La foresta Amazzonica,
polmone della Terra,
brucia ...
#SOSAmazonia
L’Amazzonia, polmone verde della terra, brucia da giorni. Non è un problema locale, ci riguarda tutti, è in ballo il futuro del paneta... è impossibile fare finta di niente!
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Oggi 23 agosto, i gruppi di Fridays For Future di tutto il mondo, tutti uniti dallo stesso simbolo, manifesteranno dinanzi alle rispettive ambasciate Brasiliane.
"... Anche se proveniamo da tante nazioni e tante culture diverse, e abbiamo differenti visioni del mondo, lotteremo uniti per un unico obiettivo: esprimere il nostro sconcerto e la nostra rabbia per le politiche del governo Brasiliano, le quali stanno drammaticamente accelerando la crisi climatica. ..." (Comunicato stampa di Fridays For Future)
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La più grande foresta del pianeta, quella della Regione amazzonica, brucia a ritmi preoccupanti e i vescovi dell'America Latina sentono il dovere di alzare la voce per richiamare l'attenzione su questo dramma. “Consapevoli dei terribili incendi che consumano grandi porzioni di flora e fauna, in Alaska, Groenlandia, Siberia, Isole Canarie, e in particolare in Amazzonia, noi vescovi dell'America Latina e dei Caraibi desideriamo esprimere la nostra preoccupazione per la gravità di questa tragedia", si legge in un comunicato a firma della presidenza del Celam, il Consiglio dei vescovi latinoamericani. La speranza dettata dal Sinodo sull'Amazzonia ormai vicino, continuano i presuli, sembra ora offuscata dal dolore per questa tragedia naturale. Esprimono quindi alle popolazioni indigene del territorio amazzonico la loro vicinanza, mentre uniscono la propria voce alla loro per chiedere al mondo solidarietà e pronta attenzione "per fermare questa devastazione”.
La denuncia contenuta nello Strumento di lavoro del Sinodo
Lo Strumento di lavoro del Sinodo sull’Amazzonia, si legge ancora nel comunicato, avverte profeticamente che in questa foresta di vitale importanza per il pianeta, è stata innescata una profonda crisi a causa di un prolungato intervento dell'uomo in cui predominano la 'cultura della scarto' e una mentalità che mette al centro l’attività produttiva. “Esortiamo i governi dei Paesi amazzonici, in particolare del Brasile e della Bolivia, le Nazioni Unite e la comunità internazionale ad agire seriamente per salvare il polmone del mondo”, scrivono i vescovi, ricordando che ciò che succede in Amazzonia ha una portata planetaria. “Se l'Amazzonia soffre – concludono - soffre il mondo”. ...
La foresta Amazzonica, il polmone della Terra che produce da sola il 20 per cento dell'ossigeno della nostra atmosfera, continua a bruciare su vasta scala, con una intensità senza precedenti. Per questo gli scienziati temono anche che questi incendi diano un colpo terribile alla lotta contro il cambiamento climatico, che proprio nelle foreste equatoriali ha un alleato naturale contro i gas serra.
Il fuoco sta inoltre producendo una gigantesca nube di fumo, che ha raggiunto anche la città di San Paolo del Brasile, a oltre 2700 km di distanza dal fronte degli incendi, con conseguenti rischi per la salute delle persone, che hanno fatto scattare l'allarme dell'OMS. I media locali e gli esperti del clima riportano che la nube di fumo che ha raggiunto la più grande città del Brasile ne ha oscurato il cielo nel primo pomeriggio. L'Organizzazione meteorologica mondiale ha dichiarato su Twitter che secondo le immagini satellitari fornite da Copernicus E.U. (il programma di osservazione della Terra dell'Unione Europea) il fumo degli incendi in Amazzonia stava appunto raggiungendo il Costa atlantica e San Paolo.
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Istituto nazionale brasiliano per la ricerca spaziale, un'agenzia federale di monitoraggio deforestazione e incendi, ha detto che il paese ha visto un numero record di incendi quest'anno, contando 74.155 a partire dal primo gennaio a martedì 20 agosto, un aumento dell'84 per cento rispetto allo stesso periodo del 2018. Il governo sta anche affrontando pressioni internazionali per proteggere il vasto foresta pluviale da disboscamento illegale o attività estrattive.
