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sabato 22 novembre 2014

"Al centro l’amore" di Antonio Savone


Per prepararsi alla domenica
(Solennità di Cristo Re)

Al centro l’amore
di Antonio Savone


Sembrerebbe un vangelo laico quello odierno. Nulla di confessionale o di religioso, immediatamente. Tutto dal versante dell’uomo, della vita, delle relazioni intrattenute. E paradossalmente, proprio perché tutto dal versante dell’uomo, anche tutto dal versante di Dio. Il senso della vita in quello che siamo stati capaci di condividere con fratelli e sorelle in umanità. E noi che per anni abbiamo teorizzato cosa fare finalmente per avere accesso a Dio.

Anche alla fine il Signore Gesù non cessa di sorprenderci. Di domenica in domenica abbiamo provato a seguirne le orme accogliendo di volta in volta la bellezza e il fascino di una parola che mentre ci rivelava il volto di un Dio che si fida dell’uomo, ci portava fuori dal nostro piccolo cabotaggio.

Ora, all’ultimo appuntamento dell’anno liturgico, ci aspetteremmo chissà quale consegna, chissà quale messaggio. E lui, ancora una volta, anche stavolta, con la forza sorprendente della sua parola ci consegna una lettura della storia a partire dalla fine. E così racchiude tutto in cinque parole: lo avete fatto a me. Tutto qui. Al centro l’amore: un amore declinato attraverso il prendersi cura, l’avere occhi, gesti, mani, attenzione per chiunque incrocia i nostri passi facendosi mendicante. Ecco ciò che rimane, ciò che è definitivo, ciò che conta e ciò per cui vale la pena spendere la propria vita.

Viene il regno di Dio tutte le volte in cui qualcuno mette tutta la propria passione nel riscatto e nella riconciliazione degli uomini. Viene il regno di Dio quando qualcuno è riportato alla vita ed è restituito alla dignità di poter ancora sperare. Quando questo accade, lì risplende la regalità di Dio. Lì c’è Dio. Ne siamo o meno consapevoli.
...

Vangelo stravolto quando si è preteso di leggere la regalità di Cristo in termini trionfalistici, quando per contrastare un totalitarismo politico si è creduto di dover contrapporre un totalitarismo religioso finendo per perdere di vista il monito del Signore quando ai discepoli che rivendicavano titoli di onori e primi posti aveva detto: non così tra voi.

Tanto diverso – vangelo alla mano – il modo in cui Gesù ha esercitato la sua regalità. Catino in mano, asciugatoio ai fianchi, in ginocchio anche davanti al traditore. La regalità di chi si sottomette all’impegno di prendersi cura dei suoi. Fino alla fine. Così regna il nostro re, abdicando a ogni forma di esercizio del potere che possa avere anche solo la parvenza di schiacciare l’altro. I veri signori – secondo il nostro sentire comune – non finiscono mai in croce. Essi comandano e basta. Tutto il resto è debolezza. E invece quei gesti durante la cena simbolo e profezia di quanto sarebbe accaduto l’indomani: non voler prevaricare. A tutti i costi. Per questo regnavit a ligno Deus. Dio regna dalla croce, regna cioè nella gratuità di un amore offerto anche quando non è riconosciuto e accettato. Un amore che mai fa appello alla pretesa di una restituzione o di un contraccambio: esso continua solo a dare se stesso. Regna rinunciando all’esercizio della forza che umilia e annienta.

Al centro l’amore…

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