VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
AD AJACCIO
IN OCCASIONE DEL CONGRESSO
“LA RELIGIOSITÉ POPULAIRE EN MÉDITERRANÉE”
Domenica, 15 dicembre 2024
Un murales dedicato al Papa ad Ajaccio
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AJACCIO
10:15 Sessione conclusiva del Congresso “La Religiosité Populaire en Méditerranée” presso il “Palais des Congrès et d’Exposition d’Ajaccio”
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Lungo il mare e tra la gente,
festa ad Ajaccio per la visita di "Papa Francescu"
Uno scenario di bellezze naturali incornicia le circa dodici ore di Francesco in Corsica, meta del suo 47.mo viaggio apostolico. Grande accoglienza da parte della popolazione scesa in strada o affacciata dai balconi per sventolare striscioni e urlare “Vivu Papa!”. In mezzo ai diversi impegni, due “fuori programma” da parte del Pontefice con la sosta al Battistero di Saint Jean e l’omaggio alla Madunnuccia, patrona dell’isola. Il saluto alla donna più anziana della città, Marie-Jean, 108 anni
Il Papa per le strade di Ajaccio
Le Bocche di Bonifacio hanno risparmiato Ajaccio dal vento impetuoso che, come dicono gli abitanti, qui in Corsica fa volare pure i muri, lasciando il posto in questa domenica 15 dicembre, giorno della visita di Papa Francesco, ad un sole caldo che si riflette sulle acque del Mediterraneo. Quel “mare unico”, come l’ha definito lui stesso, fa da sfondo alle meno di dodici ore del viaggio di “Papa Francescu”, con la U come vuole la lingua corsa e come si legge nelle scritte sui tanti striscioni che sventolano da balconi e palazzi dalla forma curvilinea. O anche da traghetti, barche a vela, navi da carico abnormi - molte provenienti dalla Sardegna – che oscurano la visuale delle montagne dalle vette innevate. Mare e montagna, spiaggia e asfalto; nelle orecchie la risacca e il sibilo della corrente, nelle narici la salsedine e delle piante fiorite nei giardinetti delle strade. Tutto insieme in un unico scenario. Forse per questo la Corsica viene definita l’Île de beauté, isola della bellezza.
Dai balconi per vedere Francesco
Lo sguardo alla gente scesa in strada
Tuttavia il Papa, dal suo arrivo all’aeroporto dedicato a Napoleone, accolto dal sottofondo di una tipica “pivana” che intonava una “nana” (una ninna nanna), probabilmente non ha avuto neppure il tempo di guardare il panorama circostante. Lo sguardo dall’auto scoperta – la nuova papamobile donata dalla Mercedes qualche settimana fa – da subito è stato rivolto alla gente. A quelle centinaia di migliaia di persone affacciate dai balconi decorati di fiori bianco-gialli o bandiere con la “Testa di moro” simbolo della Corsica oppure dall’alba dietro le transenne – c’era pure qualcuno sui rami degli alberi – a gridare “Vivu Papa! Vivu Papa!”.
Papa Francesco saluta un bambino per le strade di Ajaccio
Tra Rue e Boulevard
Dalla folla, anzi, dalle tante piccole folle che si annidano in Rue e Boulevard o all’ombra di boulangerie e brasserie dai nomi caratteristici (“A calata”, “A marinata”, per dirne alcuni) spiccano soprattutto gli abiti colorati rossi, viola, neri, bianchi, delle confraternite, le tante confraternite che caratterizzano la chiesa corsa e incarnano quella “pietà popolare” che è filo conduttore della visita papale. Qualcuno ha portato in strada statue della Madonna e di San Giuseppe sulle portantine, icone della Madonna e piccoli presepi. Hanno accompagnato con canti e preghiere il passaggio della vettura papale. Che ha percorso 200 metri in circa mezz’ora dato che Francesco ha voluto fermarsi ogni due passi per salutare i bambini, benedire i neonati, stringere le mani ad alcune anziane.
