristo oggi e ci conduce nelle periferie del mondo: ‘raggiungere tutti, cercare tutti, accogliere tutti, coinvolgere tutti, senza escludere nessuno’”.

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Anche nel mese di Ottobre l'intenzione di preghiera del Papa è stata resa nota con un tweet


Minori, “no a misure emergenziali”. Relazione al Parlamento dell'Autorità Garante

Minori, “no a misure emergenziali”.
Relazione al Parlamento dell'Autorità Garante

Garlatti: “Inaccettabile chiedere ai minori stranieri non accompagnati di dimostrare la loro età: rischiamo di consegnarli alla criminalità. No ad accoglienza in strutture per migranti adulti, seppur temporanea”. Contro violenza, “prevenzione e giustizia riparativa. Il carcere non fa bene ai minori, lo scontro politico neanche”


“Riaffermo con forza un principio: lo scontro politico non fa bene ai diritti dei minori”: l'Autorità Garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, Carla Garlatti, ha aperto così la presentazione della sua Relazione annuale al Parlamento. Una presentazione che avviene “proprio nei giorni in cui si parla tanto di minori”, ha osservato, facendo riferimento, in particolare, a due questioni di grande attualità, oggetto di recenti e imminenti decreti: da un lato la criminalità minorile, dall'altro l'immigrazione dei minori stranieri non accompagnati. E proprio su questi due temi cruciali l'Autorità garante ha assunto una posizione ferma e precisa, mettendo al centro, appunto, la tutela dei diritti, al di là di quello “scontro politico” che a questi diritti non fa bene. Innanzitutto, “le politiche per l'infanzia e l'adolescenza sono troppo spesso affrontate con azioni emergenziali. Ma nell'emergenza si arriva, per definizione, in ritardo. Serve invece un approccio sistemico e strutturale, soprattutto quando parliamo di questioni come la dispersione scolastica, la criminalità o l'immigrazione minorile. E' indispensabile che, accanto al sistema sanzionatorio, sia sempre valorizzata la funzione educativa e rieducativa. Se parliamo di criminalità, nello specifico, questa funzione deve essere esercitata tramite misure di giustizia riparativa, grazie a cui l'autore del reato prende consapevolezza di aver agito contro qualcuno e non contro qualcosa. E si accende un faro sulla vittima, che troppo spesso viene dimenticata e rischia così di essere vittima due volte. Il 12 ottobre – ha annunciato a tal proposito Garlatti – presenteremo uno studio proprio sulla giustizia riparativa”.

I minori stranieri non accompagnati

Ciò premesso, Garlatti ha fatto riferimento alle nuove misure contenute nel cosiddetto decreto Migranti, circolato in bozza e atteso per domani in Consiglio dei Ministri: “Parliamo sempre di numeri, ma i minori stranieri non sono numeri, sono ragazzi con paure, speranze e desideri. Ne ho incontrati alcuni, durante le mie recenti visite nei centri Sai (di cui abbiamo parlato giorni fa su queste pagine, ndr): ho avuto la conferma del fatto che si debba affrontare la questione in modo sistemico e non emergenziale, accelerando il primo colloqui, nominando subito il tutore volontario e presumendo sempre la minore età. Non è accettabile – ha detto Garlatti – che il minore della dimostrare di essere tale: pretendere questo è pazzesco. Nella maggior parte dei casi, non ha la possibilità di farlo, perché non può accedere ai documenti necessari. Non solo: in questo modo, si dà una mano alla criminalità organizzata – ha denunciato Garlatti – che già obbliga le ragazze a dichiarare la maggiore età, per sottrarle alle tutele previste per i minori e immetterle nella rete della prostituzione”.

Sempre a proposito di minori stranieri non accompagnati, non è assolutamente opportuno che i minori siano accolti, seppur temporaneamente, nelle stesse strutture degli adulti (come prevede la bozza del decreto Migranti, ndr). Mi è stato riferito che questo, in caso di emergenza, di fatto già avviene: non bisogna assolutamente legittimarlo, perché questa contaminazione è molto pericolosa”.

Criminalità minorile

Riguardo la criminalità e la violenza minorile, “la prevenzione è fondamentale e ci stiamo impegnando ad assicurarla, tramite diverse iniziative di questa Autorità garante”. Alla domanda specifica sul decreto Caivano, Garlatti ha dichiarato che “va bene per quanto riguarda la lotta alla dispersione scolastica e gli investimenti nella rieducazione, mentre non va assolutamente bene il carcere in fase cautelare: ai minori il carcere non fa bene – ha detto – I ragazzi sono sempre recuperabili e dobbiamo impegnarci per aiutarli a comprendere i propri errori, superando quell'indifferenza verso la sofferenza della vittima, che è l'aspetto che mi preoccupa maggiormente nei nuovi drammatici casi di cronaca”.

Partecipazione, ascolto, misurazione dell'impatto

Carla Garlatti si è poi soffermata sulle attività svolte nel corso del 2022, facendo riferimenti alla consultazione “Il futuro che vorrei”, presentata prima dell'estate e frutto dell'attenzione che l'Autorità Garante riserva proprio all'ascolto delle ragazze e dei ragazzi, tramite soprattutto l'organo della Consulta, oggi presente a Montecitorio e spesso al fianco dell'Autorità nei diversi contesti istituzionali nazionali e internazionali. Sono proprio i ragazzi e le ragazze della Consulta ad aver elaborato le domande di questo e di altri questionari realizzati dalla stessa Autorità.

Proprio alla luce della centralità dell'ascolto e della partecipazione dei giovani, Garlatti ha rilanciato oggi una proposta che le sta particolarmente a cuore e che sollecita con forza a realizzare tramite una norma dedicata: la consultazione dei ragazzi stessi ogni volta che siano in discussione leggi che li riguardano e”la misurazione, prima e dopo, dell'impatto che qualsiasi legge potrà avere sui minori. In Europa questo già avviene: non capisco perché non si possa fare anche in Italia”, ha detto.

