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giovedì 16 novembre 2023

Ad Assisi tutti i vescovi italiani in processione con le loro fiaccole per testimoniare l'unanime desiderio di pace (cronaca, commento, foto e video)

Ad Assisi tutti i vescovi italiani 
in processione con le loro fiaccole per testimoniare l'unanime desiderio di pace


Ieri sera (15/11/2023), serata precedente alla chiusura dell'assemblea straordinaria della Cei, i vescovi italiani si sono riuniti in preghiera per la pace ad Assisi nel nome di San Francesco.
Nella Basilica di Santa Chiara si è svolto un primo momento liturgico con la celebrazione del Vespro al termine tutti hanno poi raggiunto in processione, e con le fiaccole in mano, la Basilica Inferiore di San Francesco per la Santa Messa e la preghiera sulla tomba di San Francesco nella cripta. Tante fiaccole accese con un unico messaggio: pace!
Ad aprirla una croce in legno seguita dai presuli, molti giovani, scout, semplici cittadini ed anche turisti.





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Da Assisi la preghiera per la pace dei vescovi italiani

In processione nel cuore della città, con le fiaccole accese, da Santa Chiara a San Francesco, e la preghiera sulla tomba del Poverello. Zuppi: «Facciamo nostro il grido di Rachele, di tutte le madri da cui viene un pianto e un lamento grande e non vogliono essere consolate»


Le fiaccole accese nelle mani, e i piedi in cammino, da Santa Chiara a San Francesco, nel cuore di Assisi. La preghiera per la pace dei vescovi della Cei, riuniti nella città umbra per l’Assemblea generale straordinaria, ha toccato le basiliche dedicate ai due giganti della spiritualità improntata alla pace. Nella prima la preghiera dei vespri, guidata dall’arcivescovo di Assisi Domenico Sorrentino, che ha guidato anche la processione verso la basilica inferiore di San Francesco, dove è stato il cardinale presidente Cei Zuppi a presiedere la celebrazione eucaristica, con la preghiera sulla tomba del santo.

«Il cuore di tutti noi è colmo di dolore per le guerre che lacerano il nostro tempo. Questa sera, unendoci all’anelito di pace che si innalza da tutti gli angoli della terra, ci mettiamo in cammino per sostare in preghiera presso la tomba di san Francesco, uomo di riconciliazione e fraternità. Affidandoci alla sua intercessione, supplichiamo Dio Padre, che in Cristo Gesù ha pacificato il cielo e la terra, di allontanare gli orrori della violenza e di donarci giorni di pace». L’invocazione che ha preceduto la processione ha ricalcato la dichiarazione diffusa poche ore prima, al termine della sessione mattutina dell’assemblea dei vescovi. Parole che guardavano al Medio Oriente ma anche all’Ucraina, al Sud Sudan e alle tante guerre dimenticate nel mondo.

Aperta invece con il saluto dei francescani, «Pace e bene», l’omelia del cardinale Zuppi nella basilica inferiore. Un augurio rivolto «specialmente a chi è sprofondato nella notte terribile della violenza e della guerra. Nella confusione e nell’incertezza della nostra vita – ha detto -, il Signore ci chiede di non restare inerti davanti alla violenza, di non di farci mai irretire dalla sua logica, ma di essere con convinzione artigiani di pace».

Al termine della terza giornata dell’Assemblea di Assisi, il presidente Cei ha ricordato a «chi ha tra le mani il destino di interi popoli» che «niente è perduto con la pace. È un ammonimento che sentiamo, però, rivolto a tutti noi. Vogliamo essere liberi dall’orgoglio – ha proseguito -, sapendo che tutto quello che abbiamo ci è donato e diventa nostro solo se ricordiamo che non è per noi. Il male è sconfitto quando liberiamo il cuore dall’uso del potere per sé. Solo chi ama possiede e trova sé stesso. Solo chi perde, trova. Solo chi serve ha il vero potere. Solo chi è umile, compie cose grandi. Solo chi è povero, rende ricchi gli altri e trova la sua ricchezza, il cento volte tanto già oggi dove la tignola non corrode e i ladri non portano via. Solo chi è umile riconosce il prossimo e lo rende prossimo. Solo chi è semplice sa capire ciò che è complicato».