Il saluto alla più anziana della città: Jean-Marie, 108 anni
Tra loro pure “la più anziana di Ajaccio”, Jean-Marie, 108 anni compiuti, in sedia a rotelle con il plaid sulle gambe. Lo dichiarava lei stessa in un cartello mostrato con fierezza per strada, con la scritta per il Papa “Bonavinuta!”. Francesco ha incrociato la signora nella sua sosta al Battistero di Saint-Jean, struttura risalente al VI secolo ma riemersa solo nel 2005 durante gli scavi per un parcheggio pubblico. Piazzato in mezzo ai tanti palazzi di Ajaccio che mostrano il boom edilizio degli anni ’60, custodito dietro una teca di vetro, il Pontefice si è voluto soffermare per alcuni istanti e benedirlo con l’aspersorio. Un giovane con una sciarpa viola ha recitato il Credo in francese, bambini con i maglioncini bianchi hanno intanto cantato in coro, così come alcuni membri delle confraternite.
Jean - Marie a 108 anni viene salutata dal Papa
L'omaggio alla "Madunnuccia"
È stato questo il primo dei due “fuori programma” della mattinata di Ajaccio; il secondo è stata la preghiera davanti alla statua della Vergine della Misericordia. La patrona della Corsica che i cattolici dell’isola – circa il 90% - venerano come la “Madunuccia”, con un vezzeggiativo che, non è solo tipicità linguistica, ma anche segno d’affetto del popolo verso colei che nel 1656, quando un’epidemia di peste colpì gravemente l’Italia, compresa la città di Genova sotto il cui possesso si trovava la Corsica, cambiò il corso del vento impedendo alle navi cariche di malati di attraccare ai porti ajaccini. E quindi il diffondersi dell’epidemia.
L'omaggio del Papa alla "Madunnuccia"
Collocata nella nicchia di una casa, oggi adornata di ghirlande blu e verdi, nella parte alta di Place Foch (conosciuta come Place des Palmiers), a sinistra di rue Bonaparte, la Madunnuccia è meta di processioni e intorno a Lei il 18 marzo si celebra una delle feste religiose più sentite. Il Papa ha voluto renderle omaggio tra la sessione conclusiva del congresso sulla religiosità popolare e l’incontro con il clero nella cattedrale di Santa Maria Assunta. Un breve intermezzo di preghiera con il Papa che, arrivato in papamobile al suono di una banda, prima le ha rivolto uno sguardo e poi ha abbassato il capo per pregare in silenzio. Con una candela il Papa ha poi acceso il cero tenuto da un bambino, deposto infine davanti alla effigie mariana. Tutta intorno la gente, rimasta ordinata nonostante le urla di “Santo Padre, Santo Padre”, anche in italiano, fossero fragorose. Anche quello il segno della fede di un popolo che, anche se breve, ha scritto una pagina certamente nuova della storia della sua terra, mai visitata da un Papa.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 15/12/2024)
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Il Papa: indispensabile una sana laicità,
Chiesa e istituzioni lavorino per il bene di tutti
Primo discorso di Francesco ad Ajaccio al Congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo: la Corsica “esempio virtuoso in Europa” per il dialogo costante tra la Chiesa e le istituzioni civili e politiche. Monito del Pontefice a “vigilare” sulla pietà popolare perché non venga strumentalizzata “da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico”
Guarda al Mediterraneo, Papa Francesco, a quel “grande ‘lago’ in mezzo a tre continenti”, “culla di civiltà” e “mare unico al mondo”, che brilla fuori dal Palais des Congrès di Ajaccio, prima tappa del suo viaggio in Corsica iniziato oggi, 15 dicembre. Il Pontefice conclude il congresso sulla Religiosità Popolare nel Mediterraneo, primo suo evento pubblico e principale motivo della visita, con un lungo discorso sui temi della fede, della pietà popolare e soprattutto della “sana laicità”. La laïcité, tra i principi costituzionali della Francia, che – dice Papa Bergoglio, mutuando le parole di Benedetto XVI nella Ecclesia in Medio Oriente – “garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose”. Una laicità intesa quindi come “unità-distinzione” e per questo “indispensabile”.
Su questo tema, voi siete in cammino da molto tempo e siete un esempio virtuoso in Europa. Andate avanti!