Altro tema caldo è quello dei Livelli essenziali delle prestazioni, fondamentali per colmare quel divario territoriale che esiste, appunto, nei servizi e nelle prestazioni: “Sono gli stessi ragazzi a riferirci quanto le opportunità siano differenti a seconda del contesto territoriale in cui si vive. Questa consapevolezza dovrebbe farci riflettere e agire”, ha detto Garlatti. C'è poi la questione dei dati sui minori, che non sono disponibili, per cui “stiamo continuando a raccoglierli in modo autonomo”, ha aggiunto. Altre attività cui ha fatto riferimento sono quelle relative alla salute mentale, “perché i ragazzi e le ragazze non stanno bene, come ci sta svelando lo studio che stiamo conducendo con l'Iss”. Sempre per la tutela dei diritti dei minori, Garlatti ha “messo intorno a un tavolo le diverse organizzazioni che si occupano di raccolta fondi, per garantire che la pubblicità finalizzata alle donazioni non leda mai la dignità del minore”.

L'Autorità garante ha più volte auspicato la massima collaborazione e sinergia con le diverse istituzioni coinvolte nella difesa dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Era presente il presidente della Camera Lorenzo Fontana, che ha sottolineato “l'importanza di intervenire già sulla prima infanzia, investendo risorse che permettano di contrastare la povertà assoluta, in cui si trovano, secondo l'Istat, 1,4 milioni di bambini italiani. Dobbiamo agire per ridurre le diseguaglianze territoriali e favorire la partecipazione dei minori alle scelte politiche che li riguardano”.

L'incontro si è concluso con la lettura di “La bambola di pezza”, di Maurizio di Giovanni, da parte dell'attore Vincenzo Ferrera.
(fonte: Redattore Sociale, articolo di Chiara Ludovisi 27/09/2023)

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Vedi anche i nostri post precedenti:

giovedì 28 settembre 2023

"La pesca" uno spot pubblicitario che sta facendo discutere - Le riflessioni di uno psicologo (Alberto Pellai) e di un teologo (Andrea Grillo)

"La pesca" uno spot pubblicitario che sta facendo discutere
Le riflessioni di uno psicologo (Alberto Pellai) 
e di un teologo (Andrea Grillo)


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Alberto Pellai
LO SPOT ESSELUNGA CI RACCONTA UNA VERITÀ

È un filmato che colpisce dritto al cuore. A molti non piace perché costringe gli adulti a riconoscere che nessun bambino è felice quando due genitori si separano e, anche nelle migliori situazioni, c’è sempre un dolore profondo che abita il suo mondo interiore. Il gesto di donare la pesca racconta questa sofferenza inespressa e il desiderio di riallineare l’intesa tra due genitori che non sono più coniugi


All’ipermercato, la mamma perde di vista la bambina di circa 10 anni. La ritrova al reparto ortofrutta: stava cercando una pesca. “Se vuoi una pesca me lo dici”: la mamma fa capire alla figlia che non si scompare dalla vista e dal controllo genitoriale in un luogo dispersivo e affollato.

Le emozioni della mamma sono tutte visibili e anche ben esplicitate dalle sue parole. Quelle della bambina restano invisibili. Quel gesto apparentemente trasgressivo e fuori dalle regole, nasconde un bisogno che la bambina non sa raccontare a parole. Mamma e papà infatti sono separati. Lei vuole donare quella pesca a papà, quando lui la verrà a prendere e dirgli che è stata la mamma a sceglierla per lui e a volergliela far avere tramite la consegna da parte sua.

La pesca racconta un bisogno grande della bambina che lei non sa o non può raccontare a parole. Simboleggia il desiderio di riallineare l’intesa tra due genitori che non possono essere più coniugi. E’ un simbolo di mediazione famigliare, quella che dovrebbero fare i genitori a favore dei figli, ma che spesso vede i figli impegnati in un compito che ai loro genitori riesce difficile. Non sappiamo quasi nulla di questa famiglia, nel breve tempo di questo spot.

Vediamo una storia che ci tocca il cuore perché ci fa capire quante cose ci sono nei gesti e nei silenzi dei bambini e dei figli. E’ decisamente una narrazione “perturbante” quella proposta da questa pubblicità. Non permette agli adulti di rimanere in una finta “comfort zone”, non nasconde verità che – chi lavora con coppie che si separano – conosce benissimo e maneggia nella propria pratica professionale ogni giorno. Potremmo dire che il messaggio dello spot colpisce al centro del cuore: c’è un dolore profondo che abita il mondo interiore di un bambino quando mamma e papà si separano.

E’ un dolore che viene attraversato e gestito attraverso fantasie di riappacificazione, gesti maldestri che vorrebbero rimettere insieme ciò che il principio di realtà ha diviso. Non è colpa dei bambini faticare a comprendere i motivi per cui due genitori si lasciano. E’ una conseguenza inevitabile dovuta al frantumarsi di quel senso di protezione e sicurezza che ogni separazione coniugale porta con sé nella vita dei figli, quando essi sono presenti e coinvolti dalla fine della storia d’amore di chi li ha messi al mondo.

SPOT ESSELUNGA "LA PESCA", PERCHÉ SE NE DISCUTE

Questo spot è stato molto criticato. Alcuni dicono che colpevolizza i genitori che si separano. Che narra qualcosa che ha il potere di aggiungere dolore ad un dolore che già c’è e che quindi non ha bisogno di essere amplificato. Io invece penso che questo spot ci dia fastidio perché ci obbliga a comprendere che quella libertà che giustamente noi adulti possiamo agire e gestire nella nostra vita ha inevitabilmente della conseguenze sulle vite di coloro che dipendono da noi.

Non c’è separazione di coppia che non porti dolore nella vita di un figlio. Quel dolore lì, ovvero quello dei figli, molti genitori preferirebbero non vederlo. Addirittura non pensarlo. “Dottore noi ci separeremo, ma non faremo soffrire i nostri figli”. Accade spesso, nello studio del terapeuta, che una coppia che sta dividendo dica questa frase. In questi casi, noi terapeuti dobbiamo aiutare quei due adulti a riformulare questa frase in un modo completamente diverso: «Vi separerete e la vostra separazione porterà molto dolore nella vita della vostra famiglia.

Ma se manterrete alta l’alleanza genitoriale e lavorerete in squadra, insegnerete ai vostri figli che alcuni dolori nella vita non si possono evitare. Però si possono attraversare, elaborare e superare. Non è un’impresa facile e voi dovrete essere capitani coraggiosi dentro una tempesta che dovrete imparare ad addomesticare». Anche nelle migliori separazioni, i figli fanno vivere ai genitori attimi di tempesta.