Nelle parole del porporato, «la guerra è una lebbra terribile, che consuma il corpo delle persone e dei popoli, ne fa perdere l’anima, tanto che non si è più capaci di amare, segnati dall’odio, dalle ferite della violenza. Oggi – ha continuato – facciamo nostro il grido di Rachele, di tutte le madri da cui viene un pianto e un lamento grande e non vogliono essere consolate perché “i suoi figli non sono più”. Sono le lacrime di tutte le Rachele, di intere città e popolazioni, della Terra Santa, dell’Ucraina, di milioni di persone. Sono le nostre lacrime, che diventano preghiera insistente e ispirano azioni e scelte di giustizia e di pace».

In un mondo divenuto «un enorme ospedale da campo», da Assisi – dove «è sorto lo spirito che arriva a pensare “Fratelli tutti” – san Francesco «ci ricorda che l’impegno per la pace non è di qualcuno, non c’è mai la pace se il fratello è in guerra», ha commentato Zuppi, rimarcando che «ogni cristiano ha una straordinaria forza di pace. Anche quando la sua parola sembra non generare nulla. La pace e l’amore, il bene, producono sempre pace e bene, quando non lo vediamo. Ed è sempre umile e possibile a tutti». L’invito allora è a liberarsi da «pericolose polarizzazioni che nutrono lo scontro» e a scegliere invece «con convinzione, intelligenza e forza l’unica parte che è quella della pace».

Dal presidente Cei, infine, un monito: «Non si resta a guardare. L’odio produce solo odio e non darà mai sicurezza e pace. Facciamo nostro il grido di Papa Francesco, che in realtà è il grido delle migliaia di bambini uccisi: “Si soccorrano subito i feriti, si proteggano i civili, si facciano arrivare molti più aiuti umanitari a quella popolazione stremata. Si liberino gli ostaggi, tra i quali ci sono tanti anziani e bambini”. Nel cantiere della pace c’è posto per tutti e ognuno, ognuno, ha il suo». Zuppi lo ha ribadito con forza: «Un uomo di pace la dona a tanti intorno a lui, come fece san Francesco. È il nostro impegno per difendere la Casa Comune e perché sia la casa di “Fratelli tutti”. Non è il sogno ingenuo! È l’appassionato sforzo per costruire pezzo per pezzo la pace. E ognuno di noi ha il suo, importante per tutti».

Per chiudere il momento di preghiera, il presidente dei vescovi ha scelto le parole di «un grande vescovo italiano, di cui quest’anno ricordiamo i 30 anni dalla morte» e che è stato «fino alla fine artigiano di pace e cantore dell’amore di Dio»: don Tonino Bello. «Spirito Santo, dono del Cristo morente, fa’ che la Chiesa dimostri di averti ereditato davvero. Trattienila ai piedi di tutte le croci. Quelle dei singoli e quelle dei popoli. Ispirale parole e silenzi, perché sappia dare significato al dolore degli uomini. Così che ogni povero comprenda che non è vano il suo pianto, e ripeta con il salmo: “Le mie lacrime, Signore, nell’otre tuo raccogli”. Rendila protagonista infaticabile di deposizione dal patibolo, perché i corpi schiodati dei sofferenti trovino pace sulle sue ginocchia di madre. In quei momenti poni sulle sue labbra canzoni di speranza. E donale di non arrossire mai della Croce, ma di guardare ad essa come all’antenna della sua nave, le cui vele tu gonfi di brezza e spingi con fiducia lontano».
(fonte: Romasette16/11/2023)

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