Un momento dell'intervento del Papa al congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio
La due giorni sulla Religiosità popolare nel Mediterraneo
Ad ascoltare il Papa ci sono circa 400 studiosi, vescovi, accademici e rappresentanti di diverse aree affacciate sul Mare Nostrum. Lo accolgono con un lungo applauso nell’auditorium del Palais, dove il Pontefice fa il suo ingresso a fianco alle autorità locali e al cardinale François-Xavier Bustillo, vescovo di Ajaccio e artefice della due giorni. Prima, in auto prima chiusa e poi scoperta, il Papa ha attraversato il lungomare salutando la folla di fedeli per poi fare breve sosta al Battistero di Saint Jean, risalente al VI secolo ma scoperto solo nel 2005 durante i lavori per un parcheggio.
Il Papa parla al congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio
Culla di civiltà, scenario di miti, terreno di fede
Al Palais des Congrès, Papa Francesco inizia il suo discorso con un rapido excursus storico del Mediterraneo e delle civiltà che vi si sono sviluppate attorno. Ricorda come questo mare, scenario di miti e leggende, di comunicazione, di sistemi giuridici e istituzioni dai principi ancora “validi e attuali”, insieme al vicino Oriente ha dato origine a “una esperienza religiosa del tutto particolare” che “ha portato a compimento l’Alleanza tra Dio e l’umanità”. E in oltre duemila anni “tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute”
In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della sua presenza e della sua Parola.
Partecipanti al congresso sulla piatà popolare ad Ajaccio ascoltano l'intervento di Francesco
Apertura tra credenti e non credenti
Bisogna, tuttavia, “essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica”, afferma il Papa: "Questo è uno sbaglio!". Al contrario, dice, è importante riconoscere oggi “una reciproca apertura” tra i credenti, da una parte, che si aprono con maggiore serenità alla “possibilità di vivere la propria fede senza imporla”, e, dall’altra, i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa che “non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà” e che spesso hanno nel cuore “una domanda di senso” che li porta a “cercare valori fondamentali per il bene comune”.
Lavorare insieme per tutti, a partire dagli ultimi
Proprio questo, rileva il Papa, è il terreno in cui fedeli e istituzioni civili e politiche possono ritrovarsi per “lavorare insieme al servizio di ogni persona, a partire dagli ultimi, per una crescita umana integrale”. In questo senso la laicità non è “concetto statico e ingessato” bensì “evolutivo e dinamico”, capace di promuovere “una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio”.
Sana laicità significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire quest’ultima con gli apporti della religione, mantenendo tra loro una necessaria distanza, una chiara distinzione e la necessaria collaborazione tra le due.
È così, assicura il Papa, che si potranno liberare “più energie e più sinergie”, “senza pregiudizi e senza opposizioni di principio”, in un dialogo “aperto, franco e fecondo”.
Un momento del congresso sulla religiosità popolare ad Ajaccio
La bellezza della pietà popolare
In questa cornice si coglie “la bellezza e l’importanza della pietà popolare”, secondo il nome – ricorda il Papa – dato da Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi - profondamente radicata in Corsica ed espressa con simboli, costumi, riti, tradizioni, processioni, attività caritative delle confraternite, Rosari e forme di devozione che alimentano tutte una “cittadinanza costruttiva dei cristiani”.
"Tante volte, qualche intellettuale, quale teologo, non capisce questo", dice il Pontefice, distaccandosi dal testo scritto. La pratica della pietà popolare, aggiunge “attira e coinvolge anche persone che sono sulla soglia della fede”, che in essa “ritrovano l’esperienza delle proprie radici e dei propri affetti, insieme a ideali e valori che ritengono utili per la propria vita e per la società”.
La pietà popolare, esprimendo la fede con questi gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale, e occasione di festa. È curioso: una pietà che non sia festosa, festiva non ha buon odore; non è una pietà che viene dal popolo. È una pietà troppo distillata…
Vigilare sulla pietà popolare
Rimane comunque, la pietà popolare, una realtà su cui vigilare perché, ammonisce Francesco, c’è il rischio che essa "venga usata, strumentalizzata da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico, alimentando i particolarismi, le contrapposizioni, gli atteggiamenti escludenti”
Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni civili e politiche e la Chiesa.
