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domenica 23 marzo 2014

21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno Veglia di preghiera con Papa Francesco / 2 (testi, foto e video)


21 Marzo Gior­nata nazio­nale della memo­ria e dell'impegno
Veglia di preghiera con Papa Francesco

Prima si sono presi per mano, lui e Papa Francesco. Poi il prete più amato dall'altra Italia gli ha detto: "Pensavo di trovare un padre e invece ho trovato anche un fratello". Ci confesserà pochi minuti dopo Luigi Ciotti: "È stato un momento storico, io al Pontefice gli avevo appena ricordato che non sempre la Chiesa è stata attenta alla mafia".

«Emanuele Notarbartolo, Emanuela Sansone, Luciano Nicoletti...», l’elenco comincia dal 1893 e sembra non finire più, ottocentoquarantadue nomi di vittime innocenti delle mafie che genitori e figli, sorelle e fratelli, mogli e mariti, le lacrime in gola, sillabano per una quarantina di minuti nella parrocchia romana di San Gregorio VII, mentre Francesco ascolta a capo chino, gli occhi socchiusi, come raccolto in preghiera. Da tutta Italia, radunati dall’associazione Libera di don Luigi Ciotti, sono arrivati ieri pomeriggio più di novecento familiari a rappresentare i quindicimila cui le mafie hanno ucciso le persone più amate. Finché il Papa, prima di recitare il Padre Nostro indossando e baciando la stola di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe assassinato vent’anni fa dalla camorra, interviene e va oltre il testo scritto e mormora: 

Le parole e i segni contano molto per i mafiosi. Soprattutto certe parole e certi segni. 
Per questo, come hanno sottolineato ieri in molti, le parole di Papa Francesco e i segni della veglia di preghiera coi familiari delle vittime innocenti di tutte le mafie, sono di quelli che contano davvero. Anche per i mafiosi. E che resteranno.
Quel “convertitevi ve lo chiedo in ginocchio” che ricorda l’appello di Paolo VI alle Brigate rosse. Quel cambiate vita, c’è ancora tempo per non finire all’inferno” che evoca il grido di Giovanni Paolo II nella valle dei templi. Quel rivolgersi “agli uomini e alle donne mafiose”.
Ma anche quel ringraziare i familiari “per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi”. È il riconoscimento del lungo lavoro di Libera e del suo fondatore don Luigi Ciotti, quel cammino al fianco di tante persone, per trasformare il dolore in impegno, la memoria in cambiamento... 


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Prima della benedizione finale nella veglia con i familiari delle vittime di mafia, don Luigi Ciotti ha consegnato a papa Francesco la stola che era di don Giuseppe Diana, il prete assassinato dalla camorra a Casal di Principe, di cui due giorni fa è ricorso il ventesimo anniversario della morte. Francesco l'ha quindi indossata, impartendo poi la benedizione finale

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