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giovedì 27 marzo 2014

"Morire per mancanza di apprezzamento" di don Antonio Savone



Morire per mancanza di apprezzamento
Giovedì III settimana di Quaresima
di don Antonio Savone 




Ger 7,23-28
Sal 94
Lc 11,14-23


Aveva ridato la parola a un muto mentre operava con il dito di Dio. Di solito i demoni strepitano, in questo caso, invece, si tratta di un demonio muto che rende muti. Non sempre il male si esprime con una parola maldestra o offensiva. Talvolta assume anche il volto di un silenzio apparentemente inoffensivo ma terribilmente distruttivo. È un male una verità non ricordata, è un male una difesa omessa o rinviata, è un male un grazie non offerto, un incoraggiamento negato. A volte crediamo che sia meglio tacere per rispetto e per carità fraterna. Forse, non poche volte, dietro un certo silenzio c’è un infantilismo (in/fanti perché non sappiamo parlare) che avvilisce.
Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto. Il prologo del vangelo di Gv racchiude in questa brevissima espressione il mistero del rifiuto del Cristo di Dio. Accostiamo la parola del Vangelo con l’atteggiamento di chi si chiede se per caso le cose non si ripetano nella nostra esistenza.
...
La vita di ognuno di noi è divisa in se stessa quando a guidarci è lo spirito di superbia, di ribellione e di sufficienza di sé.
C’è una macchinazione del nemico – ci ricorda oggi la Parola di Dio – che ha come suo primo passo quello di rendere l’uomo sordo alla Parola di Dio, ma il vero intento è quello di rendere l’umanità muta davanti a Dio. Per questo Geremia, in maniera accorata, si fa portavoce del desiderio di Dio per noi: “Ascoltate la mia voce… camminate sempre sulla strada che vi prescriverò…”. L’ascolto si fa cammino.
È vero ciò che scriveva A. J. Heschel: «L’umanità non perirà per mancanza di informazione, ma per mancanza di apprezzamento. L’inizio della nostra felicità sta nel comprendere che una vita senza meraviglia non vale la pena di essere vissuta. Quello che ci manca non è la volontà di credere, ma la volontà di meravigliarci». Può accadere – e accade – di trovarsi di fronte al bene e non solo non riconoscerlo ma addirittura negarlo. Non è forse un bene che un uomo bloccato nella parola inizi a parlare? Eppure, per qualcuno non è così. C’è una invincibile indisponibilità a vedere perché c’è una invincibile indisponibilità ad ascoltare finendo per concludere che la vita coincida con quello che vedo io e con quello che sento io. È più facile rendersi complici del male che diventare facilitatori di bene.
Non poche volte si è convinti di stare dalla parte di Dio perché ci si fa sostenitori di determinate battaglie. Gesù, però, ci restituisce qual è il criterio del nostro essere dalla parte di Dio: quando si è dalla parte dell’uomo, soprattutto quando questi ha bisogno di essere restituito alla pienezza della vita. Quante discussioni infinite finiscono per bloccare l’anelito alla vita di tante persone! È più facile discettare sterilmente che aprirsi a una solidarietà feconda.