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mercoledì 26 giugno 2013

Giornata mondiale a sostegno delle vittime di tortura

Mettiamo la parola fine alla tortura nel mondo, sosteniamo e assistiamo tutti coloro che l’hanno subita e sollecitiamo affinché i paesi provvedano a riparare quanto sopportato dalle vittime. E’ la sintesi del messaggio che il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon ha inviato in occasione dell’odierna Giornata a sostegno delle vittime di tortura, aberrante pratica distribuita ad oggi in 112 Paesi del mondo, ben 11 in più dello scorso anno, come indicato da Amnesty International. Le vittime, chiunque esse siano, bambini donne o uomini, restano marchiate da ferite e traumi indelebili, annichilite dalla perdita della loro identità sociale, politica e culturale. 
La tortura si pratica in molti Paesi preda di conflitti, ma si insinua anche nelle pieghe più nascoste delle nazioni più democratiche. Si pensi all’Italia che non ha ancora introdotto la tortura come reato specifico del suo codice penale, una grave mancanza giuridica che continua da tempo ad essere denunciata dalle associazioni che si battono per la difesa dei diritti umani. Tra queste vi è il Cir, Consiglio Italiano per i Rifugiati, che dal 1996 gestisce progetti mirati alla riabilitazione dei sopravvissuti alla tortura. Un rifugiato su tre di coloro che arrivano in Italia ha subito esperienza di tortura. E fino ad oggi il Cir ha assistito circa tremila persone. Fiorella Rathaus, responsabile dei progetti Cir diretti alle vittime di tortura:
Ascolta il servizio di Francesca Sabatinelli per Radio Vaticana: Giornata contro la tortura: si pratica in oltre 110 Paesi (audio)

Nella Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura, stride ancor di più il vuoto legislativo del nostro Paese: il codice penale italiano non prevede ancora il reato di tortura

... Nella Giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura, che cade il 26 giugno, il caso dell'Italia è emblematico. Nel 2013 il nostro Paese non ha ancora introdotto la tortura come reato specifico previsto nel Codice penale, nonostante l'obbligo direttamente derivante dalle Convezioni internazionali. Violenza esercitata volontariamente da uomini su altri uomini, di questo si tratta quando si parla di tortura.
In Italia il problema della tortura è evidentemente (o volutamente) sottovalutato, e troppo spesso è ancora avvolto da un silenzio che infierisce ulteriormente su chi della tortura è stato vittima. E solo terribili episodi di cronaca nera, come i recenti casi Cucchi e Uva o le violenze nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001, portano il tema all'attenzione dell'opinione pubblica. 
E se un trattamento inumano e degradante si qualifica come tortura, come si può chiamare il trattamento a cui sono sottoposti migliaia di detenuti in Italia? Inoltre, la tortura è un tema di strettissima attualità, anche da un altro punto di vista: per esempio un rifugiato su tre, fra quelli che arrivano in Italia, ha personalmente subito esperienze di tortura. Spesso, proprio per sfuggire a persecuzioni disumane nel loro Paese, uomini e donne hanno intrapreso un viaggio senza certezze e proprio a causa delle torture subite ricevono lo status di rifugiati quando sono in esilio.
Tortura quindi non è solo violenza fisica. Anzi, spesso sono altre le ferite più profonde e le più difficili da rimarginare: la perdita dell'identità familiare, legale, economica, politica, culturale, sociale. La perdita della dignità personale...