Enzo Bianchi
Impariamo a riposare
La Repubblica - 22 Luglio 2024
Siamo ormai nel tempo delle vacanze, un tempo vuoto che dobbiamo riempire, un tempo alternativo a quello quotidiano che viviamo e dal quale prendiamo le distanze interrompendolo. Di fatto, la nostra cultura è ispirata dalle prime pagine del Grande Codice, la Bibbia, che dichiara perentoriamente che Dio per creare il mondo ha lavorato sei giorni, dalla creazione della luce alla creazione del terrestre, l’Adam, ma il settimo giorno ha riposato, ha fatto shabbat. Anche per noi come per Dio, l’opera, l’azione non è conclusa se non interrompendola per prenderne le distanze, contemplarla, vederla e giudicarla. Vacanze, dal latino vacare, significa certamente far niente, ma un far niente per dedicarsi intensamente a fare qualcosa. Nel nostro caso, a far cosa? A riposare. Questa dovrebbe essere la vera attività delle vacanze, perché gli umani hanno assolutamente bisogno di distanziarsi dalla loro azione, devono ritemprare le loro forze, devono soprattutto prendere consapevolezza di quel che sono e di ciò che fanno. Ma riposarsi non è, in realtà, facile, e questo lo sappiamo tutti: siamo sedotti dall’attivismo, siamo preda del lavoro che facciamo, siamo assorbiti da un vortice di impegni che noi crediamo urgenti e che ci impediscono il “lasciare la presa”, anche momentaneo.
Purtroppo, ognuno di noi si presenta agli altri per quello che fa e non per quello che è, così quando uno fa niente è assalito dall’angoscia: chi sono io? Fare niente per molti è uno sforzo, una fatica notevole e addirittura un vortice di angoscia quando si ritrovano nella solitudine e nel silenzio. È ciò che Pascal nei pensieri giudica essere il più grande male nella vita di una persona. Ma questo riposo, questo far niente può essere in realtà la condizione nella quale si diventa di più se stessi: un cammino di umanizzazione. Il riposo dunque lo si impara. Per crescere in umanità occorre conoscere se stessi, imparare a discernere quella voce che abita ogni umano nelle profondità del suo cuore: è una voce reale anche spesso avvolta dal silenzio, ma è una voce che è presente, ed è la voce che appartiene all’umanità. Alcuni la chiamano voce di Dio, altri semplicemente voce dell’autentica vocazione umana, poco importa, quella voce c’è e va ascoltata. Chi si esercita a trovare riposo, veramente a vacare la percepisce come un timone per la propria vita. Il catalogo delle virtù del nostro mondo sembra tener conto del lavoro, dell’azione, di ciò che si fa e si opera nella vita, ma dimentica che le posture indispensabili per raggiungere risultati veramente umani sono la contemplazione, il raccoglimento, il silenzio e il pensare. Sono queste che permettono agli umani di accumulare l’energia e la verità di cui l’azione necessita.
Cerchiamo di essere occupati attraverso il riposo, ma vivendo il riposo, ascoltando il silenzio, contemplando la natura, imparando a conoscere il vento e a distinguere il canto degli uccelli. Alberto Moravia in una luminosa raccolta di saggi L’uomo come fine del 1964 affermava che per “ritrovare un’idea dell’uomo, ossia una vera fonte di energia, bisogna che gli uomini ritrovino il posto della contemplazione”. Dunque, vacare, dolce far niente, riposarsi per umanizzarci di più.
(fonte: blog dell'autore)