La pesca che la bambina dona al suo papà, dicendo che gliel’ha data la mamma, è un’onda che arriva e travolge noi adulti perché ci mostra che nessun bambino è mai felice quando due genitori si separano. E questa è l’unica verità di cui dobbiamo diventare consapevoli. Questo spot ce la racconta. E ce la racconta bene. Non stigmatizza, non condanna, non colpevolizza. al contrario fa ciò di cui tutti i bambini hanno bisogno quando due genitori si separano: responsabilizza gli adulti. Forse per questo è così divisiva e perturbante.
(fonte: Famiglia Cristiana 27/09/2023)

Guarda il video dello spot "La pesca"


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Andrea Grillo
Pesca simbolica, pesca diabolica


Fa discutere uno spot pubblicitario in cui una bambina, in compagnia della mamma, compra una pesca in un supermercato, poi la nasconde nel suo zaino e quando il papà (evidentemente separato dalla mamma) va a prenderla a casa della mamma, la piccola dona al papà la pesca, presentandola come un regalo della mamma.
Lo spot è girato con grande finezza e si presenta in una versione lunga e in una più breve. È chiaro che si tratta dell’inizio di una campagna pubblicitaria, allo scopo di promuovere il buon nome della catena di supermercati. Cerchiamo di capire bene le due funzioni simboliche che stanno al centro del racconto.

La finzione simbolica visibile: la pesca donata

La pesca intorno a cui ruota il racconto è l’oggetto di una elaborazione simbolica della bambina che vive la separazione tra il papà e la mamma. Va a comprare la pesca insieme alla mamma, ma poi la dona al papà come regalo che attribuisce alla mamma. La bambina ricostruisce la relazione tra genitori assumendo la pesca come forma e orizzonte di riconciliazione. Una unione tra i genitori torna ad essere possibile nella pesca donata, che riapre il rapporto di dono tra la mamma e il papà. Il modo con cui è presentata la storia è tutto nel gioco di sguardi tra la bambina, la pesca, la madre e il padre: piccolo capolavoro di regia cinematografica. Il desiderio della bambina trasforma la pesca nel simbolo della famiglia ferita che aspira alla riconciliazione e la realizza nella pesca donata. È la finzione simbolica visibile.

La finzione diabolica invisibile: la dipendenza affettiva della fidelizzazione al supermercato

Uno spot pubblicitario non contiene mai soltanto una dimensione comunicativa, ma sempre almeno due: la finzione simbolica invisibile è quella che associa tutta la scena ad una catena di supermercati e che sostituisce la relazione desiderata e irresistibile con un bene o con un servizio. Questo modo di comunicare crea un livello nascosto di comunicazione, che funziona diabolicamente, ossia separa il soggetto dalla propria identità, creando una identificazione fittizia. Mentre la finzione simbolica costruisce relazioni reali, dà forma a speranze fondate, la finzione diabolica separa dalle relazioni reali e costruisce mondi fittizi, divisi e in conflitto. Lo spot pubblicitario si fonda su questo doppio livello di comunicazione e genera per lo più identità distorte, perché scambia ad arte l’interesse con il disinteresse, il profitto con la gratuità. Con lo spot pubblicitario si vende la famiglia felice come un biscotto o come una pasta, si vende il fascino personale come uno shampoo, si vende il riscatto come una gomma da masticare, si vende la salute dell’anima e il perdono del peccato come un’acqua minerale.

Come difendersi dall’uso diabolico dei simboli?

L’unico modo per “difendersi” da questo uso distorto dei valori più alti, in contesti che sono soltanto commerciali, è di “smascherare” il simbolo diabolico nascosto. Se riesci a portare a coscienza a quale scopo la storia toccante ti viene raccontata, ti salvi dalla “dipendenza di fidelizzazione” e forse non metti più piede in quel supermercato, che usa violentemente un simbolo delicato di desiderio, di sofferenza e di speranza, solo per far soldi.

Nel suo viaggio negli Stati Uniti papa Francesco, incontrando il vescovi nel seminario San Carlo di Filadelfia, ha fatto un paragone tra il negozietto di quartiere e i centri commerciali, come “mondi diversi”, basati su relazioni o su assenza di relazioni, nei quali è possibile essere spirituali. La pesca si può simbolizzare tanto nel negozietto quanto nel centro commerciale. Certo potrebbe sorprenderci il fatto che la spersonalizzazione, che attenta ai legami, tipica di un supermercato, possa capovolgersi nella ricerca della riconciliazione e nella ripresa dei legami. La nostalgia dei legami forti, spacciata come verità di uno dei luoghi di più alta spersonalizzazione, come il supermercato! La pesca simbolica ci libera alla vita buona; la pesca diabolica ci illude che sia un supermercato a garantirci la libertà, e così ci rende schiavi. Forse imparando a guardare con occhio lungimirante la storia di questa bambina ci prenderemo a cuore le forme di vita, ma capiremo anche a quale livello di cinismo può arrivare la logica del profitto. Forse ne trarremo la conseguenza di non mettere mai più piede in quel supermercato, che usa i migliori sentimenti per attirare soltanto il portafoglio delle persone. Solo così una pesca matura, come la slitta Rosebud, resiste alla cattura potente da parte della macchina senza cuore della comunicazione commerciale.
(fonte: Come se non 27/09/2023)


Enzo Bianchi - Il mare del dialogo

Enzo Bianchi
Il mare del dialogo
 

La Repubblica - 25 Settembre 2023

Avendo vissuto nella mia giovinezza con grande passione e impegno una stagione politica nella quale era una figura ispiratrice Giorgio La Pira, di cui ero discepolo e si può dire amico, ho sempre sofferto per la mancanza di una visione politica e culturale che sentisse il Mediterraneo come luogo decisivo per il futuro dell’Europa. Il Mediterraneo, mare tra le terre, mare nostrum perché radicalmente appartenente a una pluralità di genti e di culture, mare con la vocazione a essere ponte, e non invece frontiera di opposizioni e di guerra, questo mare che ho solcato centinaia di volte per conoscere e incontrare “l’altro”, è il mare che è “nostro”, altrimenti non è. La mia generazione ha imparato ad amare questo mare che è stato lo spazio di uscita dalla propria terra. Aiutati da Fernand Braudel lo abbiamo scoperto come luogo di incontro tra religioni e soprattutto tra pensiero greco, giudaico, latino e arabo. E così siamo stati all’Acropoli, siamo entrati a Santa Sofia, siamo diventati viandanti su rotte e cammini che ci mostravano passaggi diversi nei quali sempre erano presenti la vita, e l’altro e il pane. È nelle lunghe e dense conversazioni con Predrag Matvejević che è nato il suo Breviario Mediterraneo.