Le accuse degli ambientalisti e la risposta di Bolsonaro
I gruppi ambientalisti denunciano per questa situazione le scelte del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, accusato di avere volutamente allentato i controlli sulla salvaguardia della foresta, che il politico di estrema destra ha sempre dichiarato di considerare una risorsa per rilanciare l'economia del Paese. Bolsonaro ha replicato insinuando che proprio le Ong ambientaliste siano responsabili dell'ondata di incendi forestali che ha colpito il paese e che per il 52% sono concentrati nella foresta amazzonica.
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La mobilitazione social (ma con le foto sbagliate)
La situazione drammatica degli incendi che stanno devastando la foresta pluviale ha naturalmente suscitato le reazioni di molti che sui social hanno voluto esprimere la propria indignazione. Su Twitter per esempio gli utenti postano con l'hashtag #PrayforAmazonas per incitare alla mobilitazione ma, come emerge dall'opera di 'debunking' di AFP, molti lo fanno con immagini che non c'entrano nulla con l'Amazzonia o non si riferiscono all'ondata di incendi attualmente in corso.
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Tuttavia la mobilitazione per sensibilizzare sugli incendi e sulla deforestazione dell'Amazzonia non rimane relegata solo ai 'social network'. Il movimento Fridays For Future infatti aderisce alla campagna internazionale SOS Amazzonia e gruppi collegati al 'franchising' nato dalla lotta ambientalista di Greta Thunberg manifesteranno dinanzi alle rispettive ambasciate Brasiliane in molti Paesi del Mondo: "Anche se proveniamo da tante nazioni e tante culture diverse, e abbiamo differenti visioni del mondo, lotteremo uniti per un unico obiettivo: esprimere il nostro sconcerto e la nostra rabbia per le politiche del governo Brasiliano, le quali stanno drammaticamente accelerando la crisi climatica" si legge nella nota diffusa dal movimento per annunciare le manifestazioni.
Leggi tutto: L'Amazzonia brucia, il Sole oscurato a San Paolo
L’Amazzonia brasiliana brucia da 19 giorni. Le organizzazioni ambientaliste denunciano che i roghi sono stati causati intenzionalmente con la complicità del governo di Jair Bolsonaro. Questo crimine ambientale porta gravi conseguenze climatiche ed ecologiche che possono avere conseguenze catastrofiche
L’Amazzonia è la regione tropicale più grande del pianeta. È una fitta foresta subtropicale umida, con piccole porzioni di varietà diverse di vegetazione. È stata a lungo riconosciuta come una riserva di funzioni ecologiche non solo per le persone che la abitano, ma anche per il resto del mondo.
Si tratta inoltre del’unica foresta tropicale di quella dimensione e diversità ancora esistente. Produce il 20% dell’ossigeno mondiale ed è la più importante riserva di carbonio dell’America Latina. Da questo punto di vista, rappresenta uno degli strumenti più efficaci nella lotta contro i cambiamenti climatici.
Questo bioma è condiviso tra nove paesi e il Brasile è quello con la porzione di territorio maggiore. Possiede il 28% delle aree naturali protette, che fanno parte del sistema stato, e un altro 23% che sono territori indigeni.
La deforestazione e il disboscamento indiscriminato cercano di espandere le frontiere dell’agricoltura, del pascolo e dell’allevamento del bestiame (per rifornire le esportazioni di carne e soia), alimentano l’estrazione di legname e minerali e promuovono la costruzione di grandi infrastrutture in tutta la foresta.
BRUCIARE PER AFFARI
Farlo nelle aree protette, è illegale, a meno che, naturalmente, la zona che vogliamo abbattere non prenda accidentalmente fuoco. L’Istituto Brasiliano dell’Ambiente e delle risorse naturali rinnovabili (IBAMA) stima che l’80% di tutti i disboscamenti in Amazzonia sia di origine illegale, ma non può fare molto al riguardo. Sebbene il Brasile abbia molte leggi che potrebbero fermare la deforestazione e promuovere l’uso sostenibile delle risorse, il definanziamento subito da questa istituzione ne rende impossibile la regolamentazione.