"La fede - rimarca il Papa - non rimane un fatto privato". A braccio invita a "stare attenti a questo sviluppo eretico della privatizzazione della fede".
Le "vicinanze"
Il Papa chiama perciò ad un impegno “verso tutti”, per “la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità”. Da questo humus può svilupparsi “il dialogo costante” tra mondo religioso e mondo laico.
Da qui, un incoraggiamento ai giovani ad “impegnarsi ancora più attivamente nella vita socio-culturale e politica, con lo slancio degli ideali più sani e la passione per il bene comune”. Mentre a pastori, fedeli, politici e chiunque rivesta responsabilità pubbliche, il Papa raccomanda di “restare sempre vicini al popolo, ascoltandone i bisogni, cogliendone le sofferenze, interpretandone le speranze, perché ogni autorità cresce solo nella prossimità”.
I pastori devono avere queste vicinanze: vicinanza a Dio; vicinanza con gli altri pastori; vicinanza ai sacerdoti; vicinanza ai popoli, che sono così vicini. Questi sono i veri pastori. Ma il pastore che non ha questa vicinanza, neppure alla storia cultura, è semplicemente “monsier l’abbé”. Non è un pastore!
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 15/12/2024)
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Sessione conclusiva del Congresso “La Religiosité Populaire en Méditerranée”
“Palais des Congrès et d’Exposition d’Ajaccio”
Domenica, 15 dicembre 2024
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
Signor Cardinale,
cari confratelli nell’episcopato,
cari sacerdoti, religiose e religiosi,
care sorelle e cari fratelli!
Sono lieto di incontrarvi qui ad Ajaccio alla conclusione del Congresso sulla pietà popolare nel Mediterraneo, che ha visto la partecipazione di numerosi studiosi e Vescovi provenienti dalla Francia e da altri Paesi.
Le terre bagnate dal mar Mediterraneo sono entrate nella storia e sono state la culla di molte civiltà che hanno raggiunto un notevole sviluppo. Ricordiamo, in particolare, quella greco-romana e quella giudeo-cristiana, che attestano la rilevanza culturale, religiosa, storica di questo grande “lago” in mezzo a tre continenti, di questo mare unico al mondo che è il Mediterraneo.
Non possiamo dimenticare che nella letteratura classica, quella greca e quella latina, spesso il Mediterraneo è stato lo scenario ideale per la nascita di miti, racconti e leggende. Come pure il fatto che il pensiero filosofico e le arti, insieme con le tecniche di navigazione, permisero alle civiltà del Mare nostrum di sviluppare una cultura elevata, di aprire vie di comunicazione, di costruire infrastrutture e acquedotti e, ancor più, sistemi giuridici e istituzioni di notevole complessità, i cui principi di base sono ancora oggi validi e attuali.
Tra il Mediterraneo e il vicino Oriente, ha avuto origine una esperienza religiosa del tutto particolare, legata al Dio di Israele, che si rivela all’umanità e inizia un incessante dialogo con il suo popolo, culminando nella presenza singolare di Gesù, il Figlio di Dio. È Lui che ha fatto conoscere in modo definitivo il volto del Padre, Padre suo e nostro, e che ha portato a compimento l’Alleanza tra Dio e l’umanità.
Sono passati più di duemila anni dall’Incarnazione del Figlio di Dio e tante sono state le epoche e le culture che si sono succedute. In alcuni momenti della storia la fede cristiana ha informato la vita dei popoli e le sue stesse istituzioni politiche, mentre oggi, specialmente nei Paesi europei, la domanda su Dio sembra affievolirsi e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della presenza e della sua Parola. Tuttavia, bisogna essere cauti nell’analisi di questo scenario, per non lasciarsi andare in considerazioni frettolose e giudizi ideologici che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica. Questo è uno sbaglio!
Al contrario, è importante riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti: i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, viverla come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui si trovano; e i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune.
