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martedì 15 ottobre 2024

Profughi in Albania, trasferiti o deportati? - La forte preoccupazione di Amnesty International Italia per possibili violazioni dei diritti umani


Profughi in Albania, trasferiti o deportati?

La nave Libra della Marina Militare è attesa nel Paese balcanico dove i richiedenti asilo sbarcati verranno trasferiti nei centri allestiti a Schengim e Gjader in base al recente accordo tra i premier Giorgia Meloni ed Edi Rama. Nonostante la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sui paesi sicuri. Un investimento e una spesa di circa un miliardo di euro fino al 2028


Un centro di trattenimento con annessa una prigione in Albania per trasferire i migranti in cerca di salvezza a Lampedusa o in qualche luogo imprecisato nel Mediterraneo Centrale. Dopo aver assistito alle innumerevoli prove di forza dei recenti governi di centro destra nei confronti dei migranti, puntualmente stroncate dalla magistratura e dal diritto europeo, dal carico residuale alle selezioni forzate si è già passati ai centri di Schengiim e Gjader ai confini del mondo.

Dopo la fresca inaugurazione del sito, un’ex area dell’aeronautica militare albanese, la nave Libra della Marina Militare è già in viaggio per portare i primi migranti in Albania con le dovute operazioni di selezione a bordo. Valutando cioè la provenienza delle persone soccorse da quelli che l’Italia considererebbe Paesi sicuri, maschi e soggetti non vulnerabili. Nonostante la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea stabilisce che un paese sicuro può dirsi sicuro solo se lo è per intero. Le strutture prevedono un centro di richiedenti asilo (880 posti), un Cpr (144 posti) e un penitenziario destinato secondo quanto riferisce il Ministero dell’interno a coloro che verranno sorpresi a commettere reati. Il centro in base all’accordo tra i due premier Giorgia Meloni ed Edi Rama è quindi già operativo e la nave Libra che avevamo visto soccorrere e trasferire in Italia migranti durante l’operazione Mare Nostrum si prepara oggi ad essere il primo mezzo navale a trasferire i migranti soccorsi e selezionati in Albania.

«Ci sono delle ragioni che molto probabilmente porteranno il Tribunale di Roma a non convalidare i trattenimenti che verranno predisposti. Proprio poche settimane fa la Corte di giustizia Ue ha ridefinito il concetto di paese sicuro e questo significa che l’elenco dei paesi sicuri stabiliti dall’Italia potrebbe non corrispondere. Il diritto dell’Unione europea prevede inoltre che la detenzione amministrativa dei migranti sia da considerarsi una estrema ratio e viene a mancare il rispetto del diritto di difesa. Come queste persone avranno un contatto diretto con l’avvocato? Abbiamo visto che questo diritto vacilla nei Cpr, figuriamoci come andrà adesso», spiega Luca Masera, professore di Diritto Penale all’Università di Brescia e socio dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione). «Credo che tutte queste ragioni siano molto chiare al Governo, ma credo che per il Governo non rappresentano un grosso problema. È un modo per dire: noi le soluzioni le abbiamo ma i magistrati che fanno politica ci impediscono di realizzarle. E questo è un meccanismo pericolosissimo in uno stato di diritto», aggiunge Masera.

Per Monisgnor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, e Presidente Cemi e Fondazione Migrantes della CEI, il luogo scelto dall’Italia per «accogliere» i migranti rimanda «ai luoghi dove viene meno la tutela della dignità della persona. Noi sappiamo che sui Cpr ci sono già state condanne dal 2001» dice Perego che ricorda la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue. A vacillare è anche il diritto d’asilo: «Sappiamo che in Italia si aspetta fino a due anni per veder esaminata la richiesta. Come potrà avvenire questo in Albania in 4 settimane?», e sulla prigione annessa aggiunge: «il timore che lì potrebbe andarci anche solo chi è autore di una semplice manifestazione non violenta». Tra i rischi quelli di veder divisi anche nuclei familiari: «Chi terrà conto della tutela al diritto di famiglia di queste persone, minori, donne o persone con disabilità?», conclude Monsignor Perego. Così l’esternalizzazione diventa prigione.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Alessandro Puglia 14/10/2024)

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Accordo Italia-Albania:
operativi i due Centri per persone migranti


Il governo italiano ha annunciato che sono diventati operativi i due Centri per le persone migranti costruiti dall’Italia in Albania, segnando così l’avvio del piano concordato nel Protocollo Italia-Albania firmato nel novembre 2023. Nelle strutture di Shengjin e Gjader verranno vagliate, sul suolo albanese ma sotto giurisdizione italiana ed europea, le richieste di asilo delle persone migranti, e verranno trattenute le persone in attesa di espulsione e rimpatrio, con un’applicazione extraterritoriale della detenzione amministrativa.