Per questo mi sono rallegrato quando la chiesa italiana ha progettato e poi realizzato i colloqui del Mediterraneo prima a Bari e poi a Firenze. Purtroppo molti all’interno della chiesa non hanno compreso questa iniziativa finendo per ridurla solamente a un rinnovato appello all’accoglienza dei migranti.

Sì, perché questo mare è diventato un cimitero dove migliaia di poveri disperati che vorrebbero solcarlo perché aspirano alla liberazione trovano solo la morte, e a quei pochi che approdano viene rifiutata l’accoglienza: una smentita dell’humanitas generata nel Mediterraneo lungo i secoli della sua storia. Ma ora questo mare non è solo un cimitero ma è il palcoscenico di veri e propri crimini contro l’umanità!

Papa Francesco dieci anni fa, all’inizio del suo pontificato, si è recato a Lampedusa, sulla frontiera, per riconoscere le responsabilità dell’Europa e far sentire il grido dei poveri che vengono a cercare pane dove il pane c’è! E tutto è stato progettato e voluto perché a Marsiglia non si guardasse al Papa ma al Mediterraneo. Ma è vero che è e resta urgente uno sguardo che tenga conto delle terre che costeggiano il mare nostrum. Non c’è Mediterraneo senza Europa e non c’è Europa senza Mediterraneo! Il mare nostrum non è responsabile dell’Europa, ma è l’Europa responsabile di questo mare e ne fa uno spazio di pace e di dialogo oppure uno spazio di guerra e violenza. E il cristianesimo continua da secoli proprio in Europa a nascere e rinascere, continua a generare “pensiero”, continua a voler essere un cammino di umanizzazione.

Le nostre antiche chiese sono forse stanche, sono vecchie come la chiesa nella visione del Pastore di Erma, ma hanno questa capacità di ricominciare ancora dopo ogni crisi e dopo ogni ora di tenebra. E la chiesa di Francia, nonostante le difficoltà che sta vivendo, mostra di essere una chiesa che custodisce la fede e dunque, come ha ridetto più volte il profetico cardinale Jean Marc Aveline arcivescovo di Marsiglia, sa portare speranza all’umanità.

Marsiglia, città cosmopolita, munita di una forte coscienza del mosaico della culture mediterranee, già negli anni Ottanta per impulso del suo vescovo, il visionario cardinale Roger Etchegaray, creato l’Università Cattolica del Mediterraneo e il Centro di ricerche per il dialogo tra le religioni. È una città capace di mantenere viva ed efficace questa urgenza sempre generata dal pensare europeo.
(fonte: blog dell'autore)


mercoledì 27 settembre 2023

«Il Mediterraneo deve essere un messaggio di speranza... e di fraternità» Papa Francesco Udienza Generale 27/09/2023 (testo, foto e video)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 settembre 2023















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Catechesi. Il viaggio apostolico a Marsiglia in occasione dei “Rencontres Méditerranéennes”

Cari fratelli e sorelle!

Alla fine della scorsa settimana mi sono recato a Marsiglia per partecipare alla conclusione dei Rencontres Méditerranéennes, che hanno coinvolto Vescovi e Sindaci dell’area mediterranea, insieme con numerosi giovani, perché lo sguardo fosse aperto al futuro. In effetti, l’evento di Marsiglia era intitolato “Mosaico di speranza”. Questo è il sogno, questa è la sfida: che il Mediterraneo recuperi la sua vocazione, di essere laboratorio di civiltà e di pace.

Il Mediterraneo, lo sappiamo, è culla di civiltà, e una culla è per la vita! Non è tollerabile che diventi una tomba, e nemmeno un luogo di conflitto. Il Mare Mediterraneo è quanto di più opposto ci sia allo scontro tra civiltà, alla guerra, alla tratta di esseri umani. È l’esatto opposto, perché il Mediterraneo mette in comunicazione l’Africa, l’Asia e l’Europa; il nord e il sud, l’oriente e l’occidente; le persone e le culture, i popoli e le lingue, le filosofie e le religioni. Certo, il mare è sempre in qualche modo un abisso da superare, e può anche diventare pericoloso. Ma le sue acque custodiscono tesori di vita, le sue onde e i suoi venti portano imbarcazioni di ogni tipo.

Dalla sua sponda orientale, duemila anni fa, è partito il Vangelo di Gesù Cristo.

[Il suo annuncio] naturalmente non avviene per magia e non si realizza una volta per tutte. È il frutto di un cammino in cui ogni generazione è chiamata a percorrere un tratto, leggendo i segni dei tempi in cui vive.

L’incontro di Marsiglia è venuto dopo quelli simili svoltisi a Bari nel 2020 e a Firenze l’anno scorso. Non è stato un evento isolato, ma il passo in avanti di un itinerario, che ebbe i suoi inizi nei “Colloqui Mediterranei” organizzati dal Sindaco Giorgio La Pira, a Firenze, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Un passo avanti per rispondere, oggi, all’appello lanciato da San Paolo VI nella sua Enciclica Populorum progressio, a promuovere «un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri» (n. 44).

Dall’evento di Marsiglia che cosa è uscito? È uscito uno sguardo sul Mediterraneo che definirei semplicemente umano, non ideologico, non strategico, non politicamente corretto né strumentale, umano, cioè capace di riferire ogni cosa al valore primario della persona umana e della sua inviolabile dignità. Poi nello stesso tempo è uscito uno sguardo di speranza. Questo è oggi molto sorprendente: quando ascolti i testimoni che hanno attraversato situazioni disumane o che le hanno condivise, e proprio da loro ricevi una “professione di speranza”. E anche è uno sguardo di fraternità.

Fratelli e sorelle, questa speranza, questa fraternità, non deve “volatilizzarsi”, no, al contrario deve organizzarsi, concretizzarsi in azioni a lungo, medio e breve termine. Perché le persone, in piena dignità, possano scegliere di emigrare o di non emigrare. Il Mediterraneo deve essere un messaggio di speranza.