È proprio in questa cornice che possiamo cogliere la bellezza e l’importanza della pietà popolare (cfr S. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 48). È stato San Paolo VI a “cambiare il nome”, nell’Evangelii nuntiandi cambia da “religiosità” a “pietà” popolare. Da una parte, essa ci rimanda all’Incarnazione come fondamento della fede cristiana, la quale si esprime sempre nella cultura, nella storia e nei linguaggi di un popolo e si trasmette attraverso i simboli, i costumi, i riti e le tradizioni di una comunità vivente. Dall’altra parte, la pratica della pietà popolare attira e coinvolge anche persone che sono sulla soglia della fede, che non praticano assiduamente e che, tuttavia, in essa ritrovano l’esperienza delle proprie radici e dei propri affetti, insieme a ideali e valori che ritengono utili per la propria vita e per la società.
La pietà popolare, esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa – è curioso: una pietà che non sia festosa non ha “un buon odore”, non è una pietà che viene dal popolo, è troppo “distillata” –. In questo senso, le sue pratiche danno corpo alla relazione con il Signore e ai contenuti della fede. Mi piace ricordare, a questo proposito, una riflessione di Blaise Pascal, che in un dialogo con un interlocutore fittizio, per aiutarlo a capire come giungere alla fede, dice che non basta moltiplicare le prove dell’esistenza di Dio o fare sforzi intellettuali; piuttosto, bisogna guardare a coloro che sono già progrediti nel cammino, perché essi hanno iniziato a piccoli passi, «prendendo l’acqua benedetta, facendo dire delle messe» (Pensieri, in Opere complete, Milano, 2020, n. 681). I piccoli passi che ti portano avanti. La pietà popolare è una pietà che viene coinvolta con la cultura, ma non confusa con la cultura. E fa dei piccoli passi.
Ecco allora una cosa da non dimenticare: «Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi», e quindi in essa «è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 123; 126), che lavora nel santo Popolo di Dio, lo porta avanti nei discernimenti quotidiani. Pensiamo al diacono Filippo, poveretto, che un giorno è stato portato [dallo Spirito] su una strada e ha sentito un pagano, un servo della regina Candace di Etiopia, leggere il profeta Isaia e non capiva nulla. Si è avvicinato: “Tu capisci?” – “No”. E gli ha annunciato il Vangelo. E quell’uomo, che aveva ricevuto la fede in quel momento, arrivando dove c’era acqua dice: “Mi dica Filippo, lei mi può battezzare, adesso, qui, che c’è l’acqua?”. E Filippo non ha detto: “No, deve fare il corso, deve portare i padrini, tutti e due sposati nella Chiesa; deve fare questo…”. No, lo ha battezzato. Il Battesimo è proprio il dono della fede che Gesù ci dà.
Dobbiamo stare attenti perché la pietà popolare non venga usata, strumentalizzata da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico, alimentando i particolarismi, le contrapposizioni, gli atteggiamenti escludenti. Tutto questo non risponde allo spirito cristiano della pietà popolare e chiama in causa tutti, in modo speciale i Pastori, a vigilare, discernere e promuovere una continua attenzione sulle forme popolari della vita religiosa.
Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa. La fede non rimane un fatto privato – dobbiamo stare attenti a questo sviluppo, direi, eretico della privatizzazione della fede; i cuori si amalgamano e vanno avanti... –, un fatto che si esaurisce nel sacrario della coscienza, ma – se intende essere pienamente fedele a sé stessa – comporta un impegno e una testimonianza verso tutti, per la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità. Proprio per questo, dalla professione della fede cristiana e dalla vita comunitaria animata dal Vangelo e dai Sacramenti, lungo i secoli sono nate innumerevoli opere di solidarietà e istituzioni come ospedali, scuole, centri di assistenza – in Francia sono molte! –, in cui i credenti si sono impegnati a favore dei bisognosi e hanno contribuito alla crescita del bene comune. La pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa – mi permetto di qualificarla così – “cittadinanza costruttiva” dei cristiani. La pietà popolare ti dà una “cittadinanza costruttiva”!