Amnesty International Italia ha ribadito forte preoccupazione riguardo alle possibili violazioni dei diritti umani legate alle misure previste dal Protocollo, in particolare per quanto riguarda il trattenimento generalizzato, la detenzione automatica e le operazioni di ricerca e soccorso in mare, ritenendole una violazione, da parte dell’Italia, dei suoi obblighi internazionali. Tali misure, le cui conseguenze gravano soprattutto su persone razzializzate, si inscrivono nel modello di esternalizzazione alla base delle politiche non solo nazionali, ma anche europee, messe in atto con accordi bilaterali come il Protocollo Italia-Albania, il MoU Ue-Tunisia e Italia-Libia. Già mesi fa Amnesty International Italia aveva segnalato i rischi legati al rispetto dei diritti umani, in un’analisi pubblicata lo scorso gennaio: 

1. Rischio di violazioni del diritto alla vita e all’integrità fisica delle persone in pericolo in mare

L’accordo potrebbe prolungare i tempi di sbarco per le persone soccorse in mare da navi delle autorità italiane, portandole in Albania anziché nei porti più vicini. Questo allungamento dei tempi di navigazione rischia di aumentare le sofferenze dei naufraghi, come conseguenza dei pericolosi viaggi che intraprendono in assenza di canali regolari e sicuri, e potrebbe costituire una violazione degli standard internazionali di ricerca e soccorso, in particolare del dovere di sbarcare le persone nel primo porto sicuro.

2. Rischio di violazioni dei diritti di minori e persone vulnerabili, come le donne in stato di gravidanza, i sopravvissuti alla tratta e alla tortura e altri individui bisognosi di cure specifiche

Il Protocollo non contiene disposizioni chiare su come verranno identificate le persone vulnerabili, come i minori o le donne in gravidanza, né sul luogo dove avverrà tale identificazione – se a bordo delle navi o a terra. La mancata chiarezza su questi aspetti potrebbe comportare che individui vulnerabili subiscano detenzione automatica e prolungata, in violazione dei loro diritti, secondo le leggi italiane e internazionali.

3. Rischio di violazioni del diritto alla libertà personale

L’accordo prevede la detenzione automatica di chi viene trasferito in Albania, incluso chi richiede asilo. La detenzione generalizzata, che può durare fino a 18 mesi, è una misura arbitraria e quindi illegale. Secondo il diritto internazionale, la detenzione deve essere un’eccezione, non una norma, e deve essere convalidata dal giudice sulla base di valutazioni individuali, come riportato anche nel report “Libertà e dignità: osservazioni sulla detenzione amministrativa delle persone migranti e richiedenti asilo in Italia”, pubblicato lo scorso luglio da Amnesty International Italia.

4. Altri rischi di detenzione arbitraria

Le persone detenute in Albania potrebbero affrontare ostacoli nell’accesso ai ricorsi legali a causa delle difficoltà logistiche e burocratiche legate alla distanza. La mancanza di meccanismi chiari per la liberazione delle persone vincenti nei ricorsi potrebbe prolungare ulteriormente la loro detenzione. Inoltre, la detenzione potrebbe persistere anche dopo la decisione giudiziaria, a causa del tempo necessario per organizzare il trasferimento in Italia.

5. Rischio di violazioni del diritto di asilo e delle relative garanzie procedurali

L’ubicazione dei centri in Albania potrebbe compromettere l’accesso effettivo alle procedure di asilo e all’assistenza legale, riducendo le garanzie per i richiedenti asilo. La distanza tra i centri e le autorità italiane potrebbe inoltre portare a discriminazioni tra chi fa domanda di asilo in Albania e chi in Italia, minando il principio di equità delle procedure di asilo.
(fonte: Amnesty Italia 14/10/2024)