Ma c’è un altro aspetto complementare: occorre ridare speranza alle nostre società europee, specialmente alle nuove generazioni. Infatti, come possiamo accogliere altri, se non abbiamo noi per primi un orizzonte aperto al futuro? Dei giovani poveri di speranza, chiusi nel privato, preoccupati di gestire la loro precarietà, come possono aprirsi all’incontro e alla condivisione? Le nostre società tante volte ammalate di individualismo, di consumismo e di vuote evasioni hanno bisogno di aprirsi, di ossigenare l’anima e lo spirito, e allora potranno leggere la crisi come opportunità e affrontarla in maniera positiva.

L’Europa ha bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo, e a Marsiglia posso dire che li ho trovati: nel suo Pastore, il Cardinale Aveline, nei preti e nei consacrati, nei fedeli laici impegnati nella carità, nell’educazione, nel popolo di Dio che ha dimostrato grande calore nella Messa allo Stadio Vélodrome. Ringrazio tutti loro e il Presidente della Repubblica, che con la sua presenza ha testimoniato l’attenzione della Francia intera all’evento di Marsiglia. Possa la Madonna, che i marsigliesi venerano come Notre Dame de la Garde, accompagnare il cammino dei popoli del Mediterraneo, perché questa regione diventi ciò che da sempre è chiamata a essere: un mosaico di civiltà e di speranza.

Guarda il video della catechesi


Saluti
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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli alunni dell’Istituto Visconti-Gonzaga di Palermo, i fedeli di Petronà e di Siracusa.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. L’odierna memoria liturgica di San Vincenzo de’ Paoli ci ricorda la centralità dell’amore del prossimo. Esorto ciascuno a coltivare l’atteggiamento di attenzione agli altri e di apertura a quanti hanno bisogno di voi.

A tutti la mia Benedizione.


Guarda il video integrale

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«LA SOCIETÀ ITALIANA NON È IN PACE MA LA CHIESA C’È E HA LE PORTE APERTE»

«LA SOCIETÀ ITALIANA NON È IN PACE
MA LA CHIESA C’È E HA LE PORTE APERTE»

Il cardinale Zuppi ha aperto il Consiglio permanente della Cei affrontando diversi temi, dalla guerra in Ucraina all’immigrazione, dai femminicidi alla povertà e alla denatalità. Denuncia la presenza nella Chiesa di «tristi e sterili polarizzazioni e di troppe resistenze» verso papa Francesco. E sull’immigrazione: «L’errore, non da oggi, è stato quello di politicizzare il fenomeno condizionati dal consenso e dalle paure»


La guerra in Ucraina, le migrazioni, i femminicidi, la povertà e la denatalità, i working poor e le morti sul lavoro, la crescita della violenza tra i giovani e la sessualità. Dice che «la società italiana non è in pace», ma che la Chiesa c’è, riesce a mobilitare intelligenze ed energie, ed «è una casa dalle porte aperte».

Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha aperto lunedì pomeriggio a Roma i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani, che si concluderanno il 27 settembre prossimo, e ha tracciato un’ampia analisi dello scenario italiano ed internazionale. «Non si può pensare all’Italia isolata dall’Europa e dal resto del mondo», ha esordito il cardinale subito dopo l’omaggio al presidente Napolitano, di cui martedì mattina si celebrano i funerali in forma laica nell’aula di Montecitorio e che domenica ha ricevuto la visita a sorpresa di papa Francesco.

«Non siamo una minoranza residuale ma una minoranza creativa», ha detto riprendendo una celebre definizione di Benedetto XVI: «La Chiesa in Italia è una Chiesa di popolo». Il cardinale ricorda che la Chiesa è «una famiglia tra le famiglie, una casa con le porte aperte», e l’oceano di giovani che ha affollato la Gmg di Lisbona, dove le 65mila presenze italiane sono state «una sorpresa rispetto alle previsioni».

Nella Chiesa, però, «ci sono tristi e sterili le polarizzazioni», ha denunciato Zuppi menzionando, in particolare, le “troppe resistenze” verso Papa Francesco e il suo messaggio, «spesso espresse in uno spirito di contrapposizione, favorito dai social». Sinodalità, al contrario – il riferimento al Sinodo ormai imminente che si aprirà il 4 ottobre – «vuol dire rimettere in discussione le arroccate solitudini ecclesiali nell’incontro, nella comunione, nell’ascolto, nell’impegno missionario enorme che ci attende confrontandoci con la folla e le sue sofferenze. Mai senza l’altro».

Per il presidente della Cei, «il processo sinodale è una grande occasione di rinnovamento e affratellamento». Zuppi ha affrontato diversi temi dell’attualità: «La povertà in Italia può dirsi ormai un fenomeno strutturale, visto che tocca quasi una persona su dieci», ha detto evidenziando i problemi più urgenti, quello della casa e del rincaro affitti, per affrontare il quale «vanno sollecitati interventi pubblici». Per contrastare la denatalità occorrono inoltre «servizi integrati sul territorio a sostegno delle famiglie, non solo aiuti materiali».

Altri fenomeni di cui tener conto, quello degli “working poor”, del lavoro nero e delle dimissioni dal lavoro, soprattutto tra i giovani. Senza contare le vittime degli incidenti sul lavoro, che come ha detto il presidente Mattarella sono un «oltraggio alla convivenza civile».

