Vita eterna:
la gloria della nostra carne
di Enzo Bianchi
Sembra che la resurrezione della carne, la resurrezione dei nostri corpi, sia l’elemento più strano che la fede cristiana chiede di credere. Non a caso, dalle analisi sociologiche condotte sulla fede degli italiani risulta che, se la maggior parte della popolazione crede in Dio, neanche il 20% crede nella resurrezione della carne. Occorrerebbe domandarsi che qualità cristiana ha questa fede, che in verità sembra piuttosto una certa credenza in un Dio, in un essere superiore, credenza neppure degna di essere classificata come teista. Eppure ogni domenica nella professione di fede che i cattolici fanno all’interno della celebrazione eucaristica si confessa: “Credo la resurrezione della carne, la vita eterna” (Simbolo apostolico), oppure: “Aspetto la resurrezione dei morti” (Simbolo niceno-costantinopolitano)…
Quando poi si ascoltano i pensieri dei cristiani sull’aldilà, sovente si resta imbarazzati sentendoli parlare di reincarnazione (espressione sconosciuta fino a un secolo fa e introdotta con il fenomeno dello spiritismo), come se questo fosse il vero desiderio che li abita: vivere altre vite, altre esperienze. È questo un modo per rimuovere la verità della morte, oppure è un sogno di immortalità? Questi cristiani che spesso pensano la reincarnazione come una credenza religiosa orientale non sanno, tra l’altro, che nell’induismo e nel buddhismo la reincarnazione significa una condanna, perché la salvezza si attua proprio attraverso una lunga disciplina durante la vita, la quale permette di uscire dal ciclo delle reincarnazioni che rappresentano sempre un fallimento! Questi cristiani si ispirano forse alla migrazione delle anime, concepita da Platone all’interno di un’ideologia dualista secondo cui l’essere umano sarebbe composto di un elemento immortale, l’anima, e di uno corruttibile, il corpo?
Certamente i novissimi, le realtà ultime, cioè morte, giudizio, inferno e paradiso, non sono molto presenti nella predicazione e nella catechesi, e per questo si fa urgente la riproposizione di questi temi essenziali per la fede cristiana, anche per impedire derive spiritualiste e devote, che rispondono alle curiosità e non agli autentici bisogni di fede dei cristiani. La fede nella resurrezione della carne è il cuore della fede cristiana, perché indissolubilmente legata alla fede nella resurrezione di Gesù Cristo. Già l’Apostolo Paolo, di fronte alle difficoltà mostrate a questo riguardo dai primi cristiani provenienti dal mondo greco, asseriva con forza: “Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede … Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini” (1Cor 15,16-17.19).
Di fronte a questa fede dei cristiani, la critica di chi non crede può anche essere feroce: il credere alla resurrezione sarebbe soltanto un artificio per negare la realtà della morte; sarebbe soprattutto, per gli spiriti deboli, un modo di raggiungere nell’aldilà ciò che non hanno saputo essere nell’al di qua; sarebbe una preoccupazione egocentrica, una non accettazione del fatto che nel mondo tutto nasce, cresce e muore. Oppure sarebbe una forma di rassegnazione, una via per evadere dal duro mestiere di vivere, mettendo la speranza solo nell’aldilà… Queste critiche dovrebbero essere prese sul serio, dovrebbero stimolarci a un esame approfondito della nostra fede e del modo in cui la presentiamo. Perché sovente la nostra attuale non-fede nelle verità cristiane essenziali dipende anche dal modo in cui per secoli sono state presentate: a volte dando a Dio un volto perverso, a volte immaginando una giustizia di Dio secondo i nostri sentimenti, a volte finendo per disprezzare questo mondo, la vita terrestre, e generando nel cuore dei credenti paura e angoscia, invece che fiducia e franchezza...
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