Enzo Bianchi
Dare a Cesare quello che è di Cesare
C’è una singolarità della postura dei cristiani nel mondo che non può essere taciuta, tantomeno oggi: una posizione singolare, forse anomala, ma che porta i cristiani a considerare lo Stato come una necessità nella vita della polis e nello stesso tempo chiede ai cristiani di restare vigilanti, critici di fronte allo Stato. Mai lo stato può diventare un idolo, né lo può la nazione, e neppure un governo che volesse dirsi cristiano.
Fin dalle origini della Chiesa i cristiani hanno scelto nei confronti dello Stato il riconoscimento e la lealtà. Per l’apostolo Paolo, lo Stato esercita un potere necessario per mantenere la pace sociale e assicurare la giustizia, e per questo scrive: “Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi le tasse pagate le tasse, a chi il tributo il tributo, a chi il rispetto il rispetto...”. Parole nella scia di quelle di Gesù riportate nei Vangeli: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. A chi pensava di non dover pagare le tasse a Roma, all’imperatore, Gesù chiede di pagarle senza evasioni possibili.
D’altronde, quando lo Stato viene a mancare o si indebolisce – lo possiamo constatare in paesi che si affacciano al nostro Mediterraneo – allora deflagra il caos e di conseguenza la violenza. Dove non c’è lo Stato proliferano le bande. E per esercitare efficacemente la sua funzione lo Stato ha bisogno di risorse che provengono soprattutto dal pagamento delle tasse. Ma il nostro paese sembra incapace di comprendere questa semplice verità e tende invece a dimenticarla vedendo nelle tasse un furto che lo Stato opera nei confronti dei cittadini, o per lo meno, un obbligo che si può facilmente evadere. Come siamo lontani dal comprendere il principio anglosassone: “Nessuna tassa senza rappresentanza” e “nessuna rappresentanza senza tasse”!
Uno dei più seri, lucidi e preparati maestri dell’economia che abbiamo avuto, Tommaso Padoa-Schioppa, disse che era “bellissimo” il fatto di pagare le tasse. Venne deriso da quelli che promettono sempre di abbassarle o toglierle e continuamente smentiscono le loro parole o meglio le loro pagliacciate urlate. Certo, costoro, che hanno solo parole di maledizione delle tasse, hanno smarrito ogni etica civile, non hanno nozione di cosa sia il bene comune e di fatto aizzano a delinquere.
E poi, diciamolo con chiarezza: noi paghiamo le tasse anche perché lo Stato possa garantire i nostri diritti come l’istruzione e la sanità, i quali hanno un prezzo, non foss’altro il prezzo dell’intervento dello Stato che li rende possibili, li difende, li protegge. Tutte le nostre libertà, quelle di cui già usufruiamo e quelle che invochiamo, hanno un costo che ogni cittadino deve assumersi e onorare mediante le tasse. Queste convinzioni dovrebbero essere inculcate nell’educazione delle nuove generazioni, altrimenti si continuerà ad accusarci reciprocamente di evadere le tasse, a vederci rimproverare tale vizio tipicamente italiano (una piaga in alcune regioni del nostro paese), sempre continuando a esercitarci nell’arte dell’evasione.
Il senso di appartenenza comune – dove l’essere insieme è un fatto storico, culturale, ed è un orizzonte, una visione per il domani del mondo – si rafforza e rende fecondo dando qualcosa di quello che si ha, di quello che si produce o si guadagna, per il bene comune. Io sono italiano anche perché pago le tasse, puntualmente a favore di tutti, per la libertà di tutti.
(fonte: blog dell'autore)