A volte qualche intellettuale, qualche teologo non capisce questo. Ricordo una volta che sono andato una settimana nel nord dell’Argentina, a Salta, dove c’è la festività del Señor de los Milagros, il Signore dei Miracoli. Tutta la provincia, tutta, converge nel santuario, e si confessano tutti, dal sindaco a tutti, perché hanno questa pietà dentro. Io andavo sempre a confessare, ed era un lavoro forte, perché tutta la gente si confessa. E un giorno, all’uscita, ho trovato un sacerdote che conoscevo: “Oh tu stai qui, come stai?” – “Bene!”… E mentre uscivamo, in quel momento si è avvicinata una signora con dei santini in mano e dice al sacerdote, un bravo teologo: “Padre, li benedice?”. Il sacerdote, con una grande teologia, le dice: “Ma, signora, lei è stata a Messa?” – “Sì, padrecito” – “E lei sa che alla fine della Messa si benedice tutto?” – “Sì, padrecito” – “E lei sa che la benedizione di Dio viene da parte sua?” – “Sì, padrecito”. In quel momento un altro prete lo ha chiamato: “Oh, come stai?”. E la signora che aveva detto tante volte “sì, padrecito” si rivolge a quello: “Padre me li benedice?”. C’è una complicità, una sana complicità che cerca la benedizione del Signore e non accetta generalizzazioni.
Allo stesso tempo, sul terreno comune di questa audacia di fare il bene, di chiedere la benedizione, i credenti possono ritrovarsi in un cammino condiviso anche con le istituzioni laiche, civili e politiche, per lavorare insieme al servizio di ogni persona, a partire dagli ultimi, per una crescita umana integrale e la custodia di questa “Île de beauté”.
Ne deriva la necessità che si sviluppi un concetto di laicità non statico e ingessato, ma evolutivo, dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio. Benedetto XVI ha affermato: sana laicità «significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire quest’ultima con gli apporti della religione, mantenendo tra loro una necessaria distanza, una chiara distinzione e la necessaria collaborazione tra le due. […] Una tale laicità sana garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose. Per questo la sana laicità (unità-distinzione) è necessaria, anzi indispensabile a entrambe» (Esort. ap. postsin. Ecclesia in Medio Oriente, 29). Così Benedetto XVI: una sana laicità, ma accanto una religiosità. Si rispettano i campi.
In questo modo si potranno liberare più energie e più sinergie, senza pregiudizi e senza opposizioni di principio, in un dialogo aperto, franco e fecondo.
Carissime sorelle e fratelli, la pietà popolare, che qui in Corsica è molto radicata – e non è superstizione –, fa emergere i valori della fede e, allo stesso tempo, esprime il volto, la storia e la cultura dei popoli. In questo intreccio, senza confusioni, trova forma il dialogo costante tra il mondo religioso e quello laico, tra la Chiesa e le istituzioni civili e politiche. Su questo tema, voi siete in cammino da molto tempo, è una tradizione vostra, e siete un esempio virtuoso in Europa. Andate avanti! E vorrei incoraggiare i giovani a impegnarsi ancora più attivamente nella vita socio-culturale e politica, con lo slancio degli ideali più sani e la passione per il bene comune. Come pure esorto i pastori e i fedeli, i politici e coloro che rivestono responsabilità pubbliche a restare sempre vicini al popolo, ascoltandone i bisogni, cogliendone le sofferenze, interpretandone le speranze, perché ogni autorità cresce solo nella prossimità. I pastori devono avere queste vicinanze: vicinanza a Dio, vicinanza con gli altri pastori, vicinanza ai sacerdoti, vicinanza ai popoli, che sono così vicini. Questi sono i veri pastori. Ma il pastore che non ha questa vicinanza, neppure alla storia e alla cultura, è semplicemente “Monsieur l’Abbé”. Non è un pastore. Dobbiamo distinguere questi due modi di svolgere la pastorale.
Auspico che questo Congresso sulla pietà popolare vi aiuti a riscoprire le radici della vostra fede e vi sproni a un rinnovato impegno nella Chiesa e nella società civile, al servizio del Vangelo e del bene comune di tutti i cittadini.
Maria, Madre della Chiesa, vi accompagni e vi assista nel vostro cammino. Grazie, tante!
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Vedi anche i post precedenti:
- Papa Francesco, nella vigilia del suo viaggio ad Ajaccio, sosta in preghiera silenziosa a Santa Maria Maggiore e poi si sofferma con i figuranti del “Presepe vivente di Roma”
- VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO AD AJACCIO - Il Papa in Corsica, prima volta di un Pontefice sull'isola francese - Arrivo e accoglienza (Cronaca, foto e video)