Solo quest’anno, il Brasile ha registrato 72.843 focolai di incendi rilevati dall’Istituto nazionale di ricerche spaziali (INPE). È la cifra più alta dal 2013, quando questi dati hanno cominciato a essere divulgati, e rappresenta un aumento dell’83% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Da giovedì scorso [15 agosto 2019 – ndt], le immagini satellitari dell’INPE hanno rilevato quasi 10 mila nuovi incendi boschivi nel paese, principalmente nel bacino amazzonico dove sono state colpite 68 riserve protette. Sebbene siamo comunque nella stagione secca e la probabilità sia maggiore, l’incidenza è talmente alta che i funzionari del governo hanno assicurato che sono intenzionali.
Non sorprende nemmeno che l’espansione degli incendi dolosi coincida con l’elezione di Jair Bolsonaro come Presidente del Brasile. Lui per primo ha iniziato ad attaccare tutti i tipi di attivismo, compreso quello ambientale. ...
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La deforestazione dell'Amazzonia brasiliana ha superato la soglia dei di tre campi da calcio al minuto. Non sapendo quanto governerà il climanegazionista Jair Bolsonaro gli agricoltori e allevatori brasiliani cercano di disboscare il più possibile le foreste pluviali
La notte di giorno. Questa l’inquietante immagine che arriva da San Paolo, la più grande città del Brasile, che l’altro ieri è stata avvolta da una nera caligine intorno alle ore 15. All’origine della nube gli immensi incendi nella foresta amazzonica, distanti centinaia e centinaia di chilometri dalla capitale, che hanno raggiunto numeri da record. La conferma giunge anche dai funzionari dell'Istituto Nazionale di Meteorologia del Brasile (Inmet) che hanno ribadito come la scena apocalittica sia il risultato della presenza aria fredda e umida e ingenti quantità di fumo. Le immagini del tetro crepuscolo di mezzogiorno di San Paolo hanno fatto il giro del mondo, diventando in breve tempo un’icona dell’ecocidio che da mesi cresce esponenzialmente in Brasile. A fatto subito seguito l’hashtag virale, #prayforamazonia. «Questo è il sintomo più acuto del via libera dato dal governo Bolsonaro al potente mondo dell’agrobusiness brasiliano», spiega Paulo Lima, ambientalista e direttore dell’associazione Viraçao, con sede a San Paolo. Da quando il governo è salito in carica la deforestazione ha ripreso battendo ogni record. Grandi aziende e piccoli produttori si sentono legittimati a disboscare e bruciare a più non posso. Basta immaginare che lo scorso 10 agosto, nella città di Novo Progreso, nello stato del Parà, gli agricoltori hanno istituito il “giorno del fuoco”, imbaldanziti da un governo che li appoggia pienamente».
La deforestazione dell'Amazzonia brasiliana ha superato la soglia dei di tre campi da calcio al minuto, secondo gli ultimi dati del governo.
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Anche la società civile brasiliana non rimane a guardare. «Negli ultimi mesi si sta registrando un grande fermento del mondo ambientalista e dei grandi movimenti sociali e dei lavoratori brasiliani», continua Paulo Lima. «Fino a poco tempo fa i movimenti sociali erano disinteressati alle tematiche climatiche. Ora però la situazione sta cambiando e a settembre in Brasile potrebbe tenersi uno dei più grandi Fridays for Future di sempre». Un aiuto potrebbe anche giungere da Greta, che ha previsto una tappa brasiliana del suo viaggio americano. La speranza per molti è che il governo Bolsonaro cada al più presto. Non c’è nulla di più pericoloso per il pianeta oggi.
L’Amazzonia brucia. Il polmone verde del pianeta brucia da giorni e davanti a una simile devastazione è impossibile fare finta di niente. Sui social - megafono virtuale delle voci e dei sentimenti dei cittadini di tutto il mondo - gli utenti hanno lanciato l’hashtag #PrayForAmazonas, un appello rabbioso e disperato a porre fine a questo terribile incendio che ha oscurato il cielo brasiliano.
L’invito a intervenire, subito, è rimbalzato dall’America Latina, direttamente toccata dagli incendi, al resto del mondo. Perché la foresta amazzonica non è un affare nazionale ma un bene globale, riguarda il Pianeta Terra, ferito in uno dei suoi organi vitali.
Il grido dei social se, da un lato, incita a salvare gli alberi e gli animali che popolano l’Amazzonia, dall’altro, denuncia la mancanza di copertura mediatica dell’evento e la politica del presidente del Brasile Jair Bolsonaro accusato di essere il principale responsabile della distruzione della foresta.