La domanda sull'identità di Gesù.
Una domanda cruciale.
Omelia di don Angelo Casati
nella 12ª Domenica del Tempo Ordinario
Prova a dirlo usando -forse scandalizzo qualcuno- uscendo dalle formule sacre, quelle canoniche, che sono vere, ma spesso logore, fatte d'abitudine, prova a dirlo con parole tue. Chi sono io per te?
Ecco questo è il punto.
E Pietro risponde: "Sei il Cristo di Dio". Sei l'Unto, -Cristo significa unto- sei l'Unto di Dio, sei il Messia. Non sei uno della serie dei profeti, o, sì lo sei anche, ma tu sei uno fuori dalla serie, sei il Messia. Per secoli i nostri padri hanno parlato di un giorno futuro, quello del Messia. Verrà il giorno... ebbene quel giorno è venuto, è oggi per noi.
Ma proprio perché la professione di fede non è una questione di parole, Gesù, sconcertando, mette silenzio anche sulla definizione giusta, ortodossa, di Pietro: "Ammonendoli ingiunse di non dirlo a nessuno, dicendo: "Il Figlio dell'uomo deve patire molte cose ed essere riprovato dagli anziani e gran sacerdoti e scribi ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno"".
Come se Gesù volesse metterci in guardia dalle professioni di fede che sono "dire il suo nome", ma staccandolo dalla sua storia. Diventa ambiguo anche il termine più ortodosso, se stacchiamo Gesù dalla sua storia, dalla sua storia di "trafitto". Ma perché trafitto? Perché riprovato dal potere religioso, politico, culturale? Che cosa difendeva Gesù? Chi difendeva?
Sono le cose che difendiamo noi? O noi ci accontentiamo di dire: è il Messia, è il Figlio di Dio e difendiamo altre cose? Però ci proclamiamo cattolici ortodossi...
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