martedì 26 settembre 2023

Paolo VI, un papa francescano

Paolo VI, un papa francescano


Le sue parole dedicate al santo d’Assisi

C’è un legame profondo tra Papa Montini, Paolo VI (del quale oggi ricorre la memoria liturgica) e San Francesco d’Assisi. Un legame che comincia da lontano: da quando Montini, impegnato nella vita culturale della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), viene invitato a scrivere - era il 1923 - una recensione per un libro di G. K. Chesterton, l’autore della fortunata serie “Padre Brown”. Il libro in questione aveva come titolo “San Francesco d'Assisi”, una biografia, una lettura del famoso scrittore del famoso autore inglese. Il ritratto del Poverello che scaturisce fuori dalla penna di Montini è davvero affascinante e colpisce per la sua modernità, profondità: “San Francesco è un poeta, non solo nel senso che sente e canta la poesia, ma soprattutto che vive poeticamente. La poesia è espressione immediata dell’intuizione del reale, a differenza della prosa che è discorsiva e analitica. S. Francesco è quindi un amante, nel vero senso, nel più alto senso della parola. Donde la temeraria immediatezza nel dare, nel fare, nel fidarsi, nel mettersi nelle condizioni più assurde: donde quella sua celerità impetuosa che sembra non avergli mai concesso di separare un pensiero dalla sua pronta esecuzione; quella coerenza completa fino alla riproduzione letterale ed integrale del principio con cui sostanziava ogni suo gesto, ogni suo atto. Donde ancora la sfida a tutte le compassate e opprimenti leggi del senso comune, e la creazione continua d’un’originalità individualissima, che sembra ed è follia”. Montini trova in San Francesco d’Assisi una coesione tra pensiero e atto, tra concetto-idea (che in San Francesco assume la veste di poesia, addirittura) che si tramuta (e deve tramutarsi per ogni cristiano) in azione. Le pagine scritte dall’allora guida spirituale della Fuci vanno al cuore dell’anima di San Francesco: sono intense e al contempo leggere. Così come è stato, appunto, il Poverello di Assisi.

Un amore, un’attenzione che non perderà vigore durante tutto il suo pontificato. Anzi si accrescerà, diventando azione di magistero. E’ il caso dell’ “Epistola di sua santità Paolo VI al reverendo padre Costantino Koser, vicario generale dell’Ordine dei Frati minori, nel volgere del 750° anno dalla indulgenza della Porziuncola, concessa a san Francesco da papa Onorio III”. Anche in questo caso, Papa Paolo VI, non risparmia parole nuove - le pagine dell’Epistola sono datate 14 Luglio 1966 - per descrivere un atto così antico come quello del Perdono di Assisi: “Quella meravigliosa carità, per la quale fu spinto a chiedere l’indulgenza della Porziuncola per tutti i fedeli (è) nata dal desiderio di condividere con altri la dolcezza d’animo, di cui egli stesso aveva fatto esperienza dopo aver chiesto perdono a Dio dei peccati commessi”. Ma, ancora più avanti, pronuncia parole che respirano di una modernità sconcertante: “Dunque ripetiamo quelle parole che recentemente abbiamo pronunciato con sollicitudine in un atto pastorale: “Ci è lecito accedere al regno di Cristo soltanto per metànoia, cioè il cambiamento profondo di tutto l’essere, per mezzo della quale l’essere umano stesso pensa, giudica e inizia a mettere in ordine la propria vita colpito da quella santità e da quella carità di Dio che sono state manifestate in maniera miracolosa nel Figlio e sono state pienamente offerte a noi”. (…)L’indulgenza non è dunque una via più facile con la quale possiamo evitare la necessaria penitenza dei peccati, ma essa è piuttosto un sostegno che i singoli fedeli, con umiltà, per nulla inconsapevoli della propria debolezza, trovano nel mistico Corpo di Cristo, che tutto si affatica per la loro conversione con la carità, con l’esempio, e con le preghiere”. Da sottolineare l’uso dei termini “cambiamento profondo di tutto l’essere”. E’ proprio ciò che il giovane Francesco, figlio di Pietro di Bernardone e Donna Pica Bourlemont, aveva fatto: cambiare il proprio animo volgendolo alle “cose” del Cielo, a Dio, ai fratelli.

E sarà sempre Paolo VI a firmare - con data 24 giugno 1978 - la Lettera apostolica “Seraphicus Patriarcha”, con la quale promulgava la nuova Regola dell’Ordine Francescano Secolare. L’importanza di questo documento è chiara: con questa lettera si apriva una nuova stagione per il francescanesimo secolare, da vivere alla luce dell’esperienza post- conciliare. La nuova Regola - dopo il “Memoriale propositi” (del 1221) e dopo le Regole approvate dai Pontefici Nicolò IV e Leone XIII - adattò l’Ordine Francescano Secolare alle nuove esigenze ed attese della Chiesa che il Concilio Vaticano II aveva delineato. Ma già sette anni prima, il 19 maggio del 1971, si era rivolto ai terziari francescani, riuniti nella basilica di San Pietro, in un pellegrinaggio internazionale: “Tocca ai cristiani, tocca a voi, Terziari, fare l’apologia vera e vissuta della povertà evangelica, ch’è affermazione del primato dell’amor di Dio e del prossimo, ch’è espressione di libertà e di umiltà, che è stile gentile di semplicità di vita”.

Papa Paolo VI fa visita alla tomba di Francesco. Era il 4 ottobre 1958. In quella occasione conia una preghiera. A distanza di anni, quella preghiera, ancora risuona forte, proprio a vigilia del prossimo 4 ottobre che ci apprestiamo a vivere: “Francesco, aiutaci a purificare i beni economici dal loro triste potere di perdere Dio, di perdere le nostre anime, di perdere la carità dei nostri concittadini. Vedi, Francesco, noi non possiamo straniarci dalla vita economica, è la fonte del nostro pane e di quello altrui; è la vocazione del nostro popolo, che sale alla conquista dei beni della terra, che sono opere di Dio; è la legge fatale del nostro mondo e della nostra storia. È possibile, Francesco, maneggiare i beni di questo mondo, senza restarne prigionieri e vittime? È possibile conciliare la nostra ansia di vita economica, senza perdere la vita dello spirito e l'amore? È possibile una qualche amicizia con Madonna Economia e Madonna Povertà?”.

Anche in questo caso, Montini profeta. Profeta di quella che oggi viene chiamata “The Economy of Francesco”.
(fonte: San Francesco Patrono d'Italia, articolo di Antonio Tarallo 26-09-2023)


VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO a MARSIGLIA per la conclusione dei “Rencontres Méditerranéennes” 22 - 23 SETTEMBRE 2023 - Conferenza Stampa “Le migrazioni ben condotte sono una ricchezza” (foto, testo e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
a MARSIGLIA
per la conclusione dei “Rencontres Méditerranéennes”

22 - 23 SETTEMBRE 2023


Sabato, 23 settembre 2023

MARSIGLIA – ROMA

19:15 Partenza in aereo dall'Aeroporto Internazionale di Marsiglia per Roma
Conferenza Stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno
20:50 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino

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CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE
DURANTE IL VOLO DI RITORNO

Volo Papale
Sabato, 23 settembre 2023






Matteo Bruni

Buonasera Santità, buonasera a tutti. Grazie per questo tempo che ci dedica sul volo di ritorno. È stato un viaggio particolare, in cui ha potuto sentire anche tutto l’affetto dei francesi che, come diceva Sua Eminenza, sono venuti a pregare con Lei. Ma ci sono ancora credo delle domande o delle questioni che i giornalisti volevano porLe, oppure se Lei voleva dire una parola a noi.

