Riflessione di Enzo Bianchi
sul Vangelo della domenica
VIII domenica del Tempo Ordinario anno A
Mt 6,24-34
Ancora un brano del discorso della montagna nel vangelo secondo Matteo, un brano nel quale il discepolo è posto di fronte a un’alternativa: o servire il Signore, il Dio vivente, o servire l’altro signore onnipresente nella vita degli uomini.
Chi è l’altro padrone? Mamôn, termine aramaico conservato nel vangelo perché veniva dalla bocca stessa di Gesù, che significa denaro, possesso, ricchezza, personificati come un idolo in cui si mette fiducia. Gesù ne parla come di un avversario di Dio, come di un demonio potente, come del “principe di questo mondo”, secondo il quarto vangelo (Gv 12,31; 16,11). Lo presenta come un signore che chiede di essere servito, dunque un signore che rende schiavi.
Qui occorre operare un discernimento: Gesù non condanna il denaro in se stesso, come “strumento” per lo scambio, ma lo condanna perché può causare un’alienazione in chi lo possiede e soprattutto lo accumula.
Non il denaro in sé, ma i rapporti di schiavitù che la ricchezza genera sono denunciati da Gesù come impedimento alla libertà e alla verità umane. Per questo Gesù ha potuto gridare: “Guai a voi, ricchi!” (Lc 6,24) e: “Beati a voi, poveri!” (Lc 6,20), e ha potuto chiedere di non accumulare tesori sulla terra, perché al tesoro delle ricchezze si attacca il cuore (cf. Mt 6,19-21). Questa denuncia di Gesù è sempre attuale ed è un invito alla lotta contro la pulsione del possesso che abita il cuore umano: è facile credere che il denaro sia fonte di gioia e di salvezza, che dal denaro dipenda la nostra vita…