Papa Francesco

Buonasera, grazie tante del vostro lavoro. Prima di dimenticarmi, volevo dire due cose. Prima: oggi credo che sia l’ultimo volo di Roberto Bellino che va in pensione: grazie, grazie, grazie! E la seconda cosa, oggi è il compleanno di Rino, l’ineffabile Rino [Anastasio]! Un applauso a lui! Adesso volentieri fate le domande.

Matteo Bruni

La prima domanda è di Raphaële Schapira - France Télévisions, che è qui davanti a Lei.

Raphaële Schapira - France Télévisions

Santità, buonasera. Lei ha iniziato il Suo pontificato a Lampedusa, denunciando l’indifferenza. Dieci anni dopo chiede all’Europa di essere solidale. Sono dieci anni che ripete lo stesso messaggio. Vuol dire che Lei ha fallito?

Papa Francesco

Direi di no. Direi che la crescita è andata lentamente. Oggi c’è coscienza del problema migratorio. C’è coscienza. E c’è anche coscienza che è una cosa che è arrivata a un punto… come una “patata bollente” che non si sa come prenderla. Angela Merkel ha detto una volta che si risolve andando in Africa e risolvendola in Africa, facendo alzare il livello dei popoli africani.

Ma ci sono stati casi che sono brutti, casi molto brutti, dove i migranti come un “ping pong” sono stati mandati indietro… E si sa che tante volte finiscono nei lager, finiscono peggio di prima. Ho seguito la vita di un ragazzo, Mahmoud, che cercava di uscirne, perché è andato… E alla fine si è impiccato; non ce l’ha fatta perché non tollerava questa tortura. Vi ho detto di leggere quel libro, Fratellino, Hermanito… La gente che viene è venduta, prima, poi gli tolgono i soldi per pagare…; poi li fanno chiamare al telefono la famiglia perché inviino più soldi… Poveretti! Una vita terribile. Ho sentito uno che è stato testimone, che quando alla notte, nel momento dell’imbarco, ha visto quella nave così semplice, senza sicurezza, non voleva imbarcarsi. “Pum pum”: finita la storia. È il regno del terrore! Soffrono non solo perché hanno bisogno di uscire, ma soffrono perché lì è il regno del terrore. Sono schiavi. E noi non possiamo, senza vedere le cose, mandarli indietro come fossero una pallina da ping pong. No. Per questo torno a dire il principio: i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati. Se tu non puoi integrarlo nel tuo Paese, accompagnalo e integralo nel suo Paese, ma non lasciarlo nelle mani di questi crudeli trafficanti di persone.

Il dramma dei migranti è questo oggi: che noi li mandiamo indietro e cadono nelle mani di questi disgraziati che fanno tanto male. Li vendono, li sfruttano. Quella gente cerca di uscire. Ci sono alcuni gruppi di persone che si dedicano a salvare gente nel mare. Ho invitato uno di loro a partecipare al Sinodo, uno che è il capo di Mediterranea Saving Humans. Loro ti raccontano delle storie terribili.

Nel primo viaggio, come Lei ha detto, sono andato a Lampedusa. Le cose sono migliorate, davvero, c’è più coscienza oggi. A quel tempo non si sapeva. E non ci dicevano la verità. Ricordo che, a Casa S. Marta, c’era una “receptionista” che era etiope, figlia di etiopi, conosceva la lingua, e lei seguiva alla televisione il mio viaggio. E a Lampedusa c’era uno, un poveretto etiope, che mi spiegava le torture e queste cose; e il traduttore – lei mi ha detto – ha detto bugie, ha detto quello che l’altro non ha detto, ha “dolcificato” la situazione. È difficile avere fiducia. Tanti drammi... Il giorno che sono stato lì, mi hanno detto: “Guarda quella donna” – era un medico – “guarda quella donna”: andava fra i cadaveri guardando le facce perché cercava sua figlia, che non aveva trovato.

Questi drammi… A noi fa bene prendere in mano questa realtà: ci farà più umani, più umani e pertanto anche più divini. Questa è una chiamata. Vorrei che fosse come un grido: “Stiamo attenti! Facciamo qualcosa!”. Non so… La coscienza è cambiata, davvero, oggi c’è più coscienza. E questo per me è stato non perché ho parlato, ma perché la gente si è accorta del problema. Tanti ne parlano.

È stato il mio primo viaggio, e lì ho sentito una cosa interiore. Io neppure sapevo dov’era Lampedusa, neppure, ma ho ascoltato le storie, ho letto qualcosa e nella preghiera ho sentito: “Tu devi andare lì”, come se il Signore mi avesse portato lì. Il primo viaggio. Grazie.

Matteo Bruni

Grazie Santità. La seconda domanda viene da Clément Melki dell’Agence France-Presse (AFP)

Clément Melki dell’Agence France-Presse (AFP)

Buonasera, Santo Padre. Stamattina ha incontrato Emmanuel Macron, dopo aver espresso il suo disaccordo all’eutanasia. Il governo francese si sta preparando ad approvare una controversa legge sul fine vita, ci potrebbe gentilmente dire cosa Lei ha detto al Presidente francese a riguardo? E se pensa di potergli far cambiare idea? Grazie.

Papa Francesco

Non ne abbiamo parlato oggi, ma ne abbiamo parlato nell’altra visita, quando ci siamo incontrati, e ho parlato chiaramente, quando lui è venuto in Vaticano. Gli ho detto il mio parere, chiaro: con la vita non si gioca, né all’inizio né alla fine, non si gioca. E non è il mio parere, è custodire la vita! Perché poi finirai con quella politica del non-dolore, di una eutanasia umanistica… Su questo voglio ripetere l’invito a leggere un libro: è del 1907, un romanzo, si chiama “Il signore del mondo”, The Lord of the World, o The Lord of the Earth, ha i due titoli. L’autore è Benson, uno scrittore futurista: fa vedere come le cose saranno alla fine. Tutto è… si tolgono le differenze, tutte; e si tolgono i dolori, tutti; e l’eutanasia è una di queste cose: la morte dolce; e la selezione prima della nascita… Ci fa vedere come quest’uomo aveva previsto dei conflitti attuali. Oggi, stiamo attenti alle colonizzazioni ideologiche che rovinano la vita umana, che vanno contro la vita umana. Oggi si cancella la vita dei nonni, per esempio, mentre la ricchezza umana passa attraverso il dialogo dei nipoti con i nonni. Si cancella, sono vecchi, non servono. Con la vita non si gioca. Questa volta non ne ho parlato con il Presidente, ma l’altra volta sì, quando è venuto, e ho detto il mio parere: con la vita non si gioca. Sia per la legge di non lasciare che cresca il bambino nel seno della madre, sia per la legge dell’eutanasia nelle malattie o nella vecchiaia. E non dico che questa sia una questione di fede, no, è una cosa umana, umana. Si tratta di una brutta forma di compassione. Oggi la scienza è arrivata a fare in modo che qualche malattia dolorosa sia meno dolorosa, e l’accompagna con tante medicine. Ma con la vita non si gioca. Con la vita non si gioca.

Matteo Bruni

Grazie, Santità. La terza domanda è di Javier Martínez-Brocal, di ABC.

Javier Martínez-Brocal, di ABC

Santo Padre, grazie di rispondere alle domande, grazie per questo tempo che ci dedica, grazie per questo viaggio che è stato molto intenso e molto denso di contenuti. Fino all’ultimo, Lei ha parlato anche dell’Ucraina, della situazione in Ucraina. Il cardinale Zuppi è appena tornato da Pechino. Ci sono progressi in questa missione, almeno nella questione umanitaria del ritorno dei bambini? Poi, una domanda anche un po’ dura, però: come vive il fatto, personalmente, che questa missione non riesca strappare nessun risultato concreto fino ad adesso? Lei in una udienza parlò di frustrazione: Lei sente frustrazione? Grazie.

Papa Francesco

Questo è vero, qualche frustrazione si sente, perché la Segreteria di Stato sta facendo di tutto per aiutare in questo. Anche la missione Zuppi è andata lì… C’è qualcosa con i bambini che sta andando bene. Ma questa guerra – a me viene in mente che è anche un po’ interessata, non solo dal problema russo-ucraino, ma per vendere le armi, sai?, il commercio delle armi. Mi diceva qualcuno, alcuni mesi fa, che oggi gli investimenti che danno più redditi sono le fabbriche di armi, cioè le fabbriche di morte. Il popolo ucraino è un popolo martire che ha una storia molto martoriata, una storia che fa soffrire. Non è la prima volta: al tempo di Stalin ha sofferto tanto, tanto, tanto. È un popolo martire. Ma noi non dobbiamo giocare con il martirio di questo popolo, dobbiamo aiutare a risolvere le cose nel modo più possibile: il più reale e il più possibile. Nelle guerre, il reale è il possibile. Non farsi illusioni che domani i due leader in guerra vadano a mangiare insieme. Ma fino al possibile, dove arriveremo. Umili, ma fare il possibile. Adesso ho visto che qualche Paese si tira indietro, che non dà le armi: incomincia il processo dove il martire sarà il popolo ucraino, certamente. E questa è una cosa brutta.

Prima di concludere voglio tornare al primo argomento, al viaggio. Marsiglia è una civiltà di tante culture, tante culture. È un porto di migranti. Un tempo erano migranti verso la Cayenna, da lì partivano i condannati, andavano in carcere alla Cayenna. L’Arcivescovo mi ha regalato Manon Lescaut, per ricordarmi quella storia. Marsiglia è una cultura di incontro. Come ieri, nell’incontro con i rappresentanti di varie religioni: convivono islamici, ebrei, cristiani. Si fa la convivenza. È una cultura dell’aiuto. È un mosaico creativo Marsiglia, è questa cultura della creatività. È un porto che è un messaggio in Europa. Marsiglia accoglie. Marsiglia accoglie e rispetta e fa una sintesi senza negare l’identità di qualsiasi popolo. Dobbiamo ripensare questo problema, per le altre località: la capacità di fare questo.

E tornando sui migranti, sono cinque i Paesi che soffrono [per l’arrivo di] tanti migranti; ma in alcuni di questi Paesi ci sono villaggi vuoti! Penso al caso concreto che conosco: c’è un paesino dove abitano meno di venti anziani e niente più! Per favore, che questi paesini facciano un sforzo per integrare. Abbiamo bisogno di manodopera, l’Europa ne ha bisogno! Le migrazioni ben condotte sono una ricchezza, sono una ricchezza. Pensiamo un po’ a questa politica migratoria, perché sia più feconda e ci aiuti tanto.

Adesso, siccome il viaggio è breve, viene la cena, e anche la festa per il compleanno di Rino e il congedo di questo collega. Finiamo qui. Grazie tante! Grazie tante per il vostro lavoro e per le vostre domande. E avanti, fino al prossimo volo.

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La preghiera del Papa a Santa Maria Maggiore al rientro da Marsiglia

Appena tornato dal 44.mo viaggio apostolico nel sud della Francia, Francesco non ha mancato di recarsi nella Basilica mariana per ringraziare la Vergine Maria per l'esito della visita


La preghiera alla Madre di Dio, immancabile per Francesco prima e dopo ogni viaggio apostolico per affidare alla Madonna appuntamenti e incontri e poi per ringraziarla. Così è avvenuto anche questa volta, di ritorno dai due giorni di visita a Marsiglia.

Un comunicato in tarda serata della Sala Stampa vaticana riferisce che "questa sera, di ritorno da Marsiglia, come di consueto al termine di ogni viaggio apostolico, Papa Francesco ha raggiunto la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove ha sostato in preghiera davanti all’icona della Vergine Salus populi romani".

Al termine della visita nella Basilica romana, il Pontefice, conclude il testo, "ha fatto rientro in Vaticano".
(fonte: Vatican News 23/09/2023)

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Vedi anche i post: (all'interno i link a quelli precedenti)